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Chiara Gamberale, per dieci minuti fai una cosa nuova

Chiara Gamberale dice: immaginati fare una cosa nuova per dieci minuti per dieci anni. Quante esperienze nuove avremmo provato? Questo titolo di Chiara Gamberale sta per traguardare i dieci anni di vita, ma solo adesso mi sono decisa a leggerlo. Cosa mi ha lasciato? Venite che vi racconto. In massimo 10 minuti, prometto.

Trama

Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l’hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare. Chiara Gamberale racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.

Niente connessione

Per apprezzare questo libro, secondo me, bisogna entrare in connessione con la protagonista. Cosa che, purtroppo, a me non è riuscita. Lo spunto iniziale era interessante, ma alla fine neanche poi tanto per chi ha curiosità e voglia di provare cose nuove. Rimane l’interesse per il percorso di Chiara, che da un giorno all’altro si ritrova senza la coperta di Linus del marito poi, fidanzato prima, fidanzatino ancora prima. Che fare? Andare dalla psicologa per farsi aiutare e ricevere da lei una ricetta particolare: buttati su cose nuove. Cosa che lei fa, non c’è dubbio. Ma possiamo pensare che una trentenne la prima cosa a cui pensi sia lo smalto fucsia? Facciamo finta che sia un modo come un altro per iniziare a cambiare, magari in modo soft. Ma possiamo pensare che una trentenne sposata non sappia cucinare nulla, neanche un piatto, e che riuscire a non bruciare un pancake sia una grande conquista? Può darsi, sicuramente succede. Allora però dobbiamo chiederci: chi cucinava in casa? Il marito? E le pulizie, chi le faceva? Sempre il marito? Oppure Chiara si comporta e agisce come una che ha sempre avuto una collaboratrice domestica in casa e non lo dichiara?

Il cinese (possibile spoiler)

E poi, Chiara non conosce i negozi della sua zona, neanche uno. Eppure, l’amico che viene a trovarla dopo tanto tempo dice “sei sempre stata una che conosceva tutti”. Allora, cos’è successo? Chiara si è ripiegata? Non può essere stato il trasferimento a Roma da Vicariello, se andava all’università e “conosceva tutti”. O no? Cosa non ci sta raccontando? Tutte queste incoerenze iniziano a disturbarmi, finché non arriva il colpo finale: (Attenzione, possibile spoiler) il cinese che non solo è nervoso, ma al successivo incontro si scusa e le dice che è triste perché il figlio non sarà a casa per Natale! Il cinese? Si scusa? Si giustifica? E’ triste per Natale? A’ Chia, come direbbe il fioraio sotto casa, tutto a posto?

Occasione sprecata

Insomma, ho usato un po’ di ironia, mi perdonerete. Reputo questo libro di Chiara Gamberale  una grande occasione sprecata, dove i personaggi, Chiara su tutti, sono evanescenti, irrisolti, poco realistici. E questo, alla fine, brucia anche il pancake. Vediamo se Maria Sole Tognazzi Francesca Archibugi riusciranno a completare il quadro tratteggiato da Chiara Gamberale. Le riprese di “10 minuti” sono finite già da un po’, e il film dovrebbe uscire in tempo per festeggiare il decennale dell’uscita del romanzo, a novembre 2023. Vedremo. Intanto, sappiamo che nel cast ci sono Barbara Ronchi,Margherita BuyFotinì Peluso e Alessandro Tedeschi

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Alba Donati e la sua La libreria sopra la collina

Nel dicembre 2019, Alba Donati realizza di essere stanca di Firenze e decide di cambiare vita. Come? Aprendo una libreria a Lucignana, poche case sull’Appennino lucchese. Una libreria per poche case sparse quando i franchising e le multinazionali stanno chiudendo? Esatto. Come ha fatto? Venite che vi racconto.

Trama

Una libreria microscopica in un paesino sperduto sulle colline toscane, ma portentosa come una scatola del tesoro. Dai bambini che entrano di corsa alle marmellate letterarie, da Emily Dickinson a Pia Pera, le giornate nella Libreria Sopra la Penna sono ricche di calore, di vite e storie, fili di parole che legano per sempre: una stanza piena di libri è l’infinito a portata di mano. Non è mai troppo tardi per realizzare un sogno.

Perché hai aperto una libreria in un paesino sconosciuto?

E’ una domanda che si sente ripetere spesso. E questa è la risposta che dà di solito. “Perché avevo bisogno di respirare, perché ero una bambina infelice, perché ero una bambina curiosa, per amore di mio padre, perché il mondo va a scatafascio, perché il lettore non va tradito, perché bisogna educare i più piccoli, perché a quattordici anni piangevo da sola davanti alla tv la morte di Pier Paolo Pasolini, perché ho avuto maestre e professoresse straordinarie, perché mi sono salvata”. E poi perché crede al lato bello della vita, ai sentimenti di amicizia e amore, alla possibilità di ricreare una vita lenta dal sapore passato in un mondo che va sempre più veloce, ma per andare dove? “Come mi è venuto in mente? Le cose non vengono in mente, le cose covano, lievitano, ingombrano la nostra fantasia mentre dormiamo. Le cose hanno gambe proprie, fanno un cammino parallelo in una zona di noi che noin non sappiamo nemmeno lontanamente dove sia e a un certo punto bussano: eccoci, siamo le tue idee pronte per essere ascoltate”.

Come si realizza un sogno?

E qui passiamo al lato meno romantico di questa iniziativa imprenditoriale. Come si apre una libreria? Alba Donati dice che ci vogliono soldi per partire, un locale adatto (nel suo caso ereditato dalla zia). E tante idee, sopratuttto. La libreria ha successo perché agisce in controtendenza. O forse in tendenza, perché sono tante le persone stanche di entrare in negozi dove nessuno ti guarda in faccia e stanno lì a controllare se uscirai con una refurtiva. Il potenziale cliente, per loro, è piuttosto un potenziale ladro. A chi di noi non è capitato di sentirsi osservato più del dovuto mentre pensa ai fatti suoi e decide se comprare merce di scarsa qualità o meno? Alba Donati, invece, si inventa un cottage letterario immerso nel verde, che la gente organizza gite per poter andare a vedere. Tutto bello? Ma no, quando mai.

Il diario della libreria sulla collina

Un mese dopo l’apertura, un incendio distrugge la libreria. Parte un crowfunding solidale che la rimette in piedi. Poi, parte il lockdown e sono guai, il pellegrinaggio rallenta. In questo diario, Alba Donati raccoglie sei mesi di vita della libreria. Svolazzando come una farfalla, senza affrontare nessun argomento nel profondo, la poetessa racconta di sé, della famiglia, della vita di paese, di quello che i clienti della libreria si aspettano di poter ricevere dal libro che hanno scelto. Un momento di break nella frenesia quotodiana, per la maggior parte. E sentirsi parte di una comunità, di un gruppo, quello dei lettori a ogni costo. Alba Donati ci racconta la sua vita di libraia felice e finalmente risolta, che ha trovato la sua casa dove in fondo era sempre stata. Nasconde, probabilmente, la gran parte della fatica che c’è dietro. E anche che tutto questo è possibile perché altre attività sostengono economicamente questa. Nasconde anche, probabilmente, le difficoltà che la vita in un paesino così minuscono comporta. Accenna a un 30% di persone contrarie alla libreria, ma non dice perché. Probabilmente perché attira attenzione non gradita.

La felicità è dove vogliamo che sia

A volte, leggendo, mi sono persa dietro ai nomi e a fatti piccoli, che assumono rilevanza in un microcosmo. A più riprese ho pensato che così non potrei vivere, che il mondo è troppo vasto per rinchiudersi, che gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi. O forse no? Quello che mi ha lasciato questo breve racconto di vita, a parte qualche titolo interessante da appuntare, è che la felicità è dove vogliamo che sia. E Alba Donati l’ha trovata qui, in questo microcosmo chiamato Lucignana,  fra le Alpi Apuane e l’Appennino toscano. 

E voi? Dove volete che sia la vostra felicità? Cìè un posto dove vorreste ricominciare da capo con un sogno da realizzare? Scrivetemi nei commenti! 

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Siete mai stati da Strand? Si trova a New York ed è una delle librerie più famose del mondo. A parte i tre piani di libri all’interno, c’è davvero da perdersi negli scaffali dell’usato all’esterno. Mentre curiosavo persa tra migliaia di titoli e di possibilità, mi capita tra le mani un libricino verde e apparentemente innocuo: Anne of Green Gables, di L. M. Montgomery. Il primo romanzo della serie Anna di Tetti Verdi, o Anna dei verdi abbaini, o più comunemente Anna dai capelli rossi è nelle mie mani, al fantascientifico prezzo di 0,48 centesimi di dollaro, circa 40 centesimi di euro. L’ho appena finito e dovete sapere perché non è innocuo come sembrava…

 

Agostino, Alberto Moravia e le prime volte

Agostino di Alberto Moravia è uno di quei libri che di solito assegnano come lettura per l’estate e che uno tende a scegliere più per la brevità che per altri motivi. Lo avevo già letto durante l’adolescenza e l’ho trovato tra gli audiolibri che ultimamente sto saccheggiando. Perché non rileggerlo?, ho pensato. E così ho fatto, trovandoci molte implicazioni che alla prima lettura mi erano sfuggite.

Trama

Agostino è la storia di un’iniziazione sessuale. Da una parte, un ragazzo di tredici anni che è ancora un bambino; dall’altra la madre, vedova, ancora fiorente e desiderosa di vivere. Durante una vacanza al mare i rapporti tra il figlio e la madre cambiano, si corrompono d’inquietudine. Per il ragazzo sarà necessario approdare a un’autentica crisi, una lacerazione che gli consentirà di ripartire poi a ricomporre il mondo. 

Atmosfera pigra e sonnolenta

Agostino di Alberto Moravia è uno di quei romanzi letti durante l’adolescenza di cui ricordavo poco o nulla. Mi era rimasta in testa, però, l’atmosfera di calura estiva, quel senso di sonnolenza e pigrizia che spinge le persone a osservare distese, più che a muoversi. Ed è esattamente l’atmosfera che ho ritrovato scegliendo di ascoltare l’audiolibro di Raiplaysound, letto dall’attrice Alba Rohrwacher. Come era successo anche con Utz, letto da Lino Guanciale, ho faticato a entrare nella storia con la sua voce, che ho trovato efficace nel finale, nel trasmettere i pensieri di Agostino, ma molto meno nel rendere il gruppo di ragazzi e gente del posto con cui Agostino si trova a doversi confrontare.

L’estate delle prime volte

Già, perché quella di Agostino è l’Agosto (da qui il nome del protagonista) delle prime volte. La prima volta in cui si trova fuori dal suo ambiente agiato, la prima volta in cui si scopre non più bambino, la prima volta in cui capisce che la madre è una donna, con le esigenze di qualsiasi donna e che vanno oltre la maternità, la prima volta in cui le pulsioni sessuali si fanno sentire prepotenti. Potremmo dire che, ancora oggi, Agostino incarna l’archetipo del preadolescente: non è più bambino, ma non è ancora uomo. Né carne né pesce, come diremmo oggi. E senza una figura paterna con cui confrontarsi.

Un romanzo di formazione

In una rilettura moderna, lascerei in secondo piano la vicenda del rapporto con la madre, che è il motivo del successo e dello scandalo che hanno accompagnato l’esordio di questo romanzo quando è stato pubblicato negli anni ’40. All’inizio, infatti, ne fu impedita la distribuzione dalla censura fascista e solo due anni più tardi, nel 1945, venne dato alle stampe in tiratura più estesa. Oggi penso che dovremmo considerarlo un romanzo di formazione: all’epoca, potevano forse suscitare scandalo i riferimenti alla sessualità della madre, il bagnino omosessuale, il tentativo di andare con una prostituta. Oggi, direi che potremmo far rientrare il tutto nel complesso di Edipo, nella sua fase più delicata, la consapevolezza. Non sappiamo come finirà per Agostino, i personaggi di Alberto Moravia finiscono quasi sempre per ripiegarsi su se stessi, pur di non affrontare la vita. Indifferenti, in un certo senso. A me piace pensare che Alberto Moravia ci abbia lasciato in sospeso per lasciare Agostino libero di crescere ancora un po’, prima di affrontare la sua fatidica, prima volta. E che lasci libera la madre di rifarsi una vita, di trovare qualcuno da amare dopo una storia estiva che li ha cambiati entrambi, come è giusto che sia.

Voi che ne pensate? Agostino riuscirà a liberarsi dai suoi tormenti? 

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Il tratto dell’estensione – Adua Biagioli Spadi

Talvolta la realtà si spunta rende soli e ci sparpaglia,

ci rende esploratori di un ideale possibile

di un percepire ancora e presenza.

Ma quando l’elastico a colori sfumando si allenta

cerco io uno sguardo fermo da non spartire mai

afferrando le sbavature di molteplici verità,

mi inchino prudente al varco limpido dello scoglio.

E’ una delle suggestive poesie contenute nel nuovo libro di Adua Biagioli Spadi, “Il tratto dell’estensione”, edizioni La vita felice. L’autrice mi ha gentilmente inviato un estratto e io volentieri, in questa settimana dedicata alle donne, segnalo il lavoro di questa poetessa toscana contemporanea. Se il 10 marzo vi trovate nei dintorni di Pistoia, non perdete la presentazione nella Biblioteca San Giorgio, dalle 17 in poi.

Ho paura di quello che scriverò

La raccolta poetica è suddivisa in tre sezioni, tutte aperte da una citazione di David Grossman: La linea fragile, Il segno possibile, Perdersi non più. In copertina, l’autrice ha scelto di raffigurare la sezione aurea di Fibonacci. Sapete che anch’io amo le connessioni tra letteratura, scienza e matematica e, anche se un libro non si giudica dalla copertina, non potevo non incuriosirmi e non andare a cercare il nesso tra il segno matematico, la piccola rosa rossa depositata alla base e il contenuto delle poesie. Ho rintracciato il collegamento nella ricerca di equilibrio dell’uomo, che oscilla continuamente tra le pulsioni della passione e dell’istinto, la rosa, e l’anelito alla stabilità e linearità della vita. Una stabilità che quando l’equilibrio viene a mancare, per i colpi che la vita stessa ci infligge o per le cose belle che possono accadere, inevitabilmente provoca un’accelerazione, la spirale, il desiderio di ripiegarsi su noi stessi, nonostante una spinta inevitabile al cambiamento che ci fa muovere e tornare all’equilibrio più determinati e più consapevoli di prima.

Come afferma la poetessa in apertura, infatti,

Alcuni stati d’animo,

non sono che evoluzioni dell’apprendere.

L’evoluzione, una condizione che ci rende un tutt’uno con il cosmo, con la società in cui viviamo, dal quale non potremmo, neanche volendo, rimanere distanti. Il singolo apprende, si evolve e cresce. La società civile fa lo stesso: crescono le conoscenze, l’apprendimento sale e il mondo si evolve, si estende. O dovrebbe, salvo poi fare dei passi indietro giganteschi quando il meccanismo sociale s’inceppa. Ecco che allora torniamo al disequilibrio, alla spinta verso il cambiamento e alla passione, a una rosa che si apre e che ci fa scoprire la meraviglia della vita, pure nelle sue difficoltà. E’ a questo punto che da una linea fragile, noi stessi chiusi in un animo scosso,

Ogni accadimento sottrae qualcosa

porta in un limbo

al faro rotto e ai frantumi delle foglie

la svirgolata viola sopra l’occhio perde i sensi,

i pensieri furono intarsi del non so più chi sono

torniamo a intravedere altre possibilità, attraverso un segno che dice “guarda, hai sofferto, hai conosciuto e ora riuscirai di nuovo a vedere”.

Ma quando l’elastico a colori sfumando si allenta

cerco io uno sguardo fermo da non spartire mai

afferrando le sbavature di molteplici verità,

mi inchino prudente al varco limpido dello scoglio.

Fino a ritrovare il nostro vero io. Cambiato, forse. Pieno di segni, probabile. Ma più vivo e forte che mai.

il tempo ci disarma, ha la forza dell’unire e del dividere

porta via il pensiero e lascia quieti

memoria dimenticata, digiuni eppure senza fame.

Informazioni sulla raccolta Il tratto dell’estensione

Adua“Il tratto dell’estensione”, edizioni La vita felice, si trova in libreria e in tutti gli store online al prezzo di 8,50 euro, in offerta fino al 7 maggio 2018 (al termine, costerà 10 euro).

Se volete sapere qualcosa di più sull’autrice, o dove si terranno le prossime presentazioni, visitate il suo sito internet: www.aduabiagioli.it

Nel 2019, la raccolta ha vinto il Premio nazionale di poesia, narrativa, fotografia, cortometraggi e pittura Alberoandronico, XII edizione, dopo essere stata selezionata tra quelle di oltre 600 concorrenti. Premiazione il 15 Marzo ore 16 in Campidoglio – Roma. Brava Adua!

 

Il vino Rossovermiglio di Benedetta Cibrario

Rossovermiglio è il romanzo d’esordio di Benedetta Cibrario, vincitrice con questo suo lavoro del premio Campiello 2008. Una storia non proprio originale, che si legge però con piacere.

Trama 

Torino 1928. La diciannovenne Manuela è costretta dal padre a decidere chi sposare tra cinque uomini di buona famiglia. Non piacendole nessuno di loro, sceglie Francesco Villaforesta, un uomo al quale si sente accomunata dalla passione per i cavalli. Il matrimonio naufraga immediatamente e la giovane si rifugia in Toscana, nella tenuta “la Bandita”. Lì Manuela inizia una “convivenza” con Trott, un uomo sposato conosciuto durante il viaggio di nozze a Parigi e poi rivisto a Torino. L’uomo dimostra grande abilità nella coltivazione del vino e grazie a lui Manuela fa nascere il Rossovermiglio, dal “colore della luna in certe sere limpide”. Ma anche il rapporto con Trott finisce improvvisamente quando lui sparisce senza spiegare perché. Ormai anziana, Manuela decide di organizzare una cena per rivedere un’ultima volta gli amici della giovinezza, incluso Trott. Inaspettatamente, però, riceve una lettera dal marito, quel Villaforesta da lei tanto disprezzato…

Solitudine, silenzi, menzogne

L’autrice traccia quasi un secolo di storia, dal fascismo ai giorni nostri, raccontandolo attraverso la voce della contessa. L’ottantenne Manuela rivive il suo percorso di vita, alternando passato e presente, ricordi e accadimenti. Ne esce il ritratto di una donna che per sfuggire al tessuto sociale di appartenenza, troppo rigido e convenzionale si isola, quasi, trovando solo nel contatto con la terra e nel lavoro una ragione di esistere. Gli altri personaggi, e lei stessa in fondo, rimangono arroccati nei loro privilegi, schiavi delle etichette e di un mondo che cambia sotto i loro occhi e nel quale rischiano di perdere tutto quello che (non) hanno costruito, ma che posseggono solo in virtù della discendenza. Manuela cerca passione e amore, troverà solitudine, silenzi, menzogne. Anche le sue, perché il tessuto sociale penetra nelle ossa e non è facile liberarsene.

Il finale è spiazzante

Il finale è spiazzante e movimenta una narrazione che fino a quel momento scorre placida e senza grandi colpi di scena. Una trama forse non originale, ma che si legge con piacere. Peccato per la trasposizione poco emozionale dei fatti storici che accompagnano la vita di Manuela. Leggendo senza sapere nulla dell’autrice, ho pensato che le vicende della guerra dovessero essere per lei qualcosa di così distante da non riuscire a far immedesimare il lettore nella tragica atmosfera dell’epoca. E non mi sbagliavo.

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Una vita, di Guy de Maupassant