Donne in centrifuga – Betsy Burke

Donne in centrifuga, il titolo è centrato. Alla soglia della trentina è facile sentirsi nel cestello di una lavatrice. Magari l’amore ancora latita e il lavoro stenta a decollare. Sarebbe facile buttarsi giù e lasciarsi andare. Invece, mentre il programma molto sporchi gira, un’idea geniale può salvarti la vita.

Trama

La ventottenne Lucy è a un punto morto della sua vita: nonostante la laurea in belle arti, lavora come tuttofare in una gallera d’arte con una proprietaria insopportabile; il suo nonno preferito  è appena deceduto lasciando la fidanzata incinta, mentre lei, Lucy, è l’unica sana di mente nella sua eccentrica famiglia. Ma la strada per la felicità inizia quando Lucy si trasferisce nella lavanderia a gettoni del nonno. Una scelta quantomeno bizzarra, che potrebbe portare, però, quella svolta nel lavoro e nell’amore di cui lei ha tanto bisogno…

Alla ricerca della propria strada 

Purtroppo non c’è niente di più efficace della morte di una persona cara per farci aprire gli occhi e riscoprire chi siamo e dove vogliamo andare. Questo è quello che succede a Lucy, l’unica apparentemente normale in un mondo di matti. Forse è proprio questo quello che l’autrice vuole dirci: l’artista, il pazzo per eccellenza, in fondo è l’unico capace di tenere la barra dritta e non lasciarsi andare alla deriva, perché può perdere tutto, l’amore, il lavoro, gli affetti, ma avrà sempre con sé la sua arte.

Questa metafora è la parte che mi è piaciuta e mi ha convinto di più. Non posso dire altrettanto per alcuni personaggi secondari, la madre di Lucy soprattutto, e per alcune esagerazioni nella trama che sono figlie dei chick lit che andavano di moda all’epoca (il romanzo è del 1993) e che qui sono esasperate. L’autrice, poi, dovrebbe rivedere alcuni dettagli, come i vestiti per esempio. Una povera protagonista col vestito rosso, le scarpe rosse, le calze color carne, gli orecchini rosso ambra e la collana sempre rosso ambra, francamente sembra più una vampira che una donna elegante. Se poi a una festa anche la madre è vestita di rosso, beh, direi che non ci siamo proprio.

Ho apprezzato, invece, che la ricerca dell’amore non fosse il tema centrale del romanzo. Anzi, Lucy cerca più una sua strada, indipendentemente da chi avrà accanto ed è sempre così che alla fine si finisce per trovare davvero quello che cerchiamo.

In definitiva, un romanzo che si lascia leggere e che va bene per una o due sere di immersione in territorio canadese border line.

p.s. solo, Betsy, la prossima volta non citare Il favoloso mondo di Amélie senza citarlo (e due, dopo Nicolas Barreau un’altra fan di Amélie). Non c’è bisogno di rapire i nani da giardino per far sembrare la madre di Lucy stramba, lo è già abbastanza senza un particolare che alla fine non viene neanche spiegato. Chi li rapisce e perché? Non è dato sapere.

Ragoût d’agneau alla melagrana per un menu d’amour

Se non posso vivere in un libro, posso almeno tentare di entrarci con i profumi. Ieri ero a casa mia ma a Parigi, nella mia cucina ma nella cucina del ristorante Le Temps des Cerises, a cucinare un ragoût per me immaginando Aurélie e la sua notte d’amore, preceduta da un buon vino secco e un arrosto dall’aroma meraviglioso. Se volete provare, vi lascio la ricetta tratta da Gli ingredienti segreti dell’amore, di Nicolas Barreau.

Ero abituata a lavorare con rapidità, quel giorno però mi ero presa molto tempo e potei perdermi completamente nel cucinare.  L’inquietudine diminuiva a ogni gesto, all’inizio provavo a immaginare come sarebbe stata la serata con Miller e quali domande gli avrei fatto, ma a poco a poco mi calmai, sentendomi rilassata e con le guance accaldate. L’aroma del ragoût riempì la cucina. Profumava di timo e aglio.

Ingredienti del ragoût per 2 persone:

  • coscia d’agnello, 1 kg. (400 gr. per Aurélie)
  • patate novelle, 500 gr. (400 gr. per Aurélie)
  • pomodori, 200 gr.
  • carote, 2
  • gambi di sedano, 2
  • cipolle rosse, ½ (2 per Aurélie)
  • melanzane, 1
  • melagrane, ½ (2 per Aurélie)
  • uova, 1 (2 per Aurélie)
  • spicchi d’aglio, 1 (2 per Aurélie)
  • timo, 1 mazzetto
  • vino bianco secco, 250 ml
  • panna da cucina, 250 ml
  • burro, 30 gr.
  • olio evo, q.b.
  • sale e pepe, q.b.

Procedimento:

Per il ragoût. Eliminate il grasso dalla carne e tagliatela a piccoli pezzi, lavate e pelate le carote, lavate la melanzana e il sedano e tagliate tutto a dadini, sbucciate l’aglio e tritate la cipolla. E Estraete i semi della metà melagrana, sbollentate i pomodori, passateli sotto l’acqua fredda, eliminate la buccia e tagliate la polpa a dadini. Fate soffriggere l’aglio e la cipolla in una padella con il burro, saltate brevemente le carote, il sedano e la melanzana, fino a rendere la melanzana morbida ma non sfatta. Spegnete il fuoco e insaporite con sale, pepe e le foglie di timo. Fate rosolare a fuoco vivo la carne in una casseruola con l’olio, salate e pepate, spolverizzate con la farina, mescolate con cura e versate il vino. Unite le verdure saltate e i pomodori e lasciate cuocere con un coperchio nel forno preriscaldato a 150 °C per circa 2 ore, eventualmente bagnando con altro vino. A fine cottura aggiungete i semi di melagrana. Nel frattempo preparate il gratin: lavate le patate, pelatele, tagliatele a sfoglie sottili, usando un affettaverdure se lo avete, e disponetele in una pirofila imburrata. Salate e pepate. Lavorate con il mixer l’uovo e la panna, regolate di sale e versate la crema sulle patate. Cospargete con fiocchetti di burro e passate nel forno preriscaldato a 180 °C per circa 40 minuti.

Note:

  • ho rivisto le quantità della ricetta originale secondo i miei gusti. Essendo un menù d’amour ho diminuito la quantità di cipolla e aglio a favore della carne;
  • al posto dei pomodori ho usato la passata, ma ovviamente se avete pomodori freschi opterei per la versione originale;
  • se non avete il coperchio, come nel mio caso, coprite con un foglio di alluminio;
  • il gratin fi contorno è ottimo ma pesante. Limitate la crema da versare sopra alle quantità che vi ho indicato;
  • potete cuocere le due teglie, di carne e di patate, insieme. Una mezz’ora a 180° non farà alcun danno all’agnello;
  • l’amor non sente fatica, ma la ricetta è lunga. Ho esagerato con le quantità per avere un piatto buono per il giorno successivo alla notte d’amore, quando non vi andrà di rimettervi ai fornelli. Vi suggerisco di fare come me;
  • è un menù completo già così, ma Aurélie ha previsto anche un antipasto e il dolce finale.

Bon appétit!

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Gli ingredienti segreti dell’amore – Nicolas Barreau

Con Nicolas Barreau sono partita prevenuta, lo confesso. Forse perché mi sono fatta influenzare dalle chiacchiere sulla sua vera identità. O meglio, sul fatto che non esista proprio. Gli ingredienti segreti dell’amore, però, mi ha convinto. A parte il cappotto rosso…

Trama

Le coincidenze non esistono. La giovane chef Aurélie Bredin ne è sicura. Aurélie gestisce da qualche anno il ristorante di famiglia, Le Temps des cerises. È in quel piccolo locale con le tovaglie a quadri bianchi e rossi, a due passi da boulevard Saint-Germain, che il padre ha conquistato il cuore della futura moglie grazie al suo famoso Menu d’amour. Ed è sempre lì, circondata dal profumo di cioccolato e cannella, che Aurélie è cresciuta e ha trovato conforto nei momenti difficili. Ora però, dopo una brutta scottatura d’amore, neanche il suo inguaribile ottimismo e l’accogliente tepore della cucina dell’infanzia riescono più a consolarla. Un pomeriggio, più triste che mai, Aurélie si rifugia in una libreria, dove si imbatte in un romanzo intitolato Il sorriso delle donne. Incuriosita, inizia a leggerlo e scopre un passaggio del libro in cui viene citato proprio il suo ristorante. Grata di quel regalo inatteso, decide di contattare l’autore per ringraziarlo. Ma l’impresa è tutt’altro che facile. Ogni tentativo di conoscere lo scrittore – un misterioso ed elusivo inglese – viene bloccato da André, l’editor della casa editrice francese che ha pubblicato il romanzo. Aurélie non si lascia scoraggiare e, quando finalmente riuscirà nel suo intento, l’incontro sarà molto diverso da ciò che si era aspettata.

Il favoloso mondo di Aurélie

Nicolas Barreau fa immergere subito le lettrici in un mondo fantastico alla Amélie. Parigi, una piccola libreria, un minuscolo ristorante dal nome evocativo, una chef, uno scrittore e una casa editrice. Ci sono tutti gli elementi per far sognare ed è proprio quello che accade. Chi di noi non vorrebbe ritrovarsi descritta in un romanzo? All’inizio della lettura pensavo che tutto questo miele mi avrebbe annoiato. Invece, mi è piaciuto così tanto il personaggio di André, e la sua strategia di conquista di Aurélie, che ho finito il libro in due giorni. Quando sono arrivata al punto in cui Aurélie celebra il lunedì come il giorno in cui succedono i fatti importanti della vita, ho fatto un salto. Anche per me è così, infatti se mi seguite su Facebook o Instagram avrete notato che celebro sempre il lunedì. Qui su penna e calamaro trovate anche una ricetta dedicata.

Quello che non mi ha convinto, purtroppo, è proprio il personaggio di Aurélie, la seconda trentatreenne di seguito che incontro. In un romanzo a due voci, i due protagonisti dovrebbero avere lo stesso spazio. Invece, André è troppo più esuberante della sua conquista. Il che mi fa pensare che Barreau sia effettivamente un uomo. Non francese, perché parla bene degli italiani (sa quasi di tedesco…) Proprio la ricerca della nazionalità dell’autore mi ha fatto notare una svista clamorosa del testo. Una donna viene chiamata “mrs” prima che Aurélie specifichi, qualche riga più in basso, “dall’accento lei non mi sembra francese…” No che non lo è, una mrs è inglese per definizione! E poi, Aurélie, il cappotto rosso, come fa a piacerti come regalo? Chi ha letto il libro capirà.

Chi non l’ha letto, troverà una lettura piacevole e leggerissima, adatta a un paio di sere tranquille e romantiche.

p.s. A proposito di ricette, alla fine della storia Nicolas Barreau ci lascia le ricette del menù d’amore di Aurélie. Non vedo l’ora di provarle tutte e di parlarvene. 🙂

Menu d’amour di Aurélie

Portata principale: ragoût d’agneau alla melagrana con gratin di patate

Amore e ritorno di Emily Giffin, sposata o libera?

Emily Guffin e il suo Amore e ritorno. Sei sposata. Felicemente sposata. Ti squilla il telefono ed è il tuo ex che si rifà vivo dopo secoli. “Ci vediamo? Devo parlarti”. Tu che fai? Rimani incollata fino all’ultima pagina per sapere come andrà a finire. Succede con Amore e ritorno, di Emily Giffin.

Trama

La vita di Ellen sembra perfetta. Trentatre anni, fotografa, sposata con Andy, l’uomo che ama e che sa sempre tirare fuori il meglio di lei. Tutto fila a meraviglia fino a quando Ellen incontra Leo, che non vedeva da otto anni. Leo, l’uomo che riusciva sempre a tirare fuori il peggio di lei e che, dopo una lunga e appassionata relazione, l’aveva lasciata senza una parola. Leo, l’ex con la E maiuscola, che ovviamente Ellen non ha mai dimenticato. Succede a New York, in un piovoso pomeriggio di gennaio. Due ombrelli che si incrociano per strada. Due persone che si salutano frettolosamente. Niente di più. Ma quell’incontro scatena in Ellen un fiume di emozioni sopite. Quando, poco dopo, Leo decide di rifarsi vivo e in più Andy annuncia di voler tornare ad Atlanta, Ellen comincia a porsi la fatidica domanda: «E se avessi sbagliato tutto?».

New York o Atlanta? Sposata o libera?

Partiamo da una premessa: alzi la mano chi non ha mai pensato a un eventuale incontro con un o una ex. L’Ex con la E maiuscola, quello o quella che ti ha stracciato il cuore in mille pezzi e poi l’ha gettato nel cassonetto dei materiali non riciclabili. Sì, proprio quell’ex. Quante volte avete sognato di incontrarlo mentre siete al top della forma e della vita personale per poterlo schifare una volta per tutte? Ecco, più o meno è quello che succede a Ellen. Solo che l’ex è ancora un gran figo, fa un lavoro figo e gli basta alzare il telefono per sentirsi dire sì a un incontro. Ellen è al top della vita personale: o almeno così sembra. In realtà, la sua vita così perfetta è la vita del marito e della famiglia di lui, sorella del marito migliore amica di Ellen compresa. Andy è la tranquillità, il benessere economico, la vita familiare. E’ Atlanta. Leo è l’incertezza, la frenesia, il talento. E’ New York. Voi, al posto di Ellen cosa avreste scelto?

Prima Andy, poi Leo

Amore e ritorno mi ha tenuto incollata alle pagine fino alla fine, perché all’inizio Emily Giffin mi ha spinto verso Andy, poi decisamente verso Leo, poi ho sperato in un sussulto di carattere da parte di Ellen. Alla fine, non so, non sono convinta fino in fondo che il cerchio si sia chiuso davvero. Forse, non avrei scelto il finale della scrittrice. Probabilmente, opinione meramente personale, le sue origini e il fatto che lei stessa viva ad Atlanta, hanno influenzato non poco gli eventi. M spiego meglio: alla fine, ho avuto la sensazione che dovesse andare così non perché davvero dovesse andare così, ma solo per il rispetto di una visione tradizionale della vita. Un po’ poco, per approvare le scelte di Ellen.

In ogni caso, quello di Emily Giffin un romance che consiglio, orrori di ortografia nella traduzione a parte. Se non altro perché un tuffo nell’ex vita è piacevole. Soprattutto se scopri che, alla fine, non ti manca per niente.

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Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio – Amara Lakhous

Ho scelto questo romanzo di Amara Lakhous per il titolo e perché la trama m’incuriosiva. Mi sono ritrovata a divertirmi riflettendo, quanto di meglio si possa chiedere a un libricino che indagando su un mistero, chi ha ucciso il Gladiatore?, vuole indagare la psiche umana e i suoi limiti indotti.

La trama

In un condominio di Piazza Vittorio a Roma, nel quartiere multietnico dell’Esquilino, un losco individuo di nome Lorenzo Manfredini, detto “il gladiatore”, viene trovato ucciso dentro l’ascensore. Chi è stato? I sospetti si concentrano su uno dei condomini, Amedeo, misteriosamente sparito proprio il giorno dell’omicidio. I vicini di casa, però, non sono d’accordo: non può essere stato lui. E allora chi? Ogni condomino, interrogato, propone la sua verità.

Chi ha fatto la pipì nell’ascensore?

Il romanzo è piccolino e gustoso e si legge in uno o due giorni, anche perché se i condomini sono d’accordo su una sola cosa, cioè che non possa essere stato Amedeo, un motivo ci sarà pure e la voglia di sapere chi sia l’assassino cresce con il passare delle pagine. Gli scontri di civiltà del titolo sono il secondo motivo che cattura.

Quando in televisione vediamo i conflitti a fuoco, i kamikaze, gli attentati terroristici, gli sbarchi,  sembra sempre che dietro gli scontri ci siano grandi ideali, giusti o sbagliati che siano, il dio Denaro, la lotta per il potere. Insomma, temi alti. Qui, invece, il lettore si rende conto immediatamente che i problemi sono altri: sono, più banalmente, quelli che chiunque abbia partecipato a un’assemblea di condominio comprenderà immediatamente.

I problemi quotidiani come l’uso dell’ascensore, il cane che sporca, la portinaia impicciona, nascono da difficoltà che tanto banali non sono. Sorgono e vengono ingigantiti dal pregiudizio, dall’ignoranza, dalla presunzione di essere migliori degli altri. Nascono, e diventano insormontabili, perché ci rifiutiamo di aprirci agli altri, di assumere il loro punto di vista, di imparare dagli errori e orrori del passato, per accettare che diverso significa solo diverso e non sbagliato.

Sarà mica un italiano?

Lo scrittore usa un tono leggero e divertente per far capire che esistono tante verità, diverse angolazioni da cui guardare un fatto, innumerevoli complicazioni che potremmo evitare se parlassimo la stessa lingua. E’ sorprendente come sia riuscito, pur essendo lui stesso di diversa etnia, a osservare con grande acume vicende, situazioni e personaggi che tratteggiano la realtà italiana meglio di come facciano registi e scrittori autoctoni. Viene quasi il sospetto che anche Amara non sia chi dice di essere. Sarà mica un italiano sotto mentite spoglie?

Una sola cosa ho da rimproverargli, e cioè che cade anche lui, chissà quanto consapevolmente, nel tranello che ha teso ai personaggi. Gli italiani, infatti, ne escono con le ossa rotte: ignoranti, prevaricatori, delinquenti e intolleranti. Gli immigrati, tutti brava gente: incompresi, sfruttati, soli e sottomessi. Sarà proprio tutto così bianco e nero? O anche in questo caso in una sola verità coesistono diverse gradazioni di colore?