La ragazza del Greenwich Village – Lorna Graham

Un fantasma per coinquilino, un cane per compagnia, una città in cui chiunque di noi vorrebbe vivere almeno per un po’, New York. E il lavoro dei propri sogni che bussa alla porta. Questi gli ingredienti del romanzo d’esordio di Lorna Graham, autrice televisiva americana.

Trama 

La nuova vita di Eve Weldon comincia in un delizioso appartamento di Manhattan, sulle orme della madre Penelope, che nei favolosi anni Sessanta aveva vissuto proprio qui la sua personale età dell’oro. Arriva dritta dall’Ohio, Eve, con la valigia piena dei meravigliosi abiti vintage, il sogno di fare la scrittrice e la voglia di trovare un nuovo amore nella città dove tutto è possibile. E mentre Eve prova ad assaporare l’atmosfera bohémien di Greenwich, tutta jazz e sigarette, scrittori maledetti e martini, di un tempo lontano, sarà l’incontro con Donald Bellows, il più improbabile e inatteso dei coinquilini, a regalarle il senso di un passato dal fascino misterioso e irresistibile. 

Eventual-mente

La cosa migliore di questo romanzo è il nome della protagonista. Eve-Eventual, che ci catapulta subito nel mondo del possibile. E’ possibile mollare tutto, trasferirsi a New York, convivere con un fantasma e un cane e trovare il lavoro dei propri sogni. Non proprio il lavoro di scrittrice da sempre agognato, ma almeno quello di autrice tv, che almeno consente di sopravvivere ai prezzi newyorchesi. E’ una lettura adatta al periodo che sto vivendo: la quarantena e l’attenzione alle informazioni sul coronavirus, che non voglio perdermi, mi obbligano a cercare letture non troppo impegnative, almeno dal punto di vista della riflessione.

La beat generation mancata

Quindi, il romanzo di Lorna Graham ha svolto il suo lavoro. Più riuscita la parte sull’autore televisivo, quella figura semi sommersa senza la quale il conduttore televisivo non sarebbe così preparato come sembra. E che a volte sembra preparato senza esserlo per niente. Meno avvincente la parte sulla ricerca dei segreti di Penelope, la mamma di Eve. Lorna Graham avrebbe potuto calcare di più la mano, farci entrare nell’atmosfera anni ’60 della megalopoli, spingerci a rimpiangere di non essere nati in un’epoca così frizzante. Peccato che della beat generation non riesca a restituirci che un alone.

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Gungjung Tteokbokki, direttamente dal Palazzo reale

 

In questi giorni di quarantena mi sta venendo nostalgia della Corea del sud. Forse perché sto vedendo troppi kdrama? Chissà. Gungjung significa Palazzo reale. Infatti il Gungjung Tteokbokki 궁중떡볶이, che è un piatto nato nel palazzo reale durante la dinastia Chosŏn 조선, è conosciuto anche come snack del re. Negli stand dello street food coreano è più facile trovare il Tteokbokki 떡볶이 nella sua veste rossa e molto, molto piccante. Il Gungjung Tteokbokki 궁중떡볶이, al contrario, non è per niente piccante, perché invece della salsa al peperoncino piccantissima tipica dei piatti coreani, si condisce con quella di soia. Nonostante il nome blasonato e difficile da pronunciare, vedrete che per realizzare questo piatto e portarlo in tavola ci metterete pochissimo. E farete bella figura con fatica zero. Ma andiamo alla ricetta.

La ricetta del Gungjung Tteokbokki 궁중떡볶이

Ingredienti per 2 
  • manzo, pollo o maiale 100 gr.
  • gnocchi di riso in cilindri o tondi (tteokguk tteok, 떡국 떡), 300 grammi
  • funghi, 3
  • cipolla, 1/2
  • salsa di soia, 4 cucchiai
  • olio di sesamo, 2 cucchiai
  • acqua, 1 cucchiaio più acqua di cottura degli gnocchi
  • zucchero, 1/2 cucchiaio
  • opzionali: peperoni verdi, rossi e gialli. Semi di sesamo. Sale e pepe, q.b.
Procedimento

Mettete a bollire gli gnocchi di riso in un pentolino di acqua bollente, finché infilzandoli con una forchetta non risultano morbidi (circa 10 minuti). Nel frattempo, tagliate carne, funghi e cipolla a listarelle. Soffriggete la carne in una casseruola con 2 cucchiai di olio di sesamo. Aggiungete cipolla e funghi e continuate a cuocere. Quando gli gnocchi di riso sono pronti, scolateli e versateli nella carne. Aggiungete 4 cucchiai di salsa di soia e mezzo cucchiaio di zucchero. Fate amalgamare e continuate a cuocere per pochi minuti, finché tutti gli ingredienti risultano ben cotti. Assaggiate e aggiungete sale e pepe, se necessari. 

Note
  • come avete visto, la preparazione è molto veloce. Più sottili saranno le striscioline in cui taglierete gli ingredienti e prima finirete;
  • i funghi dovrebbero essere di qualità Shiitake, ma io ho usato quelli che avevo ed è venuta ottima lo stesso. Quindi, consiglio di non impazzire, scegliete i funghi che più vi piacciono o che trovate;
  • per la quantità di salsa di soia regolatevi secondo vostro gusto. Versate i primi due cucchiai e poi decidete se metterli tutti o fermarvi;
  • stessa cosa per sale e pepe. Io non li aggiunti, perché il piatto mi è sembrato abbastanza sapido con la sola salsa di soia;
  • gli gnocchi di riso potete trovarli in supermercati ben forniti o nel market coreano. Nel reparto surgelati, in confezioni da 1 kg;
  • la ricetta vorrebbe anche peperoni multicolor, per rendere il piatto più allegro. Visto che non è stagione li ho omessi, ma sappiate che ci starebbero bene;
  • i semi di sesamo sono opzionali, ma rendono il piatto più decorativo. In tempi di quarantena non si può uscire per beni futili, ma appena possibile me li procurerò perché sono un degno completamento.

Che ne dite? Vi ispira questa ricetta? Quali sono i vostri piatti coreani preferiti?

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Scrivete il vostro racconto: La vita in quarantena

In questi giorni abbiamo difficoltà a concentrarci. Sì, leggiamo, guardiamo film, stiamo con i nostri cari, mangiamo. Facciamo tutto, con la mente sempre rivolta a un pensiero solo. Cosa succederà? Cosa faremo? Quanto cambierà il mondo che finora abbiamo conosciuto e frequentato?

Per dare voce ai nostri pensieri, quelli positivi e quelli negativi, quelli che sostengono e quelli che ci abbattono, proviamo a metterli su carta. Scrivere serve a tirare fuori quello che abbiamo dentro, le paure a cui non riusciamo a dare voce, le speranze che abbiamo nel cuore. Scrivetemi il vostro racconto della quarantena, in qualsiasi forma, con qualunque mezzo abbiate a disposizione, nella vostra lingua (il sito è tradotto in più lingue). Proviamo a raccontare quello che succede fuori e dentro di noi, vi va?

Prendete carta e penna e date vita al vostro racconto. Queste le uniche indicazioni da seguire:

  1. una lunghezza compresa tra 2000 e 3000 battute;
  2. il titolo e il tema per tutti è La vita in quarantena;
  3. il racconto deve contenere obbligatoriamente il seguente passaggio: “quando tutto questo sarà finito…”.
  4. inviate l’elaborato a lizamjones@hotmail.com, preferibilmente in formato .rtf;
  5. scrivete liberamente nella vostra lingua madre;
  6. non preoccupatevi troppo di stile e grammatica. Non è un concorso e non è un invito rivolto (solo) a scrittori di professione. Ci sono io per aiutarvi, in caso di bisogno;
  7. potete usare un nome di fantasia o il vostro nome reale, come preferite. Se volete, potete corredare il racconto di una breve presentazione e/o biografia;
  8. non ci sono premi, non ci sono restrizioni, non c’è copyright. I diritti rimangono degli autori;
  9. i racconti saranno pubblicati in base all’ordine di arrivo nella casella di posta elettronica sopra indicata.

L’iniziativa non ha fini di lucro. L’obiettivo è solo quello di sentirci più uniti e vicini. Ora più che mai abbiamo bisogno della fantasia per sentirci vivi.

E ora…forza, al lavoro, vi aspetto!

La vita in quarantena: il racconto di Natascia

La vita in quarantena: il racconto di Skywalker

La quarantena di una quarantenne: il racconto di Giovanna

Danza con il diavolo – Kirk Douglas

Kirk Douglas sembrava immortale, eppure quest’anno ci ha lasciato, dopo aver passato 103 anni su questa terra. Avevo questo suo romanzo in libreria già da un po’  e mi è sembrato il momento giusto per iniziarlo, perché con il diavolo ci stiamo ballando. Sperando che lui, invece, ora stia danzando con gli angeli…

Trama

Dietro la facciata smagliante di regista famoso e rispettato, Denny nasconde un segreto che lo tormenta fin dall’infanzia, costringendolo a mentire sempre. Ma l’incontro con la sensuale Luba fa crollare il castello di menzogne in cui si è rifugiato.

Una storia ben congegnata

La storia congegnata da Kirk Douglas non è male. Danny è un uomo che dopo essere sopravvissuto al campo di concentramento, decide di dimenticare il suo passato e le sue origini, trasformandosi d’un tratto in un “gentile”. Luba è una ragazza bella e disinibita, che ha imparato a sopravvivere e sarebbe disposta a tutto pur di rimanere a galla. Danny e Luba hanno tanti segreti che rischiano di dividerli, eppure l’attrazione che provano l’uno per l’altra è innegabile. E ha un comune denominatore: la risiera San Sabba, a Trieste, che venne utilizzata dai nazisti dopo l’8 settembre 1943 come campo di prigionia. Dopo quell’esperienza traumatica, lui si è fatto avanti nella vita sfruttando la sua grande passione per il cinema, lei è ancora in cerca del suo vero talento e nel frattempo usa il suo corpo.

Per fortuna era un attore!

Purtroppo, in più punti ho pensato che per fortuna Kirk Douglas ha scelto il mestiere di attore e non quello di romanziere. Non perché l’intreccio non sia godibile, anzi. E’ solo che inserisce troppi elementi che funzionerebbero alla grande in un film, ma non al 100% in un romanzo. Le scene di sesso, per esempio, sembrano a volte poco funzionali alla storia, come se fossero piazzate lì per suscitare interesse voyeuristico nel lettore, o scandalizzarlo. Nessuno dei due intenti riesce in pieno e secondo me danneggia un po’ la tenuta complessiva della storia. A tutto svantaggio della catarsi finale, sulla quale avrebbe al contrario potuto calcare di più la mano.

Comunque, tanto di cappello a Kirk. Mettersi a scrivere dopo i settant’anni una carriera incredibile non è da tutti. D’altra parte, è evidente che lui non fosse un uomo standard. Siete d’accordo? 🙂

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