Kimchi, la ricetta tradizionale con variante italiana

Finalmente stamattina c’è un po’ di calma e posso parlavi come si deve del kimchi. Cos’è il kimchi? Il kimchi non è solo un piatto tradizionale. E’ un vero e proprio marcatore culturale della Corea del Sud. Conosciuto e preparato fin dai tempi antichi, oggi il kimchi è riconosciuto come patrimonio culturale intangibile dall’UNESCO. A novembre, per le famiglie coreane scatta il kimjang (김장, o “chimciang” nella pronuncia italiana): durante i fine settimana, tutti sono impegnati nella produzione del kimchi, che poi viene conservato per tutto l’anno e consumato in grande quantità.  

D’accordo, ma cos’è il kimchi? 

Il kimchi (김치, si pronuncia chimci in italiano) è un piatto tradizionale coreano, fatto di verdure fermentate con spezie e frutti di mare salati. Ne esistono centinaia di varietà, ciascuna con una verdura diversa come ingrediente principale, ma quando sentite il termine kimchi usato genericamente, si fa riferimento a quello preparato con cavolo napa, anche detto cinese, e i ravanelli coreani, o daikon. Che si chiamerebbe, a voler essere precisi, Tongbaechu-kimchi (통배추김치, tongbeciù nella pronuncia italiana). Ed è quello che quest’anno ho tentato di fare, seguendo la video ricetta della blogger Maanghi, una vera istituzione per  chi vuole imparare a cucinare coreano. Seguendo la sua ricetta quasi alla lettera, il risultato è strepitoso. Provatela anche voi e non comprerete mai più kimchi pronto al supermercato. Nella mia ricetta troverete alcune sostituzioni con prodotti facilmente reperibili in Italia, e qualche suggerimento per fare meno fatica possibile. La ricetta non è difficile, ma ci vuole tempo. Quindi, prendetevi il vostro tempo e utilizzate anche voi il weekend per il vostro personale kimjang. Lontani dalla Corea, ma vicini. 

Ingredienti

Per la salatura del cavolo cinese:

  • cavolo cinese, 2 cespi (2,2 kg nel mio caso)
  • sale, 60 gr. circa

Per il porridge:

  • acqua, 2 bicchieri circa
  • farina di riso glutinoso, 2 cucchiai (* vedi note)
  • zucchero, 2 cucchiai (* vedi note)

Per le verdure di contorno:

  • daikon, mezzo
  • carote, 1 grande
  • cipollotti verdi, 6
  • erba cipollina, spolverata abbondante (*vedi note)
  • prezzemolo e sedano, (*vedi note) 

Condimenti e spezie:

  • aglio, 9 spicchi  (*vedi note) 
  • zenzero, 1 pezzo
  • cipolle, 1 media
  • salsa di pesce, 100 ml
  • gamberetti fermentati salati (saeujeot), 4o gr. 
  • fiocchi di peperoncino (gochugaru), 6 cucchiai

Procedimento

Innanzitutto, preparate e salate i cavoli: 
  1. Tagliate i torsoli se sporgono troppo;
  2. Dividete il cavolo a metà, praticando un’incisione alla base del cavolo, in modo che si crei una fessura. Afferrando le due metà che si sono create, tirate dolcemente in modo che il cavolo si spacchi in due senza perdere le foglie interne più piccole;
  3. Praticate altre due incisioni alle due basi di metà cavolo, senza separarle;
  4. Immergete le metà in una grande bacinella in cui prima avrete versato acqua all’interno, per bagnarle e iniziare la salatura. Prendete una manciata di sale e cospargete le foglie, mettendone di più alla base, dove il cavolo è bianco e più duro, e meno sulle foglie verdi. Nelle quantità ho messo 60 grammi, perché così dice la ricetta, ma non credo di averle rispettate. Ho messo delle manciate ovunque; Considerate che il cavolo verrà risciacquato più volte e che il sale serve ad ammorbidirlo, non c’è pericolo di ritrovarsi con un prodotto troppo salato;
  5. Fate riposare i cavoli per due ore, girandoli ogni 30 minuti cosicché possano ricevere il sale ovunque. Ogni tanto, potete anche prendere l’acqua e bagnare la sommità. Io non l’ho fatto, ma serve a distribuire ancora meglio.

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Mentre il cavolo riposa, preparate il porridge e i contorni. 
Il porridge:

Versate acqua e riso in un pentolino. Mescolate bene con un cucchiaio di legno e lasciate cuocere per circa 10 minuti, o comunque finché non inizia a bollire. Aggiungete lo zucchero e lasciate cuocere ancora un minuto, girando il composto. Togliere dal fuoco e far raffreddare completamente.

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I contorni: 
  1. tritare molto finemente in un mizer aglio, zenzero e cipolle, finché non diventino pastosi;
  2. tagliare a julienne più fina possibile, dipende dalla pazienza che avete, daikon e carote;
  3. tagliate a dadini cipollotti verdi, sedano e prezzemolo;
  4.  strizzate e sminuzzate i gamberetti fermentati.

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Preparate il condimento:
  1. In una scodella larga, unite il porridge completamente raffreddato, la pasta di zenzero, cipolla e aglio, i gamberetti fermentati e la salsa di pesce. Aggiungete i fiocchi di peperoncino. Sui fiocchi, vi consiglio caldamente di aggiungere poca quantità per volta e assaggiare. Il colore deve essere rosso brillante, ma da quel momento in poi decidete voi fin dove spingervi col piccante. La quantità che ho indicato va bene per me, né troppo dolce, né così piccante da non sentire il gusto del cavolo. Tenete anche presente, mi raccomando, che il piccante tenderà a crescere nel tempo. Girate tutto nella ciotola finché non diventa una pasta omogenea;
  2. Aggiungete le listarelle di daikon e carota, i cipollotti verdi, l’erba cipollina, il sedano e il prezzemolo. Mescolate bene.

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Riprendete i cavoli 

Dopo due ore, controllate i cavoli. Provate a piegarli, devono essere morbidi e croccanti. Se non lo sono, lasciateli ancora qualche minuto. Se sono pronti, come sicuramente saranno, sciacquateli molto bene sotto l’acqua corrente, fino a fargli perdere tutto il sale. Mentre li sciacquate, prendeteli alla base, dove c’è la fenditura, e divideteli dolcemente in due, formando quattro quarti per ogni cespo. Lasciateli scolare e allargateli su un asciugamano per farli asciugare bene.

Siamo pronti per assemblare il kimchi: 
  1. indossate dei guanti da cucina, prendete un po’ di pasta di kimchi e massaggiate il cavolo, fino a cospargerlo in maniera uniforme di pasta;
  2. Quando  ogni foglia è ben condita, richiudete il quarto di cavolo in una sorta di pacchetto e condite anche l’esterno. Riponete ogni quarto nel contenitore in cui verrà conservato, l’onggi se avete il contenitore tradizionale, il vetro, preferibilmente, o un contenitore di plastica senza BPA;
  3. Lasciate i contenitori a temperatura ambiente per qualche giorno, finché non inizia la fermentazione. Poi, riponeteli in frigorifero fino all’utilizzo.

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La fermentazione: 
  1. Lasciate il kimchi a temperatura ambiente per un giorno o due, finché non inizia a fermentare. Lo sentirete perché rilascerà un odore caratteristico, assolutamente non fastidioso. Potrebbe anche rilasciare un po’ di liquido, mettete sotto il contenitore dei fogli di carta da cucina, o su una superficie adatta;
  2. Per controllare se la fermentazione è davvero iniziata, aprite il contenitore e pressate il liquido con una forchetta. Se vedete delle bolle, è pronto.
  3. A questo punto, riponete il contenitore in frigorifero e usate all’occorrenza, tenendo presente che più lo lascerete riposare, più diventerà gustoso.

 

Note:

  • la farina di riso glutinoso non è facile da trovare. Andrà benissimo la farina di riso del supermercato;
  • nella ricetta originale lo zucchero è turbinado o grezzo, ma può essere sostituito dallo zucchero bianco;
  • il buchu, l’erba cipollina cinese, può essere sostituita dall’erba cipollina, oppure, se preferite, da altri 3 cipollotti freschi verdi;
  • un altro ingrediente non essenziale e impossibile da trovare è il minari, che io ho sostituito con sedano e prezzemolo. E che ci stanno non bene, di più;
  • anche i gamberetti rendono il kimchi più gustoso, ma se non li trovate, o vi fanno impressione, anche la sola salsa di pesce andrà bene;
  • nella ricetta originale gli spicchi di aglio sono 24, non 9. Ma l’aglio coreano è inodore, molto diverso dal nostro. Quindi ho ricalibrato di parecchio, per non avere un effetto indesiderato all’assaggio. Anche qui, regolatevi secondo il vosto gusto;
  • se nei contenitori non entra tutto, aggiungete dei semi di sesamo a quello che avanza e mangiatelo fresco. Avrete assaggiato il kimchi fresco, o Geotjeori (겉절이 o Gotgiorì in italiano).

kimchi fresco

Allora? Come vi sembra questa ricetta? Vi va di provare? Per dubbi, curiosità o altro, scrivetemi nei commenti! 감사합니다!

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La Korea Week di nuovo a Roma! 

 

 

Sui ponti di Madison County nasce una storia di Natale

Una storia di Natale. Un libro non è solo la storia che ci dà da leggere. Un libro ci parla di tante altre storie. Quelle che ha evocato nella mente e nel cuore di chi lo ha letto, quelle che ha visto e che ha ispirato, passando di mano in mano. Spesso un libro è un regalo di Natale e questa, della prima edizione de “I ponti di Madison County”, è una storia di Natale.

8 gennaio 1994

Risale a molti anni fa. Io l’ho comprato qualche giorno fa in un mercatino, senza sapere che, aprendolo, vi avrei trovato un biglietto di Natale.
L’8 gennaio 1994, F. scrive alla nonna per ringraziarla del regalo ricevuto, dispiaciuta per non aver potuto trascorrere il Natale insieme in Italia. Vi ricorda qualcosa? “Dear nonna”, è l’incipit, un incipit che già dice molto di questa storia italo-americana.
I’m sure that you would have liked to have Lorenzo and Susanna in Roma for Christmas, but I hope that you had a happy holiday season anyway“, dice F., che ha provato a scrivere in italiano, rinunciando subito a causa del suo scarso vocabolario. “Non avrei potuto dirti abbastanza“.

Chissà se Nonna è ancora tra noi

C’è una storia di Natale, dietro questo libro, uscito quando ancora non esisteva il film con Meryl Streep e Clint Eastwood che l’ha reso immortale. “E’ un romanzo che sta avendo un grande successo in America. Io l’ho letto e mi è piacuto, spero che piaccia anche a te“. E arrivato a me dopo il film e dopo la visita di Joan a Roma. Chissà cosa avranno fatto, chissà se F. avrà imparato l’italiano, chissà che ne sarà stato delle persone citate nel biglietto. Chissà se Nonna è ancora tra noi. Chissà se ancora oggi, in famiglia, si regalano libri. Spero di sì, ed è uno dei tanti motivi per cui i libri cartacei devono sopravvivere. Perché racconteranno sempre molte più storie di quelle che ci troviamo scritte dentro.

I miracoli di Natale

Forse non sapremo mai cosa ne è stato dei protagonisti. Però, se qualcuno si riconosce, o riconosce qualcuno, in questa storia e in questo biglietto, mi contatti. Magari, alle tante storie che racconta questa prima edizione, ne aggiungeremo un’altra.
Perché i libri non finiscono mai. E neanche i miracoli di Natale.

Buon Natale, lettori! Se avete anche voi una storia di Natale da condividere, lasciate la vostra testimonianza nei commenti 

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Book Club P&C: via alla prima lettura! I ponti di Madison County, di Robert James Waller

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