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Copenaghen: la felicità? Una porta che si apre

Copenaghen. Una porta che si apre, finalmente. Quella dell’aeroporto, dove non mettevo piede da un po’. E quella del viaggio, dentro me stessa e non solo. Copenaghen, il Nord Europa, Hygge, design, tranquillità. Un periodo non facile, questo, e voglia di staccare la spina. Ma cos’è la felicità? E cosa c’entra con le porte? Venite che vi racconto questo viaggio alla ricerca della felicità.

Un passo indietro

Partiamo da Søren Kierkegaard, teologo e filosofo esistenzialista danese, e da una delle sue frasi più famose. «La felicità è una porta che si apre dall’interno: per aprirla, bisogna umilmente fare un passo indietro». E il passo indietro, per chi come me visita per la prima volta il nord Europa, è osservare senza giudicare. Perché Copenaghen è una città piccola, con pochi abitanti, con uno sviluppo relativamente recente e pochi monumenti da visitare. Per questo troverete scritto in molte guide che “bastano due giorni per visitarla. E’ vero, per girarla bastano due giorni. Ma per sentirla? Facciamo un passo indietro. 

kierkegaard statua con logo

Hygge

Qui devo introdurre questo concetto, che sembra facile, ma non lo è. Oppure, potrebbe essere confuso con un’operazione di marketing per vendere la Danimarca ai turisti. Probabile che in parte ci sia anche questo, ma Hygge (Hyu-ga la pronuncia) è soprattutto un modo di sentire, di vivere, di relazionarsi con gli altri e con se stessi. E’ una filosofia di vita, la realizzazione pratica di quello che Kierkegaard sosteneva teoricamente. E’ un termine intraducibile, di dubbia origine, che si avvicina al concetto di benessere, di pietas nel senso latino del termine. Se la Hallyu coreana è un’onda che proietta la Corea del Sud all’esterno, l’Hygge danese proietta noi stessi verso gli altri, perché se la comunità funziona e si stringe, l’individuo vive bene, ha tempo da spendere per sé e per le persone care, vive in un contesto cui sente di appartenere. Ama trascorrere il tempo con gli amici e la famiglia e ricercare piaceri semplici, che lo facciano stare bene. Ecco, questo in sintesi è Hygge. Che ne pensi? Credi alla possibilità di vivere in questo modo? Non ero molto convinta all’inizio, ma questo è quello che ho visto e percepito. Ora vi dirò dove ho visto l’hygge a Copenaghen e dove, invece, non c’è e dovrebbe esserci.

Cosa vedere a Copenaghen

C’è l’imbarazzo della scelta, ma dato che di solito è una di quelle città cui le guide online attribuiscono due-massimo tre giorni di visita, mi limiterò a dirvi quello che ho visto io, in pieno spirito hygge. Cioè senza correre e affannarmi inutilmente, proprio come fanno i danesi. Anche perché ho trovato un caldo a dir poco anomalo e non avevo seguito il principale consiglio hygge da dare a tutti: vestitevi a cipolla! Stavolta non metterò le attrazioni in base al giro che ho fatto, ma solo in ordine rispetto a quanto mi sono piaciute. La città è girabile tranquillamente secondo le tappe che più vi aggradano, la metropolitana è efficiente e arriva ovunque, ci sono barche e biciclette in quantità per assicurare mobilità sostenibile. Insomma, l’imperativo è rilassatevi e godetevela.

bici copen logo

Nyhavn e Il giro dei canali

Se avete tempo, affittatevi una barchetta e andatevene a zonzo per i canali, ma attenzione a non essere falciati dagli autobus di linea, che suoneranno senza pietà. Per mancanza di spazio, ho scelto la crociera sui canali di un’ora, che parte a tutte le ore a un prezzo ridicolo, circa 7 euro a persona. Non fatevela mancare, mi raccomando. Primo, perché durante il giro vi faranno vedere posti che probabilmente non riuscirete a vedere da vicino, secondo perché è proprio rilassante. Toccherete con mano quanto si godano la vita i danesi, in barca con l’aperitivo, su spiaggette improvvisate con un tuffo in acqua, sulle banchine del porto a chiacchierare o ascoltare musica.

ragazze canale mani alzate cpon logo

La pace dei sensi, veramente. Io ho scelto il tramonto perché i colori sono spettacolari, anche se ho pagato con una sirenetta totalmente in ombra. Che però il giorno dopo era in pieno sole, quindi poco male. La crociera è fantastica anche perché mi ha dato un assaggio di come stiano costruendo i nuovi edifici e quartieri, all’insegna del design e della vita in comunità.

architettura con logo

Dopo essere scesi dalla barca, il quartiere Nyhavn offre di tutto e di più per mangiare. Alcune delle cose che ho assaggiato le trovate in basso, nella sezione Cosa mangiare a Copenaghen. Questo tratto di porto è famoso per gli smørrebrød, che dovete necessariamente accompagnare col grappino locale, lo Snaps.

copenaghen canale con logo

Il diamante nero della biblioteca reale

Una biblioteca futuristica, che affaccia su un canale,  costruita con materiali di granito nero proveniente dallo Zinbawe e vetro affumicato e vetrate di 6 metri per 2,5 metri. Un gioiello di architettura, che cambia sfumatura nel corso della giornata, a seconda del riflesso del sole. Pensavo fosse tutta scena e quando l’ho vista durante la mini crociera dei canali, confesso che non mi ha fatto tutta questa impressione. E poi, lo Zimbabwe, spero che non ci siano problemi di etica e diritti umani dietro questa magnificenza. Dall’interno, però, è tutta un’altra storia. Gli otto piani, tutti accessibili, sono completi di balcone- corridoio a forma di onda che permettono una visita a 360° dello spazio accessibile. Soprattutto, l’edificio è un punto di riferimento per studenti, ricercatori e semplici appassionati, dato che ospita mostre permanenti e temporanee di fotografia e un numero notevole di volumi. Sono rimasta poco, purtroppo il tempo a disposizione non era moltissimo, ma rispecchia in pieno il mood hygge della citttà. Non solo per l’atmosfera pacifica che regna all’interno, nonostante una spaziosa caffetteria, ma anche per la vista sull’acqua, le centinaia di biciclette parcheggiate fuori, le persone con libri o caffè in mano sedute sugli argini a chiacchierare o studiare.

diamante nero con logo

diamante nero interno 1 con logodiamante nero interno 2 con logo

L’edificio, poi, è collegato con l’antica biblioteca, dall’interno e dall’esterno. Basta attraversare la strada e ci si ritrova a salutare la statua di Kierkegaard (sempre lui, quello della porta che si apre da cui siamo partiti) nei giardini del vecchio edificio. Futuro e passato che si intrecciano, guardare avanti senza dimenticare quello che è stato. Molto, molto hygge. Ho attraversato i giardini per andare al mio vero obiettivo, la torre rotonda.

biblioteca naz edificio vecchio con logo

La torre rotonda

La Rundetårn (torre rotonda) di Copenaghen è un edificio che ha tanto da dire. Intanto, ospita l’osservatorio astronomico più antico d’Europa ancora in funzionamento. In secondo luogo, dalla cima si gode una vista a 360 gradi sulla città, come sulla Tour Montparnasse di Parigi o la Seoul Tower coreana. La torre fu costruita nel 1642 per volere di Re Cristiano IV,  proprio per creare il primo osservatorio astronomico di Copenaghen. Per arrivare in cima, bisogna inerpicarsi in salita su per una rampa a spirale. Dopo sette giri e mezzo e un semaforo che dà il via libera alle ultime scalette, si arriva al Belvedere della Torre Rotonda, situato a 34,8 metri d’altezza. Putroppo l’unica via di accesso sono queste minuscole e ripide scalette, quindi l’ultimo tratto non è accessibile a persone con disabilità e anche quello precedente è faticoso. Perché il re l’ha voluta così? Perché voleva raggiungere la cima dell’osservatorio in sella al suo cavallo. E ancora oggi i manutentori salgono con un carrellino elettrico, visti in diretta. Prima o dopo la salita al belvedere,  tanto per spezzare il fiato, ci si può fermare all’antica biblioteca, oggi trasformata in spazio espositivo, e alla soffitta delle campane, che però al momento è chiusa per restauro. 

torre tonda logo

La sirenetta

Criticatissima da residenti e turisti e sito preferito dai danesi per dimostrazioni e deturpazioni varie. Criticata, perché? Per la posizione decentrata, perché meno maestosa di quanto sembri in foto, per l’espressione triste…queste alcune delle rimostranze che ho letto in giro. Innanzitutto, la posizione non è per niente decentrata, la sirenetta viene raggiunta sia dalle imbarcazioni sia da terra. Dopo essere scesi dalla metropolitana, c’è un po’ di strada da fare attraverso un bel parco. E’ probabile che i danesi abbiano scelto quella posizione per lasciarla tranquilla. Negli anni, è stata tutto fuorché tranquilla, ma questa è un’altra storia. La storia della statua risale al 1913, anno in cui il figlio del fondatore del Birrificio Carlsberg decise di fare un regalo alla città, affidandone la creazione allo scultore Edvard Eriksen. Come modella per la statua, lo scultore scelse sua moglie, ispirandosi a un balletto del 1909. Non è maestosa, è vero, è questo la rende umana. Molto umana. Come l’espressione triste. Non è vero che aspetta il principe, attenzione! Lo leggerete ovunque, ma non è la verità. Aspetta un bambino buono a cui sorridere. Piange, invece, se incontra un bambino cattivo. E voi? Che bambini siete? Buoni o cattivi? A me ha sorriso il sole dietro le sue spalle, e pare sia evento abbastanza raro. Mi ha ricordato la storia della costola di balena di Verona che vi ho già raccontato. La sirenetta non può aspettare il principe, perché un’anima immortale non può dipendere dall’amore di un uomo. E il principe di Hans Christian Andersen era già sposato, non sarebbe potuto tornare…ma anche questa è una storia che un giorno vi racconterò meglio. 

sirenetta e bimbi con logo

Fontana di Gefion

Scendendo a sud lungo la riva del canale, ho incontrato la Fontana dedicata alla dea Gefion, raffigurata mentre sprona quattro grossi buoi legati a un aratro. Dice la leggenda  che Gefjun avesse chiesto della terra al re di Svezia e che questi le avesse promesso un regno grande quanto quello che sarebbe riuscita ad arare in una notte. La donna, allora, trasformò i suoi figli in buoi e scavò un’enorme quantità di terra, che venne riversata nel mare creando la Zelanda. Zelanda è l’isola su cui si trova Copenaghen. Anche questa statua è stata donata alla città da Carlsberg e, da una certa prospettiva, sembra quasi che Gefjun voglia colpire con la frusta il campanile della chiesa anglicana di St. Alban, che è lì nei pressi. Sarà un caso? Chissà. 

chiesa sirenetta con logo

Strøget

E’ un’isola pedonale del centro storico, la più lunga d’Europa, chiusa agli estremi dalle due maggiori piazze della città, la piazza del Municipio e Kongens Nytorv. Merita un giretto, i negozi sono belli ed è curata. Nei dintorni è pieno di locali in cui fermarsi dopo aver fatto shopping. Sempre che il biglietto aereo vi consenta di allargarvi con gli acquisti!

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Il cambio della guardia

Questa è stata una tappa imprevista, non avevo pensato di fermarmi per il cambio della guardia. Diciamo che è stato il cambio della guardia a fermare me, perché mi trovavo nella piazza quando hanno effettuato la sostituzione delle postazioni. Non è il vero e proprio cambio della guardia, che avviene in pompa magna a mezzogiorno, però mi è piaciuto molto, è stata una scena divertente e anche molto ravvicinata. Quando c’è qualcuno a palazzo, sventola la bandiera danese, così tutti i danesi sanno che qualcuno dei reali è in casa. Non è anche questo molto hygge?

cambio della guardia

Cosa mangiare a Copenaghen

Vi diranno e leggerete ovunque che Copenaghen è cara, ha prezzi altissimi, quasi inavvicinabile. Guardate bene la data in cui è stato scritto questo commento. Oggi, con i prezzi alle stelle, è diventata non dico abbordabile, ma sicuramente molto simile a qualsiasi ristorante di medio livello in Italia. Dato che anch’io avevo letto questi commenti sui prezzi, per andare sul sicuro ho preso un albergo con prima colazione. Ho fatto bene? Non lo so. Sicuramente era abbondante e ottima, tanto da farmi saltare anche i pranzi. Ma in giro ho visto tanti di quei bar con lievitati golosissimi e la fila per entrare, che forse sarebbe stato meglio rinunciare e andare all’avventura. Il caffè a me è piaciuto, è un caffè lungo servito in tazza da cappuccino, l’ho ordinato al ristorante per terminare la cena e ci ho messo tre ore per finirlo…haha. Ero convinta di aver ordinato il caffè in tazzina!

Questo è quello che sono riuscita ad assaggiare io:

Smørrebrød

Il nome significa sandwich, ma in realtà sembra più una bruschetta di pane non tostato. Quella che ho mangiato io è stata presentata al tavolo scomposta, cioè con un pezzo di pane di segale spalmato di burro e gli ingredienti intorno, da aggiungere a piacere. Nel mio caso, salmone, aneto, insalata e cipolla. Buono, niente da dire. Una bruschetta fa sempre il suo dovere. Il pane danese è veramente eccezionale e fa la differenza, in tre giorni ne ho assaggiati diversi tipi e tutti ottimi. Accostatevi, quindi, allo smørrebrød senza paura. Di locali e localini che lo propongono ne troverete tantissimi: io l’ho considerato un antipasto per la cena, ma volendo può essere anche pranzo veloce con più assaggi. L’unica cosa importante da ricordare, è che va accompagnato con lo Snaps, un’acquavite tipica che ricorda la grappa. Non troppo forte, l’abbinamento è vincente, provate.

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Stegt flæsk

Se trovate Stegt flæsk e mangiate carne, ordinatelo perché i danesi lo considerano il loro piatto più rappresentativo. E’ composto da fettine di maiale arrosto con salsa al prezzemolo e contorno di patate. La particolarità è nel tipo di preparazione e cottura, che rende la cotenna delle fettine molto croccante, come la crosta della porchetta, per intenderci.

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Aringhe marinate

Le aringhe marinate sono buone a tutte le latitudini, non siete d’accordo? A volte sono farcitura dello smørrebrød, a volte, come nel mio caso, presentate come antipasto a sé.

Salmone

Altro piatto tipico, il filetto di salmone al forno con patate duchessa, servito su un pezzo di massello di rovere e accompagnato da burro alle erbe. Basta e avanza per una cena da re o regina. 

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Wienerbrød

Qui bisogna aprire un capitolo a parte. I wienerbrød, letteralmente pasticceria viennese, sono i famosi danesi che mangiamo anche noi. Solo che a Copenaghen li fanno in tutte le fogge e farciture possibili e immaginabili. Ai danesi, infatti, amano trascorrere ore e ore nei caffè o nelle pasticcerie a fare…niente. Solo tempo di qualità: chiacchierare, stare in compagnia, gustare un buon caffè lungo o un succo di frutta. Molto hygge anche questo! I miei wienerbrød preferiti sono quelli alla cannella, che fanno tanto Natale tutto l’anno.

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I biscotti danesi

Me li sono portati a casa, con la famosa biscottiera che tutti abbiamo visto piena di aghi e fili nella nostra infanzia. In verità, io le ho sempre viste anche prima di diventare scatola contenitore, quindi li conosco bene. Quelli che ho scelto, presi all’aeroporto e in offerta, sono infinitamente più buoni di quelli che conoscevo. Forse per il sentore di vaniglia, più forte. O forse solo perché mi ricordano l’infanzia, chissà. Comunque, ve li consiglio, acquistateli.

biscotti danesi lg

Grød

E’ un dolce al cucchiaio che in teoria servono dopo pranzo o cena e che, invece, ho trovato nella colazione dell’albergo. Infatti secondo me è più da colazione, ma sono gusti. E’ di fatto un porridge con frutta fresca sopra, personalmente non lo prenderei dopo i pasti principali. 

Sportskage

E’ la specialità della pasticceria La Glace, molto conosciuta a Copenaghen e che non potrete non notare durante una passeggiata a Strøget. E’ stata inventata proprio dalla pasticceria per lo spettacolo “Sportsmænd”, presentato per la prima volta il 18 novembre 1891 al Folketeatret di Nørregade. La “torta sportiva” è composta da granella di torrone, panna montata, base di amaretti e bignè di pasta choux caramellati. Trovo divertente che una bomba calorica del genere si chiami “sportiva”. Sportiva perché per smaltirla devi fare molto, molto sport! Sono stata indecisa fino all’ultimo se prenderla o no e alla fine ho ceduto. Ho preso una fetta e l’ho mangiata su una panchina lì vicino. Mi è piaciuta soprattutto la panna, freschissima. Considerando anche il prezzo non proprio abbordabile, pazzia da fare se siete molto, molto golosi. 

sportskage

Informazioni utili

L’aeroporto si trova a poca distanza e girare la città è molto semplice. E’ piccolina e non farete fatica ad orientarvi. Tutte le case o gli alberghi centrali o semicentrali vanno bene, perché gli spostamenti sono rapidi e h24. Per quanto riguarda gli abbonamenti per i trasporti, valutate bene cosa attivare. Io ho preso una mini card 24 ore all’aeroporto e una seconda mini card 24 ore per tornare in aeroporto, lasciando il secondo giorno senza trasporti perché ho girato a piedi. Dal punto di vista economico, mi è convenuto così rispetto alla card 72 ore. Discorso che vi sembrerà un po’ nebuloso, ma se guardate i prezzi dei vari abbonamenti potrete farvi un’idea di quello che vi conviene di più in base alle vostre esigenze di spostamento. Poi ci sono anche noleggio biciclette o barche, ma non ne ho usufruito. Dico solo che molte guide vi spaventeranno dicendo che i danesi sfrecciano in velocità in bicicletta, ma posso dirvi che non è vero. Affittatele tranquillamente se vi piacciono le due ruote.

Che ne dite? Vi piace l’idea di un giretto in Danimarca? Se avete altre curiosità o domande, scrivetemi nei commenti! 

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Per fortuna la Leonessa è diventata capitale della cultura 2023, così mi sono ricordata di questa cittadina da visitare. Purtroppo l’Italia è così, talmente ricca di luoghi meritevoli, che si finisce per andare in quelli più raggiungibili. Brescia non è di passaggio, quindi bisogna programmare bene la visita. Perché allora non approfittare per fare il paio Brescia/Bergamo? Cioè le due città che condividono lo scettro di capitale della cultura 2023? Iniziamo da Brescia: vi dirò quello che sono riuscita a vedere in weekend Brescia-Bergamo. E anche quello che potreste scoprire se avete più tempo a disposizione. Pronti? Partiamo!

Pinacoteca Tosio Martinengo con David LaChapelle 

Entrare alla pinacoteca, è come fare un viaggio cronologico accelerato dal tardo-gotico al primo Ottocento, con un’incursione nel contemporaneo. Confesso che non è per Raffaello, Foppa, Savoldo, Moretto, Romanino, Lotto, Ceruti, Hayez o Canova che sono entrata. Ma per David LaChapelle, che fino al 12 novembre sarà presente con la mostra di fotografie David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a Beautiful Land. A Brescia presenta un’opera inedita ispirata alla produzione pauperistica di Giacomo Ceruti. La Pinacoteca Tosio Martinengo, infatti, conserva il più alto numero di opere di Ceruti nel mondo e ha deciso di ospitare questo scatto per narrare gli “ultimi”, come faceva il pittore, attraverso il linguaggio fotografico. Insieme alla serie Jesus is my homeboy del 2003, che avevo già visto a Roma, la nuova fotografia di LaChapelle, Gated Community (2022), mette in scena una lunga tendopoli di senzatetto che occupa il marciapiede a ridosso del LACMA (Los Angeles Country Museum of art).

Gated community

Le tende da campeggio sono state rivestite dal fotografo con i loghi dei più noti marchi di moda. Ecco che vediamo Gucci, Louis Vuitton, Chanel e altri sfilare di fronte al prestigioso museo, che all’epoca dello scatto aveva appena concluso una milionaria raccolta fondi per il suo ampliamento. Dopo essere stato fotografo privilegiato di celebri artisti, David LaChapelle si fa portavoce da anni delle contraddizioni e delle disuguaglianze che permeano la società moderna. Non a caso ha scelto come set la California, dove si registra il più alto numero di senzatetto degli Stati Uniti. Se il contemporaneo non vi interessa e volete rimanere sul tradizionale, la collezione di tele, sculture, oggetti di oreficeria, smalti, medaglie della pinacoteca Tosio Martinengo è di tutto rispetto. Il percorso espositivo è organizzato in 21 sale scenograficamente allestite. Oppure, potete spostarvi al Museo di Santa Giulia per Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecentouna grande retrospettiva che da luglio verrà esposta dove? Al Getty Museum di Los Angeles, per chiudere il cerchio. Di questa mostra vi parlo subito dopo. Intanto, vi dico che l’unica pecca nell’esposizione del fotografo è nei riflessi provenienti dalle grandi finestre della sala. Piena di luce, tanto da non riuscire a schermare a sufficienza il riflesso sul vetro delle foto. Assolutamente da vedere, tuttavia, se amate i colori e gli eccessi cui ci ha abituato David LaChapelle. 

Il Museo di Santa Giulia

Altro posto imprescindibile è il Museo di Santa Giulia, che andrebbe visitato con calma e a lungo. Cosa che purtroppo non ho avuto modo di fare, anche perché c’è una sequela di biglietti a seconda di quello che uno deve fare, che non è proprio il massimo della chiarezza. Non capisco perché non fare un biglietto unico e via. Comunque, nel Complesso di Santa Giulia da vedere assolutamente è la Croce di Desiderio del IX secolo. Ci sono poi gli affreschi del Coro delle Monache, i resti delle antiche Domus romane e gli interni della Basilica di San Salvatore. Insieme all’area archeologica del Capitolium e al complesso monastico di San Salvatore, il museo è stato dichiarato sito UNESCO. È anche sede di importanti mostre temporanee. Io però non ho visto niente di tutto questo, perché mi sono concentrata sulla mostra Miseria&Nobiltà, Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento, di cui vi parlerò in maniera approfondita.

Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento

Avete poco più di un mese per vederla e vi consiglio di fare l’accoppiata David LaChapelle (vedi sopra) – Giacomo Ceruti. La dimostrazione che il passato parla a chi ha voglia di ascoltarlo e riviverlo. Ceruti rappresenta un connubio interessante: pittore degli ultimi e ricercato ritrattista dell’aristocrazia, cioè con ogni probabilità il suo vero interesse da un lato e il bisogno di mettere il pane in tavola dall’altro. In questa mostra, il parallelo con LaChapelle funziona. Pure con riferimento alle luci, che anche qui avrebbero bisogno di essere dislocate diversamente per far apprezzare maggiormente le opere esposte. Come ritrattista, ha successo fin dall’inizio, anche per il suo stile essenziale, senza orpelli. Il suo intento sembra quello di far emergere gli occhi e il carattere del soggetto ritratto, evitando qualsiasi distrazione nello spettatore. Questa caratteristica è ancora più efficace quando ritrae le persone del popolo, i lavoratori. Con il passare degli anni, i ritratti diventano più sorridenti e luminosi. Forse, con l’età si è rasserenato anche lui e l’ha mostrato nei dipinti. 

Parco archeologico Brescia Romana 

Altro sito Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il sito UNESCO comprende l’area archeologica con Piazza del Foro, il Capitolium, il Santuario repubblicano, l’antico teatro, la Basilica romana e il complesso monumentale di San Salvatore – Santa Giulia. Posto spet-ta-co-la-re. Incredibile, magnifico. Ormai sapete che sono peggio degli inglesi in quanto ad adorazione degli antichi romani e qui, ve lo dico subito, abbiamo un assaggio della loro grandezza. Il sito è conservato benissimo, anche perché è rimasto sempre sottoterra fino alla sua scoperta nel 1823. Gli esterni sono liberamente visitabili, mentre l’interno è a pagamento. Il complesso museale comprende il Tempio Capitolino, il teatro ed alcuni resti del foro cittadino, che sono visibili anche dall’esterno dei cancelli. Con il biglietto, si accede a un tour guidato contingentato, con ingresso iniziale in una stanza di acclimatamento, per evitare che i resti all’interno vengano deturpati dallo scambio con i “viventi”. Nella visita guidata vera e propria, invece, è possibile vedere i resti sotterranei del Santuario Repubblicano (I secolo A.C.). La pavimentazione a mosaico e pareti affrescate sono conservate benissimo, con motivi decorativi che ricordano Pompei. Verrebbe voglia di rimanere per ore e ore in mezzo alla bellezza, ma i tempi sono molto stretti e la Vittoria alata ci attende.

La Vittoria alata 

La Vittoria alata è un’enorme statua di bronzo, che riproduce una figura femminile, voltata leggermente verso sinistra e vestita con una tunica fermata sulle spalle e un mantello che avvolge le gambe. La posizione della figura, con una gamba leggermente sollevata e le braccia avanzate, si spiega con la presenza in origine di un elmo di Marte, su cui doveva poggiare il piede, e uno scudo, che doveva essere sorretto dal braccio sinistro, sul quale erano incisi il nome e le gesta del vincitore. L’origine della statua è tuttora incerta.  Per anni si è pensato che la statua fosse stata trasportata a Roma per volontà di Augusto dopo la morte di Cleopatra nel 29 a.C. e da questi donata alla città di Brescia, ma questa ipotesi è stata poi smentita dalle ricerche successive. LA sua maestosità è veramente impressionante, tanto che anche Giosuè Carducci l’ha cantata nell’ode Alla Vittoria, mentre Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III ne vollero una copia. 

Il castello

Grande fortezza costruita sul Colle Cidneo tra il ‘300 e il ‘500 in posizione strategica con vista dominante sulla città, il Castello di Brescia è ancora oggi frequentatissimo da turisti e bresciani a passeggio. Se volete passeggiare nel verde e godervi il panorama bresciano dall’alto, questo è il posto che fa per voi. Tra l’altro, il castello ospita il primo osservatorio astronomico pubblico d’Italia, plastici ferroviari e il Museo delle Armi Luigi Marzoli. Volendo, si possono anche visitare le segrete. Io sono rimasta bloccata nel tunnel d’entrata da una pioggia improvvisa e scrosciante ed è stato divertente fare due chiacchiere coi bresciani che erano andati lì a passeggiare. Tutti insieme, abbiamo applaudito un corridore che, sprezzante dell’acqua, è entrato nel castello mentre tutti attendevamo la fine dell’acquazzone, per fare un giro di corsa e riuscire.

Piazza Paolo VI

Conosciuta anche come Piazza Duomo, Piazza Paolo VI racchiude gli edifici simbolo del potere civile e religioso della città medievale. Tra questi il Broletto, sede della Prefettura e di alcuni uffici comunali e delimitato dalla storica Torre del Pégol, e il Duomo Vecchio, esempio di architettura romanica a pianta circolare con opere artistiche del Romanino, Moretto, Cossali. Al centro della piazza si erge il Duomo Nuovo, costruito a partire dal 1604 e completato nel 1825 dal Vantini. La piazza è anchecircondata di locali e localini per fermarsi a riposare e a scambiare due chiacchiere.

Piazza Loggia

Entrata a Piazza Loggia, mi è sembrato di essere catapultata all’imporvviso in una città orientale. Caratterizzata da una netta impronta veneziana, Piazza Loggia è una delle piazze più trafficate di Brescia. Sul lato ovest è dominata da Palazzo Loggia, costruito fra il 1492 e il 1570 con contributi di Palladio e Sansovino e sede dell’amministrazione comunale. A est la Torre dell’Orologio con l’antico orologio astronomico segna lo snodarsi degli eleganti portici fulcro dello shopping in città. Sul versante sud, verso Piazza Vittoria, il Monte di Pietà, sulle cui facciate spiccano inserti lapidei di epoca romana.

Antico quartiere del Carmine 

Praticamente dietro Piazza Loggia, il Carmine è uno dei quartieri antichi preferito dai ragazzi per passare la serata, anche perché servito dalla metro. Il quartiere è ricco di chiese, edifici storici, ristoranti e locali per il dopocena. Di giorno, è una delle zone preferite dagli universitari.

Piazza Vittoria

Terza grande piazza di Brescia insieme a Piazza Loggia e Piazza Paolo VI, di stampo rettangolare con portici ai lati, su Piazza Vittoria si affacciano il Palazzo delle Poste e a ovest uno dei primi grattacieli d’Italia. Qui fanno un mercato, ma non ho fatto in tempo a vederlo. Quando sono arrivata sulla piazza, però, spirava un vento freddo e ho iniziato a sentirmi molto stanca, con la scarpinata per tornare in albergo davanti. Allora mi sono fermata in questo locale sulla piazza, Ramen & Street Food. Mi ritrovo nel mondo degli anime, con le cameriere vestite come nei bar giapponesi e opening anime come sottofondo musicale. Non avevo previsto di fermarmi a cena in un posto così, e forse nel diario di bordo dovrei parlarvi solo di cucina locale, però le ragazze sono state molto gentili, il ramen di miso mi ha rinfrancato e il conto era adeguato alle porzioni. Sono uscita ristorata e la scarpinata verso l’albergo non mi è più sembrata impossibile. Quindi, ve lo consiglio per una cena senza troppe pretese.

Teatro Grande e Il Caffè del Teatro

Costruito nel 1810 in sostituzione dell’Accademia degli Erranti, è considerato uno dei più importanti teatri d’Italia. Di grande pregio la sala neoclassica con cinque ordini di palchi e loggette affrescate arricchite da stucchi e dorature. Alla sala centrale si aggiunge il Ridotto, riccamente decorato da affreschi, stucchi dorati e specchi e tra i più pregevoli esempio di Rococò bresciano. Purtroppo non sono riuscita a vederlo, ma per fortuna ho trovato aperto il Caffè del teatro. Sul lato settentrionale del Ridotto, dopo aver oltrepassato un corridoio trasversale aperto affrescato nel 1765, ci hanno fatto entrare, dopo aver atteso all’entrata per circa un quarto d’ora, in una saletta nella quale si possono osservare i dipinti ornamentali eseguiti dal maestro Francesco Tellaroli e risalenti al 1787. In pratica, siamo entrati nella Buvette del teatro per un caffè. A prezzi assolutamente normali. La fila si crea per non avere assembramento in attesa che si liberi un posto ai tavoli, così una volta entrati non c’è l’occhio di chi ti guarda con occhio obliquo sperando che ti alzi in fretta. Se avete pazienza di attendere un poco in fila, vi consiglio di non perderlo. A patto che passiate il sabato o domenica, unici due giorni della settimana in cui è aperto. Qui i giorni e gli orari completi.

Chiesa di San Francesco d’Assisi 

Costruita nel ‘200, con facciata tardo-romanica e il grande rosone al centro, è a tre navate, con opere di Moretto e Romanino. Famosa per il chiostrino della Madonnina e il chiostro grande con colonnine in marmo rosso di Verona, a Natale ospita un presepe meccanico gestito da frati francescani.

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Van Gogh in mostra a Roma: io sono ancora qui

Van Gogh è nato nel 1853 oggi, 30 marzo, a Zundert, nei Paesi Bassi. E 170 anni dopo, la mostra a lui dedicata a Roma è stata appena prorogata fino al 7 maggio 2023. Ora vi racconto cosa ho visto e perché vale la spesa.

La mostra

La mostra è ospitata a Palazzo Bonaparte, all’angolo di Piazza Venezia. Attraverso ben 50 opere provenienti dal prestigioso Museo Kröller Müller di Otterlo – che custodisce uno dei più grandi patrimoni delle opere di Van Gogh – e grazie a tante testimonianze biografiche, ne ricostruisce la vicenda umana e artistica, per celebrarne la grandezza universale.
Un percorso espositivo dal filo conduttore cronologico, che fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: Olanda, Parigi, Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove mise fine alla sua breve e tormentata vita.

Il percorso espositivo al buio

Vi dico subito: la mostra merita, per allestimento e qualità delle opere presentate. Mi è piaciuta moltissimo la scelta di lasciare il pubblico praticamente al buio, mettendo così in risalto le opere di Van Gogh e il suo uso fenomenale del colore. Anche aver seguito un ordine cronologico, mi ha dato la sensazione di partecipare alla discesa all’inferno del pittore, alle sue illusorie risalite, fino alla tragica conclusione.

Il ruolo delle donne 1: Johanna Bonger, la moglie di Theo

Purtroppo la mostra è affollatissima, in qualsiasi giorno e orario. E non tutti i fruitori sono in grado di reggere l’urto della folla, mettiamola così. Se però saprete mantenere la calma e aspettare il vostro momento davanti al quadro, allora sarà una festa per la mente e il cuore. Se conoscete bene Van Gogh, come me, non vi diranno niente di nuovo, o quasi. La cosa che mi ha fatto piacere, è vedere esaltato il ruolo della cognata di Vincent, Johanna Bonger. E’ lei la vera artefice del successo postumo del cognato, perché ha dato un impulso commerciale e intellettuale al suo lavoro, mentre Theo si era limitato a cercare di vendere.

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Il ruolo delle donne 2: Helene Kröller-Müllerla filantropa

Altro ruolo fondamentale, quello di un’altra donna: Helene Kröller-Müller, una filantropa che di fatto ha reso Van Gogh uno degli artisti più quotati di sempre. I due non si sono mai incontrati, ma nelle lettere e nelle opere di Van Gogh questa ricca borghese tedesca riconobbe il suo stesso travaglio interiore e collezionò tutto quello che riuscì ad acquistare. Tanto che oggi il suo museo, il Museo Kröller Müller di Otterlo, possiede la seconda collezione di opere di Van Gogh più vasta, dopo naturalmente il Museo di Van Gogh di Amsterdam. 

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Il ruolo delle donne 3: Sienla compagna

All’interno della mostra, c’è uno spazio molto commovente dedicato a Clasina Maria Hoornik (Sien), prima amante e poi compagna di Vincent van Gogh per un paio di anni. Sien è una prostituta e quando Vincent van Gogh la incontra è sola e malata. Senza dimora fissa e, per di più, incinta. E’ già madre di una bambina di cinque anni, Maria Wilhelmina. Van Gogh rimane fortemente colpito da questa situazione e vede forse in Sien la possibilità di riscattarsi, tanto che decide di ospitarla e provvedere a loro. Sien, in cambio, si presta a fare da modella al pittore e alcuni dei suoi ritratti sono esposti, insieme alle lettere di Vincent e di Theo, che manifesta la contrarietà sua e della famiglia a questa unione. Tanto che Vincent decide di lasciarla, lasciando Sien al suo tragico destino. E andando incontro al suo. 

prostituta van gogh logo

Informazioni utili

La mostra è aperta dal lunedì al giovedì 9.00 – 19.00, venerdì, sabato e domenica 9.00 – 21.00 (la biglietteria chiude un’ora prima). Dal 1 al 7 maggio 2023 la mostra sarà aperta dalle ore 9.00 fino alle ore 00.00. Per i prezzi dei biglietti e prenotazioni, cliccate qui per il link al sito.

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Ultimi giorni per la mostra L’arte liberata 1937-1947 alle Scuderie del Quirinale. Avete tempo solo fino al 10 aprile 2023! Qui tutte le informazioni su quest’altra interessante esposizione.

Roma, 100 presepi in mostra al Vaticano

I 100 presepi, sempre a proposito di tradizioni, sono ormai una certezza nel periodo di Natale. Quest’anno il Vaticano ospita la quinta edizione della mostra, 100 presepi provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo, che si “sfidano” a colpi di originalità e sapienza, per essere decretati “il più bello” dai visitatori che ogni anno affollano il colonnato per ammirarli. Ma vediamo qualche foto. E sbrigatevi: avete tempo solo fino all’otto gennaio, altrimenti dovrete aspettare l’anno prossimo!

Il presepe Atac

Parto dal mio preferito: il presepe Atac. L’autista che porta nel suo autobus una sorta di Arca di Noè umana e non, antico romano compreso, mi è sembrato molto significativo come messaggio. Anche se l’azienda di trasporti ci fa impazzire nella vita di tutti i giorni, e infatti l’antico romano sembra inveire contro qualcuno…hahaha, nella creazione di questo manufatto hanno fatto veramente un bel lavoro.

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La guerra 

Non può mancare un riferimento alla guerra in Ucraina, con un presepe tematico che rappresenta distruzione e soldati invece del tipico villaggio con abitanti.

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Rappresentanza estera 

Nutrita la rappresentanza estera quest’anno. Hanno inviato i loro presepi Taiwan, Malta, Croazia, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, Ucraina, Venezuela, Guatemala

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Informazioni pratiche

La mostra è allestita presso il Colonnato di Piazza San Pietro dal 9 dicembre 2022 al 8 gennaio 2023. E’ aperta tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 19:30, con ingresso gratuito e consentito fino a 15 minuti prima dell’orario di chiusura.

 

L’arte liberata 1937-1947 alle Scuderie del Quirinale

Sempre a proposito di arte salvata, stavolta dalla guerra e non dalla malavita, vi segnalo quest’altra interessante mostra per i vostri giri romani natalizi. In realtà la mostra Arte liberata rimarrà alle Scuderie del Quirinale fino al 10 aprile 2023, quindi c’è tutto il tempo per visitarla. Basta non entrare all’ultimo orario! Ora vi spiego perché.

Capolavori salvati dalla guerra

La mostra è aperta dal 16 dicembre alle Scuderie del Quirinale. E’ organizzata dalle stesse Scuderie in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche, l’ICCD – Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione e l’Archivio Luce – Cinecittà. Troverete al suo interno una selezione di oltre cento capolavori salvati durante la Seconda Guerra Mondiale, oltre che un ampio panorama documentario, fotografico e sonoro – riuniti grazie alla collaborazione di ben quaranta musei e istituti – per un racconto avvincente ed emozionante di un momento drammatico per l’Italia.

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Una storia semisconosciuta 

La mostra ricompone la trama di un intreccio con molti fili: alcuni sono stati già raccontati, altri sono stati dimenticati e vengono riportati alla luce proprio in questa occasione; tutti costituiscono tasselli fondamentali per raccontare una storia complessa e semisconosciuta, come tante altre che riguardano persone comuni. E’ proprio nei momenti drammatici che si vede la differenza: queste donne e questi uomini hanno saputo interpretare la propria professione all’insegna di un interesse comune, coscienti dell’universalità del patrimonio da salvare. Il filo conduttore dell’esposizione, infatti, è l’azione lungimirante di tanti soprintendenti e funzionari dell’Amministrazione delle Belle Arti – spesso messi forzatamente a riposo dopo aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò – che, coadiuvati da storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, senza armi e con mezzi limitati, si sono fatti carico di un’azione coraggiosa, salvaguardando il patrimonio artistico-culturale, a volte a rischio della loro stessa vita.

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1937-1947

Una mostra che fa il paio con quella che vi ho già presentato sull’arte salvata dalla ricettazione. Oggi come allora, con l’esigenza di salvare l’unica cosa che ci unisce davvero: l’arte. Alle Scuderie del Quirinale ci sono pezzi molto belli. Quello che vi consiglio è di non andare nell’ultimo orario di entrata disponibile. Le opere esposte sono più di cento e vale la pena soffermarsi sui pannelli esplicativi per comprendere il contesto in cui queste opere sono state messe in sicurezza. E’ una mostra da vivere con calma. La selezione delle opere, infatti, è stata fatta su una rigorosa indagine d’archivio che parte dagli inventari, dalle liste stilate dai direttori e dai soprintendenti dell’epoca, dai loro diari e dalle fotografie storiche che rappresentavano questi lavori. Apre il 1937, con il Discobolo, e chiude il 1947, con la Danae di Tiziano. In mezzo c’è la guerra. 

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I libri ricoverati a Minturno

A parte Alessandro Manzoni ritratto da Francesco Hayez, gli amanti dei libri troveranno pane per i loro denti. Vi racconto la storia dei libri ricoverati a Minturno. Nel 1943, 158 casse di libri della Biblioteca universitaria di Napoli furono nascoste nel Convento dei frati minori a Minturno. Nel 1944 parte delle casse furono sepolte dalle macerie. Un telegrafista americano, Irving Tross, prelevò otto volumi dalle casse e li tenne come ricordo di guerra. Nel 2013, ormai 96enne, decise di restituirli. E’ morto pochi giorni dopo la cerimonia di restituzione.

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