Piccoli limoni gialli – Kajsa Ingemarsson

Per l’ultimo scampolo di ombrellone ho scelto un romance svedese, Piccoli limoni gialli di Kajsa Ingemarsson. Mi è piaciuto il titolo e il colore della copertina, che ho trovato particolarmente rilassante. La storia, invece, si è rivelata un po’ aspra e lascia un retrogusto di amaro in bocca. Proprio come i limoni.

Trama

Agnes ha tutto ciò che si può desiderare: un lavoro che adora; un fidanzato bello e innamorato; una famiglia amorevole e sempre pronta a sostenerla. Nel giro di poche ore, però, tutto il suo mondo crolla: il capo la molesta e la licenzia in tronco; il fidanzato la molla; i genitori hanno brutte notizie. Come reagire? Non resta che rimboccarsi le maniche e ricominciare. Magari proprio da un piccolo ristorante che porta nel freddo della Svezia il profumo degli agrumi. 

A Stoccolma non fila tutto liscio

Stavolta siamo a Stoccolma, dove vive Agnes, e in un paesino di provincia tutto casette a schiera e fabbrica che dà da mangiare a tutti. Agnes per la sua vita ha deciso altrimenti. Via da mamma e papà e tuffo nella grande città. All’inizio le cose vanno bene: lavora come maître in un famoso ristorante francese, però perde il lavoro nel tentativo di placare le avance moleste del titolare. Ne vorrebbe parlare con suo fidanzato rockettaro, ma  lui le comunica laconicamente che le ha preferito la corista del gruppo. O meglio, che ha preferito la sua misura di reggiseno. Agnes è disoccupata e preoccupata per le rate del mutuo. I genitori non possono aiutarla perché nei guai pure loro, la sua migliore amica alcolista è in preda ai demoni e un nuovo vicino di casa timido la innervosisce. Ecco che allora arriva Kalle, un vecchio amico, a soccorrerla. Agnes vorrebbe lavorare per lui nel ristorante di cucina mediterranea che sta aprendo? E’ proprio Agnes a trovare il nome al ristorante. Così come aiuta Kalle nella scelta di arredi e stoviglie. Tutto sembra andare per il verso giusto, ma la ruota della (s)fortuna sta per girare ancora. 

Si chiamerà Piccoli limoni gialli

Parto dall’aspetto che mi è piaciuto di più: il titolo. Piccoli limoni gialli fa riferimento a una canzoncina svedese che parla dell’Italia e dei suoi limoni. Quindi, nome perfetto per un ristorante di cucina mediterranea. Mi piace anche la filosofia del locale e delle persone che ci lavorano: cibo semplice e cucinato bene, atmosfera rilassante. Proprio quello che cerco io quando mangio fuori. Ho trovato interessanti soprattutto alcuni aspetti della società svedese per me totalmente inaspettati. Per esempio, che ci siano anche lì persone che lavorano in nero, che l’ufficio di collocamento funzioni ma sia comunque criticato dai lavoratori, che il fenomeno delle imprese che chiudono e trasferiscono le produzioni all’estero è vivo e vegeto persino nel nord Europa. Inoltre, ho invidiato gli abitanti di Stoccolma, perché chi ci abita non ha bisogno di possedere un’automobile, un aspetto sempre più importante nella vivibilità di una città.

Agnes fredda come una polpetta

Insomma, ho apprezzato gli elementi di contesto sociologico. Un po’ meno la storia in sé. È stata piacevole e tranquilla fin circa a 3/4 del romanzo, poi ha cominciato a mancare qualcosa. Agnes più che mancante di autostima come dice lei stessa, mi è sembrata fredda come una polpetta dell’Ikea, più preoccupata di tenere in ordine casa e la vita che di viverla, questa benedetta vita. Talmente preoccupata per il padre da affermare di sentirsi in colpa, ma di non avere proprio tempo di andarlo a trovare perché a casa con lei c’è il fidanzato…??? Ma santo cielo, con quello che gli è successo! Temi importanti come alcolismo e disoccupazione vengono solo sfiorati, quasi buttati lì per riempire le pagine. La tragedia poi: era proprio, proprio necessaria? È servita ad Agnes per…? Non si sa. Il vicino di casa: che ha fatto di male quel poveretto? E’ schivo e non cura l’abbigliamento, ascolta musica e mangia da solo al ristorante. Praticamente una perla di ragazzo. Perché, cara Agnes, senti il bisogno di aggredirlo? Ho capito: sarà l’acido citrico dei limoni quello che tiri fuori ogni volta? 🙂 Chiudo con un finale troppo, troppo striminzito per chiudere il romanzo soddisfatta.

p.s. una domanda per Kajsa Ingemarsson. Giuro, è una curiosità: si può dire al vicino che ha pessimi gusti musicali perché ascolta i Pink Floyd? Ragazzi, ma scherziamo? I Pink Floyd! Cioè una delle più grandi band che il mondo abbia mai conosciuto! Agnes avrebbe dovuto sdraiarsi come un tappetino davanti alla sua porta dopo aver ascoltato! 😀 😀

Altri romance in cucina 

Gli ingredienti segreti dell’amore – Nicolas Barreau

I love Capri – Flumeri&Giacometti

A neve ferma – Stefania Bertola

Alla corte dei Gonzaga: 15 luoghi da non perdere a Mantova

Mantova, “Questa è una bellissima città, e degna c’un si mova mille miglia per vederla”. 

“This is a wonderful city, it would be worth traveling a thousand miles to see it”. 

Torquato Tasso, 1586

Mantova, Capitale italiana della cultura 2016, nella lista dei patrimoni dell’umanità dall’UNESCO, regno dei Gonzaga per secoli. Soprattutto, scrigno di tesori da aprire e scoprire con stupore, quasi. Perché non avrei mai pensato di trovare un concentrato di così tanta bellezza in pochi metri quadri. Quello che segue è il giro che ho fatto io, nell’ordine spero razionale che consente di visitare il più possibile anche con poco tempo a disposizione. Sono rimasta tre giorni e questo è quello che sono riuscita a vedere, senza correre, assaporando ogni minuto dell’atmosfera rinascimentale in cui mi sono ritrovata immersa per un attimo.

Cosa fare a Mantova 

Piazza delle Erbe 

E’ il punto da cui ho iniziato il giro della città. Di forma tipicamente rinascimentale, offre subito un bellissimo colpo d’occhio, con la sua forma tipicamente rinascimentale. Piazza delle Erbe è stata a lungo il centro amministrativo e politico della città, sulla quale si affacciano alcune delle sue più importanti architetture: il Palazzo della Ragione, il Palazzo del Podestà, la Rotonda di San Lorenzo e la Torre dell’Orologio.

Il Palazzo della Ragione

Costruito in epoca medievale tra il XI e il XII secolo, venne edificato per concentrare lì ogni funzione civile, amministrativa o  giudiziaria. Purtroppo ho visto poco perché è circondato da impalcature che ne nascondono la facciata e che non si sa quando e se verranno rimosse. Anche questo palazzo, infatti, è stato danneggiato dal terremoto del 2012. Di fronte al palazzo, si teneva, e si tiene ancora oggi, un mercato millenario. Devo dire che, considerando il prestigio della location, fossi l’amministrazione curerei maggiormente qualità e aspetto dei banchi.

La Torre dell’Orologio

Accanto al palazzo, su richiesta del marchese Ludovico III Gonzaga, venne costruita dall’architetto Luca Fancelli la Torre dell’Orologio, sulla quale è ancora ottimamente conservato l’orologio astronomico.  Al tempo, l’orologio era in grado di calcolare non solo ore, posizioni dei pianeti, alba e tramonto, ma anche segni zodiacali e fasi lunari, che in epoca rinascimentale erano di grandissimo interesse ovunque. E pure oggi, direi.

La Rotonda di San Lorenzo

E’ la chiesa più antica di Mantova. Costruita nel XI secolo per volontà di Matilde di Canossa, potente feudataria sostenitrice del Papato, la struttura è un esempio di arte romanica. Probabilmente fu costruita sopra un precedente edificio romano. Di forma circolare, come le sue gemelle, all’esterno è caratterizzata da affreschi in stile romanico-lombardo. Sarà che l’ho visitata nel tardo pomeriggio, ma ha un’aura di mistero fascinosa. Vi consiglio di non perderla.

La casa del Mercante 

Guardando la Rotonda di San Lorenzo, sulla destra noterete una casa dallo stile orientaleggiante. E’ la casa del mercante Boniforte da Concorezzo, che si stabili’ a Mantova nel 1455 e volle così ricordare i suoi viaggi. Sotto il portico, incisi sull’architrave, ci sono gli oggetti che il mercante vendeva nella bottega: cucchiai, coltelli, piatti, bilance, eccetera. Una vetrina ante litteram, insomma.

Il Palazzo del Podestà

Fu costruito dal podestà di Mantova, Laudarengo Martinengo. Il bresciano fu una figura di rilievo per la città: su sua commissione, sulla facciata del palazzo verso piazza Broletto fu allocata la statua di “Virgilio in cattedra”.

Basilica di Sant’Andrea

Alle spalle di Piazza delle Erbe, è stata realizzata su progetto di Leon Battista Alberti. Custodisce nella cripta i Vasi sacri, reliquia del sangue di Cristo, e la cappella funeraria di Andrea Mantegna, l’artefice del Palazzo Ducale.

Piazza Broletto e la Vecia

Anche questa piazza, la naturale prosecuzione di Piazza delle Erbe, è molto caratteristica. Il principale motivo di interesse per me, oltre alla fontana dei delfini al centro, è la facciata del duecentesco Palazzo del Broletto. In una nicchia ad arco acuto, un ignoto artista veronese del XIII secolo ha scolpito una statua che rappresenta “Vergilius Mantuanus Poetarum Clarissimus”. Ovvero il sommo poeta Virgilio, che proprio a Mantova era nato. I mantovani la chiamano affettuosamente “La Vecia”, la Vecchia, o più poeticamente “Vecia Mantua”, la Vecchia Mantova. Proprio alla vecia ogni forestiero doveva rendere omaggio quando entrava per la prima volta in città. E così ho fatto anch’io, ponteggi permettendo.

Palazzo Ducale e il Castello di San Giorgio

E qui siamo arrivati a uno dei Palazzi più importanti di Mantova, se non il più importante. Dietro Piazza Sordello, proseguendo da Piazza Broletto, sorge il Palazzo Ducale.  L’edificio è stato per molti secoli la dimora dei Gonzaga ed è stato progressivamente esteso, tanto che oggi la reggia è la sesta per estensione in Europa, dopo Vaticano, Louvre, Versailles, Caserta e Fontainebleau. Che poi chiamarlo edificio è anche scorretto, perché gli edifici sono diversi, aggiunti via via che aumentavano i membri della famiglia residenti, e tutti collegati da corridoi, gallerie, cortili e giardini. Sarò banale e scontata, lo so, ma la Camera degli Sposi nel Castello di San Giorgio è il motivo principale per cui vi consiglio di andarci. Peccato che la facciano vedere per prima, non so per quale motivo. Fossi il curatore del palazzo, la lascerei come ultima sala da visitare, perché oggettivamente oscura tutte le altre. Si chiama così, però non aspettatevi una camera da letto. Era in realtà una camera di rappresentanza, quella che doveva lasciare a bocca aperta gli ospiti per la magnificenza e l’opulenza degli allestimenti. E se lascia noi a bocca aperta, figuriamoci all’epoca. La stanza, anche detta Camera Picta, è celebre per gli affreschi che ricoprono le pareti, opera di Andrea Mantegna. Il veneziano ha fatto un capolavoro, riuscendo con gli affreschi a celebrare superbamente una famiglia che dalle origini contadine si era elevata fino a diventare una dinastia, riuscendo addirittura a far eleggere uno dei suoi membri, Francesco, cardinale.  Tutto il complesso è secondo me estremamente elegante e ricco, ma non kitsch. Anzi, se fossi un’arredatrice di interni o una orafa mi farei un giretto da queste parti per studiare un gusto intramontabile nei secoli!

Museo Archeologico Nazionale

Uscendo dal Palazzo Ducale, vi suggerisco una capatina al museo archeologico, lì accanto, dove ho trovato un’altra chicca. Nel 2007, nell’area archeologica di Valdaro, sono stati trovati “gli amanti di Mantova”, o anche “gli amanti di Valdaro”. La scoperta eccezionale, risalente al neolitico, di due corpi di un’uomo e una donna abbracciati e insolitamente inumati in un’unica tomba. I due sono stati sepolti di fianco, faccia a faccia, incrociati in un abbraccio che coinvolge anche gli arti inferiori. Be’, vi devo dire che la vista è emozionante. Chissà che storia tragica nascondono i due poveretti.

Mantova - Gli amanti di Valdaro, Museo Archeologico nazionale
Mantova – Gli amanti di Valdaro, Museo Archeologico nazionale
Basilica Palatina di Santa Barbara

Rappresenta il sogno del principe Gugliemo Gonzaga, un luogo in cui dovevano svolgersi celebrazioni religiose della massima solennità. Sembra che l’edificio custodisse alcuni grumi della terra intrisa del sangue del Cristo, il Sacro Graal in pratica. Una chiesa riccamente decorata, che doveva mostrare l’importanza della famiglia. Gonzaga, appassionato musicista, fece costruire al suo interno un organo da Graziadio Antegnati, dotando la chiesa di una cappella musicale di prestigio e di un’acustica eccezionale. Guglielmo si era fatto costruire un palchetto di fronte all’organo, per seguire le messe senza mescolarsi alla folla e ascoltare la musica con più attenzione. Ancora oggi sono visibili i danni del terremoto del 2012, che fece crollare il cupolino del campanile. La chiesa è aperta la domenica, ore 10-18 e gli altri giorni su richiesta

Cattedrale di San Pietro

Principale luogo di culto della città, presenta uno stile romantico e gotico insieme. La ristrutturazione dell’architetto Giulio Romano le ha conferito uno stile simile alla Basilica di San Pietro a Roma.

Palazzo Te

Te, da tiglieto, località di tigli, oppure da tegia, dal latino attegia, capanna. Mantova, infatti, era anticamente circondata da quattro laghi formati dal corso del fiume Mincio, quindi potevano esserci tigli, ma anche capanne di pescatori. Poco distante dall’isola su cui sorse la città si trovava un’altra isola denominata sin dal medioevo Teieto (poi abbreviato in Te) collegata con un ponte alle mura meridionali della città. Tigli o capanne? I mantovani propendono per la prima, a me non dispiace la seconda. Conosciuto come “Palazzo dei lucidi inganni”, l’edificio era circondato da boschi e da un lago, ormai non più esistente, che lo rendevano affascinante e al tempo stesso sospetto. Non a caso è detto anche Palazzo del piacere, perché il padrone di casa Federico II Gonzaga, figlio di Francesco II e Isabella d’Este, qui si intratteneva con la sua amante. Una donna sposata, di cui era follemente innamorato. Una storia che quasi ricorda quella di Carlo e Camilla…d’altra parte, una delle sale non a caso è dedicata a Psiche e Amore. Come recita una scritta alla parete, è un palazzo per il tempo libero e lo svago, per l’onesto ozio del principe, che ritempra le forze nella quiete. E chi non ne vorrebbe uno? 

Palazzo d’Arco

Questo ve lo consiglio per chiudere in bellezza il giro di Mantova. Il Palazzo D’Arco venne iniziato nel 1784 per volere del conte Gherardo D’Arco, che da Trento si trasferì a Mantova per matrimonio. Il Palazzo e’ stato abitato dalla famiglia D’Arco fino agli anni ’70.  Cioè finché l’ultima discendente, la contessa Giovanna, non ha deciso di donarlo in eredità alla città di Mantova. La cosa stupefacente è che il palazzo è come se fosse ancora vissuto. Gli arredi, le stanze, i quadri alle pareti, tutto rimanda ai fasti del tempo che fu. La contessa Giovanna è stata lungimirante, perché se non avesse lasciato testamento, probabilmente il palazzo sarebbe stato smembrato. Invece, guardate nella foto che biblioteca meravigliosa. E il circolo della lettura che si teneva in una stanza appositamente adibita. Sapete come si giudicava il successo di un pomeriggio? Dalle quantità di tazze di tè da lavare. Più tazze venivano usate, più il dibattito era acceso. Da vedere assolutamente. Il prezzo comprende una visita guidata a cura della Fondazione che gestisce il palazzo.

Ulteriori suggerimenti 

Gita in barca sul Mincio

Non avrei potuto trovare di meglio per rilassarmi un po’ dopo aver girato come una trottola per le piazze e i palazzi mantovani. Sul Mincio è nato il poeta Virgilio, del Mincio scrivono anche Dante nella Divina Commedia e Giosuè Carducci. Non a caso, quindi, il Mincio è anche detto “Fiume dei poeti”. L’imbarcadero è nei pressi del Castello di San Giorgio e la gita dura un’ora e mezza. Comprende due dei tre laghi che il Mincio forma all’altezza di Mantova e l’oasi naturale del WWF. Il contesto è semplicemente meraviglioso, con una natura padrona che si prende i suoi spazi e offre il suo spettacolo migliore tra luglio e agosto, quando sul lago Superiore fiorisce il Fiore di Loto nelle sue grandi aiuole galleggianti: foglie verdi anche di un metro di diametro sulle quali nascono grossi fiori bianchi. In realtà, la specie è infestante, perché trapiantata qui artificialmente e quindi richiede periodicamente un grosso lavoro di manutenzione per contenere le radici. Nel lago di Mezzo, invece, domina la castagna d’acqua, i cui frutti si raccolgono nel tardo autunno e si mangiano, dopo averli cotti a lungo. Poi abbiamo incontrato ninfee, felci, salici, popolati di cormorani, aironi cinerini, e chi più ne ha più ne metta. L’opera dell’uomo si vede sporadicamente nelle case sul fiume, che ancora resistono all’abbattimento, e nelle fornaci industriali dell’800, ormai in disuso. Pensate che la Fornace Morselli, che s’incontra nel tragitto, ha fornito il cotto antico del Teatro alla Scala di Milano. La gita costa 9 euro dal lunedì al sabato, 10 euro nei festivi. Anche gli animali possono salire a bordo.

La bancarella dei libri di Piazza delle Erbe 

Dopo essere usciti dalla Rotonda di San Lorenzo o dalla Basilica di Sant’Andrea fermatevi a quella che in città è una vera e propria istituzione. Fino al 1983 è stata gestita da Giovanni Piubello, a quanto mi dicono un personaggio fortemente carismatico. E’ stato scrittore, bancarellaro ed editore di se stesso. Praticamente un self ante litteram, a parte una breve parentesi con Rizzoli. Dal punto di vista privilegiato della bancarella su una delle piazze principali della città, è stato uno straordinario osservatore della vita cittadina nella sua patria d’adozione, ed era amato dai mantovani che trovavano nella bancarella sotto i portici Broletto un dimesso ma profondo uomo di cultura. Di lui, ovviamente alla Bancarella oggi gestita dal suo aiutante, ho acquistato Il primo libro dei bottoni, di cui a breve vi racconterò. 

L’Edicola di via Frattini 4 

Attirata come al solito dalle riviste, nell’edicola ho trovato un altro personaggio cittadino. L’edicolante-filosofo Walter Tojari fa guerra alle fake news. Come? Con la carta, dice. Fermatevi a farci due chiacchiere: vi racconterà che organizza presentazioni di libri e appuntamenti musicali. Oppure fermatevi all’interno ad ammirare le riviste di ogni tipo. Ci sono anche quelle dei femminili anni ’50. perché secondo questo edicolante illuminato “la carta è l’ultimo baluardo contro le innumerevoli bufale che circolano quotidianamente”. 

La biblioteca comunale Teresiana 

La metto qui, da una parte, sola soletta, perché purtroppo l’ho trovata chiusa. Fondata dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, fu aperta al pubblico il 30 marzo 1780 come Imperial Regia Biblioteca. Dicono che sia molto bella e ancora oggi perfettamente funzionante come biblioteca pubblica.

Gli eventi di Mantova

Il principale, per noi amanti dei libri, è il Festival della Letteratura, che si tiene a settembre. Il 15 agosto, invece, al Santuario delle Grazie di Curtatone (vedi più in basso) circa 150 madonnari si riuniscono sul piazzale del santuario per dare vita a una sfida a colpi di gessetti colorati. Io ci sono passata per caso proprio quel giorno e mi sono divertita a votare i miei preferiti.

Cosa vedere nei dintorni di Mantova 

Sabbioneta 

Sabbioneta è un piccolo comune, con una storia pressoché unica, tanto che è stato inserito nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. In pratica, è un modello di “città ideale”. In origine un semplice borgo fortificato, fu ricostruito da Vespasiano Gonzaga secondo le proporzioni e l’ideale di armonia simboleggiate nel disegno dell’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Peccato che poi morto Vespasiano il progetto sia fallito. Per nostra fortuna possiamo ancora ammirarne la pianta, una stella intatta con sei baluardi sulle punte. Alla città ideale si accede da Porta Vittoria, la più antica, e da Porta Imperiale. Da vedere ci sono Il Palazzo Ducale, il Palazzo del Giardino, residenza privata del duca, e il Teatro all’Antica, primo esempio di teatro stabile in Europa. Il teatro rimarrà chiuso fino al 30 settembre 2019, però il biglietto dei due palazzi comprendeva anche la visita della sinagoga.

Solferino 

Ci sono stata di sera, per prendere il fresco come i mantovani, che quando fa molto caldo si spostano in collina. Solferino è un posto che trasuda storia: sulla rocca ebbero luogo gli scontri decisivi della battaglia del giugno 1859: la collina fu aspramente contesa dalle truppe francesi e austriache per la sua posizione strategica. Tanto strategica che la chiamavano “La spia d’Italia”. Se ci andate di giorno, dal tetto potrete ammirare il panorama dall’alto, con la campagna, il Lago di Garda e la torre di San Martino della battaglia. Nella chiesa di San Pietro in Vincoli, invece, sono conservati 1413 teschi e le ossa dei caduti.Il memoriale Nei pressi del parco che circonda la rocca c’è un memoriale che ricorda Henry Dunant, un filantropo svizzero. In cerca di Napoleone per motivi suoi, si ritrova ad aiutare i feriti proprio a Solferino durante le battaglie più cruente. Tornato in Svizzera, pubblica un libro denuncia Un souvenir de Solferino. Da lì nascerà poco dopo la Croce Rossa Internazionale.

Cavriana 

Cavriana è un altro paese collinare, che si trova a poca distanza da Solferino. Ha origini preistoriche e fu abitata dai Romani. Ancora oggi mantiene l’originaria struttura di borgo fortificato dominato dalla torre e fungeva da residenza estiva dei Gonzaga Il castello fu distrutto dagli austriaci alla metà del Settecento e oggi rimangono solo la Torre Medievale e le mura. Una curiosità: durante la Battaglia di Solferino e San Martino del 1859, ospitò nella Villa Siliprandi l’imperatore Francesco Giuseppe alla vigilia dello scontro e l’imperatore vincente Napoleone III la notte successiva.

Curtatone, Santuario delle grazie

Se rimane un po’ di tempo libero prima di ripartire, vi suggerisco una capatina al Santuario delle Grazie di Curtatone. Si trova a circa 8 km dal centro di Mantova, ci arrivate anche in bicicletta o a piedi. Fu costruito tra il 1399 e il 1406 da Francesco I Gonzaga, come voto alla Madonna durante la peste che in quegli anni affliggeva la città. L’interno è spettacolare, anche se da fuori non si direbbe proprio. Nel 1517 frate Francesco da Acquanegra si è inventato un’impalcata lignea che riveste la parte mediana delle pareti con nicchie che ospitano statue in cartapesta, cera e legno, e altri numerosi ex voto. Al centro della chiesa, pende dal soffitto un coccodrillo impagliato. Leggenda vuole che questo edificio sia stato costruito per volere del popolo, che desiderava ringraziare la Madonna di averlo liberato da un coccodrillo divoratore di uomini che infestava le paludi manovane. Nei secoli il santuario è stato arricchito negli arredi e nelle decorazioni, perché a ogni “miracolo” venivano aggiunti ex voto. C’è il condannato a morte che si è salvato perché si è rotta la corda, pardon, la Madonna ha tagliato la corda;  un guerriero vicino al suo cannone che si è salvato dalla morte; il condannato a essere buttato in un pozzo, poi graziato, eccetera. Pensate, solo nel corso di un restauro recente ci si è accorti che le stoffe dei manichini sono vere e non di cartapesta o altro materiale. Il santuario custodiva anche il più importante nucleo di armature italiane, databili tra i secoli XV e XVI, scoperte negli anni ’20 e oggi conservate nel Museo Diocesano di Mantova.

Cosa mangiare a Mantova

C’è l’imbarazzo della scelta. Io ho provato i tortelli di zucca, speciali perché nel ripieno c’è l’amaretto; il salame mantovano e la pancetta, accompagnati dallo gnocco fritto; i capunsei, un primo speciale pur essendo semplicissimo pangrattato in brodo (questo ve lo farò presto); il panino col cotechino come street food, che però sarò stata sfortunata ma non mi è piaciuto granché; sui dolci mi sono dedicata un bel tris: torta Elvezia, Sbrisolona e Torta delle Rose, accompagnate da un bel Lambrusco mantovano frizzante. Altre specialità del posto sono i bigoli o polenta con luccio, gli agnolini di pasta all’uovo, il risotto alla pilota con salamella di maiale o quello col puntèl con salamella, costine o braciola di maiale, lo stracotto d’asino, il luccio in salsa verde, la peperonata. Come dolci, oltre a quelli che ho provato, ci sono la torta di tagliatelle, fatta con le tagliatelle avanzate, l’Anello di Monaco, dolce natalizio simile panettone con un buco al centro, lo zabaione, la torta greca e la bignolata, torta fatta con bignè allo zabaione, cioccolato e panna. 

Come arrivare a Mantova

Treno: Mantova è raggiungibile da Verona, Modena e Milano. La stazione dista pochi minuti a piedi dal centro storico.

Aereo: l’aeroporto più vicino è quello di Verona. Altri aeroporti: Montichiari, Parma, Bologna e Orio al Serio.

Autobus: Flixbus, check point Strada Cipata

Auto:  autostrada A22 Modena-Brennero, A4 Milano – Venezia, uscite di Desenzano, Sirmione, Peschiera e Verona Sud, Autostrada del Sole A1, uscite di Parma Est e Reggio Emilia.

Camper (area sosta): Area Sparafucile – Via Legnago 1/A e Località Grazie di Curtatone – Parco Paganini via Fiera, 11.

Bicicletta: Ciclopista del Sole (Eurovelo 7) e la Ciclovia Tirrenica (Bicitalia 16).

www.turismo.mantova.it

 

Una sorpresa sulla Fifth Avenue – Allison Winn Scotch

Una sorpresa sulla Fifth Avenue, di Allison Winn Scotch. Di nuovo sul filone dell“E se…?” alla sliding doors. Stavolta, una mamma trentenne prova talmente tanto rimpianto per la sua vita precedente da ritrovarvici dalla sera alla mattina. Sette anni svaniti nel nulla. Riuscirà a cambiare il futuro? 

Trama

La vita di Jillian è perfetta e patinata come le riviste che divora. È sposata con un avvocato ed è madre di un’adorabile bimba di un anno e mezzo. La sua sembrerebbe una famiglia da pubblicità. Eppure… quando riceve la notizia dell’imminente matrimonio del suo ex rimane turbata e non riesce a evitare di porsi una domanda molto pericolosa: come sarebbe la mia vita se avessi fatto una scelta diversa? Ed è proprio quel che capita a Jillian quando si sveglia nel suo vecchio appartamento di Manhattan, pronta a recarsi al suo divertente lavoro di un tempo. E soprattutto a incontrare il fidanzato di allora, Jackson. Jillian è finalmente libera di cambiare tutta la sua vita. Ma è quello che vuole davvero?

Attenzione a quel che desideri

Careful what you wish for; attenzione a quel che desideri, dice il saggio, perché potresti ottenerlo. Ed è quello che capita alla protagonista di questo romanzo. All’inizio sembra una via di mezzo tra una casalinga disperata e una depressa cronica. In soli due anni di matrimonio, lei e il marito sono già arrivati a un punto di rottura, senza neanche dirselo. L’unico momento in cui si rianima è quando viene a sapere che il suo ex sta per sposarsi. Boom! Tutta la sua vita apparentemente perfetta crolla in un istante e Jillian si risveglia…a casa del suo ex!

Sette anni cancellati 

Dalla quale casa sembra non essersi mai allontanata. Qui il romanzo di Allison Winn Scotch secondo me comincia a mostrarsi un po’ inverosimile. D’accordo che fuggire dal suo matrimonio e da una vita di mamma a tempo pieno era esattamente il suo desiderio, ma mi sarei aspettata come minimo uno shock, un balzo fuori dal letto quando lui si avvicina, una lacrimuccia per questa figlia dispersa nel cosmo. Oppure, una ricerca seppur minima di come questo balzo nel tempo sia potuto accadere. Invece niente, come se quei sette anni fossero stati cancellati con lo smacchiatore. Possibile?

Ciao ciao Katie

Nonostante questo inizio con un grande punto interrogativo, la storia imbastita da Allison Winn Scotch poi prosegue con fluidità. A questo punto, sapere come e se Jillian uscirà da questo ritorno nel passato diventa l’unico motivo per andare avanti. Perché Jackson e la sua mammina sono meno che simpatici, il marito è di una razionalità esasperante, lei si dibatte senza grande convinzione e le storie parallele degli amici a un certo punto si perdono per strada. L’unica, poveretta, che non può mandare a quel Paese nessuno è Kate, la figlia, abbandonata senza rimpianti come lei era stata abbandonata dalla madre. Anche qui, senza grandi spiegazioni o introspezione, che invece avrebbe dato un senso alla storia raccontata. Quindi, mi sono avviata al finale sapendo già quello che sarebbe successo, ma senza tifare per nessuno.

Time of My Life

Chiudo con due note. La prima, sul titolo italiano. C’è effettivamente una sorpresa sulla quinta, ma perché non chiamarlo come l’originale, Time of My Life, Il momento più bello della mia vita? In fondo, questa “sorpresa” è un po’ amara, ma non è alla fine il vero centro della vicenda. La seconda, è su una distrazione che incontrerete leggendo. A un certo punto della storia, il momento in cui il marito le annuncia che farà carriera viene descritto in un modo. Circa duecento pagine dopo, in tutt’altro. Quale la verità? E perché sembra quasi un errore di revisione, più che una scelta voluta?

Se l’avete letto ditemi, che ne pensate? Vi è piaciuto? E avete avuto mai voglia di tornare nel passato, dai vostri ex, per riscrivere il futuro?

Altri titoli “E se…?”

Inganni – Judith Michael

Inganni – Judith Michael

Oggi ho riesumato dallo scaffale dei romance vintage uno dei pezzi migliori in mio possesso. Ha davvero tutto quello che chiedo a un libro del genere: personaggi tondi, vicende misteriose, descrizioni accattivanti, una storia d’amore intrigante, paesaggi che facciano battere il cuore e una copertina curata. In questo romanzo del 1982 non ci sono Inganni, a dispetto del titolo, perché Judith Michael mette in scena un film che funziona e che, a distanza di anni da quando l’ho letto, ricordo ancora perfettamente.

Trama 

Stephanie e Sabrina sono due gemelle identiche nell’aspetto, ma totalmente diverse come carattere e stile di vita. La prima è sposata con un professore universitario e fa la casalinga in una provincia americana, la seconda è una famosa antiquaria, single, che vive a Londra. Quando, dopo anni, il matrimonio sembra andare a rotoli, Stephanie va in Cina con la sorella, in occasione di un viaggio organizzato dall’Associazione Internazionale degli Antiquari. E’ l’occasione per entrambe di parlare di quello che sta succedendo nelle loro vite. Stephanie, da sempre affascinata dalla vita della sorella, racconta dei suoi problemi con il marito. Sabrina, invece, è alle prese con una brutta gatta da pelare nel suo negozio. Le due sorelle decidono così, quasi per gioco, di scambiarsi i ruoli per una settimana. Ciascuna vivrà la vita dell’altra: è l’inizio di un inganno con cui rischieranno di scottarsi seriamente…

Non si gioca con i sentimenti

E se? Vi siete mai fermati a pensarci? Sicuramente sì. Ora immaginate: e se la vita che avrei voluto la vivesse la mia gemella? In fondo cosa c’è di male a scambiarsi il posto per un po’? Da piccole lo facevano sempre. Eppure, hanno pensato a tutto, ai dettagli più insignificanti, ma non all’aspetto più importante. Non si gioca con i sentimenti degli altri e neanche con i propri se è per questo. Ecco che allora il piano di Sabrina e Stephanie fallisce clamorosamente. Nessuna delle due aveva previsto che la vita dell’altra le sarebbe piaciuta tanto. Così tanto da non voler più tornare indietro, forse.

L’erba del vicino è più morbida?

Le storie delle protagoniste femminili sono entrambe accattivanti, ma è chiaro che è più facile capire Stephanie che non Sabrina. Sabrina conduce una vita scintillante, internazionale, agiata. Stephanie organizza grigliate per gli amici e mette in fila la famiglia prima di uscire la mattina. Quale delle due è più faticosa? La seconda, diremmo tutti. Sarà davvero così? Oppure anche l’oro può diventare opaco se non lucidato a dovere? E poi, chi può dire se l’erba del vicino è più morbida, oltre che più verde, se non ci ha mai camminato sopra?

Non può finire così

Non vi dico altro per non svelare troppo della trama, in cui non mancano misteri e colpi di scena. Dico solo che nello scaffale di un’amante dei romance questo titolo non può mancare. Anche se mi sono accorta che, ahimé, nel mio di scaffale manca il seguito. Non sapevo neanche che esistesse, ma dovrò colmare questa lacuna al più presto. Inganni, infatti, fa parte di una duologia (Deceptions #1 e #2) che si chiude con La tela del mistero, arrivato nel 1994 a dodici anni di distanza del primo. Evidentemente i due autori, Judith Michael è uno pseudonimo sotto il quale si celano i coniugi Judith Barnard e Michael Fain, la pensavano come i lettori. Non può finire così. 

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One Fifth Avenue – Candace Bushnell

Esce oggi nelle librerie americane l’ultimo libro di Candace Bushnell, la creatrice dell’ormai mitico Sex and the city. A 20 anni di distanza dal suo più grande successo, la scrittrice torna a chiedersi “C’è ancora Sex in the city”? Chissà. In attesa di poterlo leggere, ho ripescato uno dei suoi titoli che mi è piaciuto di più. Niente sesso, solo una lotta all’ultimo sangue per accaparrarsi un appartamento di prestigio nel cuore di Manhattan. Chi non vorrebbe partecipare a una guerra del genere?

Trama

Quinta strada, n°l, Manhattan. L’indirizzo più chic di New York. È qui, in questo edificio Art Deco, che abita chi conta davvero in città. Quando l’inquilina più anziana muore e il suo appartamento all’attico viene messo in vendita, sono in molti a tramare per riuscire ad accaparrarselo. Dalla moglie del magnate finanziario all’attrice ribelle fuggita da Los Angeles, dall’autrice della rubrica di pettegolezzi più temuta in città all’arrivista di Atlanta che sogna di diventare la nuova Carrie Bradshaw, i sogni di chi ambisce a gloria e potere si intrecciano sotto le volte di questo celebre palazzo.

Mettetevi nei loro panni

Faccio una premessa: chi vuole leggere i romanzi di Candace Bushnell dovrebbe tentare di mettersi nei panni di gente ricca, sfrontatamente abbiente, che ha ambizioni, valori e gusti ecompletamente (?) diversi dai nostri. Altrimenti questo suo romanzo, e anche gli altri, vi sembreranno un’accozzaglia di gentaccia che pensa solo ai soldi o ai beni materiali. Non dico che in sostanza non sia così, però credo anche che quando i bisogni di base sono stati soddisfatti, il gioco a chi ce l’ha più alto e più grande, l’appartamento, può anche essere divertente da osservare.

Una battaglia di potere 

One Fifth Avenue è, tra quelli che ho letto, il romanzo migliore di Candace Bushnell. La lotta per l’appartamento è avvincente e nasconde, in realtà, la battaglia per accreditarsi all’interno della società newyorchese. Potersi permettere un appartamento in uno degli edifici storici della città, significa far parte dell’élite. Significa avercela fatta e tutti loro hanno lavorato una vita solo per questo. I primi a entrare in scena sono gli inquilini facoltosi da generazioni, quelli rispettati da tutti. Louise Houghton è una quasi centenaria con un attico a tre piani. Dopo l’attico, l’appartamento migliore è al tredicesimo piano, dove vive una “single” ottantenne, Enid Merle. Accanto a lei vive il nipote, Philip Oakland, che di mestiere fa lo scrittore e si è riciclato come sceneggiatore. Ha avuto una storia con l’attrice Schiffer Diamond, tornata da poco per recitare in una serie tv e dimostrare che è ancora sulla cresta dell’onda.

Il male assoluto

Più in basso, nella scala sociale e nell’ex deposito dei bagagli, vivono i Gooch. Mindy Gooch è il capo del consiglio di amministrazione del condominio e nessuno la sopporta, “è il tipo a cui si dà tutto pur di levarsela dalle palle”, però ha potere di veto sui nuovi inquilini. E infine ci sono loro, i parvenu Paul e Annalisa Rich, nomen omen, e Lola. Straricchi, eppure snobbati perché lui traffica in hedge fund, considerati il male assoluto. Lola, invece, vuole diventare la nuova Carrie Bradshaw. Riusciranno a intrufolarsi in una società codificata? Gli altri, li accetteranno? E loro, accetteranno i “diversamente ricchi”? L’equilibrio su cui si basano i rapporti di potere reggerà o verrà sovvertito? E nel secondo caso, chi ne pagherebbe il prezzo più alto? Romanzo altamente consigliato a chi ama New York perché Candace Bushnell conosce bene i suoi polli, cioè le classi dominanti, ma sempre con le avvertenze che vi ho dato sopra.  

Curiosità

1-fifth-avenue-00Il grattacielo esiste davvero ed esteticamente è come lo descrive Candace Bushnell. One Fifth Avenue è stato costruito nel 1927 nel Greenwich Village da due studi di architettura e si trova all’angolo sud-est tra la Fifth Avenue ed Eighth Street. Costituisce una rarità perché è isolato e domina il Greenwich Village e il Washington Square Park. Per l’epoca fu una costruzione originale, perché grazie a un sapiente gioco di luci e ombre dà un’illusione di tridimensionalità, pur essendo in realtà verticale e piatto. Costruito per diventare un albergo, ha 29 piani e 184 appartamenti, circondati di terrazze. La cima culmina in una torre che dovrebbe rimandare al feudalesimo e che invece a Candace Bushnell sembra “una torta nuziale”. 

A voi che sembra: medioevo o matrimonio? 😉