Il pavone viaggiatore – Elaine Harper

Mi hanno regalato uno scatolone di libri vintage “tu saprai cosa farne” (?) e, prima di decidere cosa farne, ho deciso di leggerli per curiosità. Il primo è di Elaine Harper, I pavoni viaggiatori, che nel 1988 era stato allegato alla rivista per adolescenti Cioè. Pensate, in copertina c’è la foto di Luca Barbarossa e l’anticipazione di lettera aperta al cantante alla fine del libro! Che chicche meravigliose si trovano a volte…

Trama

Tre splendidi esemplari di pavone in giardino non sono la sola grande sopresa di Todd. Ciò che maggiormente lo turba, infatti, è Heidy, soffice chioma biondo miele e dolcissimi occhi color cielo. I pavoni naturalmente sono suoi e il loro recupero è per entrambi i ragazzi una piacevole occasione d’incontro. Todd pensa subito di chiederle di diventare la sua ragazza, ma, ahinoi, tutto congiura contro i suoi programmi!

Liceali alle prime cotte

Una novella senza grandi pretese, che racconta la storia di un amore adolescenziale con la leggerezza che contraddistingue quell’età, se tutto va bene ovviamente. Elaine Harper descrive il microcosmo di una provincia americana e di ragazzi che affrontano l’ultimo anno di scuola prima di andare al college. Oltre che test di ammissione all’università, i liceali sono alle prese con le prime cotte, le discussioni con i genitori per farsi prestare la macchina, i lavoretti per guadagnare qualcosa e gli allenamenti sportivi. Tutto fila liscio, insomma: anche quando i due protagonisti Todd e Heidi devono cavarsela in una situazione difficile, ne escono più forti di prima. E anche più innamorati?

Post scriptum

Ho cercato informazioni sulla scrittrice, Elaine Harper, senza trovare un granché, se non che è stata attiva negli anni ’80 con diversi romanzi di questo tipo. Ho scoperto anche che Il pavone viaggiatore è il seguito ideale di un’altra novella, Love at first sight (non so se mai tradotta in italiano), dove il protagonista dei pavoni era il rivale in amore di Craig, che qui compare solo sporadicamente.

be my valentine  first

 

Il giardino dei Finzi Contini – Giorgio Bassani

Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi Contini…è possibile rimanere folgorati da un incipit? A me è successo con Giorgio Bassani e con un romanzo che la prima volta ho letto per dovere a scuola. Ed è proprio di quell’incontro fulminante che vorrei parlarvi in occasione del Giorno della Memoria. Allora non sapevo quello che so oggi: Micòl, Alberto e gli altri non mi avrebbero più abbandonato.

Trama

finzi continiDurante una gita domenicale nella necropoli etrusca di Cerveteri un anonimo io narrante ricorda la grande tomba della famiglia Finzi-Contini nel cimitero ebraico di Ferrara. Questo ricordo porta con sé la memoria degli anni giovanili e, in particolare, dello speciale rapporto che aveva legato il narratore a quella famiglia. Il narratore ricorda così la Ferrara di fine anni Venti e Trenta e i primi contatti con la famiglia, ebrea come la sua. I Finzi Contini sono chiusi in un isolamento altezzoso, protetto dal muro di cinta che chiude l’enorme giardino della loro villa. Nel 1938, il narratore è un universitario e riceve un inaspettato invito a giocare a tennis nel campo privato di Alberto e Micòl. Il circolo del tennis di Ferrara ha cominciato a ritirare le tessere degli iscritti ebrei e i due giovani Finzi-Contini organizzano una sorta di circolo alternativo. Il narratore coglie l’occasione e inizia a frequentare assiduamente la “magna domus”. Al gruppo ristretto dei tennisti si aggiunge spesso Giampiero Malnate, un perito chimico di tendenze marxiste. Il circolo dei Finzi-Contini e il loro immenso giardino diventano così uno spazio protetto e chiuso rispetto alla tragedia che incombe sul mondo. Ma niente dura per sempre e la persecuzione degli ebrei si fa spazio in un mondo incantato, dove l’io narrante s’innamora perdutamente di Micòl.

L’io narrante è Giorgio Bassani?

Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini – di Micòl e di Alberto, del professor Ermanno e della signora Olga – e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la casa di corso Ercole I d’Este, a Ferrara, poco prima che scoppiasse l’ultima guerra. Ma l’impulso, la spinta a farlo veramente, li ebbi soltanto un anno fa, una domenica d’aprile del 1957. Fu durante una delle solite gite domenicali.

Chi è quest’uomo che ripensa a quei giorni e decide di scriverne la storia? E’ Giorgio Bassani stesso, che in effetti scrisse il romanzo in una stanza d’albergo di Santa Marinella, vicino Roma, e forse potrebbe aver visitato la necropoli che si trova lì vicino? E Micòl è veramente esistita? La famiglia Finzi Contini era davvero ferrarese e davvero fu deportata? Oppure lo scrittore usa un espediente letterario per fornire maggiore veridicità alla storia? Sono domande di cui ancora oggi non possediamo risposte, o almeno non le abbiamo con certezza. Certo è che Giorgio Bassani sembra parlare a se stesso più che a noi, immerso in un limbo nostalgico che fin dalle prime pagine ha avvolto anche me senza speranza in un finale salvifico.

Un libro per sempre

E’ proprio questo l’aspetto che ha reso questo romanzo uno dei miei libri per sempre. Sapete? Quelli di cui a volte hai bisogno di rileggere qualche passaggio perché sono di conforto. La storia di confortante non ha nulla, però il ricordo del tempo che fu, di una giovinezza spezzata dalla guerra, di un amore che forse poteva essere e non è stato, si attaccano alla pelle come un tatuaggio, e lì rimangono. Soprattutto perché un racconto malinconico e apparentemente basato su vicende personali, fa emergere in tutta la sua brutalità la follia della persecuzione contro gli ebrei.

Il futuro negato 

E’ proprio Micòl il simbolo dell’assenza di speranza nel futuro. Vi rendete conto? Una ragazza che non crede nel futuro e si ripiega nel passato rappresenta il fallimento della società, quasi come se prefigurasse quello che sarebbe successo e dentro di sé trovasse conforto in un passato certo e confortante. Al contrario di un futuro che non ci sarà, cosa che lei sembra sapere fin dall’inizio. Consapevolezza che cela dietro un atteggiamento ambiguo e sfuggente, che la rende irraggiungibile agli occhi innamorati di chi scrive di lei. Occhi innamorati e uguali ai suoi: può esistere vero amore tra due persone così simili?

L’epilogo (spoiler)

Alla fine, Bassani ci svela quello che già sapevamo. Nessuno dei personaggi che ci hanno rubato il cuore è sopravvissuto, neanche Giampiero Malnate, morto durante la disastrosa Campagna di Russia. Chissà se è andata peggio a loro o a chi ha dovuto convivere con gli orrori della guerra e dei morti senza colpa, che dopo tanti anni tornano ad affliggere la coscienza dei sopravvissuti.

Il Giorno della Memoria: Shoah e non solo

Berlino: Sachsenhausen e gli orrori della guerra. La mia visita al campo di concentramento

Altre letture per il giorno della memoria

Rosamunde Pilcher, Settembre, il mese dei nuovi inizi

Stasera in televisione trasmetteranno l’ennesima replica di un film tv in quattro parti ispirato al romanzo Settembre, di Rosamunde Pilcher. Improvvisamente, mi sono resa conto di non avervi mai parlato del libro. E’ ora di rimediare e di preparare cioccolata e biscotti, prima coprirsi con un plaid e gustare ancora una volta una storia che più romantica non si può.  Peccato solo che manchi il camino…

Trama

Settembre è il mese dei nuovi inizi, il mese che in Scozia chiude una corta e piovosa estate e che prelude all’inverno della  brughiera. A maggio i Balmerino e gli Aird ricevono un invito per la festa da ballo degli Steynton: “A casa, per Katy”. La festa per i 21 anni della ragazza si tiene a settembre, il mese dei nuovi inizi e della fine dell’estate, e segnerà un profondo cambiamento nei protagonisti. In Violet, ormai anziana ma che veglia ancora sul clan, in Virginia Aird ed Edmund, con un matrimonio profondamente in crisi, in Alexa, che ha appena conosciuto l’amore, in Archie, che non hai mai dimenticato gli orrori della guerra. E, forse, in Pandora, la bella e misteriosa Pandora, che dopo venti anni di esilio all’estero torna a Strathcroy per scompigliare ancora una volta la vita di chiunque incroci la sua strada.

Un romanzo magnificamente corale

In questo romanzo corale, i personaggi sono splendidamente vivi. Sembra davvero di essere lì con loro, nel villaggio scozzese in cui vivono, nelle tenute che amministrano, con alterne fortune. E poi Pandora, la conturbante Pandora, è un personaggio che mi ha catturato subito. Bellissima, magrissima, un’anima senza pace, torna dopo anni di assenza. Perché? Cosa cerca Pandora? Forse un riavvicinamento al suo grande amore giovanile Edmund? Cosa farà Virginia se queste sono le intenzioni di Pandora? La sofisticata americana è in piena crisi: ama il marito, ma l’educazione del figlio sta diventando un muro contro muro. Adoro anche Alexa, la sgraziata figlia di Edmund, capace di creare magie ai fornelli. Riuscirà a conquistare il cuore del cinico Noel, oltre al suo letto? Oppure Noel è in cerca solo di un consistente patrimonio da amministrare?

La tempesta nel cuore

Attorno, si muovono personaggi e situazioni in un’armonia cui fa da sfondo la campagna scozzese, con i suoi colori vividi e i picnic all’aperto, con le sue grandi distanze e le sue violente tempeste. Le stesse bufere che muovono i gesti e le parole dei protagonisti. Sarà un evento tragico, per ironia della sorte, a sistemare tutte le tessere del puzzle nel posto giusto.

Meraviglioso

Meraviglioso. Incantevole è dire poco. Nonostante sia ambientato in Scozia e non in Cornovaglia, Settembre è senza alcun dubbio il mio romanzo preferito di Rosamunde Pilcher e uno dei miei favoriti in assoluto. Sono innamorata dei personaggi, ho sofferto, pianto e sospirato proprio come loro e con loro. Se vi piacciono le storie romantiche, se amate le saghe familiari e se, soprattutto, avete voglia di una storia d’amore scritta in modo magistrale, vi consiglio caldamente di aprire Settembre e iniziare a leggerlo. Se l’avete già fatto, scommetto più di una volta, lasciatemi il vostro commento in basso e ditemi se siete d’accordo con me. Su Penna e Calamaro trovate anche la biografia della scrittrice, che ho scritto dopo essere tornata dalla Cornovaglia: date un’occhiata. Vi assicuro che Rosamunde Pilcher ha avuto una vita più avventurosa dei protagonisti dei suoi romanzi!

Curiosità

Nel 1996 dal romanzo fu realizzato un film con un cast internazionale. Il titolo è Il segreto di Pandora, interpretato da  Jacqueline BissetEdward FoxMichael York.

Altri libri della stessa scrittrice

Il giorno della tempesta

Voci d’estate

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Rosamunde Pilcher, una vita da romance

Marito amante – Sylvia Day

Marito amante di Sylvia Day. Ecco uno di quei romanzi che mi ha posto di fronte all’eterno dilemma: lascio o non lascio? Alla fine non ho lasciato e posso raccontarvi qualcosa di un romanzo che la copertina definisce “erotico” e primo della scrittrice a essere inserito nella collana Extra passion di Mondadori.

Trama

Lady Isabel Pelham e il marchese Gerard Faulkner sono la coppia più scandalosa di Londra. Isabel è rimasta vedova da poco, Gerard è perdutamente innamorato di una donna già sposata: per sfuggire alle pressioni imposte dalla società, decidono di sfruttare la loro amicizia di lunga data per combinare un matrimonio di convenienza. Entrambi non hanno alcuna intenzione di rovinare tutto innamorandosi l’uno dell’altra. Del resto, Isabel sa benissimo che un libertino come Gerard non potrebbe mai fare breccia nel suo cuore. Ma un tragico evento allontana improvvisamente Gerard, confinandolo nel silenzio per quattro anni… Quando fa ritorno a casa è una persona completamente diversa. Gerard è ora un marito che desidera il corpo e l’anima della moglie e non si fermerà di fronte a niente pur di vincere la ritrosia di Isabel e conquistarla.

Storico e volgare non si sposano bene

Dico subito che ho fatto una gran fatica a proseguire e vi spiego perché. Non amo il linguaggio volgare, ma volgare sul serio, associato a romanzi storici. Non fatico a credere che anche i nostri avi potessero adottare un linguaggio spinto nell’intimità. Tuttavia, certamente i rapporti tra i sessi non contemplavano frasi sboccate frutto solo del nostro linguaggio. Quindi, non capisco la scelta di Sylvia Day di associare un’ambientazione storica a un modo di esprimersi totalmente inadatto. Forse è una cifra stilistica che la contraddistingue e che piace certamente alle sue lettrici. Quindi, il consiglio che vi do è leggetelo solo se riuscite a passare sopra a termini tipo “stuprevole” per definire una donna bella e desiderabile ed altre amenità di questo tipo, che a un certo punto lo confesso ho cominciato a saltare a piè pari.

Che fine fanno Rhys ed Abby? 

La storia in sé non sarebbe male. Una vedova con una visione romantica della vita di coppia, decide di sposarsi per convenienza, scoprendo però di amare il marito quando questi torna dopo anni di assenza. Lo svolgimento della trama è tranquillo, non ci sono grandi rivali o nemici a parte una suocera ingombrante e dopo la tempesta tutto sembra volgere al bello. Peccato che non venga approfondito abbastanza il percorso di redenzione di Gerard, né la fase di innamoramento di Isabel. Potenzialmente più interessante era all’inizio la storia parallela del fratello di lei, Rhys, con un’ereditiera americana. Nel finale, però, Sylvia Day ci lascia con l’amaro in bocca: cosa sarà successo tra i due? Forse pensava a un sequel con Rhys ed Abby protagonisti? Chissà.

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La bruttina stagionata – Carmen Covito

Un romanzo premio Bancarella e un’altra scrittrice. Stavolta ho letto La bruttina stagionata, di Carmen Covito. Quando una donna non è o non si sente bella, come reagisce alle ingiustizie della vita? Soccombe o trova comunque una sua strada?

Trama

Marilina Labruna vive in una Milano livida, popolata di donne solitarie e di furbi che approfittano dei bisogni d’amore. Perciò lei, quarantenne non brutta ma, peggio, bruttina, deve trovare un modo diverso di trionfare. Professoressa mancata, piccola, grassottella, gambe corte e tozze, occhiali da intellettuale, vive sola e scrive tesi di laurea per conto terzi. Senza alcuna ambizione apparente, ha scelto un lavoro che le permette di fuggire il confronto diretto con gli altri. Convinta di non poter mai anelare a conquistare un certo tipo di uomo, si troverà a respingerne ben due.

Marilina vive nell’ombra

Carmen Covito con questo romanzo ha vinto il premio Bancarella nel 1993. Probabilmente perché propone un modello di donna a cui non siamo abituati, decisamente fuori dagli schemi. Non è bella Marilina, non ha un marito, non ha figli, non ha una professione appagante, non ha amici. E’ una donna che vive e trama nell’ombra, nel sottobosco degli emarginati, quelli che non lo sono per condizioni economiche ma semplicemente perché non hanno le caratteristiche sociali giuste. O, forse, perché scelgono di auto escludersi. Marilina, o Marilyn come a volte chiede di essere chiamata con brutale auto ironia, invece di fare l’insegnante scrive tesi per conto di altri. Così è più facile nascondersi nell’ombra della propria casa o della biblioteca. Perché Marilina non sarà bella, ma non è neanche brutta, condizione che le avrebbe comunque conferito dignità. No, è solo bruttina, anonima, dimenticabile.

Rapporti umani grigi

Un giorno Marilina fa qualcosa che mette in moto gli eventi. Risponde a un annuncio e si compra un amante. Già, la bruttina ha una vita sessuale e non lo nasconde. Anche questo è un aspetto a cui non siamo abituati. In questo sottobosco, si muovono una serie di personaggi, tutti accumunati dalla stessa necessità di usare ed essere usati. L’amante, perché Marilina lo paga. Il figlio di papà perché Marilina scrive per lui. Lo straniero, perché si sente più solo di lei. L’amica, perché le servono continuamente favori. Tutti rapporti umani che si muovono nel grigio della Milano nebbiosa e fredda e che Marilina giudica con occhio ironico e sprezzante, che rivolge prima di tutto a se stessa.

Bridget Jones? Ma anche no

Da più parti, Marilina viene definita la prima Bridget Jones. Io trovo il paragone quantomeno azzardato, per ragioni di età delle protagoniste e anche di contesto sociale in cui si muovono. Marilina a me sembra più il prodotto di una furbizia tutta italica, votata più alla sopravvivenza che al miglioramento, di se stessi e dell’ambiente circostante. Marilina dai più è giudicata simpatica. Io la trovo antipatica come poche, sempre pronta a trovare il peggio nelle persone e in se stessa. Marilina è una sconfitta, ma non dalla vita: da se stessa, perché chi dice che le donne vincenti sono solo le donne belle? Nessuno, e sta proprio alle donne dimostrarlo. Il finale salvifico non toglie nulla a un’atmosfera deprimente e provinciale nel suo significato peggiore. I corsivi che sottolineano le parole straniere scritte così come si pronunciano non fanno altro che accentuare quest’impressione. Ed è forse proprio quello che Carmen Covito voleva (di)mostrarci.