Lo strano caso dell’apprendista libraia – Deborah Meyler

Deborah Meyler, Lo strano caso dell’apprendista libraia. Il titolo è fuorviante. E’ inutile sperare, andando avanti con le pagine, di capire quale sia lo strano caso. Non c’è nessuno strano caso. In lingua originale, infatti, s’intitola semplicemente “La libraia”. Per il resto, un po’ di incongruenze e un elemento di interesse. Vediamo quale…

Trama 

Esme è incinta e non sa cosa fare: il fidanzato Mitchell l’ha lasciata prima che potesse parlargli del bambino. Per questo il cartello “Cercasi libraia” le sembra un segno del destino. Ma Esme non ha nessuna idea di come funzioni una libreria. Per fortuna ad aiutarla ci sono i suoi curiosi colleghi: George, che crede ancora che le parole possano cambiare il mondo; Mary, che ha un consiglio per tutti; David e il suo sogno di fare l’attore. Poi c’è Luke, timido e taciturno, che comunica con lei con le note della sua chitarra. Sono loro a insegnarle la difficile arte di indovinare i desideri dei lettori. E proprio quando Esme riesce di nuovo a guardare al futuro con fiducia, la vita la sorprende ancora: Mitchell viene a sapere del bambino e vuole tornare con lei. 

Mah 
Dunque, c’è un’apprendista libraia, che magicamente viene assunta negli Usa senza uno straccio di permesso per lavoro. Mah. Roba da far arrestare lei, il proprietario e tutti quelli che sanno, ma non hanno denunciato.
La ragazza è negli Usa grazie a una borsa di studio, ripete spesso di aver bisogno di soldi ma è in affitto da sola in un appartamento sulla Broadway e quando rimane incinta rimane negli Stati Uniti invece di tornare in Inghilterra. Mah, i misteri dell’assicurazione fantasma.

La descrizione onesta di una ragazza incinta 
Ho avuto spesso la tentazione di abbandonare questo libro di Deborah Meyler, però alla fine sono contenta di essere arrivata fino in fondo, perché qualche elemento d’interesse l’ho rintracciato proprio nell’andamento della gravidanza. Nessuna descrizione edulcorata dell’attesa, ma la descrizione onesta di una ragazza che rivoluziona la sua vita per amore, seppur inconsapevolmente. La scrittrice è madre di tre figlie, è evidente che conosce bene le difficoltà e le lotte psicologiche di una donna che da un giorno all’altro si trova a dover cambiare prospettiva di vita non esattamente per scelta (consapevole).

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La casa sopra i portici – Carlo Verdone

Grande protagonista del libro è la casa paterna di Carlo Verdone. La casa sopra i portici del titolo. Un luogo attraverso il quale si snodano tanti eventi: le catastrofiche feste dannunziane, gli incontri con Federico Fellini e Alberto Sordi, le incursioni destabilizzanti di geni dell’avanguardia come Gregory Markopoulos. E poi il rapporto con i genitori e i fratelli, gli scherzi (tanti, fulminanti), le prime esperienze sentimentali ma anche i drammi familiari che si susseguono.

La casa è quel posto in cui tutti torniamo

verdoneLa casa è quel posto in cui tutti torniamo, che ci fa sentire veramente noi stessi, che ci accoglie e ci protegge sempre. E’ con questo spirito che ho letto il libro di Verdone, un uomo (famoso) attaccato alla sua città, Roma, e alla sua famiglia. Quando, per le vicende della vita, una casa si spoglia delle persone che l’hanno abitata e degli oggetti che l’hanno arredata, è difficile immaginare sentimenti diversi dalla tristezza e dalla nostalgia. Alla morte dei genitori del regista, infatti, la casa è stata svuotata e restituita al Vaticano, che ne era il proprietario.

Persone e fatti che sopravvivono 

Eppure, Carlo Verdone affronta questo doloroso momento con l’ironia che da sempre lo contraddistingue. Ci racconta con arguzia e spirito d’osservazione le vicende della sua famiglia. Della famiglia che quella casa l’ha vissuta e amata profondamente. Di una famiglia e di persone che sopravvivono alla vita terrena e che rimangono nei nostri cuori e nei nostri ricordi. Trovo che sia un bel modo per ricordare i cari che non ci sono più e lasciare traccia di quello che è stato, nel bene e nel male.
Per questo ho deciso di sorvolare su alcune ingenuità stilistiche e su alcuni aneddoti probabilmente inventati, il libro è godibile e a tratti divertente.
Un po’ come i suoi film: risate condite di malinconia e riflessione.

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L’Accabadora di Michela Murgia

Accabadora è il primo romanzo di Michela Murgia che leggo e, certamente, il suo titolo più famoso. E a ragione, direi. Una figura, quella dell’accabadora (colei che finisce), la cui esistenza non è mai stata provata, ma che probabilmente esiste in ogni luogo del mondo. Forse non è una donna, forse non veste di nero. Ma c’è un’unica cosa sicura nella vita dell’uomo. E quando la Signora viene a bussare, l’essere umano è costretto a fronteggiarla.

Trama

accabadoraSardegna anni ’50. Maria ha sei anni ed è appena diventata «figlia d’anima» dell’anziana Bonaria Urrai, secondo l’uso campidanese che consente alle famiglie numerose di compensare la mancanza di figli altrui attraverso un’adozione sulla parola. La bambina è inizialmente convinta che Bonaria Urrai faccia la sarta, e infatti le giornate sono segnate dallo scorrere nella bottega casalinga di un’umanità paesana, fatta di piccole miserie e relazioni basate su sguardi  gesti. Accettata come normale dal paese, l’adozione solidale tra la vecchia e la bambina si consolida negli anni. Un giorno, però, Maria viene messa di fronte a una realtà che non può più fingere di ignorare: Bonaria non è solo una sarta. Bonaria è un’accabadora, una donna che toglie la vita.

Figlia dell’anima

Sono due i temi importanti affrontati in questo romanzo di Michela Murgia. Uno, è la maternità e la condizione di figlia e figlio. E’ necessario aver generato per essere madri e padri? E’ necessario vivere nella famiglia di origine per essere felici? La risposta di Michela Murgia a entrambe le domande è no e la società campidanese, nella sua semplicità, lo sa bene e lo affronta con spirito pragmatico. Così, nascono, crescono e prosperano i figli d’anima, nome che trovo meraviglioso, e voi? Se tutti i dibattiti etici venissero affrontati senza pregiudizi e retorica, saremmo tutti più felici, ne sono convinta.

Mai dire mai

E poi c’è l’argomento principale. Quello di Michela Murgia è un piccolo libro che affronta un tema grande, più grande di noi finché non abbiamo la sventura di viverlo sulla nostra pelle. Quando viene affrontata nei dibattiti pubblici, l’eutanasia divide in due gli intervenuti, con le motivazioni filosofiche, religiose, morali ed etiche che ne conseguono. Credo che l’accabadora si limiterebbe a seguirle con viso immobile e sguardo vitreo, mormorando un’unica frase: “Non dire mai: di quest’acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata”.

Il che vale come monito per quasi tutti i fatti della vita, non credete?

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Olimpiche, storie immortali in cinque cerchi – Luca Pelosi

Luca Pelosi e le storie olimpiche. Le olimpiadi di Rio de Janeiro sono appena finite e abbiamo ancora tutti nel cuore e negli occhi quelle immagini e quelle emozioni che solo le olimpiadi sanno regalarci. Per allungare un altro po’ questa sensazione, mi sono regalata questo libro di racconti legati alle olimpiadi. Che di emozioni ne regala parecchi.

Trama

Le Olimpiadi hanno tanti volti, personaggi e storie che le rendono speciali. Uniche, perché le Olimpiadi hanno qualcosa di diverso. Sono il posto dove puoi trovare storie che emozionano, appassionano, insegnano. Storie dove la rivalità diventa amicizia, la debolezza diventa forza, la morte diventa vita. 

I cinque cerchi

Nell’anno delle olimpiadi di Rio, Luca Pelosi ci regala una serie di racconti “olimpici” che vanno oltre quello che accade in campo, divisi giustamente in cinque cerchi. Solo che i cerchi, invece di rappresentare i continenti, qui simboleggiano i valori più alti dell’uomo: amicizia, amore, coraggio, giustizia, saggezza.

Da leggere

Dico solo una cosa: da leggere. Alcuni faranno piangere, altri sorridere, altri ancora riflettere intensamente sul significato profondo della parola sport. Quello vero, di chi soffre, combatte, lotta e si rialza. Il doping, gli affari, i soldi, il marketing. Lasciateli fuori, o voi che entrate in questo mondo parallelo. E meraviglioso.

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Una famiglia quasi perfetta – Jane Shemilt

Jane Shemilt ha pubblicato un thriller che fa precipitare una famiglia fino a quel momento, o quasi, nell’incubo della scomparsa. Che fine ha fatto la figlia perfetta? O presunta tale? Perché si sa, i figli sono le persone che i genitori conoscono meno, anche se pensano sempre il contrario. Jenny farà eccezione?

Trama

Jenny è un medico, sposata con un famoso neurochirurgo e madre di tre adolescenti. Quando Naomi, la figlia quindicenne, non fa ritorno a casa dopo la scuola, la vita perfetta che Jenny credeva di aver costruito va in pezzi. La polizia la cerca in lungo e largo, senza successo. Naomi è scomparsa nel nulla e la famiglia è distrutta. I mesi passano e le ipotesi peggiori – rapimento, omicidio – diventano sempre più plausibili, ma in mancanza di indizi significativi l’attenzione sul caso si affievolisce. Jenny, però, non si arrende. A un anno dalla sparizione della figlia, sta ancora cercando la verità, anche se ogni rivelazione, ogni tassello sembra allontanarla dalle certezze che aveva. Presto capisce che le persone di cui si fidava nascondono terribili segreti, Naomi per prima. Seguendo le flebili tracce che la ragazza ha lasciato dietro di sé, Jenny si accorgerà che sua figlia è molto diversa dalla ragazza che pensava di aver cresciuto…

Finale tirato via 

Impossibile provare simpatia per la madre creata da Jane Shemilt: moderna, forse troppo moderna, una delle tante donne convinte che si possano vivere mille vite e portare avanti tutto perfettamente. O quasi. Ed è quel quasi a dare il senso al romanzo. Una donna e un uomo ciechi, che non vedono quello che succede in casa loro, spinti da…ambizione? superficialità? stanchezza cronica?
Assegno due stelle a un finale tirato via, all’ennesima scelta sbagliata di questa madre troppo debole e rinunciataria, a una serie di spunti e indizi propri di un thriller che non vengono alla fine spiegati e a un andirivieni nei tempi del racconto che ha reso meno avvincente la lettura.

A voi è piaciuto? Che mi dite?

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