Prigioniera di un sogno – Pat Morris

Sì, sì e ancora sì. Questi sono i romance che mi piacciono. In Prigioniera di un sogno, un romanzo vintage anni ’80, Pat Morris infila tutti gli elementi che servono per chiudere una novella d’amore con un sospiro e una lacrimuccia furtiva.

Trama

Debora viene gettata sulla riva di un’isola sconosciuta, dopo un violento naufragio. Ormai tutti la credono morta e la ragazza non ha possibilità di dare sue notizie a nessuno. Strappata brutalmente dal suo mondo in Inghilterra, dal suo fidanzato, dalla sua vita, si ritrova in terra straniera, tra persone che svolgono un oscuro lavoro. Hussein pascià, il dispotico e arrogante padrone dell’isola, è il suo carceriere, ma è anche l’uomo che risveglia la sua femminilità. Ma è un amore assurdo, al quale Debora si oppone con tutte le sue forze. La favolosa opulenza orientale non riesce ad abbagliarla e Debora lotterà fino all’ultimo per resistere al meraviglioso egiziano dagli occhi di ghiaccio. Riuscirà a liberarsi dal suo fascino? Potrà tornare al suo Paese? E come sarebbe accolta da tutti quelli che la credono morta?

Ricamatrice di storie 

In poche pagine, Pat Morris ricama una storia in cui i fili s’intrecciano perfettamente. C’è una donna giovane, forte e indipendente, che incontra un uomo affascinante. Hussein, padrone di un’isola sperduta di cui possiede tutto, persone comprese. C’è un’umanità varia, che obbedisce a Hussein senza porsi domande, forse perché succube del suo carisma. O chissà per quale oscuro motivo. Debora è diversa e lo mette in chiaro fin da subito: non intende cedere, abbandonando le sue abitudini e convinzioni di donna occidentale. Il leader carismatico ha trovato una degna avversaria! Uno degli strappi più forti con la cultura dell’isola in cui si trova suo malgrado costretta a vivere avviene quando si rifiuta di coprire il capo con il velo. Proprio il velo diventa il simbolo delle rivendicazioni di Debora come donna e come cittadina inglese.

La veggente aveva ragione

In mezzo, Pat Morris piazza descrizioni così vivide che quasi di sentire i gorgheggi striduli degli ibis e il profumo delle piante che vivono in questa terra selvaggia e incantata. La narrazione scorre via in un crescendo che mantiene sempre alto l’interesse per l’attrazione che nasce tra Debora e Hussein. Fino al finale perfetto, dove le predizioni della lettrice dei fondi di caffè si avverano. Lo confesso, è scesa pure una lacrima.

Alla ricerca della scrittrice 

Se lo trovate in un mercatino, vi consiglio di prenderlo perché merita. Brava Pat! Se, invece, conoscete già quest’autrice, mi suggerite altri suoi titoli? Online ho trovato molto poco, tranne che il romanzo è del 1983 e pubblicato dalla casa editrice Omnia, nella collana Polvere di stelle. Nel testo Hussein viene chiamato “pascià”, titolo che in Egitto è stato usato fino alla fine degli anni ’50. Lei, Debora, è un’istitutrice inglese. Forse il racconto è di un’epoca precedente a quella della pubblicazione in italiano? Cosa che il garbo dello stile e l’accuratezza nell’uso dei vocaboli farebbero supporre. Come ormai sapete, ho un debole per gli scrittori anni ’40 e ‘5o. Oppure la traduttrice italiana, Nora de Siebert, scrittrice di fantascienza, è in realtà proprio Pat Morris? Chi sa qualcosa di più me lo racconti, per favore.

La copertina 

Pur trattandosi di edizioni economiche, una volta le copertine erano molto curate. Prendiamo quella di Prigioniera di un sogno. L’illustrazione di copertina è curata da Ermanno Piero Iaia, un illustratore nato negli anni ’30, grande esperto di manifesti per il cinema, la televisione e l’editoria.

Altri romanzi vintage su Penna e Calamaro

Ti lascio ma restiamo amici – Molly McAdams

Non mi piace stroncare gli altri, perché so quanto lavoro ci sia dietro la creazione di una storia. Credo però che sul mio blog debba essere onesta e dire sempre quello che penso. Questo romanzo di Molly McAdams è decisamente il peggiore che abbia mai letto in tutta la mia vita. Adesso, mentre scrivo, mi chiedo come diavolo sia possibile aver fatto passare una roba del genere per successo internazionale!  Ma andiamo con ordine…

Trama

Harper ha diciotto anni ed è cresciuta in una base militare, sotto la rigida supervisione di suo padre, un marine severo e poco comunicativo. Ma finalmente è riuscita a spuntarla: farà l’università a San Diego, all’altro capo del Paese, e potrà così cominciare a vivere la vita a modo suo. Grazie alla sua nuova compagna di stanza, Harper viene introdotta in un mondo di feste, bei ragazzi, nuove emozioni. Si ritrova però ben presto con il cuore diviso a metà: è innamorata di Brandon, il suo fidanzato, praticamente il ragazzo perfetto. Contemporaneamente prova una fortissima attrazione per Chase, il fratello della sua compagna di stanza, che invece non sembra affatto “perfetto”. Nonostante provengano entrambi da storie difficili, tutti e due adorano Harper. Farebbero pazzie per lei, compreso un passo indietro se questo potesse aiutarla a essere felice…

Nel Mulino Bianco di città

Innanzitutto, inquadriamo l’ambiente. Siamo nel Mulino Bianco di città, con protagonisti che parlano e si muovono come se fossero Brooke e Ridge di Beautiful. Solo che almeno lì c’era un po’ di movimento. Qui c’è una ragazzina ingenua, cresciuta da un padre militare con pugno di ferro, che va all’università. Benissimo: allora una lettrice altrettanto ingenua si aspetterebbe il racconto di quello che succede all’università. Alla pagina 150 la lettrice di cui sopra si arrende all’evidenza. L’unica frase dedicata agli studi in 15o pagine è “la prima settimana nella facoltà era andata bene“. Il perché è presto detto: alla protagonista della scuola non gliene importa proprio niente. Sta lì, con una margherita in mano, con l’eterno dilemma: Brandon o Chase? Chase o Brandon?

Una che piace al primo sguardo

Affrontiamo ora il dramma di Brandon e Chase. Due fighi incredibili, muscolosi, sexy, sportivi, che passano da una donna all’altra per gioco. Perché perdono la testa per Harper? Non è dato sapere. E’ bellissima? Non sembrerebbe. E’ carismatica? Neanche. E’ molto intelligente? Non si sa. In realtà non c’è alcun motivo apparente, eppure questa Harper è una che piace al primo sguardo. Non solo agli uomini, che dite, a tutto il mondo. Alla compagna di stanza che dopo due minuti si trasforma nell’amica del cuore, al fidanzato dell’amica del cuore, che è uno tipo Chase e Brandon convertito dall’amica del cuore. Ai genitori di Chase e dell’amica del cuore, che incidentalmente è la sorella del figo, che praticamente l’adottano, tanto che lei li chiama mamma e papà! Ah, e poi c’è il marine mandato dal padre a conquistarla, che l’ama senza essere ricambiato. L’unico che non la venera è il padre vero, che le taglia i fondi. Ma che problema c’è? Lei ha i soldi che ha messo da parte lavorando. Ma quando? Dove? Quanto ha messo da parte? Sarà stata usata come schiava bambina?

Pedicure vs università 3-0 

Inutile dire che dell’università non interessa niente a nessuno dei personaggi. La manicure e la pedicure, invece, hanno grande spazio. Muore qualcuno? Facciamo la pedicure che ci passa. Così come hanno grande importanza la villetta, l’automobile spaziosa, il barbecue all’aperto…insomma, la vita media a 19 anni! Ma è mai possibile? Sì, ve lo dico. E’ possibile. Nel ventunesimo secolo le ambizioni di una ragazza sono queste. Una ragazza che non tira mai fuori un’opinione, limitandosi a ondeggiare continuamente come una statua di Venere tra mille personaggi che se la contendono, talmente incoerente e frastornata che pure Molly McAdams perde i pezzi e da una pagina all’altra contraddice quello che ha scritto prima senza seguire un filo logico. Anche i due potenziali drammi che intercorrono in questo quadretto idilliaco si risolvono in una bolla di sapone. E tutti vissero felici e contenti. Mi sembra un film già visto in casa Italia e di cui mi ero stupita non poco. Sarà invece la regola? Chissà.

Mah

Potrei andare avanti per ore, ma preferisco chiudere qui. Cinquecento pagine di nulla, che per fortuna ho comprato quasi gratis su una bancarella. Continuerò a chiedermi per un bel pezzo come sia possibile che un prodotto del genere abbia non solo trovato fortuna all’estero, ma che sia stata pubblicata l’intera trilogia. Penso solo che dovrò farmene una ragione, che dite? A proposito, chiedo un parere anche a voi: l’avete letto? Che ne pensate?

Il caso Jane Eyre – Jason Fforde

Ironizzare su uno dei grandi classici della letteratura inglese si può? Sì, si può e forse si deve, soprattutto se il risultato è un romanzo come Il caso Jane Eyre. Jason FForde si prende bonariamente gioco dei lettori appassionati di Jane Eyre e della sua scrittrice, Charlotte Brontë con un guazzabuglio pieno di ironia e storie parallele in cui alla fine ci interessa solo una cosa: Jane e Mr Rochester avranno il loro finale?

Trama 

È un 1985 diverso, in un mondo dove i libri sono il bene più prezioso. E i confini tra realtà e fantasia sono più morbidi del consueto. Mycroft, vecchio inventore, escogita un sistema per entrare di persona in romanzi e poesie. Acheron Hades, criminale diabolico, se ne appropria e rapisce “Jane Eyre” dal manoscritto originale di Charlotte Brontë: a indagare arriva Thursday Next, Detective Letteraria. Reduce dalla guerra di Crimea (che imperversa da centotrent’anni), ha in sospeso un amore. Le indagini la riportano a Swindon, sua città natale; sbarcata da un dirigibile di linea, salta in groppa a una fuoriserie decappottabile dai mille colori. Riuscirà a salvare Jane Eyre e a rimettere in sesto la sua vita?

Quest’uomo è geniale 

Confesso che dopo aver letto I misteri di Chalk Hill di Susanne Goga ero un po’ titubante all’idea di affrontare un nuovo romanzo che si ispirasse alla mia amatissima Jane Eyre. Invece, mi sono divertita molto a leggerlo, in alcuni passaggi quasi con le lacrime agli occhi. L’idea è fantastica, tanto che a più riprese ho pensato “quest’uomo è geniale”, seguito da “perché non ci ho pensato io”? Chi di noi amanti dei libri, infatti, non sogna un mondo dove la letteratura sia una cosa importante? Magari non ai livelli fantascientifici immaginati da Jason FForde, ma insomma, un po’ più di considerazione ci piacerebbe, giusto? Una protagonista che si chiama Giovedì prossimo, poi, è tutto un programma. Anzi, un Cronoprogramma, magari pianificato dalla CronoGuardia di cui fa parte il padre di Thursday, libero di fare avanti e indietro nel tempo, a fare che non l’ho ancora capito, e di passare ogni tanto a trovare la figlia facendo fermare il tempo e l’azione. Considerando che lo scrittore è soprattutto uno sceneggiatore, manca solo lo stop alla fine della scena. I personaggi sono tutti azzeccati e uno più strambo dell’altro. Vincono la palma gli anziani zii, Mycroft l’inventore e lei, Polly, suo malgrado sperimentatrice delle sue invenzioni. Poi, c’è il paziente Landen Park-Laine, l’ex fidanzato che a dispetto di quanto afferma non ha mai dimenticato la sua Thursday e colleghi quantomeno curiosi, come Victor Analogy.

Jason, dov’è Jane Eyre?

Insomma, un mondo a dir poco variopinto, dove tutti sembrano strambi e dove c’è sempre tanta confusione. Talmente tanta che, se devo rintracciare un difetto nel libro, è proprio quello di aver lasciato un po’ in disparte la protagonista del titolo. Jane Eyre è un’eroina dura e pura: che fine le ha fatto fare Jason Fforde? Rimane sempre in disparte e silenziosa: ma perché, Jason? Avresti potuto utilizzarla di più e farla emergere. E’ o non è un’eroina? Comunque, a parte questa notazione, consiglio Il caso Jane Eyre a tutti gli amanti della lettura e della letteratura che abbiano voglia di sorridere un po’ della loro passione.

Passaggi 

Non era la prima volta che il manoscritto di Martin Chuzzlewit veniva trafugato. Due anni prima era stato trafugato dalla sua teca da un guardiano che voleva solo leggere il libro nella forma originale e immacolata. Schiacciato dai sensi di colpa e dalla difficoltà di decifrare la calligrafia di Dickens al di là della terza pagina, finì per confessare e il manoscritto fu recuperato.

Non era come l’avevo immaginata. Pensavo che Thornfield Hall fosse più grande e arredata con maggiore sfarzo. C’era un forte odore di cera e al primo piano si gelava. La casa era ben poco illuminata e i corridoi si perdevano in un buio nero come l’inchiostro. Era austera e poco accogliente. Notai tutto questo, ma soprattutto notai il silenzio; il silenzio di un mondo senza macchine volanti, traffico e grandi città. L’era industriale era appena agli inizi; il pianeta aveva raggiunto la sua data di scadenza. 

Me, mum & mistery – I muffin di Linda

Se sua madre lavorava a maglia, era alle prese con una questione esistenziale. Se spostava i mobili, era arrabbiata con qualcuno. Se ridipingeva le pareti, aveva preoccupazioni sentimentali. E se sfornava muffin, Emily poteva stare certa che fosse alle prese con problemi lavorativi.”  Siccome non so lavorare a maglia, spostare i mobili è faticoso e ridipingere continuamente pareti costa, ho imitato Linda e mi sono messa a trafficare in cucina. Ecco a voi i muffin di Me, mum & mistery. Lucia Vaccarino non ci rivela la ricetta della mamma di Emily,  e quindi a libera interpretazione li ho fatti al cacao e cioccolato fondente. Morbidi morbidi e goduriosi. Portateli in ufficio e i problemi lavorativi spariranno. Pronti a rifarli? Seguite il procedimento e sarà un successo. 

Ingredienti per 8 muffin in stampo da cupcakes

  • farina 00, 110 gr.
  • cacao amaro, 20 gr.
  • zucchero, 100 gr.
  • latte intero o parzialmente scremato, 8 cl. 
  • burro, 50 gr.
  • 1 uovo
  • cioccolato fondente, scaglie o tocchetti 8
  • lievito per dolci, 8 gr.
  • sale, 1 pizzico
  • bicarbonato, 1 pizzico

Procedimento 

Partiamo dagli ingredienti liquidi. Sciogliete a fuoco bassissimo il burro e toglietelo dal fuoco quando non è ancora sciolto del tutto, per evitare che frigga. Lasciatelo freddare. Intanto, rompete l’uovo in una ciotola capiente, aggiungete lo zucchero e  con una frusta a mano o un cucchiaio mescolateli bene ma non troppo. Aggiungete a filo il burro sciolto e il latte, continuando brevemente a mescolare. A parte setacciate la farina, il cacao e il lievito. Aggiungete un pizzico di sale e di bicarbonato.

Versate gli ingredienti solidi in quelli liquidi e mescolate pochissimo, giusto per incorporarli. Dovete ottenere un composto consistente e quasi grumoso. Accendete il forno a 170°/180° in modalità statica. Preparate i pirottini e tagliate la tavoletta di cioccolata a tocchetti/scaglie grandi. Io ho scelto pirottini da cupcakes/muffin medi perché volevo dolci a prova di stomaci delicati, però volendo potete optare per la taglia maxi. Versate l’impasto fino a metà dello stampo, inserite il tocchetto di cioccolato e ricoprite con il restante impasto fino a sfiorare il bordo dello stampo.

Cuocete in forno già caldo per circa 20 minuti e aspettate la cupoletta prima di aprire il forno. A questo punto fate la prova stecchino. Se sono troppo morbidi lasciateli ancora 1-2 minuti e poi qualche altro minuto a forno spento. Altrimenti, spegnete subito e lasciateli sostare a forno spento per qualche minuto.

Una volta sfornati, lasciateli a raffreddare per almeno mezz’ora e poi vediamo se riuscite a resistere!

Note 

  • la cosa fantastica di questo dolcetto è che meno lo lavorate e più buono sarà;
  • la cottura è il momento più delicato. Fate prove con il vostro forno per decidere quali sono temperatura e minuti di cottura ideali;
  • anche se potete farli il giorno prima, il mio consiglio è di farli poco prima di portarli in tavola. Sono fantastici appena tiepidi, con il passare delle ore si seccano;
  • si conservano (dicono, non mi è mai capitato che avanzassero) per 2 o 3 giorni in sacchetti di plastica per alimenti e chiusi in contenitori di latta o di plastica; 
  • se proprio non riuscite a consumarli subito, il metodo migliore per conservarli è congelare subito dopo il loro raffreddamento a temperatura ambiente. Li chiudete in un sacchetto per alimenti e li riponete nel congelatore. Una volta scongelati, saranno come appena fatti.

Per quanto mi riguarda ricetta promossa. D’ora in poi farò come Linda e li preparerò quando c’è un problema lavorativo. E voi? Qual è la vostra ricetta scacciastress?

La serie di Me, mum & mistery 

Me, mum & mistery, detective per caso

Me, mum & mistery, vol 2: Caccia all’uomo scomparso

 

Lo “stufato dello studente” di Ellery Queen

Tutto ebbe inizio con una cipolla…La ricetta del diavolo di Ellery Queen è diabolicamente buona. L’ho trovata nello speciale Mondadori e l’ho provata per voi. Il diavolo dimenticherà pure i coperchi, ma cucina divinamente! Lo stufato dello studente di Ellery Queen è un piatto unico il cui profumo vi trasporterà immediatamente nell’atmosfera di un pub inglese…però attenzione! E’ una ricetta del diavolo, seguite la mia ricetta e non quella del romanzo (in corsivo), mi raccomando. Altrimenti, l’assassino potrebbe farla franca!

The devil’s cook – Ellery Queen 

– Ma spiegami meglio: cos’è precisamente questo “stufato dello studente”? – insistette Farley. – Sai, come scapolo dalla digestione lenta, le ricette mi interessano sempre.
– E’ il principe degli stufati – sentenziò la donna.
– Be’, non occorre che tu faccia tanti misteri…Si tratta di un segreto?
– Non proprio. Vuoi che ti dica come si prepara?
– E’ quello che ti sto chiedendo!
– Semplicissimo. Per prima cosa prendi una bella pentola di quelle capienti, poi tagli delle fette di prosciutto e ne copri il fondo. Fatto questo, tagli a pezzetti mezzo chilo di manzo bello magro e lo metti nella pentola sopra il prosciutto, con un po’ di sale e pepe; poi aggiungi le carote tagliate a fette sottili. Sopra le carote ci metti tre belle cipolle tritate finemente e infine le copri con tre o quattro patate, a seconda della grandezza, anche queste tagliate a fette sottili. Ancora un po’ di sale e pepe; poi fai cuocere, coperto, a fuoco lento.Secondo me, bisogna aggiungere un bel po’ d’acqua per evitare che si attacchi alla pentola. D’accordo che la verdura fa acqua, ma un po’ di più non guasta.

Ingredienti 

  • manzo in pezzi medi, 500 gr.
  • patate medie, 3
  • cipolla, 1
  • pancetta, 5 fette sottili
  • carote, 3
  • sale e pepe, q.b.

Procedimento 

Per prima cosa prendete una bella pentola di quelle capienti,  poi coprite il fondo con le fette di pancetta e fare uscire l’olio. Togliete la pancetta e nella stessa mentola mettete la carne, con un po’ di sale e pepe, facendola rosolare a fuoco vivo. Se volete potete infarinarla prima, ma non è necessario. Quando è ben rosolata, abbassate il fuoco al minimo e aggiungete le carote tagliate a fette sottili e una cipolla tritata finemente. Infine, coprite con le patate, tagliate a pezzi piccoli. Poi aggiungete acqua fino a ricoprire tutti gli ingredienti e fate cuocere, coperto, a fuoco lento, per almeno due ore. Quando il sugo si sarà ristretto, lo stufato è pronto.

Note 

  • nella versione italiana c’è un errore. Il prosciutto che si mette sul fondo è in realtà pancetta. Un errore da chef creativo, tuttavia. Potete anche provare il prosciutto al posto della pancetta, secondo me ci sta bene;
  • le cipolle nel romanzo sono tre. Questa è una delle chiavi del giallo e quindi se volete sapere perché ne ho messa una sola dovete leggervi il libro;
  • mentre cucinavo ho dimenticato sale e pepe. Il pepe ci sarebbe stato bene, del sale non ho sentito la mancanza perché la pancetta è già abbastanza salata. Decidete voi cosa fare;
  • nel romanzo, la cuoca parla di manzo bello magro. Dal macellaio fatevi dare “il piccione”, un taglio venato che è particolarmente adatto per spezzatini e stufati.

Buon appetito! Fatemi sapere se la ricetta del diavolo vi è piaciuta!

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Ellery Queen, La ricetta del diavolo