Archivi tag: Italia

Brescia, una Leonessa Capitale tutta da scoprire in 10 tappe

Per fortuna la Leonessa è diventata capitale della cultura 2023, così mi sono ricordata di questa cittadina da visitare. Purtroppo l’Italia è così, talmente ricca di luoghi meritevoli, che si finisce per andare in quelli più raggiungibili. Brescia non è di passaggio, quindi bisogna programmare bene la visita. Perché allora non approfittare per fare il paio Brescia/Bergamo? Cioè le due città che condividono lo scettro di capitale della cultura 2023? Iniziamo da Brescia: vi dirò quello che sono riuscita a vedere in weekend Brescia-Bergamo. E anche quello che potreste scoprire se avete più tempo a disposizione. Pronti? Partiamo!

Pinacoteca Tosio Martinengo con David LaChapelle 

Entrare alla pinacoteca, è come fare un viaggio cronologico accelerato dal tardo-gotico al primo Ottocento, con un’incursione nel contemporaneo. Confesso che non è per Raffaello, Foppa, Savoldo, Moretto, Romanino, Lotto, Ceruti, Hayez o Canova che sono entrata. Ma per David LaChapelle, che fino al 12 novembre sarà presente con la mostra di fotografie David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a Beautiful Land. A Brescia presenta un’opera inedita ispirata alla produzione pauperistica di Giacomo Ceruti. La Pinacoteca Tosio Martinengo, infatti, conserva il più alto numero di opere di Ceruti nel mondo e ha deciso di ospitare questo scatto per narrare gli “ultimi”, come faceva il pittore, attraverso il linguaggio fotografico. Insieme alla serie Jesus is my homeboy del 2003, che avevo già visto a Roma, la nuova fotografia di LaChapelle, Gated Community (2022), mette in scena una lunga tendopoli di senzatetto che occupa il marciapiede a ridosso del LACMA (Los Angeles Country Museum of art).

Gated community

Le tende da campeggio sono state rivestite dal fotografo con i loghi dei più noti marchi di moda. Ecco che vediamo Gucci, Louis Vuitton, Chanel e altri sfilare di fronte al prestigioso museo, che all’epoca dello scatto aveva appena concluso una milionaria raccolta fondi per il suo ampliamento. Dopo essere stato fotografo privilegiato di celebri artisti, David LaChapelle si fa portavoce da anni delle contraddizioni e delle disuguaglianze che permeano la società moderna. Non a caso ha scelto come set la California, dove si registra il più alto numero di senzatetto degli Stati Uniti. Se il contemporaneo non vi interessa e volete rimanere sul tradizionale, la collezione di tele, sculture, oggetti di oreficeria, smalti, medaglie della pinacoteca Tosio Martinengo è di tutto rispetto. Il percorso espositivo è organizzato in 21 sale scenograficamente allestite. Oppure, potete spostarvi al Museo di Santa Giulia per Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecentouna grande retrospettiva che da luglio verrà esposta dove? Al Getty Museum di Los Angeles, per chiudere il cerchio. Di questa mostra vi parlo subito dopo. Intanto, vi dico che l’unica pecca nell’esposizione del fotografo è nei riflessi provenienti dalle grandi finestre della sala. Piena di luce, tanto da non riuscire a schermare a sufficienza il riflesso sul vetro delle foto. Assolutamente da vedere, tuttavia, se amate i colori e gli eccessi cui ci ha abituato David LaChapelle. 

Il Museo di Santa Giulia

Altro posto imprescindibile è il Museo di Santa Giulia, che andrebbe visitato con calma e a lungo. Cosa che purtroppo non ho avuto modo di fare, anche perché c’è una sequela di biglietti a seconda di quello che uno deve fare, che non è proprio il massimo della chiarezza. Non capisco perché non fare un biglietto unico e via. Comunque, nel Complesso di Santa Giulia da vedere assolutamente è la Croce di Desiderio del IX secolo. Ci sono poi gli affreschi del Coro delle Monache, i resti delle antiche Domus romane e gli interni della Basilica di San Salvatore. Insieme all’area archeologica del Capitolium e al complesso monastico di San Salvatore, il museo è stato dichiarato sito UNESCO. È anche sede di importanti mostre temporanee. Io però non ho visto niente di tutto questo, perché mi sono concentrata sulla mostra Miseria&Nobiltà, Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento, di cui vi parlerò in maniera approfondita.

Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento

Avete poco più di un mese per vederla e vi consiglio di fare l’accoppiata David LaChapelle (vedi sopra) – Giacomo Ceruti. La dimostrazione che il passato parla a chi ha voglia di ascoltarlo e riviverlo. Ceruti rappresenta un connubio interessante: pittore degli ultimi e ricercato ritrattista dell’aristocrazia, cioè con ogni probabilità il suo vero interesse da un lato e il bisogno di mettere il pane in tavola dall’altro. In questa mostra, il parallelo con LaChapelle funziona. Pure con riferimento alle luci, che anche qui avrebbero bisogno di essere dislocate diversamente per far apprezzare maggiormente le opere esposte. Come ritrattista, ha successo fin dall’inizio, anche per il suo stile essenziale, senza orpelli. Il suo intento sembra quello di far emergere gli occhi e il carattere del soggetto ritratto, evitando qualsiasi distrazione nello spettatore. Questa caratteristica è ancora più efficace quando ritrae le persone del popolo, i lavoratori. Con il passare degli anni, i ritratti diventano più sorridenti e luminosi. Forse, con l’età si è rasserenato anche lui e l’ha mostrato nei dipinti. 

Parco archeologico Brescia Romana 

Altro sito Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il sito UNESCO comprende l’area archeologica con Piazza del Foro, il Capitolium, il Santuario repubblicano, l’antico teatro, la Basilica romana e il complesso monumentale di San Salvatore – Santa Giulia. Posto spet-ta-co-la-re. Incredibile, magnifico. Ormai sapete che sono peggio degli inglesi in quanto ad adorazione degli antichi romani e qui, ve lo dico subito, abbiamo un assaggio della loro grandezza. Il sito è conservato benissimo, anche perché è rimasto sempre sottoterra fino alla sua scoperta nel 1823. Gli esterni sono liberamente visitabili, mentre l’interno è a pagamento. Il complesso museale comprende il Tempio Capitolino, il teatro ed alcuni resti del foro cittadino, che sono visibili anche dall’esterno dei cancelli. Con il biglietto, si accede a un tour guidato contingentato, con ingresso iniziale in una stanza di acclimatamento, per evitare che i resti all’interno vengano deturpati dallo scambio con i “viventi”. Nella visita guidata vera e propria, invece, è possibile vedere i resti sotterranei del Santuario Repubblicano (I secolo A.C.). La pavimentazione a mosaico e pareti affrescate sono conservate benissimo, con motivi decorativi che ricordano Pompei. Verrebbe voglia di rimanere per ore e ore in mezzo alla bellezza, ma i tempi sono molto stretti e la Vittoria alata ci attende.

La Vittoria alata 

La Vittoria alata è un’enorme statua di bronzo, che riproduce una figura femminile, voltata leggermente verso sinistra e vestita con una tunica fermata sulle spalle e un mantello che avvolge le gambe. La posizione della figura, con una gamba leggermente sollevata e le braccia avanzate, si spiega con la presenza in origine di un elmo di Marte, su cui doveva poggiare il piede, e uno scudo, che doveva essere sorretto dal braccio sinistro, sul quale erano incisi il nome e le gesta del vincitore. L’origine della statua è tuttora incerta.  Per anni si è pensato che la statua fosse stata trasportata a Roma per volontà di Augusto dopo la morte di Cleopatra nel 29 a.C. e da questi donata alla città di Brescia, ma questa ipotesi è stata poi smentita dalle ricerche successive. LA sua maestosità è veramente impressionante, tanto che anche Giosuè Carducci l’ha cantata nell’ode Alla Vittoria, mentre Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III ne vollero una copia. 

Il castello

Grande fortezza costruita sul Colle Cidneo tra il ‘300 e il ‘500 in posizione strategica con vista dominante sulla città, il Castello di Brescia è ancora oggi frequentatissimo da turisti e bresciani a passeggio. Se volete passeggiare nel verde e godervi il panorama bresciano dall’alto, questo è il posto che fa per voi. Tra l’altro, il castello ospita il primo osservatorio astronomico pubblico d’Italia, plastici ferroviari e il Museo delle Armi Luigi Marzoli. Volendo, si possono anche visitare le segrete. Io sono rimasta bloccata nel tunnel d’entrata da una pioggia improvvisa e scrosciante ed è stato divertente fare due chiacchiere coi bresciani che erano andati lì a passeggiare. Tutti insieme, abbiamo applaudito un corridore che, sprezzante dell’acqua, è entrato nel castello mentre tutti attendevamo la fine dell’acquazzone, per fare un giro di corsa e riuscire.

Piazza Paolo VI

Conosciuta anche come Piazza Duomo, Piazza Paolo VI racchiude gli edifici simbolo del potere civile e religioso della città medievale. Tra questi il Broletto, sede della Prefettura e di alcuni uffici comunali e delimitato dalla storica Torre del Pégol, e il Duomo Vecchio, esempio di architettura romanica a pianta circolare con opere artistiche del Romanino, Moretto, Cossali. Al centro della piazza si erge il Duomo Nuovo, costruito a partire dal 1604 e completato nel 1825 dal Vantini. La piazza è anchecircondata di locali e localini per fermarsi a riposare e a scambiare due chiacchiere.

Piazza Loggia

Entrata a Piazza Loggia, mi è sembrato di essere catapultata all’imporvviso in una città orientale. Caratterizzata da una netta impronta veneziana, Piazza Loggia è una delle piazze più trafficate di Brescia. Sul lato ovest è dominata da Palazzo Loggia, costruito fra il 1492 e il 1570 con contributi di Palladio e Sansovino e sede dell’amministrazione comunale. A est la Torre dell’Orologio con l’antico orologio astronomico segna lo snodarsi degli eleganti portici fulcro dello shopping in città. Sul versante sud, verso Piazza Vittoria, il Monte di Pietà, sulle cui facciate spiccano inserti lapidei di epoca romana.

Antico quartiere del Carmine 

Praticamente dietro Piazza Loggia, il Carmine è uno dei quartieri antichi preferito dai ragazzi per passare la serata, anche perché servito dalla metro. Il quartiere è ricco di chiese, edifici storici, ristoranti e locali per il dopocena. Di giorno, è una delle zone preferite dagli universitari.

Piazza Vittoria

Terza grande piazza di Brescia insieme a Piazza Loggia e Piazza Paolo VI, di stampo rettangolare con portici ai lati, su Piazza Vittoria si affacciano il Palazzo delle Poste e a ovest uno dei primi grattacieli d’Italia. Qui fanno un mercato, ma non ho fatto in tempo a vederlo. Quando sono arrivata sulla piazza, però, spirava un vento freddo e ho iniziato a sentirmi molto stanca, con la scarpinata per tornare in albergo davanti. Allora mi sono fermata in questo locale sulla piazza, Ramen & Street Food. Mi ritrovo nel mondo degli anime, con le cameriere vestite come nei bar giapponesi e opening anime come sottofondo musicale. Non avevo previsto di fermarmi a cena in un posto così, e forse nel diario di bordo dovrei parlarvi solo di cucina locale, però le ragazze sono state molto gentili, il ramen di miso mi ha rinfrancato e il conto era adeguato alle porzioni. Sono uscita ristorata e la scarpinata verso l’albergo non mi è più sembrata impossibile. Quindi, ve lo consiglio per una cena senza troppe pretese.

Teatro Grande e Il Caffè del Teatro

Costruito nel 1810 in sostituzione dell’Accademia degli Erranti, è considerato uno dei più importanti teatri d’Italia. Di grande pregio la sala neoclassica con cinque ordini di palchi e loggette affrescate arricchite da stucchi e dorature. Alla sala centrale si aggiunge il Ridotto, riccamente decorato da affreschi, stucchi dorati e specchi e tra i più pregevoli esempio di Rococò bresciano. Purtroppo non sono riuscita a vederlo, ma per fortuna ho trovato aperto il Caffè del teatro. Sul lato settentrionale del Ridotto, dopo aver oltrepassato un corridoio trasversale aperto affrescato nel 1765, ci hanno fatto entrare, dopo aver atteso all’entrata per circa un quarto d’ora, in una saletta nella quale si possono osservare i dipinti ornamentali eseguiti dal maestro Francesco Tellaroli e risalenti al 1787. In pratica, siamo entrati nella Buvette del teatro per un caffè. A prezzi assolutamente normali. La fila si crea per non avere assembramento in attesa che si liberi un posto ai tavoli, così una volta entrati non c’è l’occhio di chi ti guarda con occhio obliquo sperando che ti alzi in fretta. Se avete pazienza di attendere un poco in fila, vi consiglio di non perderlo. A patto che passiate il sabato o domenica, unici due giorni della settimana in cui è aperto. Qui i giorni e gli orari completi.

Chiesa di San Francesco d’Assisi 

Costruita nel ‘200, con facciata tardo-romanica e il grande rosone al centro, è a tre navate, con opere di Moretto e Romanino. Famosa per il chiostrino della Madonnina e il chiostro grande con colonnine in marmo rosso di Verona, a Natale ospita un presepe meccanico gestito da frati francescani.

Leggi anche:
Alla corte dei Gonzaga: 15 luoghi da non perdere a Mantova

Gaia Servadio e La cucina in valigia

La vita è un viaggio e, per alcuni fortunati come Gaia Servadio, il viaggio è anche un lavoro. Lo sguardo aperto e franco di questa ragazza in copertina, Gaia Servadio da giovane, mi ha convinto a chiedere in prestito questo piccolo libro in biblioteca. Così leggero, nel formato e nella forma, che sono riuscita a finirlo in pochi giorni. Ora vi racconto cosa ne penso.

Trama

Gaia Servadio racconta i suoi viaggi, i luoghi che l’hanno colpita, le inchieste che ha condotto per giornali e televisioni, a cominciare dalla BBC. Londra, l’Italia, in particolare la Sicilia («prima dell’arrivo di Dolce & Gabbana»), la Cina, e naturalmente il Medio Oriente, ma in generale un po’ tutto il mondo. L’autrice non dà ricette sulla vita e sull’esistenza, le ricette di questo libro sono proprio vere e servono a preparare una buona cena, o un pranzo. Attraverso gli alimenti sa spargere una leggerezza che contagia il lettore. Una leggerezza di storie, incontri, eventi, che sembra dirci molto più del mondo di tanti libri e di tanti saggi seri e rigorosi. Alla fine, la lettura di queste storie ci conferma ancora una volta, come la vita sia sempre e solo una questione di stile e di misura.

Non una necessità, ma una passione

«Secondo alcuni la vita è un viaggio. Lo è senz’altro nel mio caso, e in valigia mi porto dietro la cucina. Non una necessità, ma una passione che ha accompagnato la mia storia». Una passione nata durante l’infanzia, come quasi tutte le passioni durature. Racconta Gaia, e il figlio, curatore di questo libro per lei, che il padre amava la cucina “povera”. Personalmente, trovo odioso questo termine. Preferisco semplice, con pochi ingredienti di facile reperibilità. Solo i cinesi, dice Gaia Servadio, si possono permettere di mescolare cinquanta ingredienti in quel pentolone geniale del wok. Tutti gli altri possono accontentarsi di molto, molto meno. 

Chi era Gaia Servadio?

Ed ecco che Gaia Servadio ci porta in viaggio con lei, come ha fatto a suo tempo con i figli Allegra (ex moglie di Boris Johnson, n.d.r.) e Orlando. Scorrazziamo per  la Cina e il Medio Oriente, passando per l’Umbria e le ricette romane del papà. Usiamo erbe aromatiche e pitte. Ma facciamo tutto a occhio, senza pesare niente, alla come viene viene, si direbbe dalle mie parti. E forse questo è proprio il difetto di questo piccolo diario: non essendoci la proprietaria, le ricette sono spesso approssimative, frutto dell’esperienza e non di studio. Ma chi era Gaia Servadio? La sua figura esce poco, non essendo famosa come il dirimpettaio Tiziano Terzani, sarebbe stato utile arricchire questo suo ricordo con più dati biografici, con qualche articolo da lei scritto nel tempo, con la sua storia personale mescolata ai viaggi. Aspetti che forse il figlio non conosce, o vuole tenere per sé. Rimane a chi legge la passione: questa sì, emerge forte e chiara.

Leggi anche:

Il Foglio. Una genuina curiosità: addio a Gaia Servadio

Young Man of Manhattan – Katharine Brush

Alba Donati e la sua La libreria sopra la collina

Nel dicembre 2019, Alba Donati realizza di essere stanca di Firenze e decide di cambiare vita. Come? Aprendo una libreria a Lucignana, poche case sull’Appennino lucchese. Una libreria per poche case sparse quando i franchising e le multinazionali stanno chiudendo? Esatto. Come ha fatto? Venite che vi racconto.

Trama

Una libreria microscopica in un paesino sperduto sulle colline toscane, ma portentosa come una scatola del tesoro. Dai bambini che entrano di corsa alle marmellate letterarie, da Emily Dickinson a Pia Pera, le giornate nella Libreria Sopra la Penna sono ricche di calore, di vite e storie, fili di parole che legano per sempre: una stanza piena di libri è l’infinito a portata di mano. Non è mai troppo tardi per realizzare un sogno.

Perché hai aperto una libreria in un paesino sconosciuto?

E’ una domanda che si sente ripetere spesso. E questa è la risposta che dà di solito. “Perché avevo bisogno di respirare, perché ero una bambina infelice, perché ero una bambina curiosa, per amore di mio padre, perché il mondo va a scatafascio, perché il lettore non va tradito, perché bisogna educare i più piccoli, perché a quattordici anni piangevo da sola davanti alla tv la morte di Pier Paolo Pasolini, perché ho avuto maestre e professoresse straordinarie, perché mi sono salvata”. E poi perché crede al lato bello della vita, ai sentimenti di amicizia e amore, alla possibilità di ricreare una vita lenta dal sapore passato in un mondo che va sempre più veloce, ma per andare dove? “Come mi è venuto in mente? Le cose non vengono in mente, le cose covano, lievitano, ingombrano la nostra fantasia mentre dormiamo. Le cose hanno gambe proprie, fanno un cammino parallelo in una zona di noi che noin non sappiamo nemmeno lontanamente dove sia e a un certo punto bussano: eccoci, siamo le tue idee pronte per essere ascoltate”.

Come si realizza un sogno?

E qui passiamo al lato meno romantico di questa iniziativa imprenditoriale. Come si apre una libreria? Alba Donati dice che ci vogliono soldi per partire, un locale adatto (nel suo caso ereditato dalla zia). E tante idee, sopratuttto. La libreria ha successo perché agisce in controtendenza. O forse in tendenza, perché sono tante le persone stanche di entrare in negozi dove nessuno ti guarda in faccia e stanno lì a controllare se uscirai con una refurtiva. Il potenziale cliente, per loro, è piuttosto un potenziale ladro. A chi di noi non è capitato di sentirsi osservato più del dovuto mentre pensa ai fatti suoi e decide se comprare merce di scarsa qualità o meno? Alba Donati, invece, si inventa un cottage letterario immerso nel verde, che la gente organizza gite per poter andare a vedere. Tutto bello? Ma no, quando mai.

Il diario della libreria sulla collina

Un mese dopo l’apertura, un incendio distrugge la libreria. Parte un crowfunding solidale che la rimette in piedi. Poi, parte il lockdown e sono guai, il pellegrinaggio rallenta. In questo diario, Alba Donati raccoglie sei mesi di vita della libreria. Svolazzando come una farfalla, senza affrontare nessun argomento nel profondo, la poetessa racconta di sé, della famiglia, della vita di paese, di quello che i clienti della libreria si aspettano di poter ricevere dal libro che hanno scelto. Un momento di break nella frenesia quotodiana, per la maggior parte. E sentirsi parte di una comunità, di un gruppo, quello dei lettori a ogni costo. Alba Donati ci racconta la sua vita di libraia felice e finalmente risolta, che ha trovato la sua casa dove in fondo era sempre stata. Nasconde, probabilmente, la gran parte della fatica che c’è dietro. E anche che tutto questo è possibile perché altre attività sostengono economicamente questa. Nasconde anche, probabilmente, le difficoltà che la vita in un paesino così minuscono comporta. Accenna a un 30% di persone contrarie alla libreria, ma non dice perché. Probabilmente perché attira attenzione non gradita.

La felicità è dove vogliamo che sia

A volte, leggendo, mi sono persa dietro ai nomi e a fatti piccoli, che assumono rilevanza in un microcosmo. A più riprese ho pensato che così non potrei vivere, che il mondo è troppo vasto per rinchiudersi, che gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi. O forse no? Quello che mi ha lasciato questo breve racconto di vita, a parte qualche titolo interessante da appuntare, è che la felicità è dove vogliamo che sia. E Alba Donati l’ha trovata qui, in questo microcosmo chiamato Lucignana,  fra le Alpi Apuane e l’Appennino toscano. 

E voi? Dove volete che sia la vostra felicità? Cìè un posto dove vorreste ricominciare da capo con un sogno da realizzare? Scrivetemi nei commenti! 

Leggi anche: 

Siete mai stati da Strand? Si trova a New York ed è una delle librerie più famose del mondo. A parte i tre piani di libri all’interno, c’è davvero da perdersi negli scaffali dell’usato all’esterno. Mentre curiosavo persa tra migliaia di titoli e di possibilità, mi capita tra le mani un libricino verde e apparentemente innocuo: Anne of Green Gables, di L. M. Montgomery. Il primo romanzo della serie Anna di Tetti Verdi, o Anna dei verdi abbaini, o più comunemente Anna dai capelli rossi è nelle mie mani, al fantascientifico prezzo di 0,48 centesimi di dollaro, circa 40 centesimi di euro. L’ho appena finito e dovete sapere perché non è innocuo come sembrava…

 

Antica Monterano, borgo fantasma alle porte di Roma

L’antica Monterano si trova a circa 50 km da Roma, praticamente nel mezzo del nulla. Eppure, è stata set di film molto famosi e indubbiamente ha il fascino di un passato che solo i borghi fantasma riescono a evocare in modo così suggestivo. Oggi è una riserva naturale e meta di turismo locale e voglio darvi qualche suggerimento per una gita in questo borgo laziale.

Un po’ di storia

Sembra che sia stata abitata sin dall’età del Bronzo (XI secolo a.C.), per passare poi agli etruschi a partire dal VII secolo a.C. e, ovviamente, ai romani dal 390 a.C. Infatti, tracce di un mausoleo romano e le sepolture scavate nella parete tufacea ci dicono che sopravvisse come piccolo borgo per tutta l’età romana. Divenne poi sede vescovile tra il VI e il VII secolo d.C. Insomma, una storia travagliata. Che non finisce qui. Ben presto, infatti, si trasformò in un feudo che passava di mano alle famiglie nobili che dominavano l’area: Anguillara, Colonna, Della Rovere, Cybo. Sempre loro. Finché, eccoli, l’acquistano gli Orsini nel 1492. Quasi 200 anni dopo passa di nuovo di mano e viene acquistata da Papa Clemente X, cioè dalla famiglia Altieri. E’ di questo periodo la costruzione dell’acquedotto e della chiesa e convento di San Bonaventura, uno dei motivi principali per visitare oggi l’antica Monterano. Il borgo diventa una zolfatara, ma la malaria causa lo spopolamento progressivo. Nel 1798 le truppe francesi entrano a Roma e proclamano la Repubblica romana, deponendo il papa. Per vendetta, bruciano questo borgo papale e gli abitanti sono costretti a rifugiarsi lì vicino, dove sorge l’attuale comune di Canale Monterano.

Storia interessante, vero?

Cosa vedere a Canale Monterano

Le rovine dell’acquedotto e la fontana

E’ la prima cosa che vedrete entrando nel sito e già da una prima occhiata complessiva, vi renderete conto del perché questo posto sia così amato dal cinema. Dell’acquedotto cinquecentesco rimangono oggi le arcate. Fu costruito per portare l’acqua dalla confinante Oriolo, utilizzando anche le opere degli etruschi. Pensate che ancora oggi l’acqua segue lo stesso percorso e viene trasportata fino a Civitavecchia.

Le rovine del Castello Orsini-Altieri

Il castello  nacque molto probabilmente come roccaforte nel secolo VIII, quando Monterano era sede vescovile. Teoricamente avrebbe dovuto essere usato come abitazione del principe Altieri, ma praticamente non lo sfruttò mai,  preferendo risiedere a Oriolo, più comodo per gli spostamenti. Anche gli Orsini non lo avevano mai abitato, quindi possiamo considerarlo una specie di cattedrale nel deserto ante litteram. Anche se non utilizzato, evidentemente il principe Altieri aveva soldi da spendere, visto che nel 1679 affidò al Bernini la ristrutturazione del castello, dopo avergli fatto costruire la chiesa di S. Bonaventura. Con la solita maestria, il Bernini riuscì ad accentuare la prospettiva sfalsando le le aperture ad arco del porticato rispetto alle aperture del fabbricato preesistente. In questo modo, l’osservatore che avesse guardato il castello dal dal basso della piazza avrebbe avuto l’impressione di uno spazio dilatato. 

La cattedrale di Santa Maria Assunta 

La chiesa di San Rocco

La chiesa e il convento di San Bonaventura e il fico “più antico del mondo”

I resti della chiesa e del convento di San Bonaventura sono quelli che danno più atmosfera a tutto il sito, a mio parere. Anche perché si è conservata abbastanza bene da poter essere girata anche all’interno. Entrambi, chiesa e convento, sono stati costruiti su progetto di Lorenzo Bernini. Di fronte al sagrato c’era una fontana ottagonale che oggi è sulla Piazza del Comune, mentre davanti al rudere c’è una copia. All’interno sorge un mastodontico e secolare albero di fico, che quest’anno ha rischiato di perire per cause naturali, ma per fortuna è stato recuperato. 

Le cascate della Diosilla

Set cinematografico

Tutti abbiamo visto l’antica Monterano in televisione o al cinema. Compare nel film Guardie e Ladri (1951) di Mario Monicelli e Steno,  Ben Hur (1959) con Charlton Heston, Brancaleone alle Crociate (1970) con Vittorio Gassman nel 1970 e ne Il Marchese del Grillo con Alberto Sordi nel 1981, entrambi sempre di Mario Monicelli.

Leggi anche:

Il giardino d’inverno di Bomarzo

Pista nera: Rocco Schiavone si presenta

Finalmente colmo questa lacuna nella mia carriera di lettrice di gialli e metto nel carnet Antonio Manzini e il suo Rocco Schiavone. Pista nera è il primo romanzo della serie e devo dire che la trama è interessante e originale. Ora vi racconto.

Trama

Semisepolto in mezzo a una pista sciistica sopra Champoluc, in Val d’Aosta, viene rinvenuto un cadavere. Sul corpo è passato un cingolato in uso per spianare la neve, smembrandolo e rendendolo irriconoscibile. Poche tracce lì intorno per il vicequestore Rocco Schiavone da poco trasferito ad Aosta: briciole di tabacco, lembi di indumenti, resti organici di varia pezzatura e un macabro segno che non si è trattato di un incidente ma di un delitto. La vittima è un catanese, di famiglia di imprenditori vinicoli, venuto tra le cime e i ghiacciai ad aprire una lussuosa attività turistica, insieme alla moglie Luisa, un’intelligente bellezza del luogo che spicca tra le tante che stuzzicano i facili appetiti del vicequestore. Davanti al quale si aprono tre piste: la vendetta di mafia, i debiti, il delitto passionale. Quello di Schiavone è stato un trasferimento punitivo. È un poliziotto corrotto, ama la bella vita. Però ha talento. Mette un tassello dietro l’altro nell’enigma dell’inchiesta, collocandovi vite e caratteri delle persone come fossero frammenti di un puzzle. 

Ad Aosta 

La storia si svolge ad Aosta, dove il vicequestore Rocco Schiavone è stato trasferito per punizione avendo dato fastidio a qualcuno (alla fine verrà spiegato il motivo).  C’è anche da dire che siamo di fronte a un upgrade, una volta per quel tipo di punizioni si veniva spediti in luoghi sperduti delle isole. Vorrei vedere oggi chi considererebbe una punizione essere trasferiti da quelle parti? Rocco Schiavone sì! La considera in quel senso, deve abbandonare la sua Roma. Non potendosi opporre, parte per Aosta, consolandosi con il pensiero che almeno farà una vita tranquilla. Quanto ti sbagli, Rocco Schiavone caro. Come sappiamo, il male si annida sempre sotto il sole.

Un banale incidente, apparentemente 

Convinto di essere arrivato in un posto tranquillo, viene chiamato una sera perché c’è stato un incidente sulle piste di Champoluc. Qui Rocco Schiavone subisce il primo impatto con la sua nuova sede di lavoro, ha un freddo tremendo non avendo le coperture adatte per ripararsi dalle temperature rigide, specialmente per quanto riguarda le scarpe. Di solito, cliché utilizzato quando la protagonista è donna. Ma andiamo avanti: iniziano le indagini e da piccoli elementi, Rocco Schiavone capisce che un apparente banale incidente è in realtà un omicidio. Il vicequestore arriverà alla soluzione dopo minuziose indagini. Interessante il luogo dove viene svelata la soluzione, non proprio la sede adatta per accusare di omicidio un presunto colpevole!

Rocco Schiavone 

A questo punto, dobbiamo parlare del vicequestore, che io incontro per la prima volta non avendo mai visto la serie Rai con Marco Giallini. Rocco Schiavone è un personaggio controverso, ironico, da buon romano, iracondo, nessun rispetto per nessuno, in più corrotto e corruttore, ma che conosce il suo lavoro, che peraltro non gli piace. Aspetta l’occasione buona per filarsela in un paese esotico con la sua donna, contando sui suoi guadagni illeciti. Ma sarà veramente così? O nelle prossime uscite scopriremo altri lati di quest’uomo misterioso?

Gli altri personaggi

Ora veniamo alle note dolenti, il contorno di questa storia, cioè il modo in cui vengono presentati i personaggi. È mai possibile che i nostri agenti vengano spesso rappresentati come una specie di Pulcinella o Arlecchino? Fateci caso, nelle serie straniere è il contrario, quasi sempre esaltano le capacità investigative e tutti collaborano alla soluzione dei casi. Non potremmo prendere esempio? Se, invece, siamo davvero come veniamo rappresentati, allora forse sarebbe meglio glissare…

Voi che ne dite? Siete fan di Rocco Schiavone? preferite il Rocco romanzesco o quello televisivo?

Leggi anche: 

La costola di Adamo, seconda indagine per Rocco Schiavone

Ritos de muerte – Alicia Giménez Bartlett

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"