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Le nostre Vacanze in villa stanno finendo, peccato!

Le nostre Vacanze in villa stanno per finire, peccato! Sophie Kinsella ha uno stile di scrittura così scorrevole e coinvolgente, che vi confesso io ho finito diversi giorni prima delle solite scadenze. In attesa dei commenti sul romanzo nel suo complesso, vi lascio le mie impressioni e l’ultima curiosità su Vacanze in villa.

Uno dei primi

Intanto, per un commento calzante, bisogna ricordare che questo è uno dei primi romanzi scritti dall’autrice inglese, prima del grande successo che I love shopping le ha regalato. Come dice lei stessa “ho iniziato la mia carriera di scrittrice con una serie di romanzi piuttosto diversi quelli firmati Sophie Kinsella. Sono un po’ più seri, un po’ più dark e non hanno un’eroina, ma gruppi di personaggi le cui vite si intrecciano in qualche modo. Mi è piaciuto scriverli e sono molto felice quando i lettori mi scrivono che hanno apprezzato il mio alter ego”. Io sono una di quelli, ho sempre detto che preferisco i suoi titoli firmati col suo vero nome, Madeleine Wickham, anche se forse meno raffinati o di successo. E Vacanze in villa non ha fatto eccezione, si è rivelata una lettura piacevole. 

Piacevole anche perché, su di me, l’argomento second chance ha sempre un certo ascendente. Leggo sempre volentieri le storie in cui il passato ritorna e siamo chiamati a decidere se aprirgli la porta o meno. Certe volte il dubbio non c’è proprio, in altre avrei fatto scelte diverse rispetto a quelle che ci impone la scrittrice…haha…ma alla fine è sempre un tema che suscita emozioni, non trovate?

La curiosità

Ma veniamo alla curiosità che vi ho promesso. Sleeping Arrangements è diventato un musical adattato da Chris Burgess. La prima si è tenuta al Landor Theatre di Londra nell’estate del 2013 e sembra abbia ricevuto ottime recensioni. Chissà se qualcuno che l’abbia visto può confermare…Intanto, a questo link possiamo ascoltare un assaggio delle musiche. A me non sembrano per niente male, voi che dite? 🙂 

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Una scena del musical con Jenny Gainer nei panni di Chloe

Aspetto i vostri commenti: avete finito Vacanze in villa? State per finire? Stavolta commentiamo Vacanze in villa nel suo complesso. Fatemi sapere cosa ne pensate!

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Book Club, nella villa i personaggi stanno per esplodere!

Siamo sempre in Spagna con Sophie Kinsella e il suo Vacanze in villa, il titolo che abbiamo scelto per l’ultimo Book Club prima della pausa estiva. La scorsa settimana abbiamo parlato dell’ambientazione andalusa, condividendo un po’ di delusione per le descrizioni scarne degli ambienti. Se si eccettua la villa, che sta fagocitando i protagonisti e portando ancora più scompiglionelle loro vite. Ma non dovevano riposarsi e ricaricarsi? E’ già, ma purtroppo le cose non sempre vanno come vogliamo noi. Guardiamoli più da vicino, questi personaggi. Chi sono? Cosa fanno nella vita e nel romanzo? Vi farò notare una particolarità, vediamo se anche voi l’avete notata… 

I personaggi 

Due coppie si ritrovano forzosamente a condividere uno spazio per le vacanze. Sono:

  • Chloe Harding, 37enne sarta. Convive con Philip, è sopraffatta dal lavoro e dal momento familiare non facile. Ha due figli, Sam e Nat; 
  • Philip Murray, il compagno di Chloe. Sta attraversando un momento complicatissimo, rischia di perdere il lavoro e questo gli sta facendo perdere il contatto con la realtà e con la sua famiglia; 
  • Hugh Stratton, direttore di una banca d’affari. Vecchia conoscenza di Chloe, ma gli altri non lo sanno. E’ sposato con Amanda e hanno due bambine, Octavia e Beatrice;
  • Amanda, la moglie di Hugh. Fa la mamma a tempo pieno e ristruttura perennemente casa.

Si ritrovano in questa villa a causa di Philip, un comune amico, che forse si è sbagliato offrendo a entrambe le coppie la stessa settimana. O forse no. Amanda ha portato Jenna, una tata australiana, per aiutarla con le bambine.

Amanda come?

E qui veniamo all’aspetto che volevo evidenziarvi. C’è un elemento che accomuna tutte le protagoniste di Sophie Kinsella: sono donne che hanno un lavoro o una professione che le rende indipendenti. Quindi, le scelte che fanno sono dettate dall’amore e nient’altro. Fateci caso: Chloe è Chloe Harding. Amanda è…Amanda. Eppure, Amanda lavora moltissimo e regge da sola un peso familiare di cui Hugh non vuole farsi carico. Perché di lei non sappiamo il cognome? Chloe, invece, è così determinata che rischia di sottovalutare lo stato psicologico del marito. Mentrew Hugh…bè, su di lui mi riservo di dire qualcosa più avanti. A parte che il nome mi fa pensare a lui come ispirato a Hugh Grant, c’è da dire che questo parallelo tra le scrittrici britanniche impazza, non credo che mollerei Philip per uno come lui.

E voi? Cosa pensate di Chloe e gli altri?  

Come vi ho già detto, sentitevi liberi di commentare sotto il post le vostre sensazioni, perplessità, emozioni, e tutto ciò che il libro di Sophie Kinsella vi sta dando, o non vi sta dando. Io vi aspetto per commentare e vi do appuntamento alla prossima settimana, per parlare della storia che stiamo leggendo.

Aspetto i vostri commenti qui sotto! 🙂 

Se volete recuperare o aggiungere qualcosa sull’ambientazione, cliccate qui:

Il book club fa Vacanze in villa, tra sangria e creme solari

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Il book club fa Vacanze in villa, tra sangria e creme solari

Vacanze in villa, di Madeleine Wickham, alias Sophie Kinsella, per il Book Club Pec che ci traghetterà verso l’estate. Finita la prima settimana di lettura solitaria, fino a lunedì prossimo ci confronteremo sull’ambientazione scelta dalla scrittrice inglese per questo romanzo. I monti della Spagna e una villa completamente accessoriata, frigorifero stracolmo e piscina compresa: vi viene in mente qualcosa di più vacanziero? Mettiamo su musica spagnola e iniziamo a leggere!

Tutto e cielo azzurro e sole

E’ Sophie Kinsella stessa a raccontarci come le è venuta l’idea di Vacanze in villa: “penso che di tutti i libri che ho scritto, Vacanze in villa abbia la mia ambientazione preferita. È ambientato in una grande villa sulle montagne spagnole con piscina, alberi di limoni e uliveti e trovo che sia assolutamente idilliaco. Ho sempre voluto scrivere un libro vacanziero, e scrivere questo romanzo è stato quasi come essere in vacanza, perché è tutto cielo azzurro e sole. Mi sono davvero divertita e ho persino messo su musica spagnola per chitarra pur di mettermi dell’umore giusto!”

Vacanze in una villa sulle montagne

Personalmente, mi è piaciuta la costruzione scelta da Sophie. Vacanze in una villa sulle montagne. Se avesse scelto il mare, il tutto sarebbe stato meno credibile. Invece, ho già letto quasi 100 pagine e tutto fila liscio. La storia tra Chloe e Hugh mi intriga molto, ma ancora non ha rivelato nulla. L’ambientazione scelta, invece, automaticamente mi ha rilassato. Quindi sì, direi che per lei scriverlo è stato quasi come essere in vacanza e per me lo è leggerlo!

Curiosità

Le due famiglie protagoniste di Vacanze in villa rimarranno in Spagna solo una settimana, ma tra le mete preferite dei britannici che espatriano, c’è sicuramente il Sud del Paese. In Andalusia, la comunità britannica è la più numerosa di tutta la zona. Tant’è che è stato coniato il termine Guiri per indicare i turisti del Nord Europa. Gli inglesi si stabiliscono in genere a Marbella, Benahavis, Puerto Banus e nella provincia di Malaga. Ad attirarli, in prima battuta ci sono clima e costo della vita. 

Via ai commenti!

E per voi? Parliamo, allora, di ambientazione. Vi ritrovate in qualcuna delle caratteristiche di cui abbiamo parlato? La ritrovate nel romanzo? Sophie Kinsella come descrive l’ambiente in cui si muovono i suoi personaggi? Vi sentite anche voi come se fossero iniziate le vacanze? Se decideste di trasferirvi, dove vi piacerebbe andare? In un posto caldo o freddo? Raccontatemi i vostri pensieri nei commenti!

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Gli Amabili resti di Alice Seibold

Da tanto volevo leggere questo romanzo di Alice Seibold e ora posso dire di non essermi sbagliata. E’ un romanzo che dà tanto, a chi è predisposto per cogliere il messaggio che lancia. Non aspettatevi un giallo classico. Non lo è. Anzi, non è per niente un “giallo”. Sappiamo tutto della vicenda, perché è Susie che ce lo racconta. Susie, una vita appena sbocciata che viene falciata dalla crudeltà umana, senza che nessuno degli adulti alzi un dito per difenderla. Ora vi racconto la mia personale lettura di Amabili resti e del perché gli amabili resti potrebbero non essere quello che vi aspettate siano.

Trama

Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Di nome: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre 1973. Ero prima che i bambini scomparsi iniziassero ad apparire sui cartoni del latte o fossero considerati come fatti di cronaca. Erano i tempi in cui la gente non pensava che certe cose non accadessero. La quattordicenne Susie è stata assassinata da un serial killer che abita a due passi da casa. È stata adescata da quest’uomo dall’aria perbene, che la stupra, fa a pezzi il cadavere e nasconde i resti in cantina. Il racconto è affidato alla voce di Susie, che dopo la morte narra dal suo cielo la vicenda. Susie racconta chi l’ha uccisa, cosa fa l’assassino, come avanzano le indagini, come reagisce la famiglia. Suo padre, opponendosi alla svolta che hanno preso le indagini della polizia, capisce chi è il vero assassino e, pur non avendo le prove, cerca d’incastrarlo. 

Un altro mondo in ” bolla”

Fin dall’inizio, Alice Seibold è abile a immergere il lettore in una “bolla”. Quella in cui si trova questa ragazzina, che quasi in maniera spassionata ci racconta di essere morta, come e per mano di chi. Quindi, fornisce al lettore fin dall’inizio tutti gli elementi per seguire la vicenda. Una vicenda che, anche per come è presentata sulle piattaforme e nella sinossi, sembra virare sul giallo. In realtà, questa è la storia di come una famiglia venga distrutta da un evento traumatico e da come, piano piano, riesca (forse) a riemergerne. Profondamente cambiata, profondamente traumatizzata, profondamente spezzata.

Vivere! Nonostante tutto

E’ questo che in realtà Alice Seibold vuole raccontare. La vita che prosegue, nonostante tutto, nonostante le perdite. Una vita che prosegue, in qualche modo, anche per chi non c’è più. Susie, però non può crescere, non sarà mai come i fratelli, sarà sempre la loro adorata Susie, la quattordicenne “fotografa naturalista”. Forse, questo è l’aspetto che mi ha commosso maggiormente: i sogni di questa quattordicenne spezzati dall’ingenuità, da un adulto malato che l’attira nella sua tana di morte. E per il quale, però, Susie non mostra mai astio, rancore. Perché l’orrore è troppo grande per essere compreso alla sua età. Lei rimane una bambina fiduciosa, più interessata alla sua famiglia che a condannare chi ha fatto del male. E la sua famiglia fa tenerezza: si spezza in due, chi persegue l’omicida come unica ragione di vita, chi si allontana per il troppo dolore. Tutti in cerca di un equilibrio ormai perduto. Sostenuti dai pochissimi amici che rimangono dopo un fatto del genere. Ruth e Ray sono capaci di affrontare il dolore e di continuare a far vivere Susie, anche se in vita avevano con lei un rapporto molto diverso. Ruth la conosceva appena, Ray l’amava. Eppure, entrambi la “sentono” e l’amano, a modo loro.

Da leggere perché 

Da leggere, per il messaggio di speranza che lascia, per la commozione che scaturisce, per la malinconia che lo attraversa. Non posso assegnare il tag cinque stelle per due motivi: il primo è il finale.  Alice Seibold costruisce, costruisce, costruisce e alla fine, quando dovremmo raggiungere l’acme per poi ridiscendere, sembra quasi che voglia trovare un pretesto per chiudere con un “e vissero tutti felici e contenti”, che stona con il racconto fin lì portato avanti e che mi ha lasciato insoddisfatta. Secondo: perché in un determinato frangente, che non posso rivelare perché sarebbe spoiler, Susie cambia registro e si comporta e parla come un’adulta? Secondo voi? 

Mi piaceva come una foto riuscisse a catturare l’istante prima che se ne andasse. 

Curiosità: 

Alice Seibold nei ringraziamenti nomina l’amica scrittrice Aimee Bender, autrice di Un segno invisibile e mio, altro consiglio di lettura per chi ama le storie fuori dai canoni.  

Leggi anche: 

Vivere! Yu Hua e un manifesto di Vita

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Tutte le volte che ho scritto ti amo…è stato un disastro!

Ti amo, chi lo scrive più ormai? Per lettera, poi. Per San Valentino è un’accoppiata vincente: romanzo più serie Netflix e tanta, tanta dolcezza. Quella che Jenny Han dispensa a piene mani e che proviene da una famiglia mezza coreana e mezza americana. Evidentemente le ragazze Song/Covey hanno preso il meglio da entrambe le culture…

Trama

“Io adoro conservare le cose. Non cose importanti, come i documenti, i risparmi o la biodiversità. Sciocchezze e oggetti inutili. Nastri per capelli. Lettere d’amore. Le tengo in una cappelliera verde acqua. Non sono lettere d’amore che mi hanno scritto, perché non ne ho. Sono lettere che ho scritto io. Ce n’è una per ogni ragazzo che ho amato: cinque in tutto.” Lara Jean non ha mai apertamente dichiarato di essere cotta di qualcuno. Quello che fa è scrivere a ciascuno dei ragazzi di cui si è innamorata una lettera, che poi imbusta e custodisce gelosamente in una vecchia cappelliera. Un giorno, però scopre che tutte le lettere sono state spedite… e all’improvviso la sua vita diventa molto complicata, ma anche molto, molto più interessante.

Per tornare adolescenti

Questa serie su Netflix è arrivata al terzo film. I primi due molto carini, il terzo così così. Ve lo consiglio per una serata romanticosa, nella quale avete voglia di tornare un po’ adolescenti. Avete presente? I primi batticuori, i primi regalini, il primo bacio…quell’atmosfera di attesa che trasformava il San Valentino in una speranza che succedesse qualcosa di imprevisto. Magari che venisse recapitata una leggera inaspettata, oppure un cioccolatino lasciato sul banco, la scritta Ti amo col pennarello sotto casa. Cose così, semplici e buone come un bacio Perugina.

Leggerezza, ma non superficialità

Nel romanzo c’è la stessa leggerezza, però vengono affrontati argomenti importanti, come nella serie. La perdita prematura di un genitore, le difficoltà dell’altro nel crescere figli da soli, la necessità che la figlia più grande faccia da mamma alle altre, la cultura orientale che tutti tentano di preservare in famiglia, i turbamenti della crescita: le prime cotte, la scuola, il volontariato, il college e la libertà all’orizzonte. La difficoltà ad accettare che tutto e tutti cambino, prima o poi. Peccato che l’autrice, Jenny Han, perda troppo tempo nelle pagine iniziali a inquadrare la famiglia Song. Direi che il romanzo avrebbe potuto tranquillamente partire a pag 80 e nessuno si sarebbe offeso. Invece la serie parte a bomba con le lettere ed è giusto così.

Le lettere sullo sfondo

Altro punto di debolezza, proprio le lettere. Avrebbero dovuto essere più presenti, invece innescano tutte le vicende, ma rimangono sullo sfondo. E di alcune non sappiamo neanche che fine abbiano fatto. Invece, sarebbe stato più divertente calcare la mano sull’imbarazzo e sulle frasi più assurde. Perché. questo tipo di lettere, o di messaggi, le abbiamo scritte tutti vero? Confessate e nessuno si farà male! M’imbarazza solo pensarci, dopo tutti questi anni! A proposito, qual è la frase più imbarazzante che riuscite a ricordare? La  mia è improponibile, ma se qualcuno trova il coraggio di scrivere la sua, vi scrivo la mia nei commenti.

p.s. ti amo! 

Ah, a proposito: buon San Valentino! Anche se il romanzo finisce a Capodanno. Ma sarà davvero finita? O per Lara Jean ci sarà un’altra puntata?

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Il club delle lettere segrete – Ángeles Doñate

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