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La vita in quarantena: il racconto di Natascia

Il primo racconto arrivato per La vita in quarantena è di Natascia, un’insegnante costretta a casa dalla chiusura delle scuole. Natascia ci racconta come sta vivendo questi giorni particolari e riflette sui suoi  desideri, sogni, speranze. Cosa farà quando torneremo alla “normalità”? Ecco le sue parole…

Natascia: come vivo la mia quarantena 

Ciao,

ho deciso di scrivere, perché raccontare qualcosa di ciò che si vive anche a una persona che non si  conosce, è un modo per entrare in contatto con se stessi.

Sono a casa dal 25 febbraio perché insegno a scuola e da tempo hanno chiuso le scuole. Questo periodo terribile per l’Italia,  non lo è  altrettanto per me. Posso dire di stare bene, stare con me stessa mi piace e anche se le giornate scorrono sempre uguali, è  comunque davvero molto rilassante. Come posso dire di stare male se io a casa posso guardare la tv, leggere, allenarmi e studiare, telefonare agli amici che durante il periodo di lavoro fai fatica a sentire….e non avere pensieri o responsabilità e preoccupazioni. Ripenso a questo orribile anno scolastico e temo il ritorno. Prima c’erano tanti problemi a livello personale, dei bambini e delle loro famiglie, e quando si ritornerà sarà tutto da ricostruire.  Al di là delle loro competenze didattiche, genitori che mi scrivono che non sanno gestire a casa la situazione. È  tutto amplificato e i problemi, per  chi già li aveva, purtroppo inondano le case come burrasche. Cosa posso vedere dopo? E di solito non mi sbaglio,  perché oggettivamente sta andando in questa direzione. Se prima non c’era educazione, ora questo problema sociale esplode e la pazzia dilaga…assisti a scene ancora peggiori…anche al supermercato. Immagino i bambini che prima ti rispondevano male o davano calci. In classe saranno…come saranno? La visione non vuole essere catastrofica, ma la scuola come piccola comunità rappresenta appieno l’andazzo di questa società. Mi piacerebbe trovare una via per uscire e cambiare lavoro, ecco cosa penso. In questo periodo, sono sempre più consapevole che sto bene perché a casa non ho a che fare con la maleducazione. Per fortuna mi circondo di persone sane, ma il lavoro che svolgo ora non lo è. Mi sento anche bloccata in una via senza uscita. Non posso cambiare per 2 anni poiché avrò il vincolo e mi garantisco anche lo stipendio per vivere e pagare il mutuo.

Ecco cosa penso: sto bene ora e devo vivere nel presente, qui ed ora. Avere un blocco o affrontare poi un luogo che non fa più per me a volte mi ha reso ansiosa. La calma e la resilienza che cerchi di sviluppare non sempre funzionano, poiché il carico emotivo è pesante…..

Grazie per aver letto queste mie parole! 🙂

Natascia

Foto di Julian Jagtenberg

Se anche voi volete scrivere il vostro racconto della quarantena, seguite le indicazioni di questo post. Vi aspetto! 🙂

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La vita in quarantena: il racconto di Skywalker

Scrivete il vostro racconto: La vita in quarantena

In questi giorni abbiamo difficoltà a concentrarci. Sì, leggiamo, guardiamo film, stiamo con i nostri cari, mangiamo. Facciamo tutto, con la mente sempre rivolta a un pensiero solo. Cosa succederà? Cosa faremo? Quanto cambierà il mondo che finora abbiamo conosciuto e frequentato?

Per dare voce ai nostri pensieri, quelli positivi e quelli negativi, quelli che sostengono e quelli che ci abbattono, proviamo a metterli su carta. Scrivere serve a tirare fuori quello che abbiamo dentro, le paure a cui non riusciamo a dare voce, le speranze che abbiamo nel cuore. Scrivetemi il vostro racconto della quarantena, in qualsiasi forma, con qualunque mezzo abbiate a disposizione, nella vostra lingua (il sito è tradotto in più lingue). Proviamo a raccontare quello che succede fuori e dentro di noi, vi va?

Prendete carta e penna e date vita al vostro racconto. Queste le uniche indicazioni da seguire:

  1. una lunghezza compresa tra 2000 e 3000 battute;
  2. il titolo e il tema per tutti è La vita in quarantena;
  3. il racconto deve contenere obbligatoriamente il seguente passaggio: “quando tutto questo sarà finito…”.
  4. inviate l’elaborato a lizamjones@hotmail.com, preferibilmente in formato .rtf;
  5. scrivete liberamente nella vostra lingua madre;
  6. non preoccupatevi troppo di stile e grammatica. Non è un concorso e non è un invito rivolto (solo) a scrittori di professione. Ci sono io per aiutarvi, in caso di bisogno;
  7. potete usare un nome di fantasia o il vostro nome reale, come preferite. Se volete, potete corredare il racconto di una breve presentazione e/o biografia;
  8. non ci sono premi, non ci sono restrizioni, non c’è copyright. I diritti rimangono degli autori;
  9. i racconti saranno pubblicati in base all’ordine di arrivo nella casella di posta elettronica sopra indicata.

L’iniziativa non ha fini di lucro. L’obiettivo è solo quello di sentirci più uniti e vicini. Ora più che mai abbiamo bisogno della fantasia per sentirci vivi.

E ora…forza, al lavoro, vi aspetto!

La vita in quarantena: il racconto di Natascia

La vita in quarantena: il racconto di Skywalker

La quarantena di una quarantenne: il racconto di Giovanna

Danza con il diavolo – Kirk Douglas

Kirk Douglas sembrava immortale, eppure quest’anno ci ha lasciato, dopo aver passato 103 anni su questa terra. Avevo questo suo romanzo in libreria già da un po’  e mi è sembrato il momento giusto per iniziarlo, perché con il diavolo ci stiamo ballando. Sperando che lui, invece, ora stia danzando con gli angeli…

Trama

Dietro la facciata smagliante di regista famoso e rispettato, Denny nasconde un segreto che lo tormenta fin dall’infanzia, costringendolo a mentire sempre. Ma l’incontro con la sensuale Luba fa crollare il castello di menzogne in cui si è rifugiato.

Una storia ben congegnata

La storia congegnata da Kirk Douglas non è male. Danny è un uomo che dopo essere sopravvissuto al campo di concentramento, decide di dimenticare il suo passato e le sue origini, trasformandosi d’un tratto in un “gentile”. Luba è una ragazza bella e disinibita, che ha imparato a sopravvivere e sarebbe disposta a tutto pur di rimanere a galla. Danny e Luba hanno tanti segreti che rischiano di dividerli, eppure l’attrazione che provano l’uno per l’altra è innegabile. E ha un comune denominatore: la risiera San Sabba, a Trieste, che venne utilizzata dai nazisti dopo l’8 settembre 1943 come campo di prigionia. Dopo quell’esperienza traumatica, lui si è fatto avanti nella vita sfruttando la sua grande passione per il cinema, lei è ancora in cerca del suo vero talento e nel frattempo usa il suo corpo.

Per fortuna era un attore!

Purtroppo, in più punti ho pensato che per fortuna Kirk Douglas ha scelto il mestiere di attore e non quello di romanziere. Non perché l’intreccio non sia godibile, anzi. E’ solo che inserisce troppi elementi che funzionerebbero alla grande in un film, ma non al 100% in un romanzo. Le scene di sesso, per esempio, sembrano a volte poco funzionali alla storia, come se fossero piazzate lì per suscitare interesse voyeuristico nel lettore, o scandalizzarlo. Nessuno dei due intenti riesce in pieno e secondo me danneggia un po’ la tenuta complessiva della storia. A tutto svantaggio della catarsi finale, sulla quale avrebbe al contrario potuto calcare di più la mano.

Comunque, tanto di cappello a Kirk. Mettersi a scrivere dopo i settant’anni una carriera incredibile non è da tutti. D’altra parte, è evidente che lui non fosse un uomo standard. Siete d’accordo? 🙂

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