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La piccola principessa di Frances Hodgson Burnett

La piccola principessa è uno degli ultimi lavori di Frances Hodgson Burnett e anche uno di quelli di maggior successo. C’è tutto: posti esotici, rovesci della situazione, mistero, buoni sentimenti. Chi dice che i bambini di oggi non apprezzino i classici di una volta, non ha mai letto Frances Hodgson Burnett, è evidente. E allora il mio consiglio di oggi per la calza della Befana è proprio “La storia di Sara Crewe”, che dal lontano 1905 verrà a trovare qualche bimbo fortunato il 6 gennaio. 

Trama

Sara Crewe è una bambina rimasta orfana che viene costretta a lavorare nello collegio di Londra che la ospitava per pagarsi vitto e alloggio: la perfida Miss Minchin la trasferisce in soffitta assegnandole le mansioni più umili, ma lei, grazie al suo cuore generoso, è sempre pronta ad aiutare le sue piccole amiche, dimostrando grande nobiltà d’animo. La soffitta diventa così un luogo magico dove compaiono stravaganti e simpatici personaggi e dove le storie narrate dalla bambina aiutano lei e le sue compagne a non perdersi d’animo.

Bambini “moderni”

La forza di Frances Hodgson Burnett è senza dubbio quella di saper tratteggiare bambini comuni, coi loro pregi e difetti. Se ne Il giardino segreto Mary è viziata, scontrosa e decisamente antipatica, qui Sara è sicuramente di buon cuore, ma perde le staffe con una certa facilità e, come si direbbe oggi, quando si arrabbia non le manda certo a dire. Per questo i romanzi di Frances Hodgson Burnett hanno superato la prova del tempo e sono diventati dei classici. Tutti possiamo ancora riconoscerci e partecipare alle vicissitudini di questa piccola orfana. 

Le ciambelle

La parte del romanzo che si svolge al panificio, con la moglie del fornaio e la mendicante Anna, è la mia preferita. Frances Hodgson Burnett ha scritto questo romanzo dopo un viaggio in Europa con la famiglia. Sicuramente ha visto mendicanti bambini a ogni angolo, come ci ha raccontato Charles Dickens, e avrà ascoltato la storia di Maria Antonietta, che Sara nomina come esempio di forza contro il mondo. Per questo, forse, sceglie le ciambelle, con punto di vista enormemente e meravigliosamente bambino, come metafora per sfamare chi ha bisogno. 

 Una storia attuale

Una storia ancora oggi godibilissima e attuale, che fa riflettere i piccoli lettori sull’importanza di essere e rimanere generosi. Perché per quanto possiamo stare male, c’è sempre qualcuno che ha più bisogno di noi. E le nostre opere buone, torneranno indietro con gli interessi. Poi, nella vita reale questo non sempre accade, e forse nessuna scimmietta indiana verrà a trovarci, ma perché non fantasticare?

Leggi anche:

Il giardino segreto

Altri suggerimenti per la calza della Befana 

Il petalo cremisi e il bianco – Michel Faber

Il petalo cremisi e il bianco è il romanzo più conosciuto di Michel Faber, autore che avevo conosciuto con quel capolavoro di Sotto la pelle. Forse proprio per questo avevo aspettative altissime, che purtroppo si sono infrante sul muro del Tamigi…

Trama

Londra 1875. Dall’esile candela della sua stanza nel bordello della terribile Mrs Castaway, Sugar, una prostituta di diciannove anni, la più desiderata in città, cerca la via per sottrarre il proprio corpo e l’anima al fango delle strade. Dai vicoli luridi e malfamati Michel Faber ci guida, seguendo la scalata di Sugar, fino allo splendore delle classi alte della società vittoriana, dove violiamo l’intimità di personaggi terribili e fragili, comunque indimenticabili. Come Rackam, il giovane erede di una grande fortuna che diverrà l’amante di Sugar, e sua moglie, l’angelica e infelice Agnes. Il lettore è costantemente dietro la spalla di Sugar e degli altri protagonisti, catturato da una scrittura che ha la magia di ricreare in ogni dettaglio strade, camere, vestiti, cibi, odori, sapori.

Michel Faber ci guida con maestria

Parto dalle note positive. Innanzitutto, un autore che svolge ricerche per vent’anni e passa dieci anni a scrivere un romanzo, è degno di grandissima ammirazione. Infatti, l’inizio è col botto: sembra di trovarsi veramente nella Londra vittoriana dei vicoli oscuri, della prostituzione e del bel mondo attratto dallo squallore dei quartieri malfamati. Michel Faber ci guida con maestria all’interno dei vicoli, arricchendo la narrazione con particolari accurati e studiati per ricreare una mappa dell’epoca. Tecnica narrativa molto suggestiva, tanto che se non fosse infarcita di volgarità quasi in ogni pagina, la consiglierei agli studenti per un’immersione nella storia “dal vivo”.

Progetto forse troppo ambizioso

Un po’ meno riuscito il progetto in sé, forse troppo ambizioso per racchiuderlo in mille pagine. Sarebbe stata meglio una trilogia? Chissà. Il problema è che la lettura diventa tediosa, proprio perché infarcita di particolari che a un certo punto della narrazione si perdono, facendo smarrire la magia dell’impatto. Anche il personaggio di Sugar, che all’inizio sembra molto affascinante, via via perde colore, sapore. Per assurdo, diventano più interessanti i personaggi di contorno, che però Michel Faber rinuncia a esplorare fino in fondo. Alla fine perdiamo di vista Agnes, Henry il fratello di Rackham, Emmeline Fox, la donna amata da Henry, Caroline la prostituta, amica di Sugar. Rimangono sullo sfondo, senza che Sugar e William Rackham prendano mai il volo verso una storia a tutto tondo.

Zucchero, nome improbabile

La parte meno riuscita è quella in cui Sugar entra come istitutrice in casa Rackham. Quale istitutrice dell’epoca secondo voi avrebbe potuto chiamarsi “Zucchero”, senza suscitare perplessità nelle altre famiglie ricche? E la stessa Sugar, da ragazza intelligente e sagace, diventa incerta, tremolante, sempre sull’orlo delle lacrime. Fino all’ultima decisione, che in parte la riscatta. E William? Le sue intenzioni rimangono perlopiù sconosciute, possiamo immaginare che nonostante tutto sia innamorato della moglie e che entri per questo in conflitto con se stesso e con Sugar, ma Michel Faber non chiarisce del tutto, rimane solo una percezione da lettrice.

E quindi? Lettura bocciata? Ni. Se volete un consiglio, leggete Sotto la pelle, molto più coinvolgente. Il petalo cremisi e il bianco rimane nel limbo del vorrei ma non posso, interessante all’inizio, finito con grande fatica.

E voi? Avete letto i due romanzi? Concordate o dissentite?

Leggi anche:

Sotto la pelle di Michel Faber. E lì rimane

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I misteri di Chalk Hill – Susanne Goga

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Forever Amber – Kathleen Winsor

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Prigioniera dei tuoi occhi – Sheila Holland

Sheila Holland, più conosciuta con un altro dei suoi pseudonimi, Charlotte Lamb, è stata una prolifica autrice inglese di romance. Prigioniera dei tuoi occhi è uno dei suoi titoli, scritto nel 1972 e pubblicato nella collana Rose rosse dei Fratelli Fabbri. Quando Linda decide di aiutare la giovane Tracy, non sa che dovrà arginare il suo tempestoso fratello…

Trama 

La tranquilla esistenza di Linda viene scossa quando si imbatte in una ragazzina in preda agli effetti della droga. Di colpo, e suo malgrado, si trova coinvolta nella storia di due giovani teneri, sinceri, anticonformisti. Daniel è un cantautore folk un po’ capellone, Tracy è piena di slanci, curiosa della vita. Linda comprende che insieme potrebbero essere felici. Ma c’è di mezzo Robert, il duro, enigmatico, intransigente fratello di Tracy. A Venezia, dove si recano le due ragazze, compaiono altri personaggi…e l’amore, più vivo che mai, finirà per travolgere anche Linda, la saggia infermiera.

Tra Venezia e la campagna inglese 

Un romance classico, tranquillo, in cui si intrecciano due storie d’amore, con qualche personaggio che tenta di intromettersi qui e là. In una delle due storie la nostra protagonista Linda è il messaggero di pace, nell’altra è ovviamente l’eroina per cui tifiamo. Mi sono piaciute sia la scrittura sia la storia, che mi ha portato in giro per l’Italia e nella campagna inglese, sempre uno scenario perfetto per il periodo natalizio che chiude il romanzo. Robert, il protagonista, è quello che oggi chiameremmo maschio alfa e che negli anni ’70 era il protagonista tipo di ogni romance: bello, forte e ricchissimo. La protagonista, Linda, naviga invece in brutte acque, finanziariamente parlando, ma per fortuna ha un mestiere ed è in grado di mantenersi senza problemi. Due aspetti in particolare mi hanno divertito: l’ironia di lei nei confronti di un uomo tutto d’un pezzo e la visione, leggermente distorta!, dell’autrice nei confronti degli italiani. Andiamo, quale ristoratore toscano offrirebbe coca cola ghiacciata, pesce fritto con patate o tè all’inglese a due turisti che si fermano a pranzo? 🙂 In ogni caso, l’autrice è molto conosciuta e i suoi romanzi sono sempre una piacevole lettura. Consigliato, quindi, alle amanti del romance, qualora riescano a trovarlo.

Il sogno di Ellie. Royal Ballet School – Alexandra Moss

Altra idea librosa da infilare nella calza della befana. Dopo Lucia Vaccarino e una serie mistery rosa, Me, mum & mistery, detective per caso, stavolta vi propongo il racconto giusto per i bambini che amano la danza e, più in generale, i diari. Il romanzo, infatti, è narrato in prima persona da una bambina di dieci anni che vola in Gran Bretagna per partecipare alle selezioni della Royal Ballet School di Londra. Ne succederanno tante…

Trama 

Caro diario, la vuoi una notizia strepitosa? Sto per iniziare il corso per allievi esterni alla Royal Ballet School di Londra! Ci pensi? Io, Ellie Brown, nella migliore scuola di danza di tutta l’Inghilterra! E pensare che non volevo saperne di lasciare Chicago per trasferirmi qui a Oxford con la mamma. Certo mi mancano i nonni e la mia migliore amica, Heather, ma… e se il mio sogno di diventare una grande ballerina si avverasse? Tra poco comincia, non sto più nella pelle! Tu augurami in bocca al lupo, poi ti racconterò tutto…

Una storia profonda e ben costruita 

billy-20elliot-2010Anche questo libro è adatto alla fascia 9-11 anni, quella delle prime passioni sportive e non. Anche in questo caso gli elementi sono dosati benissimo. L’ambientazione, Londra e la vita frenetica di una giovanissima ballerina, una mamma precocemente vedova e afflitta da problemi di salute importanti, una ragazzina che non ha mai conosciuto il padre, morto quando lei era piccolissima, ma che ha un sogno nel cuore, diventare una grande ballerina. Mamma e figlia lasciano gli Stati Uniti per ricostruirsi una nuova vita in Europa, con tutti i problemi di adattamento che una scelta del genere può comportare, soprattutto per una ragazzina di quell’età. Se poi la bambina deve anche affrontare una malattia importante in famiglia, ecco che la storia acquista immediatamente profondità e consistenza. In un passaggio, addirittura sembra leggere la storia al femminile di Billy Elliot. 

Consigliato perché

E’ un racconto ben costruito, che pur essendo pensato e scritto per un target di giovani lettori, convince anche i più grandicelli. Innanzitutto, sembra di essere alla scuola di danza mentre Ellie e i compagni fanno lezione, perché il linguaggio tecnico è curato e preciso. Poi, la storia parallela della mamma, alle prese con un trasloco, un nuovo lavoro, la gestione della malattia e, forse, un nuovo amore, commuove. C’è poi un accenno al bullismo a scuola, per fortuna quasi subito rientrato, e il sogno. Realizzare il sogno e trasformare la passione per la danza in qualcosa di più. La nostra Ellie ci riuscirà? Noi facciamo il tifo per lei!

London’s calling. Il viaggio letterario sta finendo. Ma prima, i Pink Floyd!

Il viaggio letterario sta finendo. L’ultima mattina, al John Bartleycorn di Goring, ci aspetta una colazione pantagruelica e una conversazione vivace con i nostri vicini di tavolo, che incuriositi dalla presenza di stranieri sono meno reticenti dei padroni di casa 20170823_091650a chiederci cosa ci facciamo da queste parti. Noi ci limitiamo a rispondere che siamo di passaggio prima di tornare a casa. Loro vengono dal nord dell’Inghilterra e fanno trekking, infatti all’inizio ci avevano scambiato per camminatori. Noi ridiamo e ribattiamo che no, in teoria non facciamo trekking, ma che le scogliere della Cornovaglia ci hanno obbligato a macinare chilometri. Alla parola Cornovaglia la signora si fa sognante, mi dice che c’è stata una volta sola ma che vorrebbe tanto tornarci. Io sono appena andata via e la penso esattamente come lei. Subito dopo, però, la sorridente signora inglese raffredda i miei entusiasmi per la tavola rotonda e Camelot, liquidando Winchester in una battuta: “ah, sì, in tutta l’Inghilterra ci sono posti dove dicono di possedere quella vera, ma non è mai così”. Addio, Camelot, è stato bello illudersi per un giorno.
Prima di andare via, ci fermiamo a ringraziare il proprietario. Di buon mattino è loquace e ha voglia di fermarsi a fare due chiacchiere. Approfitto per chiedergli notizie da insider su George Michael. Sembriamo vecchi amici, io con gli avambracci poggiati sul bancone del bar mentre lui mi racconta che lo conosceva e che era una persona amabile, educata e gentile. Salutava tutti, soprattutto quando usciva a passeggiare lungo il fiume, ma in realtà nessuno nel villaggio può dire di averlo conosciuto davvero. Mi sembra sinceramente triste per quanto gli è accaduto e le sue parole rafforzano in me la convinzione che avesse scelto questo luogo remoto per essere lasciato in pace. E che quanto accaduto il giorno di Natale possa anche non essere casuale. Purtroppo, è tristemente vero che ai vivi rimangono solo le domande…

via Londra

Ora però è davvero tempo di andare via. Direzione, Londra. Complice una bella giornata e traffico scorrevole, arriviamo in aeroporto prestissimo. Dall’autostrada, i segnali che indicano Heathrow ci guidano senza sforzo e addirittura a un certo punto appare la corsia riservata a chi deve lasciare la macchina a noleggio. Perfetto. La macchina è un po’ infangata, ma non c’è neanche un graffio. Un pulmino ci porta al terminal giusto per il nostro volo, fanno tutto loro. Fantastico, staccare il cervello qui si può. Entrati nel terminal, ci guardiamo ed è un attimo. Il volo è tra qualche ora, la fermata della metropolitana è nel terminal, la macchinetta automatica per i biglietti pure…Pink Floyd, arriviamo!

Pink Floyd Exhibition

Al Victoria & Albert Museum è in corso la mostra Pink Floyd: Their Mortal Remains, la loro anima rimane. Arrivare è semplicissimo, la fermata della 05metropolitana e l’entrata del museo sono separate da un tunnel. La fila c’è ma e quasi ora di pranzo di un giorno feriale, quindi fattibile. Esauriti i convenevoli, ci fanno entrare dotando ognuno di una cuffia. Il percorso, infatti, è sensoriale, visivo, acustico e tattile. Ci tuffiamo in un mondo ovattato, dove centinaia d persone si aggirano per le sale in silenzio, mentre si attivano al passaggio video e canzoni, che insieme a testi originali, fotografie e strumenti musicali ripercorrono le tappe principali del percorso artistico e musicale della band, dagli esordi negli anni ’60 fino allo scioglimento. Anche se li seguo da una vita, è stato interessante cogliere alcuni dettagli che non conoscevo o conoscevo poco, soprattutto per quanto riguarda il loro incontro nella facoltà di architettura, l’influenza dei loro studi sulle scenografie dei concerti, che curavano personalmente, o la sperimentazione tecnica sui suoni, oppure quanto fossero diversi dagli altri artisti emergenti perché provenivano da una classe sociale elevata e puntavano sulla raffinatezza dei testi e dei suoni fin dall’esordio. Mi sono anche divertita a giocare con il mixer sulle note di “Money“, ma ho capito solo ripassando lì davanti che l’impianto è collegato alle cuffie e quindi chi si diverte con il mixer fa sentire la sua versione a chi passa lì vicino! Spero tanto di non aver massacrato orecchie sensibili! La fine della mostra, poi, è grandiosa. In una sala circolare, puoi sdraiarti, metterti seduto o rimanere semplicemente in piedi a gustarti loro, che dai video a tutta parete suonano dal vivo, immerso chiaramente in luci psichedeliche.

This is the end

20170817_105428Riuscite a immaginare finale diverso e migliore per questo straordinario viaggio letterario? Se potessi, lo rifarei mille e mille volte e chissà che non sia possibile tornare davvero sulle scogliere ventose, in compagnia di un orizzonte sterminato e delle profondità dell’anima. Perché mentre andavo Sulle tracce delle grandi scrittrici, l’ho afferrata e le ho raccontato qualcosa di me. Lei già sapeva, ma mi ha ascoltato paziente, pronta a mettere in valigia percezioni e turbamenti prima di riprendere il viaggio.
p.s.
Spero che questa lunga narrazione vi sia piaciuta e vi abbia tenuto compagnia. Se vi ho incuriosito e state pensando di organizzare un viaggio in queste terre meravigliose, scrivetemi nei commenti e sarò felice di rispondere a tutte le curiosità.
Intanto, finisco in dolcezza anticipando il titolo del prossimo Diario di bordo:
A presto!