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Confinati per due giorni a Ponza, l’isola “lunata”

Ponza. Vi scrivo appena sbarcata dal traghetto. Felice di sentirmi ancora viva. Il mare era piuttosto turbolento e io e due neonati abbiamo rischiato di rimanerci. Non fate commenti sui due miei compagni di avventura, vi scongiuro…Quest’anno passo il weekend di Pasqua su un’isola pontina, la più grande e la più conosciuta, Ponza. L’anno scorso l’avevo trascorsa a Sperlonga e mi è sembrata una buona idea fare il bis, andando a vedere cosa c’è di fronte al continente. Per fortuna, l’acquazzone che ha fatto alzare le onde e ballare la tarantella alla nave, al momento dell’attracco era quasi finito.

Dal porto, sono andata direttamente al piccolo albergo che ho prenotato, che si trova a circa 500 mt di distanza dallo sbarco e ottimo punto di partenza per escursioni sull’isola.

Quando sono entrata nella hall, la ragazza che mi ha accolto deve aver notato i capelli alla Mafalda e lo sguardo stralunato: “non le chiedo neanche com’è andato il viaggio”. Ecco brava, è meglio.

Mi raccomando, non spaventatevi: Ponza val bene un po’ di su e giù in mare, come vi racconterò ora.

Il giorno di Pasqua, su e giù per le calette

Domenica ci siamo alzati di buon’ora e dopo una ricca colazione siamo partiti per fare il giro di Ponza. Se non avete problemi fisici, vi consiglio di farlo a piedi, perché l’isola non è grande e siamo riusciti a vedere quasi tutti i punti d’interesse in una giornata e qualche…ehm…km di scarpinata. L’unico piccolo problema sono i piedi, che mentre vi scrivo stanno gridando pietà.

Il Frontone

Prima tappa, la spiaggia del Frontone, una delle più famose dell’Isola. Più frequentemente viene raggiunta via mare, ma il servizio è attivo solo d’estate, quindi noi siamo scesi per un sentiero piuttosto ripido. Troverete online descrizioni paurose del sentiero, ma vorrei tranquillizzarvi: niente che una persona in buona salute fisica non riesca a fare. Certo, quando inizierà la risalita l’unico pensiero fino alla cima sarà “ma chi me l’ha fatto fare”, però a quel punto potrete solo continuare ed entrare in modalità mantra yoga per spingervi al punto di partenza.

Il museo etnografico

Lungo il sentiero, prima di arrivare alla spiaggia, abbiamo incontrato per caso un cartello azzurro che indicava il museo etnografico. Incuriositi, ci siamo affacciati e abbiamo incontrato uno dei gestori della famiglia Mazzella, che con pazienza e affetto ha raccolto diverse testimonianze della vita sull’isola. Due su tutte mi hanno affascinato: la storia del soldato tedesco di origine russa che nel 1914 portò sull’isola la balalaica, uno strumento a corde della tradizione russa che lasciò come pegno d’amore a una ragazza ponzese non tornando però mai più a prenderlo e quella di zio…, che la mattina ascoltava la radio e voleva commentare, poi stizzito perché dall’altra nessuno gli rispondeva finiva per infuriarsi e spegnerla. Fuori dal “museo” c’è una piccola biblioteca, e mi sono tanto pentita di non aver portato con me libri per il bookcrossing, un calcio balilla e le sdraio per prendere il sole. Oppure, tavoli per assaggiare le specialità locali cucinate in una minuscola cucina. Noi abbiamo proseguito a destra fino agli scogli di tufo, che in epoca romana erano vasche di acqua sulfurea. Optando per il sentiero di sinistra, invece, saremmo arrivati al Fortino di Frontone, che a proposito si chiama così per la forma della roccia bianca che si affaccia sulla baia, che sembra appunto il frontone di un tempio greco. Non abbiamo camminato fino alla spiaggia del Frontone, che mi dicono in periodo estivo sia uno dei posti preferiti dai giovani per l’aperitivo al tramonto, perché il programma di escursione era bello intenso, ma l’ampia distesa avrebbe meritato almeno una passeggiata.

E poi abbiamo incontrato Fred

Ti rendi conto di quanto siano utili le lezioni di yoga quando la salita irta ti fa scoppiare i polmoni. A quel punto, o chiami qualcuno in soccorso, in effetti lì vicino hanno piazzato il poliambulatorio e non credo sia un caso, oppure come ho detto prima applichi il mantra dello yoga: muscoli antagonisti (glutei) al lavoro, sguardo fisso davanti a te e respirazione controllata. In qualche modo siamo arrivati su e siamo ripartiti per raggiungere i nostri obiettivi principali: la baia delle piscine naturali e Cala dell’acqua. Solo che all’altezza di Cala Feola abbiamo perso l’orientamento. Non aspettatevi di trovare cartelli e indicazioni, perché in tutta l’isola predomina il fai da te, ovvero giri e rigiri per viuzze e scalette finché se sei fortunato arrivi da qualche parte. Per fortuna ci ha affiancato Fred, che al collo portava la targhetta Sauron ma non si è ribellato al suo nuovo nome. Abbiamo capito che ci chiedeva di seguirlo e d’istinto ci siamo “accodati”, è proprio il caso di dire, a lui. Incredibilmente, si è mosso con abilità tra le suddette viuzze e scalette fino a portarci proprio dove volevamo!

Le piscine naturali

La baia delle piscine naturali si trova in un tratto di costa libero, non in concessione. Il mare e il vento con il tempo hanno scavato due conche naturali, le piscine, di acqua bassa e calda. La prima è chiusa tra le rocce e unita alla seconda tramite due archi naturali. Scendendo le scale, s’incontra la prima, chiusa interamente tra le rocce, unite al mare aperto e alla seconda piscina tramite due archi. La seconda piscina è meno chiusa dell’altra e con l’acqua più bassa. D’estate devono essere uno spasso per grandi e piccini.

Lo scoglio della tartaruga

Sempre seguendo Fred, siamo tornati sulla strada principale e da lì abbiamo visto lo Scoglio della tartaruga. Il perché del nome è intuibile dalla forma. Mi ha ricordato lo Scoglio dell’elefante che avevo visto in Cornovaglia. Ed è subito amore

Le Forna

Finalmente, dopo un altro tratto di strada tutto in salita, siamo giunti in località Le Forna e prima di scendere alla Cala dell’acqua, ci siamo riposati su una panchina di fronte alla chiesa mangiando panini. Per fortuna, avevamo più fame che sete, perché Fred si è rivelato una buona forchetta e da solo si è spazzolato metà del nostro pranzo.

Dopo la breve sosta, siamo scesi alla Cala.

La Cala dell’acqua

In epoca romana, la Cala dell’acqua era importante, perché qui i romani avevano trovato l’unica fonte sorgiva dell’isola, ora purtroppo chiusa. Da qui, ovviamente, il nome che porta ancora oggi. In parte ora è anche deturpata dai resti di una miniera di bentonite che nel 1935 hanno pensato bene di estrarre dalla parete sovrastante e che poi è stata chiusa nel 1975.

Forte di Papa

Dall’alto abbiamo anche scorto il Forte di Papa, realizzato alla fine del 1700 su richiesta di Papa Paolo III, dei Farnese. Costruito in posizione strategica, doveva sorvegliare i mari che dividono l’isola dal continente. Noi non ci siamo arrivati, ma se volete vederlo da vicino, basta proseguire lungo la strada principale asfaltata.

Ciao, amico Fred

Per noi è tempo di fare marcia indietro e di salutare il nostro amico Fred, che forse perché restio agli addii, o più probabilmente perché trascinato da un suo amico a quattro zampe che l’ha raggiunto al galoppo, è sparito così com’era apparso, senza salutarci. Ciao amico Fred, sei stato un’ottima guida.

Chiaia di Luna

Scendendo a ritroso lungo la panoramica che abbiamo già affrontato in salita, arrivati quasi al porto abbiamo incontrato un altro punto molto conosciuto dell’isola, la Baia di Chiaia di Luna, chiamata così per la curvatura a mezzaluna della spiaggia, chiusa alle estremità dalla roccia bianca all’estremità. La spiaggia è la più grande di Ponza e fino a qualche anno fa si poteva raggiungere attraverso un tunnel di 170 metri circa costruito dagli antichi romani. Oggi purtroppo la spiaggia è raggiungibile solo via mare e a rischio e pericolo dei natanti, perché anche la roccia che la sovrasta è friabile e a rischio crolli. Purtroppo, spiace dirlo, è uno degli esempi italici di incuria delle numerose testimonianze che il passato ci ha lasciato, non solo perché il tunnel avrebbe bisogno di essere seriamente ristrutturato per permettere ai cittadini di tutto il mondo di godere di tanta bellezza, ma anche perché, pensate, sulla cima della scogliera, che da 100 metri di altezza cade a picco sulla cala, c’era una necropoli romana che oggi è ormai in gran parte distrutta. Che dire, provo tanta malinconia quando penso a quello che ho visto l’estate scorsa in Inghilterra e a come so che tratterebbero i resti romani se ne avessero così tanti.

Il porto

Ormai il sole sta tramontando, è ora di tornare alla base, portando con me i pensieri malinconici. C’è ancora spazio per un giro del porto, meraviglioso a quest’ora, dove la sagra del casatiello ponzese, che è in pieno svolgimento, rovina un po’ ma non troppo l’atmosfera romantica che in estate deve aver fatto capitolare chissà quanti innamorati. Purtroppo, oltre a passeggiare oziosamente per la banchina, rimirando la vista del mare aperto e quella del villaggio con le sue casette colorate, deliziose, possiamo fare ben poco. I ristoranti sono quasi tutti chiusi, quindi non posso raccontarvi come si mangia in zona. Posso dirvi con certezza, però, che i prezzi non sono teneri e i due tre posti in apparenza più invitanti lì abbiamo visti in alto, a Le Forna.

In stanza faccio un conteggio spannometrico dei km percorsi con l’aiuto di google maps: 15! Direi che una bella doccia calda e dieci ore di sonno sono gli unici desideri da esprimere alla luna ponzese.

Pasquetta

I ponzesi passano il giorno di pasquetta sul Monte Guardia, a divertirsi con scampagnate e picnic. Fa caldo, la primavera si è finalmente affacciata, dopo un mese di marzo che ci raccontano è stato molto duro, Noi, invece, rimaniamo in zona porto, deserto e completamente sguarnito, perché rimangono tre cose importanti da fare: scegliere la calamita giusta, visitare il cimitero e le cisterne romane.

La calamita

La calamita giusta per fortuna ci appare al secondo o terzo negozio di souvenir in cui ci affacciamo. Non avete idea di quanto tempo sono capace di perdere su questa parte dei viaggi. Perché la calamita ha lo scopo fondamentale di farmi rivivere le sensazioni provate ogni volta che apro il frigorifero. Il che succede abbastanza spesso, eh eh. Non divaghiamo: la calamita raffigura una scarpa da ginnastica dentro cui è racchiusa Ponza. Così ricorderò per sempre la giornata ridenominata “la sfacchinata di Pasqua”.

Il cimitero

Il cimitero è situato su una collina sopra il porto e costituisce un ottimo punto di osservazione. Se avete tempo, andateci. Oltre a portare un saluto ai defunti, cosa sempre buona e giusta, potrete godere di una vista stupenda sul mare e sugli scogli. Il custode è stato così gentile da indicarci una piccola sagrestia, con una finestrella da cui osservare dall’alto un panorama spettacolare. Sulla strada per il cimitero abbiamo potuto anche “intuire” i resti di una villa costruita, sembra, dall’imperatore Augusto, con annesso tempio, per farne una residenza di villeggiatura. Un po’ come la villa di Tiberio che ho visitato a Sperlonga. In quel caso, però, i resti permettono di immaginare la pianta della villa così com’era. A Ponza, invece, ci sono oggi degli orti digradanti verso il mare e null’altro.

Le grotte di Pilato

A livello del mare, è ancora possibile ammirare le grotte di Pilato, un complesso di caverne collegate con il mare e tra di esse da cunicoli, scavate nel banco roccioso sottostante la villa. Non essendo stagione di navigazione con la barca, noi siamo riusciti a scorgerle sul traghetto di ritorno. Appena parte, guardate verso destra e riuscirete a vederle bene. Sono costituite da quattro vasche coperte e una scoperta, per questo si è sempre pensato che servissero come allevamento di pesci, che è ancora oggi l’ipotesi più accreditata. Accanto alla quale, però, si sta facendo spazio un’altra ipotesi, ossia che potesse trattarsi di uno stabilimento balneare, perché al loro interno sono stati trovati resti di colonne e statue collegato alla villa sovrastante da una scaletta scavata nella roccia. Non è stupefacente la modernità degli antichi? Il nome, invece, è ricollegabile al famoso Ponzio Pilato, in origine solo Pilato, che deve l’aggiunta di Ponzio proprio al periodo in cui fu mandato a Ponza per governarla.

Il confino

Ponza, infatti, era considerata luogo in cui confinare gli esiliati, o le persone non gradite, fin dall’antichità, non solo in epoca fascista. Qui furono confinati, tra gli altri, Giulia, la figlia di Augusto, Ponzio Pilato, Sandro Pertini, Pietro Nenni, lo stesso Mussolini alla fine della guerra, prigionieri slavi, albanesi e greci e innumerevoli altri. Tutto sommato, da quello che ho visto, direi che non dev’essere stato troppo difficile per loro adattarsi nella terra d’esilio.

Le cisterne della Dragonara e del Corridoio

Sempre a proposito di romani, vi consiglio caldamente di passare alla pro loco, gli uffici si trovano al porto, e di prenotare una visita alle due cisterne romane più vicine. Da aprile e per tutto il periodo estivo, le visite sono cinque al giorno. Noi non sapevamo che per pasquetta non erano previste visite al mattino, ma ci tenevamo tantissimo a vederle prima di ripartire e il presidente della pro loco Emilio Aprea ci ha gentilmente accompagnato all’interno per consentirci di ammirarle.

Perché vi garantisco che di pura e semplice ammirazione si tratta. La prima cisterna, quella della Dragonara, è perfettamente conservata. Scavata nel tufo dell’isola, presenta più corridoi a volta, posti su file parallele che si incrociano con navate perpendicolari. Questo metodo di scavo, ci ha spiegato la guida, serviva a formare una scacchiera di pieni e di vuoti che anche con il massimo riempimento d’acqua non avrebbe creato problemi ai pilastri di sostegno. I pavimenti e le pareti sono rivestiti di coccio pesto, un materiale naturale (di riciclo, diremmo oggi) che rendeva impermeabile la vasca, mentre una serie di condotte in entrata e in uscita garantiva il corretto funzionamento idraulico.

Se pensate che stiamo parlando di popoli antichi, e che fino a quarant’anni fa l’acqua potabile proveniva da lì sotto, non possiamo non stupirci di quanto genio possedessero. Peccato solo che gli antichi romani siano considerati più all’estero che in Italia. Anche questo non smette di stupirmi. So che l’ho detto anche qualche paragrafo sopra, ma repetita iuvant.

La seconda cisterna, del Corridoio, è altrettanto interessante e si trova a poca distanza dalla prima. Qui la guida ci fa notare le differenze stilistiche e concettuali con la precedente, dovute essenzialmente alle modifiche di era borbonica compiute sulle pareti. Inoltre, mentre l’altra ha sempre conservato la sua funzione originaria, rimanendo attiva fino ai giorni nostri, questa nel tempo è diventata deposito di rifiuti e solo recentemente è stata “liberata dal confino” e restituita ai cittadini.

Ripartire

Risaliamo all’esterno e la luce del sole ci colpisce in faccia. E’ davvero ora di andare, il traghetto ha già acceso i motori. Saluto Ponza con un arrivederci, almeno spero. Conservo negli occhi e nella mente i colori pastello delle case che contrastano con il blu profondo del mare, le scogliere che la proteggono tutt’intorno, la luna, che sull’isola lunata viene tutte le notte a specchiarsi a metà, e quel mix di trasandatezza e bellezza che caratterizza la giovine Italia, che fiera della sua bellezza se ne fa un vanto e non lavora per conservarla.

A lei, Ponza, do appuntamento per una sortita estiva e a voi al prossimo Diario di bordo.

Informazioni pratiche

Come arrivare

Ponza può essere raggiunta con diversi mezzi di trasporto: – in aereo, gli aeroporti più vicini sono quelli di Roma e Napoli. Da qui, il trasferimento ai porti d’imbarco può avvenire con i treni regionali, fino a Formia e Anzio e da qui ai porti d’imbarco con taxi o a piedi percorrendo circa un chilometro; con il taxi, auto a noleggio o elicottero. In auto fino agli imbarchi di Formia (tutto l’anno), Terracina e Anzio nella stagione estiva. Sull’isola è vietata la circolazione alle automobili dei non residenti nei mesi estivi.

Dove dormire

Ho dormito al Piccolo Hotel Luisa, che vi consiglio se cercate una soluzione di base e comoda. Vi suggerisco comunque di prenotare per tempo, soprattutto nel periodo estivo, perché l’offerta di alloggi su un’isola microscopica è inevitabilmente limitata.

Ulteriori informazioni

Per ulteriori informazioni, visitate i siti della pro loco di Ponza  o www.visitponza.it. Oppure chiedete a me, sarò felice di aiutarvi per quanto possibile.

2 pensieri su “Confinati per due giorni a Ponza, l’isola “lunata””

    1. Grazie, sono contenta di esserti stata utile! Vedrai, ti piacerà molto e tutto sommato questo potrebbe essere l’anno giusto per ammirarla senza troppa folla. Se hai voglia, al ritorno fammi sapere com’è andata. Buone vacanze 🙂

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