Archivi tag: Yu Hua

Cronache di un venditore di sangue di Yu Hua

Cronache di un venditore di sangue è il secondo romanzo dello scrittore cinese Yu Hua che leggo, dopo Vivere. Ho ritrovato la stessa intensità, lo stesso humour sottile, le stesse tematiche sociali esplorate quasi sottovoce. Uno scrittore tra i più quotati della sua generazione e che dà vita a personaggi che entrano a far parte della tua vita e ci rimangono. Ora vi racconto.

Trama

Xu Sanguan lavora in una fabbrica di seta, e viene da un paese in cui è tradizione sostenere che chi non vende sangue è uomo di salute cagionevole, che non troverà mai moglie. Vendere sangue frutta una somma ingente di denaro, ma poiché il sangue discende dagli antenati non lo si può vendere per futili motivi. Il protagonista venderà il sangue dieci volte: per sposarsi, per la nascita dei figli e per ogni tappa saliente della sua vita, lungo un percorso che è quello vissuto da tutti i cinesi della Repubblica popolare. Così, la vita eroicomica di Xu Sanguan diventa un’occasione per ripercorrere la storia della Cina, dalla comune popolare al Grande balzo in avanti, dal triennio della grande carestia alla Rivoluzione culturale, fino ai giorni nostri.

Sopravvivere

Quella di Xu Sanguan sembra una famiglia sbilenca, come ce ne sono tante, come forse sono quasi tutte. Alti e bassi, ci si sposa giovani, nel loro caso neanche per amore ma per calcolo di convenienza, e poi si mettono al mondo i figli. Tanti. Tanto che per distinguerli marito e moglie trovano un escamotage ingegnoso: Felice 1, Felice 2, Felice 3. La fantasia che non hanno mostrato per scegliere i nomi dei figli, la mettono tutti i giorni all’obiettivo principale della loro esistenza: sopravvivere. Ed ecco che c’è la prima differenza con Vivere: mentre per Fugui, come vi ho già raccontato, l’importante era vivere, nonostante tutte le tragedie che gli sono capitate nella vita, per Xu Sanguan e Xu Yulan, l’importante è portare in tavola la cena la sera. E se per farlo bisogna vendere il sangue, bè, basta bere molta acqua e stendere il braccio.

Bè, quasi

“Fin da quando ero piccola, mio padre mi diceva che il sangue ci viene dagli antenati. Per vivere uno può vendere frittelle, vendersi la casa, la terra…ma in nessun caso può vendere il sangue. Può persino vendere il proprio corpo, ma non il sangue. Vendendo il corpo, vende se stesso. Ma se vende il sangue, vende i suoi avi. Xu Sanguan, tu hai venduto i tuoi antenati!”. Come in tutte le famiglie, i metodi adottati per sopravvivere possono non trovare d’accordo il coniuge. Anche se essere un venditore di sangue rende molto di più che lavorare nei campi, Xu Yulan è fortemente contraria. E’ una donna sagace, non solo una bellezza. E sarà proprio lei, insieme al marito, a garantire la sopravvivenza a tutta la famiglia, anche quando la rivoluzione culturale arriva a minacciarli come individui e in particolare lei come donna. Ma gente di questa pasta non si fa certo spaventare da chi tenta di imporre la propria volontà col terrore. Yu Hua è bravissimo a far filtrare il contesto sociale in mezzo a una storia che sembra completamente basata su vicende personali. 

La rivoluzione culturale

La rivoluzione culturale non irrompe nella vicenda narrata. Si insinua a poco a poco, fino a diventare dilagante. Questa comunità rurale, pur non capendo i principi guida della situazione sociale, capiscono che le loro esistente sono minacciate da eventi che nulla hanno a che fare con la tranquillità del vivere. Capiscono che devono mettere in atto tutte le loro risorse per vivere. Capiscono che non capiscono e mai capiranno perché non possono più cucinare a casa. Yu Hua trova una sua voce narrando apparentemente in modo lineare, senza grandi metafore, eppure risultando efficacissimo nel farci capire come vive la gente normale durante le sommosse e i periodi tumultuosi. Forse non raggiunge Vivere come potenza espressiva, però rimane una buona, se non ottima, lettura per chi vuole conoscere il mondo asiatico senza pregiudizi e senza grande clamore. Divertendosi anche con un umorismo garbato e tragicomico. 

“I peli del pene crescono dopo le sopracciglia, ma diventano più lunghi”

Voi che ne pensate? Vi piace questo autore? Oltre a Cronache di un venditore di sangue e Vivere, quali altri suoi titoli mi consigliate?

Leggi anche:

Vivere! Yu Hua e un manifesto di Vita

Ho incontrato questo libro di Yu Hua un po’ per caso, perché ormai i suggerimenti mi arrivano sempre più spesso dai lettori fissi di questo blog. Quindi, devo dirvi grazie perché nell’oceano sterminato di libri che abbiamo a disposizione, gli incontri fortunati sono rari e per questo ancora più preziosi. A voi decidere se la frase è rivolta al romanzo o a voi amatissimi lettori. O magari a entrambi.

Trama

Sono trascorsi dieci anni da quando il narratore si è recato nelle campagne a raccogliere ballate popolari. Lì, ha potuto conoscere diverse persone, fra cui un anziano contadino che arava la terra con il suo bufalo. Si chiamava Fugui ed era ben disposto a raccontare la propria storia e a spiegare come mai il bufalo avesse tanti nomi. Figlio di un ricco proprietario terriero, in una notte di follia aveva perduto il patrimonio familiare giocando d’azzardo. Da quel momento, Fugui deve intraprendere una nuova vita, fatta di fatica nei campi, miseria e umiliazioni. Ma nell’affrontare il duro destino potrà sempre trarre la forza necessaria dall’affezionata moglie Jiazhen, dalla brava figlia Fengxia, dal piccolo Youqing…E passando attraverso povertà, fame, fatica, guerra, carestia e lutti, giungerà a capire l’essenza delle cose e l’autenticità degli affetti, approdando a una superiore consapevolezza, ironica e pietosa assieme. Con gioia di vivere, nonostante tutto.

L’ammazza personaggi

Il racconto si dipana in un’intera giornata. Lo scansafatiche, come il narratore stesso si definisce, passa un’intera estate a raccogliere ballate e storie tra i contadini. Uno lo incuriosisce particolarmente, perché chiama il suo bufalo con diversi nomi. Ma quanti nomi ha questo bufalo? E perché? Da lì, Fugui il vecchio contadino, inizia a raccontare la sua storia. Ci sarebbe da consigliargli un viaggetto a Lourdes. Nella sua vita, gli è successo di tutto: rovesci finanziari, disgrazie, guerra, carestia. Soprattutto, lutti. Tanti lutti. Tanto che a un certo punto ho pensato di soprannominare Yu Hua l’ammazza personaggi. Per la morte di un paio non posso proprio perdonarlo.

Un inno alla vita

Quindi, vi chiederete voi, un romanzo tristissimo. E’ qui che la penna di Yu Hua sorprende. Affatto. Il romanzo è, in realtà, un inno alla vita. Intanto, lo scansafatiche è proprio lo scrittore, che all’età di 23 anni ha passato due anni nei campi a raccogliere storie, trovandone però troppo poche secondo i suoi capi. Fugui, poi, è ironico, leggero. Racconta la sua vita quasi come se riguardasse qualcun altro. E dritto al punto, senza inutili orpelli, discostandosi molto dalla tradizione asiatica infarcita di immagini e simbolismi. Mi sono ritrovata a chiudere il libro in tre giorni, perché le pagine sono volate via da sole. Per poi scoprire alla fine, il valore del messaggio. Vivere vale la pena, qualsiasi sia il destino che ci è stato riservato. Perfino un vecchio bufalo può diventare un motivo per alzarsi la mattina. Dice Yu Hua. “Ho deciso di scrivere questo romanzo per descrivere la capacità dell’uomo di essere ottimista nei confronti del mondo. Durante la stesura ho capito che gli uomini vivono per la vita in sé e per null’altro al di fuori di questa. Sento di aver scritto un’opera nobile“. Secondo me tutte le opere d’arte che inneggiano alla vita lo sono. Siete d’accordo? 🙂 

“Erxi, Youqing non fare il pigro; Jiazhen, Fengxia stai arando bene; anche Kugen se la cava.
Quanti nomi può avere un bufalo? Curioso, entrai nel campo e mi avvicinai al vecchio per chiederglielo:
– Ma quanti nomi ha questo bufalo?
Il vecchio fermò l’aratro e mi squadrò da capo a piedi.
– Vieni dalla città?
– Sì – ho accennato col capo.
E il vecchio tutto compiaciuto: – L’avevo capito subito.
– Quanti nomi ha il bufalo?
– Solo uno, si chiama Fugui.
– Ma poco fa hai detto un sacco di nomi.
– Ah! – si mise a ridere tutto contento e mi fece cenno di avvicinarmi. Quando gli fui accanto, fece per aprir bocca, poi si fermò vedendo che il bufalo aveva alzato la testa. Lo sgridò: – Non spiare tu, giù la testa!
Il bufalo obbedì, allora il vecchio mi sussurrò:
– Ho paura che si accorga che c’è solo lui ad arare, così chiamo tutti questi nomi in più per ingannarlo. Se sente che ci sono altri bufali ad arare il campo non fa storie e ci mette più impegno.”
Leggi anche: 
http://www.pennaecalamaro.com/2017/01/29/il-capodanno-cinese-e-come-il-nostro-inizia-a-tavola/