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Tintagel e Boscastle, atmosfera mistica e magia

Di mattina presto, lasciamo Mullion con grande rimpianto e ci dirigiamo verso il nord della Cornovaglia. In due ore siamo arrivati a Tintagel, dove secondo la leggenda vedremo i resti del castello di Re Artù.

Il villaggio

Il villaggio è pittoresco, come tutti quelli visitati fin qui. Stavolta, abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio a prezzo fisso, 2 sterline per l’intera giornata, evitando quelli comunali a tariffa più alta. Sulla strada per il castello abbiamo visto il King Arthur’s Great Halls e l’Old Post Office. La prima è una mostra permanente su Re Artù, ospitata dal 1933 in un edificio di granito rosa e ardesia. I visitatori possono vedere la riproduzione del trono e della tavola rotonda, nonché ben 72 vetrate su cui viene riprodotta per intero la leggenda arturiana. Il vecchio ufficio postale, invece, non è altro che un edificio del 14° secolo  che nel 19° assunse transitoriamente la funzione di centro di smistamento della posta in arrivo e in uscita da Tintagel. L’edificio è stato acquistato dal National Trust nel 1903 che ne ha fatto un museo aperto al pubblico.

Il castello di Re Artù

Entrambi sono frequentatissimi dai turisti di tutto il mondo, ma io ho preferito concentrare le mie energie sul castello e non me ne sono affatto pentita, anche perché c’è talmente tanto da vedere e da fare che volendo ci si potrebbe passare l’intera giornata. Ai resti siamo arrivati percorrendo un sentiero in discesa abbastanza lungo; A pagamento avremmo potuto evitarlo salendo su jeep messe a disposizione  dalla struttura. Noi abbiamo optato per la camminata che, se non avete problemi di deambulazione, vi consiglio fortemente.

Come salire

Dopo aver fatto il biglietto, si può salire in due modi: scalando la roccia a sinistra, oppure attraversando il ponticello a destra per poi affrontare la ripida scalinata che porta sull’isola di roccia. La seconda opzione mi è sembrata, e forse lo era, più facile, ma vi assicuro che quando il vento tira così forte come quel IMG_6418 (2)giorno e tra te e lo strapiombo c’è soltanto un esile corrimano d’acciaio, salire quei gradini è una prova di coraggio. Soprattutto per quelli come me che soffrono di vertigini. Comunque, in qualche modo sono riuscita a varcare il portone di legno d’entrata e a mettermi relativamente al sicuro.

Un luogo di meditazione

Prima di andare, qualcuno mi aveva detto che Tintagel è un luogo di meditazione. Appena arrivata in cima, mi sono accorta che è vero. Un po’ lo è tutta la Cornovaglia, perché panorami così mozzafiato non possono non costringerti a riflettere sulla presenza dell’uomo nel mondo, e anche sulla tua misera vita, più banalmente. Su queste alture, viene spontaneo sedersi su uno dei resti e riflettere, volgendo lo sguardo all’immensità dell’orizzonte. Il panorama è unico e girando per le “stanze”, in realtà ora solo dei resti ricostruiti su mappa, viene voglia di girare ogni angolazione e fermarsi stupiti a rimirare colori che non hanno bisogno di ritocchi da photoshop, mentre il vento soffia così prepotentemente che ti entra dappertutto e ti rende instabile anche mentre cammini al sicuro. L’aria di mito e leggenda si respira su ogni masso, è 20170818_140331incredibile.

La statua di Re Artù

All’improvviso, quando eravamo in alto, abbiamo fatto la conoscenza di Re Artù in persona. Sì, proprio lui! Secondo la leggenda, infatti, Re Artù nacque a Tingagel e Merlino lo nascose nel castello per allevarlo in gran segreto. Se c’è bassa marea, si può scendere sulla costa per arrivare alla grotta di Merlino, oppure, come ho preferito fare io che sono arrivata durante l’alta marea, lasciare il castello alla propria destra e incamminarsi sulla scogliera di Gleve per raggiungere, lentamente e godendosi il panorama a ogni passo, la chiesa di S. Materiana.

La chiesa di S. Materiana

Improvvisamente, ho pensato di essere finita nel bel mezzo di un film sul medioevo. La chiesa, infatti, è risalente all’11° o 12° secolo e non ha subito cambiamenti di rilievo da allora, se si escludono il rifacimento del tetto e delle finestre. E’ di fattura normanna, piccolina, e ispira un grande senso di pace e di quiete. Forse perché circondata di tombe antiche nel minuscolo cimitero annesso. In questo luogo dedicato all’eterno riposo, ho portato un saluto e un pensiero sulla tomba di Domenico Catanese, un quattordicenne napoletano che nel 1893 perì nel naufragio della sua nave sulle scogliere. Una croce di legno e un salvagente lo ricordano ai passanti. Dalla chiesa, una strada collinare, purtroppo asfaltata, senza marciapiede e molto stretta, porta in discesa verso il villaggio, al punto di partenza. Quell’unica stradina per arrivare alla chiesa, è anche la via con cui le persone non autosufficienti possono godere di un parcheggio riservato e di una bella vista sul castello, pur non potendo accedere a quest’ultimo perché oggettivamente proibitivo per chi non goda di buona salute.

Boscastle

Ammaliati da questo tripudio di bellezza in ogni senso e in ogni angolo, ci siamo spostati IMG_6426verso Boscastle, un villaggio a circa dieci minuti di macchina, che volendo si può raggiungere anche a piedi attraverso il coastal path. Qui hanno girato diverse scene del film L’erba di Grace. Tenete sempre presente, però, che nei villaggi cornici dopo le 5 del pomeriggio troverete tutto chiuso, anche in piena estate, e che il tempo cambia radicalmente, virando spesso a pioggia o a vento impetuoso.

Il villaggio di Boscastle

A Boscastle, infatti, siamo arrivati sul filo di lana, appena prima che l’intero villaggio si preparasse per la cena. Noi volevamo solo scaldarci con un cornish tea e abbiamo trovato una sola locanda disposta a prepararcelo. Rinfrancati, abbiamo passeggiato per questa bella cittadina, fiabesca nella sua atmosfera quasi notturna, arrivando fino al porto, dove nel frattempo il vento era diventato così potente da spostarci leggermente mentre camminavamo.

Libri a offerta libera

A Boscastle ho visto un’iniziativa molto carina dell’ufficio turistico: un capannone-biblioteca, con libri usati che si possono lasciare come una sorta di offerta libera e comprare con prezzo stabilito dai gestori. Solo che per pagare bisogna trasferirsi nell’edificio principale dell’ufficio turistico, quello dove si comprano mappe e souvenir. Insomma, tutto è lasciato all’onestà dei lettori, che in autonomia prendono e lasciano libri pagando il dovuto. Cosa che anch’io ho puntualmente fatto: ti pare che non possa trovare un libro interessante in un angolo sperduto della Cornovaglia?

La fattoria

Salutata Boscastle, è il momento di andare nella nostra nuova “casa”. Una fattoria, esperienza sensazionale assolutamente da provare almeno una volta. Dopo avere in qualche modo affrontato con successo una stradina minuscola che sfida qualsiasi legge di circolazione a un senso e che loro considerano a due sensi, non capirò mai come facciano, siamo arrivati in cima a una collina e siamo stati accolti dalla fattora e dalle sue mucche con grande ospitalità. Non oso 20170818_205552_LLSimmaginare che capigliatura alla medusa dovessi avere, perché lei molto carinamente ha deciso che “con tutto quel vento” avessi diritto a un bel…cornish tea! Grandissima, ovviamente non abbiamo confessato di averne appena preso uno a Boscastle e abbiamo fatto bene, perché poco dopo lei si è ripresentata con scones, clotted cream e marmellata fatta in casa. Una goduria divina. Senza contare il panorama dalla finestra della camera, che vi faccio vedere in questa foto naturale, senza l’utilizzo di filtri. Non sembrano anche a voi colori pazzeschi?

Arrivederci

Un’altra giornata fitta fitta di emozioni sta finendo. Domani lascerò definitivamente la Cornovaglia e al solo pensiero mi si spezza il cuore. Ho ancora un’ultima scrittrice che mi aspetta, al Jamaica Inn. Poi, dovrò mormorare un arrivederci a questa terra meravigliosa. (continua)

Leggi anche:

Cornovaglia, dopo oltre 500 anni un nuovo ponte per raggiungere il castello di re Artù (link esterno)

A Mullion, nel covo dei pirati

Ieri eravamo nel punto più occidentale dell’Inghilterra. Oggi, per par condicio, mi trovo invece nel IMG_6330punto più meridionale, a Lizard Point, o Capo Lizard, che è anche ovviamente il punto più a sud della penisola Lizard. Insieme a Cape Cornwall, e a un’altra oasi naturale che incontrerò più in là, credo che sia l’ambiente paesaggisticamente più selvaggio che abbia incontrato durante il viaggio. Proprio per questo, vi consiglio caldamente di passarci, perché tutto è speciale: dopo aver lasciato la macchina nella vicina St Just, o direttamente nel parcheggio dedicato, attraversando il sentiero potrete percorrere miglia e  miglia di spiagge quasi inaccessibili, scogliere a picco sull’oceano, circondati dal verde delle brughiere, da innumerevoli specie di piante rare che qui trovano terreno fertile e da foche, delfini e, se siete fortunati, squali blu che vi spiano dalle acque gelide. Una meraviglia, per gli occhi e il cuore. A Kynance Cove, invece, siamo arrivati riprendendo la macchina e parcheggiando lì nei pressi, anche se con più tempo avrei preferito arrivarci a piedi. Solo che non essendoci autobus diretti per tornare indietro, abbiamo preferito optare per la soluzione più comoda. A Kynance Cove, una bella baia incastrata fra le rocce, ho capito che non c’è un solo modo di vivere una spiaggia, con ombrellone, IMG_6347asciugamano, bagni in acqua e magari un libro. No, qui la spiaggia si vive in modo concettualmente diverso. C’è chi fa il bagno sfidando le onde alte e la temperatura polare, c’è chi organizza il picnic sulla scogliera sovrastante, chi ricama, chi rimane vestito e passeggia per la spiaggia, chi si riposa dopo una lunga camminata e volge lo sguardo all’orizzonte prima di ripartire. Tutti, però, hanno una cosa in comune: il massimo rispetto per l’ambiente e le sue regole. Fantastico, davvero. Verso le 3 la fame ha iniziato a farsi sentire ed è scattato il toto pranzo. Nessuno dei locali di Lizard Point mi ha convinto, a Kynance beach c’è solo un bar e allora abbiamo deciso di rientrare un po’ prima del previsto a Mullion per fare un giro del porto e lì trovare qualcosa da mangiare. Una scelta che alla fine si è rivelata azzeccata: siamo entrati in minuscolo bar nei pressi del porto, Porthmellin cafè, il cui ambiente semplice e frugale ci ha subito attirato. IMG_6396Ci hanno portato dei sandwich con tonno e granchio deliziosi e abbiamo suscitato l’ilarità degli altri avventori perché invece di accompagnarli con caffè, cappuccino (aarrrghhh) o, peggio, un frullato, abbiamo chiesto birra (non servono alcolici) o coca cola. Rinfrancati, e divertiti a nostra volta, siamo ripartiti per una passeggiata tranquilla sul molo, che a dispetto delle apparenze è attivo, e per la baia di Mullion, che è sensazionale. Probabilmente sconosciuta ai più, è un posto senza tempo, scommetto che sarà esattamente così anche tra duecento anni. Forse sono di parte, dovete capire che di Mullion e della sua atmosfera piratesca sono innamorata persa. Sembra, infatti, che fosse un covo di contrabbandieri e che IMG_6371dal porto partisse un tunnel sotterraneo che portava le merci dalle navi fino a una fattoria nell’entroterra, mentre il covo dei contrabbandieri era situato all’interno del pub principale del villaggio, ancora oggi perfettamente funzionante. Il bello della Cornovaglia è che il tempo sembra essersi fermato, tutto è immutato e le poche infrastrutture realizzate sono armoniosamente inserite in un contesto naturale intatto. Com’è possibile non innamorarsi follemente di tutto questo? Vi assicuro, se avessi visto un pirata balzare a terra da una delle barche ormeggiate, non l’avrei trovato per niente strano! Per il resto, da segnalare c’è solo una fabbrica di cioccolato e che se arrivate qui in macchina troverete un primo parcheggio a pagamento e un secondo, proprio a ridosso del porto, a donazione libera.

Sento il ticchettio dell’orologio che scorre inesorabilmente, forse perché ahimè non sono cornica. I miei giorni in Cornovaglia stanno per finire. Da domani, inizia la risalita verso la costa settentrionale. Se avrete la pazienza di seguirmi, domani vi racconterò di un posto da leggenda, Tintagel, del suo magico vicino Boscastle, e della mia esperienza di soggiorno in una vera tre-farm.

Cape Cornwall e la tempesta perfetta: il viaggio letterario continua

Cape Cornwall vs Land’s End. Gli inglesi e i geografi non mi convinceranno mai che Land’s End sia davvero il punto più occidentale della Gran Bretagna. Sfido chiunque abbia visto entrambi a dirmi che il vero spirito di 20170816_114101frontiera non risieda a Cape Cornwall. Sarà che quel giorno il tempo non mi ha assistito particolarmente, ma vi assicuro che ho sentito tutta la potenza del vento e della natura, senza filtri e senza che la distruzione umana vi sia giunta. Se lasciate la macchina a St Just, potrete arrivare al promontorio di Cape Cornwall con una breve passeggiata. Altrimenti, anche qui non manca il consueto parcheggio a pagamento.

Cape Cornwall

Salire sul promontorio è relativamente facile, a meno che, come nel mio 20170816_112321caso, il vento sia così arrabbiato da toglierti stabilità a ogni passo. Vi dico solo che per rimanere in piedi mi sono aggrappata ai resti di una ciminiera e che sull’altro lato una signora tedesca, con sua grande vergogna, stava facendo la stessa cosa! Questa, infatti, era terra di minatori e segna anche il punto in cui le correnti dell’Atlantico si dividono. E’ un luogo estremamente affascinante, wild, selvaggio, nel senso più puro del termine. Se fosse stata una giornata più gradevole, sarebbe stato bello passare un po’ di tempo a Priest’s cove, la baia del sacerdote, o incamminarsi lungo i sentieri dei minatori, ma entrambe le alternative sembrano incaute quel giorno. Certo è che ho visto con i miei occhi giocatori di golf lanciare palline imperterriti sotto l’acqua e su un terreno in forte pendenza. Per dire come tutto nella vita sia relativo.

St Ives e Rosamunde Pilcher 

Appagata dalla vista magnifica di questo promontorio mistico, ho lasciato Cape Cornwall e mi sono diretta senza indugi verso la seconda tappa del giorno: St Ives, dove finalmente ho incontrato…Rosamunde Pilcher! Nata a Lelant, un villaggio che si trova tra Hayle e St Ives, non c’è dubbio che nella sua infanzia e adolescenza St Ives abbia rivestito una grande importanza. Sembra, infatti, che il suo romanzo più famoso, I cercatori di conchiglie, pur essendo ambientato a Porthkerris, descriva in realtà proprio St Ives. Dovete immaginare, premetto che le fotografie non rendono giustizia, un IMG_6283delizioso villaggio di pescatori, con il porto al centro della vita cittadina, tanti negozietti di souvenir, gallerie d’arte, pasticcerie e laboratori di cornish pasties. Il suo passato come colonia di artisti è ancora ben visibile in ogni angolo del villaggio, che come tutta la Cornovaglia del resto, oggi è turistico ma ben conservato. Qui, da Pangenna pasties, ho assaggiato il cornish pasty più buono di tutta la mia trasferta cornica e ho filmato anche il momento della sua chiusura prima di andare in forno. In pratica, è un fagotto di pasta frolla o brisée, ripieno di carne di vitello, patate, cipolla, rutabaga e spezie. E’ divino e siccome ho rubato la ricetta originale, naturalmente la troverete sul blog con tutti i passaggi per realizzarlo a casa. Ma la sorpresa più grande mi ha quasi steso sul molo.

Le foche! 

Mentre passeggiavo placidamente, con il vento che sembrava volesse portarmi via e i gabbiani che garrivano senza sosta insieme ad altri uccelli, 20170816_144818formando nell’insieme un’armoniosa orchestra faunistica, noto un gruppo di ragazzini che si agita e indica qualcosa dentro l’acqua. Incuriosita, mi avvicino anch’io e vedo due foche, che ci guardano curiose mentre galleggiano pacifiche nel bel mezzo di un porto cittadino! Pazzesco, in Cornovaglia l’incontro con la natura è davvero ravvicinato. In effetti, avevo letto un avviso, che recitava più o meno di lasciare in pace le foche, animali selvatici anche se sembrano innocui, perché nuotare con loro può essere molto pericoloso. Lo ammetto, pensavo che l’eventualità di incontrarle fosse talmente rara che il cartello fosse più pittoresco che altro. E invece…

Gita al faro

Molto contenta per l’avvistamento, e per il video di un signor galleggiamento che sono riuscita a fare, ho deciso di saltare Lelant, il villaggio in cui Rosamunde Pilcher viveva da piccola, perché il tempo con l’andare delle ore stava via via peggiorando e avevo un’ultima tappa da onorare sul mio cammino.
E’ così che sono riuscita a compiere la mia personale gita a Godrevy Head, con un tempo IMG_6306proibitivo e il faro appena visibile tra i banchi di nebbia. Impensabile e inutile aspettare il tramonto. Anche perché mi sono inzuppata dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi solo per percorrere i 500 metri che mi distanziavano da una fotografia un minimo significativa. Solo dopo una doccia calda mi sono ricordata che la Gita al faro di Virginia Woolf inizia con la famiglia intera riunita nella casa dell’Isola di Skye e il figlio James che chiede di poter andare in gita al faro il giorno successivo. La madre gli dice che se il tempo sarà bello andranno, mentre il padre risponde bruscamente che non si farà alcuna gita perché il tempo sarà brutto. Aveva ragione il padre, oggi come allora.

Una cerimonia privata

E anche se il romanzo è ambientato da un’altra parte, era proprio al Godrevy Lighthouse che l’autrice pensava quando lo scrisse. Mentre ero lì, prima di IMG_6325annegare nella pioggia, ho avuto il tempo di registrare che i surfisti giocavano allegramente nell’acqua agitata e che una famiglia ha deciso comunque di onorare una cerimonia privata, avviandosi sugli scogli, armata di palloncini e festoni e bambini al seguito. Impensabile per chiunque di noi, credo; quando sono tornati su, giusto il tempo che io scattassi qualche fotografia senza buttare tutta l’attrezzatura, ho visto che sul palloncino c’era scritto “dad” e che le due donne della compagnia sembravano un po’ tristi. Allora ho capito: stavano ricordando qualcuno, probabilmente nel modo che lui amava tanto, e una tempesta in atto non li ha certo dissuasi dal farlo. Questo viaggio non ha smesso neanche per un minuto di regalarmi emozioni preziose a ogni passo e penso che ricorderò sempre questo dono che la vita mi ha dato.

Ritorno a Mullion 

Grondanti di acqua da ogni poro, nonostante la nebbia ormai fitta, siamo tornati a Mullion, trasformato in un paese fantasma. L’ultima cosa che ho pensato prima di buttarmi sotto una doccia calda è stato “sarebbe davvero fantastico trovarsi qui a Natale“.
Spero di essere riuscita almeno in parte a trasmettervi le mie forti emozioni, ma il viaggio letterario è ancora lungo. Domani saremo nella Penisola di Lizard, a Kynance beach e Lizard Point. A chiudere la giornata, abbiamo esplorato come si deve Mullion. E…(continua)

 

Land’s End, dove finisce la Terra

Land’s End, ovvero dove finisce la terra. E’ il punto più occidentale dell’Inghilterra e solo per questo 20170815_105516motivo richiama migliaia di turisti ogni anno. All’inizio di questo post voglio essere politicamente corretta e dirvi che effettivamente vale la pena di passarci. Alla fine, invece, farò un po’ di polemica strumentale alla presentazione del prossimo post.

 

Land’s End

La verità è semplice: Land’s End è un posto turistico, nel senso peggiore del termine, e che proprio per questo può deludere. Non vi sfuggirà che io mi colloco land's endtra i delusi. Arrivati nel solito grande parcheggio, abbiamo lasciato la macchina per la “modica” cifra di 6 sterline e ci siamo ritrovati catapultati all’interno di un villaggio divertimenti, francamente un po’ triste, realizzato nel 1987. La vista, però, è magnifica, soprattutto se vi spostate verso destra, all’altezza della “first and last house”, che si chiama così perché è la prima casa costruita sul sito e anche l’ultima prima dell’oceano. Il primo ad arrivare qui fu Guglielmo il Conquistatore, che poi suddivise l’area tra i nobili che l’avevano aiutato a conquistare il potere.

La riserva naturale di Porthgwarra

lands end 3Da qui, ormai l’avete imparato, parte un sentiero me-ra-vi-glio-so, che costeggia la scogliera fino ad arrivare alla riserva naturale di Porthgwarra, un paradiso per gli amanti del birdwatching, della flora selvatica e della fauna, perché si cammina in mezzo a tappeti erbosi di erica e ginestra dalle mille sfumature purpuree, ai pony che hanno il compito di rasare l’erba e alle mucche.

Elephant Rock

Mentre 20170815_115721scarpinavo, ho approfittato per fare delle foto all’Elephant Rock. Non so se si chiami davvero così, ma a me questa roccia è sembrata davvero un elefante e l’ho battezzata così, dimostrando grande fantasia tra l’altro.

Proseguendo, sudati e stanchi come dopo la peggiore sessione di crossfit della nostra vita, siamo arrivati alla spiaggia di Porthcurno, che per qualcuno è la Caraibi della Cornovaglia. Dopo un ultimo precipizio, perché abbiamo avuto la felice idea di prendere una scorciatoia usata dagli autoctoni per non fare tutto il giro passando dal parcheggio, siamo “saltati” sulla sabbia e crollati letteralmente sull’asciugamano. Fuori c’erano 15°, i bagnini segnano su un cartello la temperatura esterna e quella dell’acqua, e in acqua 13.

Porthcurno

Dopo aver giocato un po’ con la granella di nocciole della sabbia, i miei occhi inorriditi hanno visto un bambino di circa un anno sgambettare allegramente dentro l’acqua turchese. L’istinto competitivo è improvvisamente risorto: ” se non piange lui, posso farcela anch’io”. Sì, lo so, evitate commenti su PORTHCURNO2una in competizione con un unenne, grazie. Decisa e determinata mi sono diretta verso l’acqua, ho bagnato i piedi e…sono tornata indietro. Dopo un po’ ci ho riprovato e al secondo tentativo sono riuscita a nuotare. E’ stata una sensazione incredibile, era come se mi facessi spazio con le braccia in mezzo ai cubetti di ghiaccio. E quando sono uscita, ancora un senso di meraviglia perché i 15° esterni improvvisamente mi sono sembrati 40°!!! Pazzesco, sul serio. Da fare e rifare fino alla notte dei tempi.

Minack theatre

Due cenni storici su Porthcurno: se l’acqua gelida non fa al caso vostro, potrete visitare il Minack theatre, il più famoso teatro all’aperto della Gran Bretagna, costruito tra il 1931 e il 1983 sul modello degli 20170815_161922anfiteatri dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma e che viene utilizzato per visite guidate e rappresentazioni durante l’estate. Oppure potreste visitare il museo del Telegrafo, un tunnel che venne scavato durante la seconda guerra mondiale per proteggere i fili del telefono. Porthcurno, infatti, è famosa per essere il punto di entrata in mare della linea telegrafica sottomarina Londra-Bombay, realizzata intorno al 1872, oltre che di diverse altre linee di collegamento con l’Europa. Proprio qui, Gugliemo Marconi realizzò la prima trasmissione radio verso il Nord America. Al ritorno al campo base di Mullion (sempre in autobus fino a Land’s End per riprendere la macchina) abbiamo fatto un giretto per il porto. Sembra che Mullion in passato fosse un covo di contrabbandieri e che proprio dal porto partisse un tunnel segreto che arrivava fino a una fattoria, mentre il pub della cittadina costituiva il ritrovo dei contrabbandieri. Una storia simile la ritroverò poi nel Jamaica Inn…ma questa è un’altra storia, appunto.

Nella prossima puntata, intanto, vi racconterò di quale sia secondo me il vero punto più occidentale dell’Inghilterra, con polemica del tutto personale, e di due autrici celebri che ho incontrato a St. Ive’s e al Faro di Godrevy.

(continua)

Leggi anche: 

Il mio viaggio letterario: sulle tracce delle grandi scrittrici

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Saint Michael’s Mount, l’isola che non è

Dopo la splendida gita a Polperro e Looe, arriviamo a Mullion nel tardo pomeriggio. Siamo fortunati, l’appartamento che abbiamo prenotato è stato appena allestito ed è dotato di tutte le comodità. Considerando il prezzo esiguo che abbiamo pagato, direi niente male. La signora che ci ospita è riservata (tutto il contrario della signora di Torquay!) e gentile, si limita a indicarci dove si trova il supermercato e ci saluta. Il supermercato è a meno di 500 metri e quindi non riesco a farmi un’idea del posto in cui siamo capitati con questa breve passeggiata. L’abbiamo scelto a caso, solo perché nelle località di maggiore richiamo abbiamo trovato tutto esaurito e prezzi folli per le rimanenze, quindi non abbiamo fatto troppi calcoli.

Mullion è perfetta

In realtà, già il giorno dopo ci rendiamo conto che Mullion è assolutamente perfetta come base per girare tutta la penisola Lizard e le località più famose come Penzance e St Ives e quindi mi sento di consigliarvela senza tentennamenti. Se volete girare l’estremo sud della Gran Bretagna in più giorni, scegliete Mullion e non ve ne pentirete.

Mousehole 

La prima gita prevede la triade Mousehole, Penzance e St. Michael’s Mount e un primo assaggio del tempo variabile che caratterizza la Cornovaglia. Nuvoloni minacciosi si apprestano a sfogarsi, ma noi indomiti ci dirigiamo lo stesso verso i nostri obiettivi.
IMG_6148Mousehole, il buco del topo, mai nome fu più azzeccato per questo minuscolo villaggio di pescatori, che lo scrittore Dylan Thomas descrisse come il “villaggio più delizioso d’Inghilterra”. Non so sia vero, ne ho visti talmente tanti in questo viaggio che non saprei scegliere. Anzi, forse sì, ma ve lo dico più in là. Comunque, concordo sul fatto che sia delizioso. Appena scesa dalla macchina per fare una passeggiata, sono stata investita da raffiche di vento e un’aria piacevolmente fresca che mi ha allargato i polmoni all’istante. Subito dopo, ho sentito due sorelle gridare “le balene, le balene!” e correre verso il punto d’osservazione, seguite dal padre e da me. Peggio di una bambina di nove anni, saltellavo per andare anch’io a vedere i cetacei. Di cui ovviamente non c’era nessuna traccia. Secondo voi, chi è tornato indietro più deluso? Le bambine o io?

Penzance

Seconda tappa, Penzance. E’ la città più occidentale della Cornovaglia e anche la più grande che abbiamo visitato. Qui non c’è bisogno di cercare parcheggi, si può lasciare tranquillamente la macchina sulla strada per poi incamminarsi verso la promenade. Mentre andavamo verso il “lungoceano” ha cominciato a piovigginare. Una lunga passeggiata sulla promenade è il motivo migliore per visitare Penzance, oltre a Saint Michael’s Mount naturalmente, perché l’ho trovata di gran lunga più interessante dell’interno. Seppur visitatissimo, quest’ultimo a essere sincera non mi ha colpito particolarmente. A eccezione delle cianfrusaglie di un negozio vintage che mi sarei portata per intero a casa e del mio primo cornish pasty. Non ve lo descrivo qui perché da un’altra parte l’ho trovato molto più buono. Sulla promenade mi sono pentita di non aver portato il costume.

Jubilee Pool

Praticamente sull’oceano c’è una piscina di quelle in cui un nuotatore che si rispetti si deve tuffare, anche se fuori piove, tira vento e fa così freddo da andare in giro con la giacca. La Jubilee Pool, infatti, è considerata uno dei gioielli di Penzance. Costruita in stile art deco, fu inaugurata nel 1935 per festeggiare il Silver Jubilee di Re George V. Non a caso, si trova in una delle località che all’epoca erano privilegiate dagli inglesi per la villeggiatura.
20170814_114136La piscina (o il lido come queste piscine all’aperto vengono chiamate) è un pezzo d’architettura perfettamente incastonato sulla punta del “Ponte Santo” di Penzance. La forma triangolare segue la linea della roccia ed ha una struttura in grado di sopportare la forza delle tempeste invernali. Non solo, è anche dotata di cancellate che permettono l’ingresso e l’uscita dell’acqua seguendo il flusso della marea. Sembra che tra i nuotatori sia molto popolare e da nuotatrice non posso che essere 20170814_114504d’accordo! Mi mangerei le mani per non averne approfittato!!! L’unica consolazione è stata sedermi sulla roccia alla sua sinistra per fare compagnia agli artisti e ai pensatori che evidentemente scelgono questo punto per rilassarsi e lavorare.

Saint Michael’s Mount

Meno male che mi sono rifatta con il Saint Michael’s Mount, di fronte a Marazion (il villaggio IMG_6176prosecuzione di Penzance). St Michael’s Mount ha una caratteristica particolare: con l’alta marea appare come un’isola vera e propria, mentre la bassa marea fa in modo che l’isola venga collegata alla terraferma da una striscia sabbiosa. Quando la striscia emerge, si può raggiungere l’isola camminando su un’antica strada di ciottoli che è visibile solo quando l’acqua si ritira. Una volta arrivati sull’isola, si può visitare il castello del XII secolo, gli splendidi giardini che lo circondano e un villaggio caratteristico di case in pietra. Nelle ore di alta marea, un servizio di trasporto su barche sostituisce la camminata sulla striscia di sabbia, però io vi consiglio vivamente di consultare gli orari di bassa e alta marea e di presentarvi all’appuntamento qualche minuto prima dell’inizio della bassa marea.

Perché quella credo che sia una delle esperienze più IMG_6174divertenti che mi sia mai capitata in vita mia.

Tu sei dentro di me, come l’alta marea 

I turisti, infatti, ansiosi di passare dall’altra parte, non attendono che l’acqua si ritiri completamente, ma iniziano a passare inventando strategie e modi buffi per non bagnarsi d’acqua fino al collo. Con risultati, a parere mio, insieme spassosi e disastrosi. Molto meglio la mia strategia, fare passetti in avanti a ogni minimo ritiro dell’acqua, per godersi fino in fondo il passaggio e osservare bene il fenomeno del ritiro, sempre affascinante. Comunque, è pur vero che ciò che conta è il risultato finale, ovvero arrivare dall’altra parte. Nella quale altra parte, sembra di precipitare in un altro secolo, con le casette di pietra a formare un villaggio, i bei giardini che però sono aperti solo quando il tempo lo permette, e il castello, in cima a una salita. Sempre perché il tempo non era dei migliori, ho rinunciato a salire fino al castello, ma se avete la fortuna di capitare in una bella giornata penso proprio che la vista da lassù sia magnifica. Io, invece, ho girellato per il villaggio e mi sono fermata ad ascoltare lo storytelling sulla leggenda del posto.

Cormoran il gigante e Jack il ragazzino

Il cormorano gigante viveva a St. Michael’s mount e siccome sua moglie era morta e non aveva nessuno a cucinare per lui, terrorizzava gli abitanti di Marazion rubando loro ogni giorno il IMG_6205bestiame.Finché Jack il ragazzino decise di ribellarsi e convinse gli uomini del villaggio ad aiutarlo a scavare una grossa fossa alle pendici Monte. La mattina successiva, Jack suonò il suo corno per svegliare Cormoran. Il gigante arrabbiato corse lungo il lato del monte e finì nella fossa. Jack la riempì rapidamente e in questo modo seppellì il gigante. Poi gli strappò il cuore, perché non potesse più fare male a nessuno, e lo scagliò lontano. In quel punto, nacque una sorgente. Quando salirete al castello, a un certo punto troverete un sasso a forma di cuore. Metteteci il piede sopra: si dice che ascoltando attentamente potrete sentire il battito del cuore di Cormoran. Oppure, più prosaicamente, l’acqua della sorgente che scorre. Come puoi non innamorarti di un posto dove ti raccontano queste storie?

Marazion 

Un po’ a malincuore, abbiamo lasciato il monte prima che tornasse l’alta marea e tutto quello che desideravamo era un buon cornish cream tea a Marazion, molto molto caldo possibilmente. Alla nostra prima prova d’assaggio non siamo stati fortunatissimi, ci hanno rifilato un cornish cream tea senza…tea! Cioè, nel locale che abbiamo scelto (è il caso di dire, mai giudicare da una buona IMG_6210vetrina) il menù prevedeva l’accompagnamento tipico del cream tea con bevanda a piacimento. E no, anche perché la bevanda non era compresa nel prezzo! Ma, ma, in Cornovaglia un comportamento poco british? Eh sì, bisogna dirlo. Li ho perdonati solo perché il caffè era ottimo, macinato al momento, e gli scones freschi e fatti a mano. Peccato per la crema, che sembrava più mascarpone. Infatti, avrei scoperto dopo che spesso sostituiscono la clotted cream, difficile da realizzare, con il mascarpone. Ma niente recriminazioni, come vi racconterò nelle prossime puntate, mi sono rifatta alla grande nei giorni successivi. Al ritorno, ci è capitato un altro fatto divertente: davanti a un b&b esponevano frutta, verdura e fiori già prezzati, con le monete da lasciare dentro un salvadanaio lì accanto. Pago onestamente quanto dovuto per quelli che pensavo fossero banane e patate.

La prima cena 

Quando a casa ho aperto la busta ho visto che invece erano zucchine gialle (le banane) e un vegetale che non avevo mai visto, ma sicuramente niente patate. Abbiamo chiesto al padrone di casa cosa fossero e lui ci ha detto che erano rape rosse, che loro di solito mangiano solo già lesse in barattolo. Un minuto di silenzio per una che non ha mai visto una rapa rossa e poi vi dico com’è finita. Dentro un piatto di rigatoni, che ha colorato di un allegrissimo fucsia. Incredibilmente ne è uscito un piatto ottimo, da rifare a casa. Rape rosse, e fattoria cornica che le ha lasciate, più che promosse.

Nella prossima puntata del viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici, vi racconterò di come questa Braveheart woman abbia trovato il coraggio di buttarsi in acqua. In bikini. A 13 gradi. (continua)