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Tintagel e Boscastle, atmosfera mistica e magia

Di mattina presto, lasciamo Mullion con grande rimpianto e ci dirigiamo verso il nord della Cornovaglia. In due ore siamo arrivati a Tintagel, dove secondo la leggenda vedremo i resti del castello di Re Artù.

Il villaggio

Il villaggio è pittoresco, come tutti quelli visitati fin qui. Stavolta, abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio a prezzo fisso, 2 sterline per l’intera giornata, evitando quelli comunali a tariffa più alta. Sulla strada per il castello abbiamo visto il King Arthur’s Great Halls e l’Old Post Office. La prima è una mostra permanente su Re Artù, ospitata dal 1933 in un edificio di granito rosa e ardesia. I visitatori possono vedere la riproduzione del trono e della tavola rotonda, nonché ben 72 vetrate su cui viene riprodotta per intero la leggenda arturiana. Il vecchio ufficio postale, invece, non è altro che un edificio del 14° secolo  che nel 19° assunse transitoriamente la funzione di centro di smistamento della posta in arrivo e in uscita da Tintagel. L’edificio è stato acquistato dal National Trust nel 1903 che ne ha fatto un museo aperto al pubblico.

Il castello di Re Artù

Entrambi sono frequentatissimi dai turisti di tutto il mondo, ma io ho preferito concentrare le mie energie sul castello e non me ne sono affatto pentita, anche perché c’è talmente tanto da vedere e da fare che volendo ci si potrebbe passare l’intera giornata. Ai resti siamo arrivati percorrendo un sentiero in discesa abbastanza lungo; A pagamento avremmo potuto evitarlo salendo su jeep messe a disposizione  dalla struttura. Noi abbiamo optato per la camminata che, se non avete problemi di deambulazione, vi consiglio fortemente.

Come salire

Dopo aver fatto il biglietto, si può salire in due modi: scalando la roccia a sinistra, oppure attraversando il ponticello a destra per poi affrontare la ripida scalinata che porta sull’isola di roccia. La seconda opzione mi è sembrata, e forse lo era, più facile, ma vi assicuro che quando il vento tira così forte come quel IMG_6418 (2)giorno e tra te e lo strapiombo c’è soltanto un esile corrimano d’acciaio, salire quei gradini è una prova di coraggio. Soprattutto per quelli come me che soffrono di vertigini. Comunque, in qualche modo sono riuscita a varcare il portone di legno d’entrata e a mettermi relativamente al sicuro.

Un luogo di meditazione

Prima di andare, qualcuno mi aveva detto che Tintagel è un luogo di meditazione. Appena arrivata in cima, mi sono accorta che è vero. Un po’ lo è tutta la Cornovaglia, perché panorami così mozzafiato non possono non costringerti a riflettere sulla presenza dell’uomo nel mondo, e anche sulla tua misera vita, più banalmente. Su queste alture, viene spontaneo sedersi su uno dei resti e riflettere, volgendo lo sguardo all’immensità dell’orizzonte. Il panorama è unico e girando per le “stanze”, in realtà ora solo dei resti ricostruiti su mappa, viene voglia di girare ogni angolazione e fermarsi stupiti a rimirare colori che non hanno bisogno di ritocchi da photoshop, mentre il vento soffia così prepotentemente che ti entra dappertutto e ti rende instabile anche mentre cammini al sicuro. L’aria di mito e leggenda si respira su ogni masso, è 20170818_140331incredibile.

La statua di Re Artù

All’improvviso, quando eravamo in alto, abbiamo fatto la conoscenza di Re Artù in persona. Sì, proprio lui! Secondo la leggenda, infatti, Re Artù nacque a Tingagel e Merlino lo nascose nel castello per allevarlo in gran segreto. Se c’è bassa marea, si può scendere sulla costa per arrivare alla grotta di Merlino, oppure, come ho preferito fare io che sono arrivata durante l’alta marea, lasciare il castello alla propria destra e incamminarsi sulla scogliera di Gleve per raggiungere, lentamente e godendosi il panorama a ogni passo, la chiesa di S. Materiana.

La chiesa di S. Materiana

Improvvisamente, ho pensato di essere finita nel bel mezzo di un film sul medioevo. La chiesa, infatti, è risalente all’11° o 12° secolo e non ha subito cambiamenti di rilievo da allora, se si escludono il rifacimento del tetto e delle finestre. E’ di fattura normanna, piccolina, e ispira un grande senso di pace e di quiete. Forse perché circondata di tombe antiche nel minuscolo cimitero annesso. In questo luogo dedicato all’eterno riposo, ho portato un saluto e un pensiero sulla tomba di Domenico Catanese, un quattordicenne napoletano che nel 1893 perì nel naufragio della sua nave sulle scogliere. Una croce di legno e un salvagente lo ricordano ai passanti. Dalla chiesa, una strada collinare, purtroppo asfaltata, senza marciapiede e molto stretta, porta in discesa verso il villaggio, al punto di partenza. Quell’unica stradina per arrivare alla chiesa, è anche la via con cui le persone non autosufficienti possono godere di un parcheggio riservato e di una bella vista sul castello, pur non potendo accedere a quest’ultimo perché oggettivamente proibitivo per chi non goda di buona salute.

Boscastle

Ammaliati da questo tripudio di bellezza in ogni senso e in ogni angolo, ci siamo spostati IMG_6426verso Boscastle, un villaggio a circa dieci minuti di macchina, che volendo si può raggiungere anche a piedi attraverso il coastal path. Qui hanno girato diverse scene del film L’erba di Grace. Tenete sempre presente, però, che nei villaggi cornici dopo le 5 del pomeriggio troverete tutto chiuso, anche in piena estate, e che il tempo cambia radicalmente, virando spesso a pioggia o a vento impetuoso.

Il villaggio di Boscastle

A Boscastle, infatti, siamo arrivati sul filo di lana, appena prima che l’intero villaggio si preparasse per la cena. Noi volevamo solo scaldarci con un cornish tea e abbiamo trovato una sola locanda disposta a prepararcelo. Rinfrancati, abbiamo passeggiato per questa bella cittadina, fiabesca nella sua atmosfera quasi notturna, arrivando fino al porto, dove nel frattempo il vento era diventato così potente da spostarci leggermente mentre camminavamo.

Libri a offerta libera

A Boscastle ho visto un’iniziativa molto carina dell’ufficio turistico: un capannone-biblioteca, con libri usati che si possono lasciare come una sorta di offerta libera e comprare con prezzo stabilito dai gestori. Solo che per pagare bisogna trasferirsi nell’edificio principale dell’ufficio turistico, quello dove si comprano mappe e souvenir. Insomma, tutto è lasciato all’onestà dei lettori, che in autonomia prendono e lasciano libri pagando il dovuto. Cosa che anch’io ho puntualmente fatto: ti pare che non possa trovare un libro interessante in un angolo sperduto della Cornovaglia?

La fattoria

Salutata Boscastle, è il momento di andare nella nostra nuova “casa”. Una fattoria, esperienza sensazionale assolutamente da provare almeno una volta. Dopo avere in qualche modo affrontato con successo una stradina minuscola che sfida qualsiasi legge di circolazione a un senso e che loro considerano a due sensi, non capirò mai come facciano, siamo arrivati in cima a una collina e siamo stati accolti dalla fattora e dalle sue mucche con grande ospitalità. Non oso 20170818_205552_LLSimmaginare che capigliatura alla medusa dovessi avere, perché lei molto carinamente ha deciso che “con tutto quel vento” avessi diritto a un bel…cornish tea! Grandissima, ovviamente non abbiamo confessato di averne appena preso uno a Boscastle e abbiamo fatto bene, perché poco dopo lei si è ripresentata con scones, clotted cream e marmellata fatta in casa. Una goduria divina. Senza contare il panorama dalla finestra della camera, che vi faccio vedere in questa foto naturale, senza l’utilizzo di filtri. Non sembrano anche a voi colori pazzeschi?

Arrivederci

Un’altra giornata fitta fitta di emozioni sta finendo. Domani lascerò definitivamente la Cornovaglia e al solo pensiero mi si spezza il cuore. Ho ancora un’ultima scrittrice che mi aspetta, al Jamaica Inn. Poi, dovrò mormorare un arrivederci a questa terra meravigliosa. (continua)

Leggi anche:

Cornovaglia, dopo oltre 500 anni un nuovo ponte per raggiungere il castello di re Artù (link esterno)

Land’s End, dove finisce la Terra

Land’s End, ovvero dove finisce la terra. E’ il punto più occidentale dell’Inghilterra e solo per questo 20170815_105516motivo richiama migliaia di turisti ogni anno. All’inizio di questo post voglio essere politicamente corretta e dirvi che effettivamente vale la pena di passarci. Alla fine, invece, farò un po’ di polemica strumentale alla presentazione del prossimo post.

 

Land’s End

La verità è semplice: Land’s End è un posto turistico, nel senso peggiore del termine, e che proprio per questo può deludere. Non vi sfuggirà che io mi colloco land's endtra i delusi. Arrivati nel solito grande parcheggio, abbiamo lasciato la macchina per la “modica” cifra di 6 sterline e ci siamo ritrovati catapultati all’interno di un villaggio divertimenti, francamente un po’ triste, realizzato nel 1987. La vista, però, è magnifica, soprattutto se vi spostate verso destra, all’altezza della “first and last house”, che si chiama così perché è la prima casa costruita sul sito e anche l’ultima prima dell’oceano. Il primo ad arrivare qui fu Guglielmo il Conquistatore, che poi suddivise l’area tra i nobili che l’avevano aiutato a conquistare il potere.

La riserva naturale di Porthgwarra

lands end 3Da qui, ormai l’avete imparato, parte un sentiero me-ra-vi-glio-so, che costeggia la scogliera fino ad arrivare alla riserva naturale di Porthgwarra, un paradiso per gli amanti del birdwatching, della flora selvatica e della fauna, perché si cammina in mezzo a tappeti erbosi di erica e ginestra dalle mille sfumature purpuree, ai pony che hanno il compito di rasare l’erba e alle mucche.

Elephant Rock

Mentre 20170815_115721scarpinavo, ho approfittato per fare delle foto all’Elephant Rock. Non so se si chiami davvero così, ma a me questa roccia è sembrata davvero un elefante e l’ho battezzata così, dimostrando grande fantasia tra l’altro.

Proseguendo, sudati e stanchi come dopo la peggiore sessione di crossfit della nostra vita, siamo arrivati alla spiaggia di Porthcurno, che per qualcuno è la Caraibi della Cornovaglia. Dopo un ultimo precipizio, perché abbiamo avuto la felice idea di prendere una scorciatoia usata dagli autoctoni per non fare tutto il giro passando dal parcheggio, siamo “saltati” sulla sabbia e crollati letteralmente sull’asciugamano. Fuori c’erano 15°, i bagnini segnano su un cartello la temperatura esterna e quella dell’acqua, e in acqua 13.

Porthcurno

Dopo aver giocato un po’ con la granella di nocciole della sabbia, i miei occhi inorriditi hanno visto un bambino di circa un anno sgambettare allegramente dentro l’acqua turchese. L’istinto competitivo è improvvisamente risorto: ” se non piange lui, posso farcela anch’io”. Sì, lo so, evitate commenti su PORTHCURNO2una in competizione con un unenne, grazie. Decisa e determinata mi sono diretta verso l’acqua, ho bagnato i piedi e…sono tornata indietro. Dopo un po’ ci ho riprovato e al secondo tentativo sono riuscita a nuotare. E’ stata una sensazione incredibile, era come se mi facessi spazio con le braccia in mezzo ai cubetti di ghiaccio. E quando sono uscita, ancora un senso di meraviglia perché i 15° esterni improvvisamente mi sono sembrati 40°!!! Pazzesco, sul serio. Da fare e rifare fino alla notte dei tempi.

Minack theatre

Due cenni storici su Porthcurno: se l’acqua gelida non fa al caso vostro, potrete visitare il Minack theatre, il più famoso teatro all’aperto della Gran Bretagna, costruito tra il 1931 e il 1983 sul modello degli 20170815_161922anfiteatri dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma e che viene utilizzato per visite guidate e rappresentazioni durante l’estate. Oppure potreste visitare il museo del Telegrafo, un tunnel che venne scavato durante la seconda guerra mondiale per proteggere i fili del telefono. Porthcurno, infatti, è famosa per essere il punto di entrata in mare della linea telegrafica sottomarina Londra-Bombay, realizzata intorno al 1872, oltre che di diverse altre linee di collegamento con l’Europa. Proprio qui, Gugliemo Marconi realizzò la prima trasmissione radio verso il Nord America. Al ritorno al campo base di Mullion (sempre in autobus fino a Land’s End per riprendere la macchina) abbiamo fatto un giretto per il porto. Sembra che Mullion in passato fosse un covo di contrabbandieri e che proprio dal porto partisse un tunnel segreto che arrivava fino a una fattoria, mentre il pub della cittadina costituiva il ritrovo dei contrabbandieri. Una storia simile la ritroverò poi nel Jamaica Inn…ma questa è un’altra storia, appunto.

Nella prossima puntata, intanto, vi racconterò di quale sia secondo me il vero punto più occidentale dell’Inghilterra, con polemica del tutto personale, e di due autrici celebri che ho incontrato a St. Ive’s e al Faro di Godrevy.

(continua)

Leggi anche: 

Il mio viaggio letterario: sulle tracce delle grandi scrittrici

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Saint Michael’s Mount, l’isola che non è

Dopo la splendida gita a Polperro e Looe, arriviamo a Mullion nel tardo pomeriggio. Siamo fortunati, l’appartamento che abbiamo prenotato è stato appena allestito ed è dotato di tutte le comodità. Considerando il prezzo esiguo che abbiamo pagato, direi niente male. La signora che ci ospita è riservata (tutto il contrario della signora di Torquay!) e gentile, si limita a indicarci dove si trova il supermercato e ci saluta. Il supermercato è a meno di 500 metri e quindi non riesco a farmi un’idea del posto in cui siamo capitati con questa breve passeggiata. L’abbiamo scelto a caso, solo perché nelle località di maggiore richiamo abbiamo trovato tutto esaurito e prezzi folli per le rimanenze, quindi non abbiamo fatto troppi calcoli.

Mullion è perfetta

In realtà, già il giorno dopo ci rendiamo conto che Mullion è assolutamente perfetta come base per girare tutta la penisola Lizard e le località più famose come Penzance e St Ives e quindi mi sento di consigliarvela senza tentennamenti. Se volete girare l’estremo sud della Gran Bretagna in più giorni, scegliete Mullion e non ve ne pentirete.

Mousehole 

La prima gita prevede la triade Mousehole, Penzance e St. Michael’s Mount e un primo assaggio del tempo variabile che caratterizza la Cornovaglia. Nuvoloni minacciosi si apprestano a sfogarsi, ma noi indomiti ci dirigiamo lo stesso verso i nostri obiettivi.
IMG_6148Mousehole, il buco del topo, mai nome fu più azzeccato per questo minuscolo villaggio di pescatori, che lo scrittore Dylan Thomas descrisse come il “villaggio più delizioso d’Inghilterra”. Non so sia vero, ne ho visti talmente tanti in questo viaggio che non saprei scegliere. Anzi, forse sì, ma ve lo dico più in là. Comunque, concordo sul fatto che sia delizioso. Appena scesa dalla macchina per fare una passeggiata, sono stata investita da raffiche di vento e un’aria piacevolmente fresca che mi ha allargato i polmoni all’istante. Subito dopo, ho sentito due sorelle gridare “le balene, le balene!” e correre verso il punto d’osservazione, seguite dal padre e da me. Peggio di una bambina di nove anni, saltellavo per andare anch’io a vedere i cetacei. Di cui ovviamente non c’era nessuna traccia. Secondo voi, chi è tornato indietro più deluso? Le bambine o io?

Penzance

Seconda tappa, Penzance. E’ la città più occidentale della Cornovaglia e anche la più grande che abbiamo visitato. Qui non c’è bisogno di cercare parcheggi, si può lasciare tranquillamente la macchina sulla strada per poi incamminarsi verso la promenade. Mentre andavamo verso il “lungoceano” ha cominciato a piovigginare. Una lunga passeggiata sulla promenade è il motivo migliore per visitare Penzance, oltre a Saint Michael’s Mount naturalmente, perché l’ho trovata di gran lunga più interessante dell’interno. Seppur visitatissimo, quest’ultimo a essere sincera non mi ha colpito particolarmente. A eccezione delle cianfrusaglie di un negozio vintage che mi sarei portata per intero a casa e del mio primo cornish pasty. Non ve lo descrivo qui perché da un’altra parte l’ho trovato molto più buono. Sulla promenade mi sono pentita di non aver portato il costume.

Jubilee Pool

Praticamente sull’oceano c’è una piscina di quelle in cui un nuotatore che si rispetti si deve tuffare, anche se fuori piove, tira vento e fa così freddo da andare in giro con la giacca. La Jubilee Pool, infatti, è considerata uno dei gioielli di Penzance. Costruita in stile art deco, fu inaugurata nel 1935 per festeggiare il Silver Jubilee di Re George V. Non a caso, si trova in una delle località che all’epoca erano privilegiate dagli inglesi per la villeggiatura.
20170814_114136La piscina (o il lido come queste piscine all’aperto vengono chiamate) è un pezzo d’architettura perfettamente incastonato sulla punta del “Ponte Santo” di Penzance. La forma triangolare segue la linea della roccia ed ha una struttura in grado di sopportare la forza delle tempeste invernali. Non solo, è anche dotata di cancellate che permettono l’ingresso e l’uscita dell’acqua seguendo il flusso della marea. Sembra che tra i nuotatori sia molto popolare e da nuotatrice non posso che essere 20170814_114504d’accordo! Mi mangerei le mani per non averne approfittato!!! L’unica consolazione è stata sedermi sulla roccia alla sua sinistra per fare compagnia agli artisti e ai pensatori che evidentemente scelgono questo punto per rilassarsi e lavorare.

Saint Michael’s Mount

Meno male che mi sono rifatta con il Saint Michael’s Mount, di fronte a Marazion (il villaggio IMG_6176prosecuzione di Penzance). St Michael’s Mount ha una caratteristica particolare: con l’alta marea appare come un’isola vera e propria, mentre la bassa marea fa in modo che l’isola venga collegata alla terraferma da una striscia sabbiosa. Quando la striscia emerge, si può raggiungere l’isola camminando su un’antica strada di ciottoli che è visibile solo quando l’acqua si ritira. Una volta arrivati sull’isola, si può visitare il castello del XII secolo, gli splendidi giardini che lo circondano e un villaggio caratteristico di case in pietra. Nelle ore di alta marea, un servizio di trasporto su barche sostituisce la camminata sulla striscia di sabbia, però io vi consiglio vivamente di consultare gli orari di bassa e alta marea e di presentarvi all’appuntamento qualche minuto prima dell’inizio della bassa marea.

Perché quella credo che sia una delle esperienze più IMG_6174divertenti che mi sia mai capitata in vita mia.

Tu sei dentro di me, come l’alta marea 

I turisti, infatti, ansiosi di passare dall’altra parte, non attendono che l’acqua si ritiri completamente, ma iniziano a passare inventando strategie e modi buffi per non bagnarsi d’acqua fino al collo. Con risultati, a parere mio, insieme spassosi e disastrosi. Molto meglio la mia strategia, fare passetti in avanti a ogni minimo ritiro dell’acqua, per godersi fino in fondo il passaggio e osservare bene il fenomeno del ritiro, sempre affascinante. Comunque, è pur vero che ciò che conta è il risultato finale, ovvero arrivare dall’altra parte. Nella quale altra parte, sembra di precipitare in un altro secolo, con le casette di pietra a formare un villaggio, i bei giardini che però sono aperti solo quando il tempo lo permette, e il castello, in cima a una salita. Sempre perché il tempo non era dei migliori, ho rinunciato a salire fino al castello, ma se avete la fortuna di capitare in una bella giornata penso proprio che la vista da lassù sia magnifica. Io, invece, ho girellato per il villaggio e mi sono fermata ad ascoltare lo storytelling sulla leggenda del posto.

Cormoran il gigante e Jack il ragazzino

Il cormorano gigante viveva a St. Michael’s mount e siccome sua moglie era morta e non aveva nessuno a cucinare per lui, terrorizzava gli abitanti di Marazion rubando loro ogni giorno il IMG_6205bestiame.Finché Jack il ragazzino decise di ribellarsi e convinse gli uomini del villaggio ad aiutarlo a scavare una grossa fossa alle pendici Monte. La mattina successiva, Jack suonò il suo corno per svegliare Cormoran. Il gigante arrabbiato corse lungo il lato del monte e finì nella fossa. Jack la riempì rapidamente e in questo modo seppellì il gigante. Poi gli strappò il cuore, perché non potesse più fare male a nessuno, e lo scagliò lontano. In quel punto, nacque una sorgente. Quando salirete al castello, a un certo punto troverete un sasso a forma di cuore. Metteteci il piede sopra: si dice che ascoltando attentamente potrete sentire il battito del cuore di Cormoran. Oppure, più prosaicamente, l’acqua della sorgente che scorre. Come puoi non innamorarti di un posto dove ti raccontano queste storie?

Marazion 

Un po’ a malincuore, abbiamo lasciato il monte prima che tornasse l’alta marea e tutto quello che desideravamo era un buon cornish cream tea a Marazion, molto molto caldo possibilmente. Alla nostra prima prova d’assaggio non siamo stati fortunatissimi, ci hanno rifilato un cornish cream tea senza…tea! Cioè, nel locale che abbiamo scelto (è il caso di dire, mai giudicare da una buona IMG_6210vetrina) il menù prevedeva l’accompagnamento tipico del cream tea con bevanda a piacimento. E no, anche perché la bevanda non era compresa nel prezzo! Ma, ma, in Cornovaglia un comportamento poco british? Eh sì, bisogna dirlo. Li ho perdonati solo perché il caffè era ottimo, macinato al momento, e gli scones freschi e fatti a mano. Peccato per la crema, che sembrava più mascarpone. Infatti, avrei scoperto dopo che spesso sostituiscono la clotted cream, difficile da realizzare, con il mascarpone. Ma niente recriminazioni, come vi racconterò nelle prossime puntate, mi sono rifatta alla grande nei giorni successivi. Al ritorno, ci è capitato un altro fatto divertente: davanti a un b&b esponevano frutta, verdura e fiori già prezzati, con le monete da lasciare dentro un salvadanaio lì accanto. Pago onestamente quanto dovuto per quelli che pensavo fossero banane e patate.

La prima cena 

Quando a casa ho aperto la busta ho visto che invece erano zucchine gialle (le banane) e un vegetale che non avevo mai visto, ma sicuramente niente patate. Abbiamo chiesto al padrone di casa cosa fossero e lui ci ha detto che erano rape rosse, che loro di solito mangiano solo già lesse in barattolo. Un minuto di silenzio per una che non ha mai visto una rapa rossa e poi vi dico com’è finita. Dentro un piatto di rigatoni, che ha colorato di un allegrissimo fucsia. Incredibilmente ne è uscito un piatto ottimo, da rifare a casa. Rape rosse, e fattoria cornica che le ha lasciate, più che promosse.

Nella prossima puntata del viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici, vi racconterò di come questa Braveheart woman abbia trovato il coraggio di buttarsi in acqua. In bikini. A 13 gradi. (continua)

Agatha Christie mile, chicca per veri giallodipendenti

Il Torquay museum è anche il punto da cui parto per esplorare l’Agatha Christie mile, un omaggio che la città natale della giallista le ha voluto rendere affiggendo delle targhe commemorative davanti a 14 edifici o luoghi che abbiano avuto un’influenza di qualche tipo nella sua vita. In realtà il mile in totale misura quasi 5 km di salite e disceseIMG_6074, quindi anche se nelle guide al percorso troverete scritto che è facile, vi dico subito che lo è, ma non troppo. Soprattutto, come vi spiegherò più avanti, gli ideatori dell’iniziativa devono aver dimenticato qualche targa, oppure…ma andiamo con ordine. Dicevo, 

1) il Torquay museum, si trova in collina. Secondo le mappe, non sto prendendo l’Agatha Christie mile nell’ordine giusto, ma per ottimizzare i tempi ricalcolo il tragitto secondo la posizione in cui già mi trovo, tipo navigatore umano.

2) Da lì, scendendo verso il porto, e proseguendo sulla sinistra, arrivo al Royal Torbay Yacht Club. Agatha lo frequentava spesso, perché il padre, un americano morto quando era ancora piccola, ne era un membro influente.

3) Mi giro e di fronte allo yacht club, c’è Beacon cove, la baia dove andava a nuotare da piccola, chiamata allora “Ladies Bathing Cove”, e dove rischiò un giorno di affogare pur essendo un’ottima nuotatrice. Con le correnti assassine che ci sono da quelle parti, la cosa non mi stupisce per niente.

4) Lì accanto, un’altra pietra miliare: l’Imperial hotel, albergo costruito nel 1866 e definito “lussuoso”. Non so dirvi come sia all’interno e come poteva essere ai primi del ‘900, ma oggi dall’esterno appare un po’ decadente. La posizione però è strategica, affaccia sulla IMG_6077baia ed è dotato di terrazza con piscina. Sembra che nell’avventura di Poirot “Il pericolo senza nome“, ambientato in Cornovaglia, l’albergo in cui scende l’investigatore sia in realtà proprio l’Imperial mascherato. Secondo me lo è anche quello di “Corpi al sole“, perché mentre rileggevo il romanzo mi sembrava quasi di vederlo! Dalla strada che lo costeggia, inizia una passeggiata panoramica e dei giardini digradanti che volendo consentono di scendere fino a spiagge di sassi e calette seminascoste. Forse non sarà di lusso l’edificio, ma penso proprio che chi soggiorna lì riceva un trattamento di lusso dall’ambiente che lo circonda.

Un po’ riluttante, abbandono quest’angolo di paradiso per proseguire verso la tappa successiva dell’Agatha Christie mile.

5) Il busto di Agatha mi aspetta, un po’ pensieroso e lugubre. Forse, sta architettando una nuova diabolica trama. L’opera è stata inaugurata dalla figlia il 15 settembre 1990, a 100 anni dalla nascita della scrittrice. Personalmente non l’ho trovata particolarmente espressiva, ma ritengo che se è stata approvata dalla figlia, cioè la custode dell’impero materno fino alla sua morte, debba essere approvata per definizione anche dai fan. Da qui, parte un lungo tratto di passeggiata pianeggiante lungomare, molto piacevole e tranquillo.

6) Incontro poco distante il Pavillion, la sala concerti dove Agatha amava andare ad ascoltare musica classica. Proprio lì, nel 1913, ricevette la proposta di matrimonio del suo primo marito alla fine di un concerto di Wagner.

IMG_60817) Subito dopo, Princess Garden, giardini da lei molto amati,

8) e il Princess Pier, il molo su cui Agatha pattinava con le amiche da adolescente. All’altezza del molo, lasciamo il lungomare per inoltrarci all’interno, per andare verso la Torre Abbey.

9) Dopo un’imponente restauro, la Torre è stata inaugurata nel 2008 dal mio Poirot preferito, David Suchet. L’anno dopo, nei giardini è stata creata una sezione dedicata alle piante di Agatha Christie. In questa sezione, le piante sono divise in gruppi e ogni gruppo può essere ricondotto a un libro. Prima di arrivare alla torre, c’è un altro giardino suggestivo, con una caratteristica che ho poi ritrovato in ogni tappa del viaggio: le panchine con una dedica scritta su una targhetta di ottone. Alcune, vi confesso, sono molto emozionanti, soprattutto quelle dedicate ad anziani scomparsi che amavano stare seduti e rimirare l’oceano proprio da quella panchina.

10) Dalla Torre, sono poi tornata alla stazione dei treni, la stessa da cui sono arrivata il giorno precedente. Durante le celebrazioni per il centenario della nascita dell’autrice, sempre nel 1990 quando posero il busto al punto 5), proprio alla stazione accadde un fatto incredibile: Poirot (David Suchet) e Miss Marple (Joan Hickson) si sono incontrati! Nei gialli non era mai accaduto, secondo me fondamentalmente perché odiava lui e amava lei. Come avrebbe fatto a non farli litigare?

11) Adiacente alla stazione, un altro albergo, il Grand Hotel, dove Agatha trascorse la luna di miele con il primo marito. Il Grand Hotel rispetto all’Imperial ha conservato il suo aspetto maestoso e penso siano abituati al pellegrinaggio degli amanti della scrittrice, perché quando IMG_6096mi sono avvicinata per fotografare la targa il concierge non ha battuto ciglio.

A questo punto ho toccato i due estremi del “mile”. Tornando indietro, secondo la mappa del museo ci sono altri tre punti per completarlo.

12) The Strand, che oggi è un po’ la via dello shopping di Torquay, all’epoca di Agatha faceva da capolinea per carrozze e tram ed era già allora la via dello shopping esclusivo, tanto che Agatha e la madre a volte facevano qui i loro acquisti.

Dopodiché, il buio. Secondo la mappa ciclostilata ci sarebbero altri due edifici,

il 13) “Former Royal Theatre” e

14) il dispensario, cioè un ospedale di assistenza pubblica, in cui Agatha lavorò durante la guerra e che la rese così brava nella gestione dei veleni da parte dei suoi assassini.

Agli indirizzi segnati sulla mappa non ho trovato nessuno dei due, né alcuna targa che mi potesse aiutare a identificare l’edificio.

 

IMG_6108Confesso che ho dovuto contenere la delusione, soprattutto perché queste ultime due tappedellAgatha Christie mile hanno richiesto anche uno sforzo fisico non indifferente, considerato che hanno portato quello che doveva essere un semplice miglio a misurare invece, a occhio, almeno tre volte tanto.

Per fortuna la signora da cui alloggiavo ha pensato bene di risollevare gli animi preparando un’ottima cenetta, condita da una conversazione rilassata e tranquilla con lei e il marito. Il menù della cena, insospettabilmente buono, ha previsto un piatto unico di maiale, rape rosse e barbabietola, bulgur e couscous, origano, innaffiato da un vino dall’apparenza francese con vitigno italiano (non fate commenti). A chiudere una splendida serata, un ottimo crumble di rabarbaro con salsa custard vanigliata.

Li salutiamo con affetto, siamo stati benissimo in loro compagnia, ma ora è arrivato il momento di lasciare il Devon per realizzare il sogno di una vita.

 

thumbnail_poirot_marple

 

Cornovaglia…sto arrivando! Intanto ditemi: vi è piaciuto l’Agatha Christie mile? Vi piacerebbe farlo prima o poi? Raccontatemi nei commenti!

(continua)

torquay mile

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Agatha Christie, o la vita avventurosa della Dama in Giallo

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Sulle tracce delle grandi scrittrici: a Bath da Jane Austen

jane austen entrataIn realtà quando arrivo al Jane Austen Centre, al 40 di Gay Street, è ancora un po’ presto per prendere il tè e infatti lei mi aspetta all’entrata con un’espressione da sfinge. Da queste parti il galateo è una cosa seria J

Comunque Jane è una ragazza gentile e infatti mi fa entrare subito. Subito dopo aver acquistato il biglietto, che costa 11 £, veniamo fatti accomodare di fronte a uno schermo da cui parte un video introduttivo, che ci spiega tra l’altro che Jane Austen visse davvero in Gay Street, ma al numero 25. Subito dopo, un ragazzo in costume ci porta in un’altra sala, dove di nuovo ci sediamo mentre lui ci introduce alle vicende della famiglia d’origine di Jane Austen, di cui illustra l’albero genealogico e i principali avvenimenti della vita di ognuno, corredandoli da informazioni base sulla società di allora e la posizione della famiglia al suo interno (tutte informazioni che approfondirò nel focus dedicato alla scrittrice, n.d.r.). In realtà, sta riassumendo quello che vedremo subito dopo nelle vere e proprie sale del museo. La visita guidata è finita, da qui in avanti la mostra prosegue con foto e oggetti d’epoca, le lettere fitte fitte che scriveva alla sorella, pannelli espositivi che ripercorrono le tappe principali della sua vita, arazzi fatti a mano e statue a grandezza naturale. La prima che incontro è quella del secondo fratello, che visse quasi sempre all’estero perché aveva abbracciato la carriera militare. Ci viene IMG_5975consentito di toccare quasi tutto e anche di annusare dei flaconi di profumo per capire “di cosa sapevano le donne al tempo di Jane”. Ehm…ecco…penso di immaginarlo e non doveva essere piacevole. Lavavano tutti i giorni solo il viso e quindi avevano bisogno di mascherare l’odore del corpo con essenze. Nel diciannovesimo secolo cominciò a svilupparsi un gusto per i profumi che anticipava il moderno sviluppo del settore. Grazie a una spugna inumidita, le signore bagnavano l’interno dei vestiti per assicurarsi che il profumo persistesse tutto il giorno. Le fragranze che andavano di moda allora erano tre: lavanda, fiori d’arancio e acqua di rose, che spesso mescolavano tra loro per personalizzare il profumo. Tra i tre il mio preferito, scontato direi, è la lavanda. Oppure ci hanno fatto assaggiare gli Oliver biscuits di Bath, inventati da un medico del 1700 per i suoi pazienti delle cure termali e diventati nel tempo un prodotto tipico della città. L’ultima sezione è la più divertente. Ci aspettano un tavolo con teiera e tazza di tè (senza tè), un armadio IMG_5974zeppo di vestiti, cappelli, scialli e ventagli e una statua a grandezza naturale di Mr. Darcy. Naturalmente, tutti impazziti con i travestimenti e le foto con lui nelle pose più bizzarre. Prima di uscire, un’altra sorpresa in cima alle scale: due scrivanie e la possibilità di scrivere messaggi con pennino, calamaio con inchiostro viola o rosso e carta intestata. Ultima tappa il negozio di souvenir, purtroppo ahimè un po’ sguarnito e che mi ha lasciato a mani vuote. Il Jane Austen Centre merita una visita? Ni. Sicuramente sono uscita sapendone di più sulla scrittrice, ma il prezzo alto rispetto ai materiali e la mancanza di giocosità delle assistenti di sala, vestite in costume ma più attente a rimettere tutto in ordine che a intrattenere le persone, hanno sedato in parte l’entusiasmo iniziale. Ho la sensazione che anche altri la pensassero come me, perché sono stata l’ultima a uscire e ho notato la fretta con cui alcuni hanno attraversato il museo.

Pazienza, il pomeriggio è appena iniziato e c’è ancora tempo per girare la città. Il ponte Pulteney è da non perdere. Costruito nel 1773, è uno degli unici quattro ponti al mondo che ospita negozi su entrambi i lati. Sembra IMG_5977quasi di stare su Ponte Vecchio a Firenze, che infatti è uno dei quattro, anche se il progetto sembra si sia ispirato al ponte di Rialto a Venezia. Scendendo sulle rive del fiume Avon, a breve distanza s’incontra il Recreation Ground (The rec), un complesso sportivo utilizzato dal Bath Rugby Football Club, uno dei più antichi ancora esistenti, per le partite casalinghe.

La giornata ormai volge al termine, anche perché è quasi ora di fare i bagagli e ripartire, ma c’è spazio per un ultimissimo pigro giro senza meta (a proposito di rugby…) e per una pausa dolce nella panetteria di una catena cornica. Mi sembra un delitto assaggiare piatti tipici prima del tempo, perciò mi accontento di un pezzo di torta, la cornish heavy cake, una cioccolata calda e una panchina. Passa un tizio, versione rutto libero. Mi scappa da ridere, ma vi giuro, non per lui, per l’ironia della situazione. “Sorry”, mi dice. Benvenuti nella real England.

Alla prossima puntata con Torquay e la seconda scrittrice, sua Maestà del brivido Agatha Christie.