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Omicidi in pausa pranzo – Viola Veloce

Omicidi in pausa pranzo. Alzi la mano chi non ha mai conosciuto un collega così antipatico da farti venire voglia di strozzarlo. In bagno, magari. A Viola Veloce, milanese doc e impiegata dop, deve essere venuta così l’idea di questo romanzo. Un po’ giallo, un po’ satira, un po’ romance, le vicende di Francesca Zanardelli e delle sue indagini improvvisate trascinano con ironia nelle giornate di un’impiegata al di sopra di ogni sospetto.

Trama 

Francesca Zanardelli è davanti allo specchio del bagno, con in mano lo spazzolino da denti, quando intravede due piedi sbucare da sotto la porta del w.c. Per terra c’è il cadavere di Marinella Sereni, la sua insopportabile compagna di scrivania! Qualcuno l’ha strozzata con una corda bianca mentre tutti erano in pausa pranzo. Francesca diventa così la principale testimone nelle indagini sulla morte della collega, solo che il killer è stato bravissimo a non lasciare tracce. Il caso suscita un incredibile clamore mediatico e la paura diventa una compagna di vita dei trecento dipendenti dell’Azienda Omicidi, come la chiamano i giornalisti. I colleghi cominciano addirittura a sospettarsi tra loro, mentre la vita privata di Francesca va a rotoli. Francesca però non vuole perdere il lavoro. Preferisce rischiare la pelle pur di continuare a “portare a casa lo stipendio” e non finire in un’agenzia interinale per precari, come capita alla generazione di trentacinquenni alla quale appartiene. E mentre le cotolette di plastica in pausa pranzo si susseguono identiche ogni giorno, la procura di Milano non riesce a scoprire chi sia l’assassino, nel frattempo divenuto un vero serial killer…

Black humor all’italiana 

Da tempo volevo leggere questo romanzo, fenomeno recente del self publishing fa poi scoperto, e risistemato come scrive l’autrice nella postfazione, da Mondadori. La storia non mi ha deluso: divertente, ironica, scritta da una persona ben introdotta (e si vede) nell’ambiente psicopatico medio di un ufficio qualunque. Il libro giusto da leggere sull’autobus nel tragitto da e per il posto di lavoro. L’unico aspetto poco convincente è la reazione della protagonista di fronte agli assassinii. Va bene che lavori nell’ufficio contabilità, quindi abituata a ragionare con freddezza, ma Francesca benedetta: trovi una morta ammazzata nel bagno e la prima cosa che ti viene in mente è avvertire il capo che si trova su un altro piano? E se l’assassino fosse stato ancora nel palazzo? Come mai per tutto il libro la Zanardelli non si preoccupa minimanente della propria incolumità fisica? A questo punto, da lettrice seriale quale sono, voglio Francesca Zanardelli assassina! 🙂

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Le amiche del venerdì sera – Kate Jacobs

Siamo a metà settimana e venerdì sembra ancora lontano. Mi sono tornate in mente le ragazze che ho visto lavorare la lana nella metropolitana di New York. Allora, niente di meglio che parlare di un romanzo che ha questo giorno nel titolo e un negozio di lana come ambientazione. Quattro chiacchiere con le amiche, un caffè e qualche biscotto: un sogno, vero? La vita della protagonista, però, è tutt’altro che un sogno…

Trama

Tutto è nato un po’ per caso: qualche cliente ritardataria che si trattiene oltre l’orario di chiusura, un paio di consigli sull’arte della maglia che diventano quattro chiacchiere e un caffè. Ed ecco il Club del Venerdì. L’appuntamento è da “Walker & Figlia”, un negozio di filati a Manhattan. Lei è Georgia: mamma single, trentacinque anni o poco più. A ingarbugliarle l’esistenza, il suo ex con un improvviso istinto paterno. E l’ex amica del cuore, che vorrebbe rimediare agli errori del passato. Per fortuna c’è il Club, capace di superare differenze di gusti ed età, riunendo donne in carriera e femministe, signore mature e teenager intraprendenti. Ben presto, le lezioni sul diritto e sul rovescio lasciano spazio a segreti e confidenze, e quelle che erano semplici clienti si trasformano in amiche. Unite da un legame che saprà resistere anche quando sarà la vita a girare a rovescio.

Via lo stress con calze e gomitoli

Sarebbe bello sapere che un negozio così esiste davvero. Un luogo dove la saracinesca non si abbassa all’ora di chiusura e che grazie a ferri e gomitoli di lana ti permette di sfogare le frustazioni della settimana e di iniziare il weekend con allegria, o quantomeno più serenità. Questo è il bozzolo che Georgia e sua figlia hanno saputo creare intorno a un manipolo di clienti molto differenti per cultura ed esperienze di vita, accumunate dal sacro amore per il lavoro a maglia. Non crediate che siano anziane: non lo è Georgia e non lo sono le altre, come la copertina lascia giustamente intuire. D’altra parte, in questi giorni ho visto così tante ragazze sferruzzare nella metropolitana di New York, che ho capito quanta presa abbia ancora, per fortuna, il lavoro manuale. Niente di meglio per scaricare la tensione, soprattutto se come la protagonista sei una ragazza madre che si è fatta da sé.

Un romanzo che procede prima lentamente e poi via via sempre più spedito verso un finale che, francamente, fatico a capire. Come già sapete, ogni romanzo per me deve essere autoconclusivo, anche se ci sono dei seguiti. Questo lo è in parte, perché chiaramente lascia i lettori senza un lieto fine che sappiamo già prima o poi ci dovrà pur essere. Per questo motivo, non ho letto il secondo romanzo e ho lasciato alla mia immaginazione il finale della storia. Ciò non toglie che il libro si lasci leggere con piacevolezza, almeno fino a tre quarti.

Donne in centrifuga – Betsy Burke

Donne in centrifuga, il titolo è centrato. Alla soglia della trentina è facile sentirsi nel cestello di una lavatrice. Magari l’amore ancora latita e il lavoro stenta a decollare. Sarebbe facile buttarsi giù e lasciarsi andare. Invece, mentre il programma molto sporchi gira, un’idea geniale può salvarti la vita.

Trama

La ventottenne Lucy è a un punto morto della sua vita: nonostante la laurea in belle arti, lavora come tuttofare in una gallera d’arte con una proprietaria insopportabile; il suo nonno preferito  è appena deceduto lasciando la fidanzata incinta, mentre lei, Lucy, è l’unica sana di mente nella sua eccentrica famiglia. Ma la strada per la felicità inizia quando Lucy si trasferisce nella lavanderia a gettoni del nonno. Una scelta quantomeno bizzarra, che potrebbe portare, però, quella svolta nel lavoro e nell’amore di cui lei ha tanto bisogno…

Alla ricerca della propria strada 

Purtroppo non c’è niente di più efficace della morte di una persona cara per farci aprire gli occhi e riscoprire chi siamo e dove vogliamo andare. Questo è quello che succede a Lucy, l’unica apparentemente normale in un mondo di matti. Forse è proprio questo quello che l’autrice vuole dirci: l’artista, il pazzo per eccellenza, in fondo è l’unico capace di tenere la barra dritta e non lasciarsi andare alla deriva, perché può perdere tutto, l’amore, il lavoro, gli affetti, ma avrà sempre con sé la sua arte.

Questa metafora è la parte che mi è piaciuta e mi ha convinto di più. Non posso dire altrettanto per alcuni personaggi secondari, la madre di Lucy soprattutto, e per alcune esagerazioni nella trama che sono figlie dei chick lit che andavano di moda all’epoca (il romanzo è del 1993) e che qui sono esasperate. L’autrice, poi, dovrebbe rivedere alcuni dettagli, come i vestiti per esempio. Una povera protagonista col vestito rosso, le scarpe rosse, le calze color carne, gli orecchini rosso ambra e la collana sempre rosso ambra, francamente sembra più una vampira che una donna elegante. Se poi a una festa anche la madre è vestita di rosso, beh, direi che non ci siamo proprio.

Ho apprezzato, invece, che la ricerca dell’amore non fosse il tema centrale del romanzo. Anzi, Lucy cerca più una sua strada, indipendentemente da chi avrà accanto ed è sempre così che alla fine si finisce per trovare davvero quello che cerchiamo.

In definitiva, un romanzo che si lascia leggere e che va bene per una o due sere di immersione in territorio canadese border line.

p.s. solo, Betsy, la prossima volta non citare Il favoloso mondo di Amélie senza citarlo (e due, dopo Nicolas Barreau un’altra fan di Amélie). Non c’è bisogno di rapire i nani da giardino per far sembrare la madre di Lucy stramba, lo è già abbastanza senza un particolare che alla fine non viene neanche spiegato. Chi li rapisce e perché? Non è dato sapere.

Gli ingredienti segreti dell’amore – Nicolas Barreau

Con Nicolas Barreau sono partita prevenuta, lo confesso. Forse perché mi sono fatta influenzare dalle chiacchiere sulla sua vera identità. O meglio, sul fatto che non esista proprio. Gli ingredienti segreti dell’amore, però, mi ha convinto. A parte il cappotto rosso…

Trama

Le coincidenze non esistono. La giovane chef Aurélie Bredin ne è sicura. Aurélie gestisce da qualche anno il ristorante di famiglia, Le Temps des cerises. È in quel piccolo locale con le tovaglie a quadri bianchi e rossi, a due passi da boulevard Saint-Germain, che il padre ha conquistato il cuore della futura moglie grazie al suo famoso Menu d’amour. Ed è sempre lì, circondata dal profumo di cioccolato e cannella, che Aurélie è cresciuta e ha trovato conforto nei momenti difficili. Ora però, dopo una brutta scottatura d’amore, neanche il suo inguaribile ottimismo e l’accogliente tepore della cucina dell’infanzia riescono più a consolarla. Un pomeriggio, più triste che mai, Aurélie si rifugia in una libreria, dove si imbatte in un romanzo intitolato Il sorriso delle donne. Incuriosita, inizia a leggerlo e scopre un passaggio del libro in cui viene citato proprio il suo ristorante. Grata di quel regalo inatteso, decide di contattare l’autore per ringraziarlo. Ma l’impresa è tutt’altro che facile. Ogni tentativo di conoscere lo scrittore – un misterioso ed elusivo inglese – viene bloccato da André, l’editor della casa editrice francese che ha pubblicato il romanzo. Aurélie non si lascia scoraggiare e, quando finalmente riuscirà nel suo intento, l’incontro sarà molto diverso da ciò che si era aspettata.

Il favoloso mondo di Aurélie

Nicolas Barreau fa immergere subito le lettrici in un mondo fantastico alla Amélie. Parigi, una piccola libreria, un minuscolo ristorante dal nome evocativo, una chef, uno scrittore e una casa editrice. Ci sono tutti gli elementi per far sognare ed è proprio quello che accade. Chi di noi non vorrebbe ritrovarsi descritta in un romanzo? All’inizio della lettura pensavo che tutto questo miele mi avrebbe annoiato. Invece, mi è piaciuto così tanto il personaggio di André, e la sua strategia di conquista di Aurélie, che ho finito il libro in due giorni. Quando sono arrivata al punto in cui Aurélie celebra il lunedì come il giorno in cui succedono i fatti importanti della vita, ho fatto un salto. Anche per me è così, infatti se mi seguite su Facebook o Instagram avrete notato che celebro sempre il lunedì. Qui su penna e calamaro trovate anche una ricetta dedicata.

Quello che non mi ha convinto, purtroppo, è proprio il personaggio di Aurélie, la seconda trentatreenne di seguito che incontro. In un romanzo a due voci, i due protagonisti dovrebbero avere lo stesso spazio. Invece, André è troppo più esuberante della sua conquista. Il che mi fa pensare che Barreau sia effettivamente un uomo. Non francese, perché parla bene degli italiani (sa quasi di tedesco…) Proprio la ricerca della nazionalità dell’autore mi ha fatto notare una svista clamorosa del testo. Una donna viene chiamata “mrs” prima che Aurélie specifichi, qualche riga più in basso, “dall’accento lei non mi sembra francese…” No che non lo è, una mrs è inglese per definizione! E poi, Aurélie, il cappotto rosso, come fa a piacerti come regalo? Chi ha letto il libro capirà.

Chi non l’ha letto, troverà una lettura piacevole e leggerissima, adatta a un paio di sere tranquille e romantiche.

p.s. A proposito di ricette, alla fine della storia Nicolas Barreau ci lascia le ricette del menù d’amore di Aurélie. Non vedo l’ora di provarle tutte e di parlarvene. 🙂

Menu d’amour di Aurélie

Portata principale: ragoût d’agneau alla melagrana con gratin di patate

Amore e ritorno di Emily Giffin, sposata o libera?

Emily Guffin e il suo Amore e ritorno. Sei sposata. Felicemente sposata. Ti squilla il telefono ed è il tuo ex che si rifà vivo dopo secoli. “Ci vediamo? Devo parlarti”. Tu che fai? Rimani incollata fino all’ultima pagina per sapere come andrà a finire. Succede con Amore e ritorno, di Emily Giffin.

Trama

La vita di Ellen sembra perfetta. Trentatre anni, fotografa, sposata con Andy, l’uomo che ama e che sa sempre tirare fuori il meglio di lei. Tutto fila a meraviglia fino a quando Ellen incontra Leo, che non vedeva da otto anni. Leo, l’uomo che riusciva sempre a tirare fuori il peggio di lei e che, dopo una lunga e appassionata relazione, l’aveva lasciata senza una parola. Leo, l’ex con la E maiuscola, che ovviamente Ellen non ha mai dimenticato. Succede a New York, in un piovoso pomeriggio di gennaio. Due ombrelli che si incrociano per strada. Due persone che si salutano frettolosamente. Niente di più. Ma quell’incontro scatena in Ellen un fiume di emozioni sopite. Quando, poco dopo, Leo decide di rifarsi vivo e in più Andy annuncia di voler tornare ad Atlanta, Ellen comincia a porsi la fatidica domanda: «E se avessi sbagliato tutto?».

New York o Atlanta? Sposata o libera?

Partiamo da una premessa: alzi la mano chi non ha mai pensato a un eventuale incontro con un o una ex. L’Ex con la E maiuscola, quello o quella che ti ha stracciato il cuore in mille pezzi e poi l’ha gettato nel cassonetto dei materiali non riciclabili. Sì, proprio quell’ex. Quante volte avete sognato di incontrarlo mentre siete al top della forma e della vita personale per poterlo schifare una volta per tutte? Ecco, più o meno è quello che succede a Ellen. Solo che l’ex è ancora un gran figo, fa un lavoro figo e gli basta alzare il telefono per sentirsi dire sì a un incontro. Ellen è al top della vita personale: o almeno così sembra. In realtà, la sua vita così perfetta è la vita del marito e della famiglia di lui, sorella del marito migliore amica di Ellen compresa. Andy è la tranquillità, il benessere economico, la vita familiare. E’ Atlanta. Leo è l’incertezza, la frenesia, il talento. E’ New York. Voi, al posto di Ellen cosa avreste scelto?

Prima Andy, poi Leo

Amore e ritorno mi ha tenuto incollata alle pagine fino alla fine, perché all’inizio Emily Giffin mi ha spinto verso Andy, poi decisamente verso Leo, poi ho sperato in un sussulto di carattere da parte di Ellen. Alla fine, non so, non sono convinta fino in fondo che il cerchio si sia chiuso davvero. Forse, non avrei scelto il finale della scrittrice. Probabilmente, opinione meramente personale, le sue origini e il fatto che lei stessa viva ad Atlanta, hanno influenzato non poco gli eventi. M spiego meglio: alla fine, ho avuto la sensazione che dovesse andare così non perché davvero dovesse andare così, ma solo per il rispetto di una visione tradizionale della vita. Un po’ poco, per approvare le scelte di Ellen.

In ogni caso, quello di Emily Giffin un romance che consiglio, orrori di ortografia nella traduzione a parte. Se non altro perché un tuffo nell’ex vita è piacevole. Soprattutto se scopri che, alla fine, non ti manca per niente.

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