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Le piace Brahms? – Françoise Sagan

Ho finito oggi di leggere Françoise Sagan. Non credo che San Valentino sia il giorno più indicato per finire un romanzo come questo. O forse sì. Forse è proprio la festa degli innamorati il momento giusto per riflettere sull’amore. O meglio, per comprendere la differenza tra l’amore e la più stupida pazienza, come direbbe Anna Oxa. Paule è l’emblema della ragnatela in cui tante, troppe, donne ancora oggi restano intrappolate. Senza sapere come uscirne. Anzi, il che è peggio, senza volerne uscire.

Trama

Paule è una donna di 39 anni, arredatrice divorziata, legata a un coetaneo e profondamente insoddisfatta della propria vita sentimentale. Un giorno conosce Simon, il figlio di una cliente. E’ giovane, viziato e s’innamora di lei.  Pur opponendo resistenza, Paule decide di mettersi ancora in gioco. La scelta tra i due è molto sofferta: il giovane Simon la riempie di attenzioni, si dimostra una persona più matura della sua età, la invita a concerti e le scrive biglietti; ma la sicurezza – e la noia – garantita dal legame con il compagno resta sempre un richiamo molto forte…

In questo triangolo  grande assente è l’amore

Il romanzo è del 1959. Allora Françoise Sagan era considerata dai francesi una donna anticonformista, che manifestava nella sua condotta di vita e nei suoi scritti un nuovo modo di interpretare la femminilità. Paule, infatti, è una donna che anche oggi definiremmo moderna: vive sola, è una professionista con un lavoro autonomo, ha alle spalle un matrimonio a cui ha detto basta, intrattiene una relazione basata sulla libertà di vedere altre persone. Peccato che questa libertà sia vissuta dal suo uomo a senso unico: “gli uomini sono incoscienti”, pensava Paule senza amarezza. “Ho tanta fiducia in te, tanta fiducia che posso tradirti, lasciarti sola, ed è impossibile che succeda il contrario. E’ sublime”. Paule è una donna amareggiata, che si sente sola e che percepisce perfettamente la differenza tra amare e restare insieme per noia, abitudine, pavidità, o semplice rassegnazione. Eppure, nonostante la sua fredda e lucida analisi, Roger è il suo punto debole, il tallone d’Achille. Perché fare a meno di lui sembra impossibile. Paule è convinta che la sua non sia semplice rassegnazione, no, il suo è sadismo verso se stessa, verso ciò che erano stati insieme. “Come se uno dei due, lui o lei, avessero dovuto alzarsi bruscamente e dire ‘basta così.’ E aspettava questo riflesso da se stessa, quasi altrettanto ansiosamente che da Roger. Ma invano. Qualcosa, forse, era morto. A morire sono stati amore e speranza.

Ed ecco che improvvisamente arriva Simon.

Un ragazzo, così giovane da non sapere ancora cosa fare della sua vita. Affogato nonostante la sua giovane età nella noia, Simon trova in Paule un’ancora di salvezza. Simon è bello, molto bello, e per la prima volta Roger comincia a perdere la sua sicurezza nei confronti di Paule, perché nonostante la differenza di età il ragazzo è deciso a conquistare la donna. Paule, dal canto suo, trova in Simon quel senso di accudimento che le mancava, quella necessità di tornare a casa, infilarsi a letto e trovare qualcuno che ha bisogno del suo calore, un bambino o un uomo. Tutte cose che Roger lo sa, “lui non poteva darle, che non aveva mai potuto dare a nessuno”. Purtroppo, però, in questo triangolo grande assente è l’amore, il sentimento che muove il mondo e che spinge ad affrontare ostacoli impensati. Per questo, i nostri personaggi non fanno che ricadere afflosciati su se stessi, vittime del loro stesso male di vivere.

Paule rinnega se stessa 

“Paule si studiava il viso nello specchio e passava in rassegna, uno per uno, i difetti che si erano accumulati in trentanove anni, non con quell’apprensione e quell’acrimonia che una donna ha di solito in questi casi, ma in maniera tranquilla, sì e no interessata. Come se la pelle tiepida, che a volte tirava con due dita per sottolineare una ruga, per dar risalto a un’ombra, fosse quella di un’altra persona, di un’altra Paule intensamente preoccupata della propria bellezza, e che stesse passando con difficoltà dallo stato di donna giovane a quello di donna ancora giovane: una Paule che lei faceva fatica a riconoscere. Si era messa davanti allo specchio per ammazzare il tempo e — l’idea la fece sorridere — scopriva che era il tempo ad ammazzare lei, pian piano, devastando un viso che pure era stato amato.”

Già dall’incipit, Françoise Sagan mette in mostra tutta la raffinatezza e l’abilità della sua penna, che pennella una “Parigi lucida di pioggia autunnale”. L’atmosfera malinconica e grigia di cui è ammantato il romanzo, mi ha ricordato Gente di Dublino di James Joyce e Paule somiglia straordinariamente a Eveline. Un’altra età e un’altra condizione sociale, certo, però con lo stesso immobilismo, la stessa incapacità di tirarsi fuori dal pantano. Paule è una donna insoddisfatta, sola, inquieta. Eppure, è già rassegnata, come se invece di avere 39 anni fosse nel tramonto della vita. E quel riferimento iniziale a un viso devastato, che sicuramente non lo è se piace a un venticinquenne, ci fa capire subito quanto Paule svaluti se stessa. Pur apparendo come una donna brillante. Ecco, è forse questa la cifra con cui leggere il romanzo: la differenza tra apparire ed essere, tra volere e ottenere. Paule rinnega se stessa e le sue passioni, annulla la sua volontà in nome di chi? Di cosa? Di un amore che non è amore, di un uomo che non è un uomo, di una vita che è una non vita.

Le piace Brahms?

La chiave per comprendere fino in fondo la nebbia che avvolge Paule è in questa semplice domanda che Simon le scrive su un biglietto. Lei ama la musica, eppure ci deve pensare: Brahms le piace oppure no? E’ talmente disabituata a coltivare le sue passioni e ad ascoltare le sue esigenze che non si ricorda neanche più cosa le piace e cosa no. Quante donne simili a Paule conoscete? Io diverse e tutte accampano scuse, la famiglia, il tempo, il lavoro, gli anni che passano, per non ammettere che hanno solo bisogno di fermarsi e di riappropriarsi della propria vita. Il romanzo di Françoise Sagan diretto come un pugno e inesorabile come il tempo che abbiamo a disposizione. Da leggere.

p.s. Da questo libro di Françoise Sagan è stato tratto nel 1961 l’omonimo film diretto da Anatole Litvak con Ingrid Bergman, Ives Montand e Anthony Perkins.

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