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Ho smesso di piangere – Veronica Pivetti

Ho letto contemporaneamente Ho smesso di piangere di Veronica Pivetti e Amiche di salvataggio di Alessandra Appiano. Certo, quest’ultimo è un romanzo e quella dell’attrice è una storia vera, però a volte i romanzi finiscono bene e le storie vere no. Stavolta, avevo bisogno di un lieto fine “vero” e l’ho trovato.

La trama

Il problema vero della depressione è che non la puoi raccontare, non la puoi descrivere. È invisibile. E non è uguale per tutti. Ma per tutti è un male profondo e assoluto. E va affrontata, perché tanto non si scappa. Anche per questo Veronica Pivetti ha deciso di condividere il suo momento buio. ”Lei è malata, la sua tiroide non funziona più”: questo si sente dire nel 2002. La sua tiroide ha cominciato a dare i numeri, traghettandola verso una forte depressione, complici alcuni farmaci sbagliati che le vengono prescritti. Così inizia la sua odissea. Alcuni dottori l’hanno salvata, altri massacrata, alcuni le hanno ridato la vita, altri gliel’hanno tolta. E finalmente, nel 2008, Veronica ha incominciato a rivedere la luce e a uscire da questo micidiale periodo nero.

Una malattia subdola e oscura

Sono stati sei anni infami, anni nei quali mi sono detta continuamente che era inutile vivere così. Il tempo triste sembra sempre tempo perso. Anni difficilissimi che, però, non sono passati senza lasciare un segno. Una volta ero perfettamente funzionante, ero nuova di trinca. E credevo che fosse quella la verità. Ora sono un po’ rattoppata, ho un’anima patchwork e una psiche in divenire. Ed è questa la verità. Ma va bene così, perché la vita si fa con quello che c’è, non con quello che vorremmo”.

Se davvero il libro è stato scritto da lei, Veronica Pivetti scrive davvero bene. Se ha utilizzato un ghostwriter, questo scrittore fantasma è riuscito nella titanica impresa di portare a casa un testo brillante, scorrevole, chiaro nelle sue premesse e nello svolgimento dei fatti. Perché l’attrice racconta con semplicità cosa le è accaduto in uno dei momenti più duri, forse il più duro, della sua vita. Il che per una che di mestiere fa ridere gli spettatori, non dev’essere stato granché divertente. Intendiamoci, scivolare nella depressione non è divertente per nessuno, né per chi la vive, né per chi vorrebbe stare accanto a un malato e non sa cosa fare. Lei è riuscita a far capire anche a me, che non ho mai conosciuto nessuno che ne soffrisse, cos’è la depressione. Cosa succede nella testa di una donna che apparentemente ha tutto: successo, carriera, soldi, pure un matrimonio anche se fallito, famiglia unita, cari amici e animali che ama pazzamente. E allora? Cosa scatta? Un click e tutto è finito, perduto, annientato. Scivolare nell’abisso è facile, cercare di risalire è tutta un’altra storia.

Particolari improbabili…

Peccato che però il racconto si perda su alcuni dettagli che francamente suonano inverosimili. Una cena di pesce il giorno prima di un intervento, forse è possibile ma ho dei dubbi, il professore che continua a chiamare sul cellulare e lei che non risponde, anche qui possibile, il cliente famoso va coccolato, però solitamente se il paziente non si fa più sentire il medico ben presto se ne fa una ragione. In più, il racconto di un ritorno in autostrada che appare inventato per quanto assurdo (non facevi prima a farla nei campi?), un rientro a casa con il piede di porco che neanche se lo vedessi coi miei occhi penserei che sia vero, per chiudere con un finale semplicistico a dir poco. Tutto questo casino, e poi? Risolve magicamente l’amica? Mah.

…e un’unica, grande verità

A parte questi dettagli sopra le righe, il libro è utile non per approfondire il tema della depressione in sé, chi cerca un aiuto psicologico ne rimarrebbe deluso, ma per avere conferma che la medicina non è una scienza esatta, come spesso speriamo e crediamo, e che tutti siamo umani, troppo umani, anche i medici. E che persino le stelle hanno come noi problemi, sogni, speranze, illusioni. A volte, cadono e si rialzano, proprio come noi. A volte non ce la fanno, come non ce la facciamo noi. La verità, come diceva Adenauer, è che “viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo il medesimo orizzonte”.

Listen without prejudice. Da George Michael a Goring-on-Thames

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La metà di niente – Catherine Dunne

Amiche di salvataggio – Alessandra Appiano

Amiche di salvataggio – Alessandra Appiano

Alessandra Appiano, l’amica della donna. In uno degli articoli sulla sua scomparsa, mi ha colpito il ricordo di una giornalista, che evidentemente la conosceva bene: il modo migliore per mantenere in vita uno scrittore è leggerlo. Allora sono andata a riprendere il suo primo romanzo, Premio Bancarella 2003, per rileggerlo oggi dopo tanti anni.

La trama

Finalmente è successo! Dopo anni di deserto sentimentale, Daria si è innamorata. Certo, lui è sposato… ma nessuno è perfetto. Lo sa bene la sua amica Ilaria, una giornalista in carriera vicina ai quarantanni, anche lei alla perenne ricerca di un (introvabile) equilibrio tra sentimenti e carriera, sogni e famiglia, libertà e bisogno d’amore. Lo sa anche Roberta, la giovane collaboratrice di Ilaria, che da capa antipatica quasi quasi si trasforma in una donna con cui sente di avere feeling. Come le succede con Danila, un’amica della madre che voleva fare l’attrice e sfoga sulla figlia le sue delusioni. Danila è totalmente diversa, lei sì che ha istinto materno anche se non è madre. Simpatiche, coraggiose, sempre pronte a rischiare, a mettersi in gioco, a rialzare la testa dopo l’ennesima delusione. Questo romanzo parla di donne con allegria e anche con un pizzico di amarezza, ma soprattutto con indulgenza e con quella robusta dose di autoironia che ci consente sempre di guardare avanti e non mollare.

Quant’è difficile essere donna, soprattutto se ambiziosa

E’ un po’ difficile commentare questo romanzo ora che Alessandra Appiano non c’è più. L’avevo letto qualche anno fa e poi tenuto in libreria, lì, da qualche parte. Sicuramente, per la storia personale dell’autrice, e per la sua incrollabile fiducia nella forza delle donne e delle amiche, è un libro che parla di donne senza giudicarle mai, senza prendere posizione rispetto alle loro libere scelte di carriera, famiglia e, in qualche caso zoppicante, di entrambe. Eppure, in sottofondo, più che la storia in sé, un po’ superficiale e figlia forse degli albori dei chick lit brevi, più simili a racconti che a romanzi veri e propri, quello che rimane in testa è una sorta di pessimismo di fondo, che invade le pagine fino almeno a tre quarti.

Che malinconia i Santi Natali all’inseguimento delle Befane e delle Pasque, i pacchetti luccicanti dei negozi del centro, i battesimi vestiti di pizzi e fiocchi, i funerali avvolti di nero e di velluto, le torte con le candeline, gli anniversari di matrimonio, le bollette di rate residue. Riti per sentirsi tutti più vicini. No, per sentirsi tutti inutilmente più vecchi. Più uguali. Passi inutili, passi vecchi: ma almeno, diversi. Soli con stile. E infatti lei adesso era sola come un cane, con stile”.

Una luce in fondo al tunnel

Alla fine, però, finalmente l’autrice vira su un finale che, se non riscatta le protagoniste, almeno fa intravedere un po’ di luce in fondo al tunnel.

L’infelicità è un appalto poco redditizio del passato, un passato che abbiamo sepolto con badilate di buona volontà”.

Quella luce in fondo al tunnel che purtroppo lei non ha visto, o che a un certo punto non ha visto più. “Era una donna buona”, dice di lei il marito. Io non la conoscevo, ma so che aveva un sorriso meraviglioso. Il sorriso di una persona buona.

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Il docufilm

Edit: il 17 giugno 2021 andrà in onda su Rai2 alle 23:00 un docufilm su Alessandra Appiano, Amica di Salvataggio, diretto dal marito Nanni Delbecchi. In questo docufilm è lei stessa a ricevere gli spettatori a casa sua, a raccontare le tappe decisive sua vita, ad ascoltare il ricordo degli amici, a confessare la sua battaglia contro la sindrome bipolare, cominciata quando era ancora una ragazzina piena di sogni che, nonostante le difficoltà, si sarebbero realizzati. Una produzione indipendente realizzata in nome dell’amicizia, e grazie al potere dell’amicizia, con due scopi dichiarati: catturare la memoria di Alessandra, la sua energia luminosa, e contribuire alla salvezza di chi ha sperimentato lo stesso male di vivere. Fino all’enigma finale: il raptus suicida di chi è in preda a un grave disturbo dell’umore è davvero un gesto volontario?

 

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Bel Ami – Guy de Maupassant

Qualche tempo fa ho letto e commentato Una vita, il primo romanzo di Guy de Maupassant. Tuttavia, lo scrittore è conosciuto soprattutto per Bel Ami, un ritratto feroce e disincantato sullla borghesia francese, di cui proprio Guy de Maupassant costituiva un esponente di spicco e di successo. Il che rende ancora più credibile questo suo romanzo realista.

Trama

Georges Duroy, un giovane bello e ambizioso, arriva a Parigi dalla provincia in cerca di fortuna. Dopo aver ottenuto solo un modesto impiego nelle ferrovie del nord, incontra casualmente l’amico Charles Forestier, che riesce a farlo entrare nella redazione del giornale in cui lavora. Il successo con le donne lo aiuta a far carriera e, diventato Bel-Ami, il giovane Georges capisce come sfruttare al meglio questo suo fascino. Morto Charles, ne sposa la vedova, dalla quale ottiene la metà di una ricca eredità. Poi cerca di conquistare una donna ancora più potente.

La mediocrità al potere

Inutile tentare di farsi piacere Bel Ami. Il personaggio è decisamente antipatico, vanitoso, assetato di soldi e di potere. Un po’ come il suo alter ego Guy de Maupassant, che non a caso ha scritto il romanzo al culmine del suo successo letterario, pubblicandolo a puntate sulla rivista Gil Blas, come già aveva fatto per il suo primo romanzo, Una vita. In tutto il percorso di vita che gli vediamo compiere, non c’è redenzione, Georges tira dritto per la sua strada, alla ricerca prima del denaro e poi del successo. Da un altro personaggio viene definito intelligente: in realtà, è solo un gran furbo e i due aggettivi non sono sinonimi. Gioca e vince sulla mediocrità che lo circonda, sull’inganno e il ricatto, sui favori dati e ricevuti. Fa carriera nel giornale senza saper scrivere, fa carriera nella società senza amare altri che se stesso, piace alle donne senza essere né romantico né appassionato. In fondo, leggere questo romanzo è scuola di vita: se pensiamo che dopo più di un secolo i metodi per fare carriera sono sostanzialmente gli stessi, uno sarebbe portato a chiedersi a cosa serva studiare e impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi. In cosa bisognerebbe specializzarsi? Nell’arte della manipolazione?

La risposta è nel poeta e nella bambina

Ed ecco che in soccorso dei lettori Guy de Maupassant manda lui, il “vecchio fallito”, il “poeta” Norbert de Varenne, che toglie il velo e ci mostra il re nudo: “nel regno dei ciechi, il guercio è re. Tutte quelle persone, vedete, sono mediocri, con il pensiero limitato da due muri: i soldi e la politica. Sono pedanti, amico mio, con loro è impossibile parlare di qualcosa che ci interessi. Il loro cervello è pieno di melma, o meglio è una discarica come la Senna a Asnières. Oh! È difficile trovare una persona che pensi in grande, che dia la sensazione di quelle vaste folate che giungono dal largo e si respirano sulle coste del mare”. Il vecchio sarà un fallito, ma ha ragione: cosa conta alla fine? La gloria? I soldi? L’amore? No, la morte. Solo lei arriva per tutti e spazza via il corpo, i desideri, i pensieri. Pensiero un po’ lugubre, ma in fondo non è questa la pura e semplice verità? Come verità è l’unica cosa che sanno dire i bambini. La povera Laurine, la figlia di una delle amanti di Bel Ami, a un certo punto si rifiuta di baciare il bel Georges e di salutarlo quando lo incontra. Eppure, il nomignolo Bel Ami gliel’ha affibbiato lei. Perché fa così? Semplice: i bimbi si fidano degli adulti e non sopportano il tradimento. A fare buon viso a cattivo gioco imparano solo da adulti. Laurine è l’unica, insieme al poeta visionario, che riconosce il re nudo e ha il coraggio di gridarlo. Tutti gli altri, partecipano per interesse o convenienza al gioco delle parti.

Una vita o Bel Ami?

Pur riconoscendo la maggiore profondità di analisi sociale di Bel Ami, io continuo a preferire Una vita. Primo, perché è parzialmente ambientato in Corsica. Mi rendo conto, non è un gran motivo. Secondo, perché in Bel Ami non c’è alcuna redenzione. Anche in Una vita i personaggi rimangono piatti, ma alla fine arriva una donna del popolo a salvare la situazione. Qui, le donne sono intriganti, lagnose o frivole. Un encefalogramma piatto interrotto solo, in parte, dalla moglie di Bel Ami Madeleine, figlia di una popolana che si è fatta avanti nel bel mondo con le sottili arti dell’intrigo e sfruttando i potenti amanti. Lei, al contrario degli altri, agisce per il proprio interesse, certo, ma anche per il piacere di lanciare giovani dotati nell’olimpo dei potenti. Potremmo definirla una talent scout di aspiranti giornalisti aspiranti politici. In questo mare di leggerezza e superficialità, non ci resta che alzare il calice e brindare come farebbe Norbert de Varenne:

Bevo alla rivincita dello spirito sui soldi”.

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Una vita – Guy de Maupassant

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Aspirapolvere di stelle – Stefania Bertola

Dopo un romanzo intenso come La donna giusta dell’ungherese Sándor Márai, mi serviva proprio un bel romanzo rilassante per staccare la spina. Di Stefania Bertola avevo già letto con puro divertimento “Romanzo rosa”, che prende un po’ in giro tutte noi aspiranti scribacchine. Stavolta, ho scelto le ragazze della rinomata Agenzia Fate Veloci e non mi sono affatto pentita. Anzi…

La trama

Ginevra, bella, bionda e vedova, si prepara ad andare a interrare bulbi sul terrazzo di un cliente. Arianna, moglie, madre e aspirante adultera, deve preparare un cous cous gigantesco per gli ospiti di una signora svaporata. E Penelope? La giovane Penelope arranca come ogni giorno sotto il peso dei detersivi, i suoi attrezzi del mestiere. Ma non è affatto una giornata come le altre, perché squilla il telefono: la voce suadente di uno sconosciuto propone alle tre titolari della rinomata Agenzia Fate Veloci un lavoro piuttosto insolito. Comincia così per Ginevra, Arianna e Penelope un periodo frenetico, ambiguo e innamorato, in cui due di loro tenteranno di conquistare un uomo affascinante e sfuggente, mentre la terza…

Penelope e il bell’Antonio i miei preferiti

Come al solito, Stefania Bertola non tradisce. Anche Aspirapolvere di stelle si è rivelato una lettura godibile e divertente, adatta soprattutto a noi donne che vogliamo trascorrere qualche serata con un romanzo scritto bene, leggero e romantico. Il finale è decisamente all’altezza di quello che la scrittrice ha costruito mentre i capitoli scorrevano. I protagonisti, poi, sono tratteggiati in maniera deliziosa, impossibile trovarne uno a cui non volere bene, con i suoi pregi e, soprattutto, i tanti difetti che abbiamo tutti. Nel mio caso, ho adorato Penelope e il bell’Antonio e ho avuto da subito il sospetto che…niente spoiler, mi fermo qui. Se avete voglia di una lettura rilassante e di arguzia tutta torinese, prendete seriamente in considerazione questa scrittrice.

Sempre di Stefania Bertola: A neve ferma

Leggi anche: La regina della casa, di Sophie Kinsella

La verità sul caso Harry Quebert – Joël Dicker

Harry Quebert. Uno scrittore giovane, un best seller tradotto in 33 lingue, vincitore del Goncourt des lycéens e del Grand Prix du Roman de l’Académie française. La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker mi tentava da un po’ e quando l’ho trovato in ebook sulla piattaforma del treno che mi portava a La Thuile, in Valle D’Aosta, ho iniziato la lettura. Che fine ha fatto Nola? Peccato: se non fosse stato per i passaggi chiave, tutti mancati, l’avrei promosso.

La trama

Estate 1975. Nola Kellergan, una ragazzina di 15 anni, scompare misteriosamente nella tranquilla cittadina di Aurora, New Hampshire. Le ricerche della polizia non danno alcun esito. Primavera 2008, New York. Marcus Goldman, giovane scrittore di successo, sperimenta per la prima volta il blocco dello scrittore. Ma qualcosa di imprevisto accade nella sua vita: il suo ex professore, amico e affermato scrittore Harry Ouebert viene accusato di avere ucciso la giovane Nola Kellergan. Il cadavere della ragazza viene infatti ritrovato nel giardino della villa dello scrittore. Marcus Goldman lascia tutto e si precipita nel New Hampshire per scoprire la verità. Chi ha ucciso Nola Kellergan? E perché? Per suffragare le sue ipotesi, Markus decide di scrivere un romanzo sulla vicenda. Ma la verità va oltre le apparenze e Markus rischia di rimanere intrappolato nelle sue convinzioni.

In questo romanzo è tutto “troppo”

Il primo commento che mi è venuto spontaneo dopo aver chiuso il libro è stato “troppo”. , Troppo ambizioso, troppo lungo, 770 pagine, troppo ricco di elementi descrittivi che poco hanno a che fare con il mistero da risolvere, troppo romanzesco nei dialoghi.

Innanzitutto troppo ambizioso per uno scrittore giovane, neanche 30 anni, che mi ha dato la sensazione di voler mettere troppa carne al fuoco. I consigli di scrittura con cui apre ogni capitolo, per esempio, sono scarsamente riconducibili alle lezioni di scrittura tra il professore e l’allievo del romanzo. Piuttosto, sembrano quasi dei consigli che uno scrittore ormai arrivato vuole lasciare al lettore con ambizioni di scrittura. Anche il protagonista, autore di successo dopo appena un libro pubblicato, sembra quasi un elemento autobiografico.

Il romanzo, poi, è troppo lungo. La metà della lunghezza avrebbe reso la soluzione del mistero molto più avvincente. Nonostante i colpi di scena piazzati ad arte, infatti, arrivata a metà strada la storia ha perduto mordente.

La verità sul caso Harry Quebert è inverosimile

Sarà anche colpa del linguaggio antidiluviano usato dai personaggi principali e dagli stereotipi che hanno affossato quelli secondari. Ma si può far parlare una quindicenne per punti esclamativi? E uno scrittore ultratrentenne come un adolescente (femmina) alla prima cotta che non fa altro che ripetere NOLA, N.O.L.A., NO-LA? Guarda, caro Dicker, che citare Nabokov e la sua Lolita non è facile, può facilmente trasformarsi in un boomerang! Ci si può scordare che un personaggio ha problemi di pronuncia facendolo a un certo punto parlare perfettamente? Per non parlare della madre di Marcus: sciocca, petulante e priva di qualsiasi spessore. Cosa l’avrà inserita fare? Mah, è questo il vero mistero, che purtroppo rimarrà insoluto.

Il vero punto debole di Harry Quebert, però, sono i passaggi chiave del giallo, ed è grave, perché a una lettrice cresciuta a pane e Agatha Christie francamente risultano ingenui e poco credibili. Mi dispiace, ma quando si tratta di indizi, prove e moventi, un autore di gialli deve essere preciso e maniacale, altrimenti i lettori, che sono precisi e maniacali, troveranno tanti e tanti di quei difetti che finiranno per non avere più interesse nella soluzione. Che in questo caso, per giunta, si basa su un colpo di scena finale che è inverosimile fino a sfiorare l’incredibile.

Tutto da buttare?

Quindi, è tutto da buttare? Certamente no. Intanto, ha riscosso un grande successo e questo significa che ai lettori in genere piace. Seconda cosa, è uno dei primi lavori che Joël Dicker ha pubblicato e si vede che nella sua penna c’è talento. Inoltre, i rimandi temporali al passato sono piacevoli, s’inseriscono perfettamente nella trama e aiutano a capire. Diciamo che è solo rimandato e che sicuramente nel nuovo romanzo appena uscito la scrittura sembrerà più matura. Se lo leggete, fatemi sapere se vale la pena o meno di cimentarsi di nuovo.

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