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I vacanzieri – Emma Straub

Se l’estate tarda a farsi sentire, è bene esercitarsi sull’approccio vacanziero, quello che ti fa pensare di stare sdraiato su un’isola a bere margaritas pure se indossi ancora il cappotto e una macchina ti ha schizzato di fango mentre corri per prendere l’autobus respirando smog a polmoni pieni. Non credo di dovervi spiegare perché la mia ultima lettura s’intitola I vacanzieri. L’ha scritto Emma Straub, figlia del più famoso Peter Straub, che tutti gli amanti di letture horror conoscono molto bene. Una famiglia arriva su un’isola con la speranza di passare una vacanza tranquilla, senza immaginare che per stare tranquilli non bisognerebbe uscire di casa…

Trama

Sole, spiaggia, tapas e campi da tennis: quali ingredienti migliori per una vacanza da sogno? Eppure i Post, quando atterrano a Maiorca e si ritrovano tutti insieme sotto lo stesso tetto, dubitano di aver fatto la scelta giusta. Dopo trentacinque anni di matrimonio Jim e Franny sono ai ferri corti: lui l’ha tradita con una ragazza poco più grande di Sylvia, la loro figlia minore. Sylvia, invece, vorrebbe già essere al college per lasciarsi alle spalle un ragazzo troppo stupido e amici di poca sostanza. Suo fratello maggiore, Bobby, e la sua fidanzata Carmen hanno un rapporto che vacilla, troppe cose non dette. Solo Charles, il migliore amico di Franny, e il marito Lawrence sembrano felici, ma è davvero così? L’obiettivo per tutti è sopravvivere alla loro vacanza in famiglia. Ci riusciranno?

Sull’isola con i Post 

Per una volta parto dall’elemento che più di tutti mi ha convinto. Emma Straub riesce a ricreare perfettamente l’atmosfera di Maiorca. Andando avanti con le pagine, sembra davvero di esserci, sull’isola. E’ una sensazione strana, mi hanno assalito il vento e il caldo, mi sono buttata anch’io in piscina e ho scarpinato per arrivare alla spiaggetta riparata e solitaria. Sogno ancora adesso che ho chiuso il libro i pranzi e le cene gustosissime che la matriarca Franny ha preparato per tutti nelle due settimane che hanno trascorso in vacanza!

Vacanze di gruppo? No grazie

Passiamo ora ai rapporti familiari: queste vacanze di gruppo sono il mio peggior incubo ed Emma Straub non fa che confermarmi un’assioma per me ormai certo come la dipartita di tutti. Le vacanze non fanno altro che aumentare all’ennesima potenza conflitti e rancori. Soprattutto nei partecipanti che non hanno potuto scegliere liberamente di esserci. I Post stanno vivendo un momento difficile, i loro ospiti un momento di cambiamento e i loro figli un momento di crescita e distacco dai genitori. Potenzialmente, Emma Straub mette in scena una bomba a orologeria. Una matriarca tradita e bulimica, un patriarca licenziato in tronco per molestie sul lavoro, una coppia di amici gay non più giovani che cercano di avere un bambino, un figlio maggiore inguaiato economicamente e accompagnato da una donna che a loro non piace, una figlia che sta per andare al college e che ha relazioni complicate con i coetanei.

Bomba inceppata 

Qui arriva il bello, o il brutto del romanzo. Dopo aver apparecchiato una tavola piena di leccornie, Emma Straub si scorda di condirle. Sì, in questo romanzo manca il pathos, nessuno dei personaggi mostra un’evoluzione coerente, tutto è affidato alle descrizioni ma senza fatti concreti che provino il punto di vista del personaggio. Faccio un esempio: Bobby pensa che Carmen lo controlli. Carmen pensa che lui non sia cresciuto abbastanza. Ha ragione lui? Ha ragione lei? Non si sa, dobbiamo prendere per buono quello che ci viene detto. In saliscendi e tornanti naturali incuneati tra le montagne delle Baleari, la scrittrice americana rinuncia a esplorare i sentimenti umani, privilegiando un politicamente corretto che nulla ha a che fare con la natura caliente in cui i suoi attori si muovono. Sembra quasi che abbia timore di maneggiare materia umana pronta a esplodere. Perché?

Stereotipi

Come se non bastasse, il tutto è infarcito di stereotipi e bigottismo infinito, nei confronti della nuora, della padrona di casa, del comportamento di Bobby, del lavoro di Bobby e di Carmen. L’unica colpa della fidanzata del figlio è di essere più grande di lui e diversa da loro! Ma stiamo parlando di una scrittrice e di un giornalista di New York, possiamo crederci? No. Come non possiamo credere a tutte le non reazioni a cui il romanzo ci sottopone. Vi giuro che alla fine avrei avuto voglia di prendere i quattro e sbatacchiarli un po’ per tirare fuori un alito di vita! Gli unici che hanno una minima rotondità sono gli estranei visti con sospetto, cioè Carmen e Lawrence. Infatti entrambi vanno via in anticipo…

p.s. se passate dalle parti di Brooklyn, date un’occhiata alla libreria di Emma Straub Books are magic, che sembra molto carina e attiva!

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A neve ferma – Stefania Bertola

Mi sono accorta che tendo a scegliere Stefania Bertola dopo una lettura impegnativa. A La donna giusta di Sándor Máraiavevo associato Aspirapolvere di stelle. Stavolta, a La cena di Herman Koch ho fatto seguire A neve ferma. E sì, perché dopo una lettura disturbante, un po’ di rilassamento ci vuole e la scrittrice torinese in questo è l’ideale.

Trama

Emma, aiutante pasticcera, perde l’amore della sua vita tre giorni dopo averlo trovato. Elena lo sta cercando da trent’anni. Camelia, invece, si innamora continuamente, di chiunque. Bianca è impegnata in una battaglia contro un giovane dottore, più volte ladro. Il tutto gravita, fra ricette paradisiache, intorno alla pasticceria Delacroix di Torino

Bakeoff in salsa torinese 

Stefania Bertola si muove nel solco cui ci ha abituato: un gruppo nutrito di personaggi, una storia surreale ma tutto sommato credibile, dinamiche scoppiettanti tra i protagonisti. Tanto che il tempo di lettura difficilmente supera i due giorni, perché una pagina tira l’altra, come le ciliegie. In questo romanzo, rispetto ai precedenti, ho trovato il panorama un po’ affollato, tanto che all’inizio ho fatto fatica a inquadrare le caratteristiche di ognuno. La storia prende garbatamente in giro i vari concorsi, reality, chef stellati e chi più ne ha più ne metta sulla cucina, che imperversano in televisione a tutte le ore e in tutti i palinsesti. Senza però scadere nell’eccesso di critica. In fondo, anche il patron della pasticceria Delacroix è un buono, nonostante sia presentato nelle prime pagine come un vero cerbero.

Nessuno sembra porsi domande

Forse, questo “buonismo” alla lunga finisce per rendere la storia più fantasiosa di quanto richiesto. Per esempio, Emma viene scelta tra tutti gli aiutanti per rappresentare la pasticceria in un concorso internazionale importantissimo, anche per la soppravvivenza della pasticceria stessa. Nessuno reagisce più di tanto. E mai possibile che in un posto di lavoro qualsiasi (pensate per un attimo al vostro) nessuno protesti o si ammali d’invidia per questa scelta? No, ve lo dico io. Eppure,  Zhang e Zlatan, gli altri due papabili, rimangono pacifici e amiconi. Oppure ancora, quando Camelia, una ragazza sempliciotta che neanche lavora lì, scavalca Emma e viene incaricata di rappresentare la pasticceria al concorso, nessuno si chiede perché. Che relazione ci sarà tra Corrado Delacroix e Camelia, a parte il fatto che lei sia la nipote della storica amante di lui, il capo degli aiutanti signora Elena? Nessuno sembra porsi la domanda.

Personaggi stereotipati 

Altro elemento sempre ricorrente nei suoi romanzi, il carattere volutamente stereotipato dei personaggi: c’è sempre la coppietta giovanissima e ignorante che fa tenerezza, qui Tinco e Valentina, la svampita molto creativa e destinata a grandi successi professionali, Bianca, la protagonista che sa il fatto suo e non deve dimostrare niente a nessuno, Emma. Gli uomini sono sempre di successo e anche carini, anche con le donne, il che non guasta. Solo che sembrano tutti a una sola dimensione, tratteggiati nella loro caratteristica principale e non di più.

Meringa e zucchero

La vera forza di Stefania Bertola, allora, a parte la bravura nello scrivere, sta tutta nella capacità di farti immergere per un attimo nel suo mondo di meringa e zucchero. Che puo goderti solo se sei capace di sbattere le chiare a neve ferma. Appunto.

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Altri romanzi ambientati a Torino: Rossovermiglio, di Benedetta Cibrario

Il mistero del London Eye – Siobhan Dowd

Mi piacerebbe poter dire “hei, ragazzi, questa è un’autrice da tenere d’occhio per il futuro!”. Purtroppo non è possibile, perché Siobhan Dowd se n’è andata troppo, troppo presto. Per fortuna, ha fatto in tempo a lasciarci un’eredità di libri per ragazzi strepitosi. Il mistero del London Eye è il primo che ho letto, non il migliore, dicono. Immagino gli altri, allora. Perché Ted, Kat e compagnia mi hanno tenuto incollata alle pagine fin dall’incipit.

Trama

Ted ha un cervello in cui gira un sistema operativo diverso da quello delle altre persone. Ha la fissa della meteorologia e dei numeri e vive a Londra con i genitori e  sua sorella Kat. Ted non sa dire bugie ed esaspera i genitori e la sorella. Un giorno arriva una lettera che annuncia l’arrivo della zia di Ted, “l’uragano Gloria”, e di suo figlio Salim, i quali resteranno da loro per qualche giorno prima di trasferirsi a New York. Decidono di fare un giro della città e i cugini lo portano sul London Eye. Salim sale prima di loro perché gli è stato regalato un biglietto da un uomo che dice di soffrire di claustrofobia. Ma quando Ted, che ha seguito il percorso della capsula per tutto il tempo, e Kat lo aspettano all’uscita, non lo vedono arrivare. Mentre la polizia lo cerca, i due fratelli decidono di condurre da soli le indagini…

Il mondo di Ted 

Io e mia sorella Kat abbiamo portato nostro cugino Salim al London Eye, la grande ruota panoramica di Londra, perché non c’era mai stato. Lunedì 24 maggio alle 11.32 lo abbiamo visto salire. Lunedì 24 maggio alle 12.02 la sua capsula ha finito il giro, le porte si sono aperte e tutte le persone sono uscite. Tranne Salim, che si è volatilizzato. 

Ted non è come gli altri. Ted ha un cervello che lavora a modo suo. Il ragazzino ha la sindrome di Asperger, che nel romanzo non viene mai nominata. Forse perché è lui stesso a raccontarci i fatti così come si sono svolti secondo lui e secondo gli altri. O forse perché non è così importante. L’unica cosa che conta è ritrovare Salim e capire che fine abbia fatto. E’ stato rapito? E’ scappato?

Diverso non è peggiore, né migliore

In duecento pagine, Siobhan Dowd è riuscita a farmi entrare nel mondo di Ted. A capire cosa c’è dietro alcuni suoi comportamenti inspiegabili, a osservare il mondo da un punto di vista differente. A seguire dei ragionamenti che stanno in piedi. Eccome, se funzionano! Avete presente gli attacchi che subisce Greta Thunberg a causa del suo aspetto? A Ted succede lo stesso.  Pensate che il mondo sia tollerante con chi non può nascondere la sua diversità? Ovviamente no. Ma Salim ha rispetto per il cugino, lo considera un ragazzino intelligente. E Ted lo è davvero, solo che nessuno lo ascolta. Nessuno tranne una poliziotta, che pur di risolvere il caso sarebbe disposta a raccogliere indizi da chiunque, soprattutto gli unici testimoni della sparizione. In questo caso, due fratelli che sono come cane e gatto, perché quando in famiglia ci sono problemi di questo tipo, a soffrirne sono soprattutto i fratelli. Ma i fratelli sono anche la nostra forza per affrontarlo, questo mondo. Ne sono un esempio la madre e la zia dei piccoli protagonisti, che si ritrovano proprio grazie a questa vicenda. 

Per capire, basta mettersi nell’angolo opposto

Alla fine proprio la poliziotta ci dà la chiave del romanzo: tutti possono dare il loro contributo nel mondo, basta saper ascoltare e aprirsi agli altri, anche a quelli che sono lontani anni luce da noi. In fondo, la radice del bullismo e della delinquenza non è la paura del diverso? Non si alimenta con la forza del gregge? Anche Salim è un diverso, è mezzo indiano. E ha dovuto imparare a difendersi e a farsi rispettare dal gregge. Forse per questo tra lui e Ted si crea subito una corrente sotterranea. Insomma, un romanzo “per ragazzi” che consiglio soprattutto a loro, ai ragazzi sopra i 12 anni, e anche agli adulti, perché non è mai troppo tardi per imparare a variare angolazione, nella vita. Perché, come dice giustamente Simonetta Agnello Hornby nella prefazione, “siamo tutti sullo spectrum autistico – chi piú, chi meno“. 

Altri libri sull’autismo

La mia voce arriva dalle stelle – Hugo Horiot

“A scuola dicono che sono lento di cervello. Non sanno come vanno veloci le immagini nella mia testa. Dentro di me, perché è vietato rispondere davvero ai professori, dico che io sono un aquilone, cosa aspettano a lasciarmi andare? Cerco di trascorrere il maggior tempo possibile dentro la mia testa, e questo agli altri non piace. Io sogno da addormentato e sogno da sveglio. Sono un sognatore, dicono. E il mondo non ama i sognatori.” 

Altri libri per ragazzi 

Amami ancora – Tracy Culleton

Tracy Culleton mi restituisce un po’ di fiducia nelle storie romance, dopo le ultime letture francamente insoddisfacenti. Il romanzo scorre veloce, mentre ci pone di fronte a un interrogativo: che succede quando un matrimonio affronta un momento di stanca? E se è lei a tradire lui e lui se ne accorge? Grace si infila in un bel pasticcio, non ci sono dubbi. E a noi non rimane che stare a guardare per vedere come riuscirà a uscirne. Anzi, se riuscirà a venirne fuori…

Trama 

L’inquieta trentaquattrenne Grace non è soddisfatta della propria vita. Abita in una bella casa vicino a Dublino ed è sposata da otto anni con Dev, un uomo affascinante. Col tempo però la passione si è affievolita e Grace non si sente più desiderata dal marito. Per questo quando il suo capo Darius comincia a guardarla con interesse, lei cede e finisce tra le sue braccia. Sembra un’avventura, ma Dev scopre tutto e improvvisamente Grace perde ogni cosa: il marito, il lavoro e pure la sua migliore amica…

Gente di Dublino

Tracy Culleton con me è partita subito bene. Nelle prime pagine di Grace under pressure (Grace sotto pressione, come sempre la traduzione italiana non c’entra niente e il titolo originale è invece azzeccato) mi ritrovo una citazione “Io e Grace siamo gente di Dublino e non avremmo mai potuto allontanarci dalla città“.  Cioè, quella che penso e spero fortemente sia una citazione, di James Joyce, Gente di Dublino, il cui tema centrale era proprio l’immobilismo. E anche, per inciso, uno dei miei classici preferiti. Quindi, abbiamo una coppia stanca anche se ancora giovane e con pochi anni di matrimonio. Vivono in una casa pagata tantissimo per colpa della bolla immobiliare della tigre celtica. Come qualuno di voi ricorderà, così veniva chiamata l’Irlanda qualche anno fa. Lui è un impiegato che non ama il suo lavoro, lei una donna di 34 anni che lavorativamente non ha trovato la sua strada. Fatto sta che viene spinta dal marito e dalla sua migliore amica Cara a trovarsi un lavoro. E lei lo fa: massaggiatrice olistica. Viene assunta da una palestra e qui conosce Darius.

Ahiahiahi

E qui cominciano i guai. Quella che sembrava un’avventura senza importanza diventa un boomerang per Grace quando Dev scopre tutto. Ovviamente, il marito è un uomo tutto d’un pezzo e Grace il suo matrimonio dovrà sudarselo. In tutti i sensi, tanto che finisce per ritrovarsi in una comune a spalare m…sì, avete capito. Come continua non ve lo racconto, altrimenti vi tolgo il gusto della lettura. Dico solo che Tracy Culleton è brava a mescolare ironia, rabbia, zucchero sufficiente a far rientrare il romanzo nel genere romance ma nulla di più, per servirci poi un caffè dolceamaro nel finale.

Una seconda possibilità non si nega a nessuno

Quindi lettura consigliata? Sì, senza dubbio. L’unico aspetto a cui fare attenzione è l’atteggiamento manicheista dei personaggi, parenti e amici della fedigrafa, probabilmente dovuto all’impostazione irlandese della società. Insomma, sembra che questa povera Grace abbia ucciso qualcuno e che il povero Darius abbia compiuto chissà quale delitto. Mi sarebbe piaciuto un riconoscimento un po’ più deciso del fatto che tutti sbagliamo e tutti abbiamo diritto a una seconda possibilità. In fondo, caro Dev, per annoiare tua moglie in quel modo, un po’ di responsabilità l’avrai avuta anche tu, sei d’accordo?

Voi che ne pensate? Il tradimento è perdonabile, oppure no?

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Sempre sul matrimonio, sempre a Dublino: La metà di niente, di Catherine Dunne

Jane Eyre – Charlotte Brontë

Anche se è difficile sceglierlo, e qualche volta persino ammetterlo, tutti noi lettori abbiamo un libro preferito. Quello che supera tutti gli altri per emozioni che suscita in noi, per intensità della storia, brama di girare pagina, ansia e paura di arrivare alla parola FINE. Magari dopo aver fatto le ore piccole pur di sapere come va a finire. Ditemi che anche voi conoscete bene queste sensazioni, che solo il libro del cuore può dare. Ecco, senza se e senza ma, dichiaro qui ufficialmente che il romanzo del mio cuore è nato dalla penna di  Charlotte Brontë: Jane Eyre, signore e signori, è il libro del mio cuore e anche, ma solo incidentalmente, un capolavoro.

Trama 

In una sera nebbiosa, lungo strade impastate di fango, Jane Eyre arriva a Thornfield Hall. Diciotto anni, orfana, Jane è stata allevata da una zia tutt’altro che amorevole e poi mandata in un istituto di carità, Lowood. Qui Jane rimane prima come allieva, poi come maestra, soffrendo la fame e di scarse condizioni igieniche. Il suo carattere forte e indipendente, lo stesso che le ha fatto guadagnare la fama di ragazzina ribelle durante l’infanzia, la spinge un giorno a lasciare le pareti opprimenti di Lowood per cercare lavoro come bambinaia. A Thornfield Hall, Jane deve occuparsi della piccola Adele, la protetta di Mr Rochester. Jane conosce una tranquillità mai goduta prima. Ma soprattutto conosce l’amore di Mr Rochester. Un amore travolgente, sensuale e inevitabile. Presto però i sogni di Jane si rivelano impossibili, destinati a essere soffocati dal passato oscuro di Rochester, quel passato che riecheggia minaccioso… 

Le donne forti di Charlotte 

Durante un esame, mi hanno chiesto di mettere a confronto lo stile di Charlotte Brontë con quello di Jane Austen. Cosa che credo di aver fatto bene, perché l’esaminatore, alla fine, mi ha chiesto rilassato quale preferissi delle due e perché. Ammetto di aver scelto Charlotte, per un motivo semplice. Amo le sue eroine forti, indipendenti, quantomeno originali. Adoro i suoi ragionamenti fuori dagli schemi dell’epoca. Mi appassionano le atmosfere gotiche, cupe, dei suoi romanzi. In Jane Eyre questi aspetti si mescolano alla perfezione, regalandoci dopo quasi 200 anni ancora le stesse emozioni forti. Le ambientazioni, poi, sono magnifiche: forse ispirate dall’origine materna, la Cornovaglia, che le sorelle Brontë conoscevano bene.

Jane 

Jane è una tipa tosta. Lo capiamo subito. La malvagia zia la rinchiude nella stanza rossa, dove anche gli adulti hanno paura a entrare. Eppure lei, una bimba, non esce fuori di testa, anzi. Ottiene il suo scopo, andare via da quella casa. Per finire in un posto peggiore, l’istituto caritatevole di Lowood, dove di caritatevole c’è solo la morte dei bambini più deboli, che mette fine ad atroci sofferenze. Jane perde la sua migliore amica Helen, una ragazzina un po’ più grande di lei e malaticcia. Questo è uno dei passaggi più drammatici del romanzo, che mi resterà impresso per sempre. Jane sa che Helen è malata, sa che è contagiosa, eppure non esita un istante a rimanere con lei negli ultimi istanti di vita. Mi spunta la lacrimuccia anche ora mentre scrivo, è più forte di me. Il carattere di Jane è questo: forte, eppure capace di grande generosità e altruismo. Gli anni passano e la ragazza, ormai donna fatta, raggiunge un altro obiettivo: andar via da Lowood, quel luogo di miserie. E qui, incontra l’uomo che le cambierà per sempre l’esistenza.

Mr Rochester 

Mr Rochester è il Lui per definizione, però attenzione. Non è bello, non è giovane. No, a Charlotte certe banalità non piacciono. E’ ricco, magnetico, scontroso, sofferente. Un uomo che ha tutto e non ha niente. E che per un errore di gioventù pensa di dover pagare tutta la vita. Quando incontra Jane, tuttavia, quest’uomo tutto d’un pezzo vacilla. Eppure, il suo destino è di pagare a caro prezzo gli sbagli.

I buoni e i cattivi

Il resto dei personaggi è più tondo. O sono malvagi senza redenzione, o con riscatto troppo tardivo, o sono anime pure, come la dolcissima signora Fairfax, la farfalla Adele o i cugini buoni. Un’impostazione che funziona sempre e che dà ancora più risalto ai tormenti dei due protagonisti.

Insomma, non la faccio ancora più lunga. Se siete dalla parte dei cattivi e non l’avete ancora letto, redimetevi finché siete ancora in tempo e leggetelo subito. Se siete buoni e senza speranza come me, riprendetelo in mano per l’ennesima volta.

E scrivetemi nei commenti: siete buoni o cattivi? 🙂

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