Il caso Jane Eyre – Jason Fforde

Ironizzare su uno dei grandi classici della letteratura inglese si può? Sì, si può e forse si deve, soprattutto se il risultato è un romanzo come Il caso Jane Eyre. Jason FForde si prende bonariamente gioco dei lettori appassionati di Jane Eyre e della sua scrittrice, Charlotte Brontë con un guazzabuglio pieno di ironia e storie parallele in cui alla fine ci interessa solo una cosa: Jane e Mr Rochester avranno il loro finale?

Trama 

È un 1985 diverso, in un mondo dove i libri sono il bene più prezioso. E i confini tra realtà e fantasia sono più morbidi del consueto. Mycroft, vecchio inventore, escogita un sistema per entrare di persona in romanzi e poesie. Acheron Hades, criminale diabolico, se ne appropria e rapisce “Jane Eyre” dal manoscritto originale di Charlotte Brontë: a indagare arriva Thursday Next, Detective Letteraria. Reduce dalla guerra di Crimea (che imperversa da centotrent’anni), ha in sospeso un amore. Le indagini la riportano a Swindon, sua città natale; sbarcata da un dirigibile di linea, salta in groppa a una fuoriserie decappottabile dai mille colori. Riuscirà a salvare Jane Eyre e a rimettere in sesto la sua vita?

Quest’uomo è geniale 

Confesso che dopo aver letto I misteri di Chalk Hill di Susanne Goga ero un po’ titubante all’idea di affrontare un nuovo romanzo che si ispirasse alla mia amatissima Jane Eyre. Invece, mi sono divertita molto a leggerlo, in alcuni passaggi quasi con le lacrime agli occhi. L’idea è fantastica, tanto che a più riprese ho pensato “quest’uomo è geniale”, seguito da “perché non ci ho pensato io”? Chi di noi amanti dei libri, infatti, non sogna un mondo dove la letteratura sia una cosa importante? Magari non ai livelli fantascientifici immaginati da Jason FForde, ma insomma, un po’ più di considerazione ci piacerebbe, giusto? Una protagonista che si chiama Giovedì prossimo, poi, è tutto un programma. Anzi, un Cronoprogramma, magari pianificato dalla CronoGuardia di cui fa parte il padre di Thursday, libero di fare avanti e indietro nel tempo, a fare che non l’ho ancora capito, e di passare ogni tanto a trovare la figlia facendo fermare il tempo e l’azione. Considerando che lo scrittore è soprattutto uno sceneggiatore, manca solo lo stop alla fine della scena. I personaggi sono tutti azzeccati e uno più strambo dell’altro. Vincono la palma gli anziani zii, Mycroft l’inventore e lei, Polly, suo malgrado sperimentatrice delle sue invenzioni. Poi, c’è il paziente Landen Park-Laine, l’ex fidanzato che a dispetto di quanto afferma non ha mai dimenticato la sua Thursday e colleghi quantomeno curiosi, come Victor Analogy.

Jason, dov’è Jane Eyre?

Insomma, un mondo a dir poco variopinto, dove tutti sembrano strambi e dove c’è sempre tanta confusione. Talmente tanta che, se devo rintracciare un difetto nel libro, è proprio quello di aver lasciato un po’ in disparte la protagonista del titolo. Jane Eyre è un’eroina dura e pura: che fine le ha fatto fare Jason Fforde? Rimane sempre in disparte e silenziosa: ma perché, Jason? Avresti potuto utilizzarla di più e farla emergere. E’ o non è un’eroina? Comunque, a parte questa notazione, consiglio Il caso Jane Eyre a tutti gli amanti della lettura e della letteratura che abbiano voglia di sorridere un po’ della loro passione.

Passaggi 

Non era la prima volta che il manoscritto di Martin Chuzzlewit veniva trafugato. Due anni prima era stato trafugato dalla sua teca da un guardiano che voleva solo leggere il libro nella forma originale e immacolata. Schiacciato dai sensi di colpa e dalla difficoltà di decifrare la calligrafia di Dickens al di là della terza pagina, finì per confessare e il manoscritto fu recuperato.

Non era come l’avevo immaginata. Pensavo che Thornfield Hall fosse più grande e arredata con maggiore sfarzo. C’era un forte odore di cera e al primo piano si gelava. La casa era ben poco illuminata e i corridoi si perdevano in un buio nero come l’inchiostro. Era austera e poco accogliente. Notai tutto questo, ma soprattutto notai il silenzio; il silenzio di un mondo senza macchine volanti, traffico e grandi città. L’era industriale era appena agli inizi; il pianeta aveva raggiunto la sua data di scadenza. 

Me, mum & mistery – I muffin di Linda

Se sua madre lavorava a maglia, era alle prese con una questione esistenziale. Se spostava i mobili, era arrabbiata con qualcuno. Se ridipingeva le pareti, aveva preoccupazioni sentimentali. E se sfornava muffin, Emily poteva stare certa che fosse alle prese con problemi lavorativi.”  Siccome non so lavorare a maglia, spostare i mobili è faticoso e ridipingere continuamente pareti costa, ho imitato Linda e mi sono messa a trafficare in cucina. Ecco a voi i muffin di Me, mum & mistery. Lucia Vaccarino non ci rivela la ricetta della mamma di Emily,  e quindi a libera interpretazione li ho fatti al cacao e cioccolato fondente. Morbidi morbidi e goduriosi. Portateli in ufficio e i problemi lavorativi spariranno. Pronti a rifarli? Seguite il procedimento e sarà un successo. 

Ingredienti per 8 muffin in stampo da cupcakes

  • farina 00, 110 gr.
  • cacao amaro, 20 gr.
  • zucchero, 100 gr.
  • latte intero o parzialmente scremato, 8 cl. 
  • burro, 50 gr.
  • 1 uovo
  • cioccolato fondente, scaglie o tocchetti 8
  • lievito per dolci, 8 gr.
  • sale, 1 pizzico
  • bicarbonato, 1 pizzico

Procedimento 

Partiamo dagli ingredienti liquidi. Sciogliete a fuoco bassissimo il burro e toglietelo dal fuoco quando non è ancora sciolto del tutto, per evitare che frigga. Lasciatelo freddare. Intanto, rompete l’uovo in una ciotola capiente, aggiungete lo zucchero e  con una frusta a mano o un cucchiaio mescolateli bene ma non troppo. Aggiungete a filo il burro sciolto e il latte, continuando brevemente a mescolare. A parte setacciate la farina, il cacao e il lievito. Aggiungete un pizzico di sale e di bicarbonato.

Versate gli ingredienti solidi in quelli liquidi e mescolate pochissimo, giusto per incorporarli. Dovete ottenere un composto consistente e quasi grumoso. Accendete il forno a 170°/180° in modalità statica. Preparate i pirottini e tagliate la tavoletta di cioccolata a tocchetti/scaglie grandi. Io ho scelto pirottini da cupcakes/muffin medi perché volevo dolci a prova di stomaci delicati, però volendo potete optare per la taglia maxi. Versate l’impasto fino a metà dello stampo, inserite il tocchetto di cioccolato e ricoprite con il restante impasto fino a sfiorare il bordo dello stampo.

Cuocete in forno già caldo per circa 20 minuti e aspettate la cupoletta prima di aprire il forno. A questo punto fate la prova stecchino. Se sono troppo morbidi lasciateli ancora 1-2 minuti e poi qualche altro minuto a forno spento. Altrimenti, spegnete subito e lasciateli sostare a forno spento per qualche minuto.

Una volta sfornati, lasciateli a raffreddare per almeno mezz’ora e poi vediamo se riuscite a resistere!

Note 

  • la cosa fantastica di questo dolcetto è che meno lo lavorate e più buono sarà;
  • la cottura è il momento più delicato. Fate prove con il vostro forno per decidere quali sono temperatura e minuti di cottura ideali;
  • anche se potete farli il giorno prima, il mio consiglio è di farli poco prima di portarli in tavola. Sono fantastici appena tiepidi, con il passare delle ore si seccano;
  • si conservano (dicono, non mi è mai capitato che avanzassero) per 2 o 3 giorni in sacchetti di plastica per alimenti e chiusi in contenitori di latta o di plastica; 
  • se proprio non riuscite a consumarli subito, il metodo migliore per conservarli è congelare subito dopo il loro raffreddamento a temperatura ambiente. Li chiudete in un sacchetto per alimenti e li riponete nel congelatore. Una volta scongelati, saranno come appena fatti.

Per quanto mi riguarda ricetta promossa. D’ora in poi farò come Linda e li preparerò quando c’è un problema lavorativo. E voi? Qual è la vostra ricetta scacciastress?

La serie di Me, mum & mistery 

Me, mum & mistery, detective per caso

Me, mum & mistery, vol 2: Caccia all’uomo scomparso

 

Lo “stufato dello studente” di Ellery Queen

Tutto ebbe inizio con una cipolla…La ricetta del diavolo di Ellery Queen è diabolicamente buona. L’ho trovata nello speciale Mondadori e l’ho provata per voi. Il diavolo dimenticherà pure i coperchi, ma cucina divinamente! Lo stufato dello studente di Ellery Queen è un piatto unico il cui profumo vi trasporterà immediatamente nell’atmosfera di un pub inglese…però attenzione! E’ una ricetta del diavolo, seguite la mia ricetta e non quella del romanzo (in corsivo), mi raccomando. Altrimenti, l’assassino potrebbe farla franca!

The devil’s cook – Ellery Queen 

– Ma spiegami meglio: cos’è precisamente questo “stufato dello studente”? – insistette Farley. – Sai, come scapolo dalla digestione lenta, le ricette mi interessano sempre.
– E’ il principe degli stufati – sentenziò la donna.
– Be’, non occorre che tu faccia tanti misteri…Si tratta di un segreto?
– Non proprio. Vuoi che ti dica come si prepara?
– E’ quello che ti sto chiedendo!
– Semplicissimo. Per prima cosa prendi una bella pentola di quelle capienti, poi tagli delle fette di prosciutto e ne copri il fondo. Fatto questo, tagli a pezzetti mezzo chilo di manzo bello magro e lo metti nella pentola sopra il prosciutto, con un po’ di sale e pepe; poi aggiungi le carote tagliate a fette sottili. Sopra le carote ci metti tre belle cipolle tritate finemente e infine le copri con tre o quattro patate, a seconda della grandezza, anche queste tagliate a fette sottili. Ancora un po’ di sale e pepe; poi fai cuocere, coperto, a fuoco lento.Secondo me, bisogna aggiungere un bel po’ d’acqua per evitare che si attacchi alla pentola. D’accordo che la verdura fa acqua, ma un po’ di più non guasta.

Ingredienti 

  • manzo in pezzi medi, 500 gr.
  • patate medie, 3
  • cipolla, 1
  • pancetta, 5 fette sottili
  • carote, 3
  • sale e pepe, q.b.

Procedimento 

Per prima cosa prendete una bella pentola di quelle capienti,  poi coprite il fondo con le fette di pancetta e fare uscire l’olio. Togliete la pancetta e nella stessa mentola mettete la carne, con un po’ di sale e pepe, facendola rosolare a fuoco vivo. Se volete potete infarinarla prima, ma non è necessario. Quando è ben rosolata, abbassate il fuoco al minimo e aggiungete le carote tagliate a fette sottili e una cipolla tritata finemente. Infine, coprite con le patate, tagliate a pezzi piccoli. Poi aggiungete acqua fino a ricoprire tutti gli ingredienti e fate cuocere, coperto, a fuoco lento, per almeno due ore. Quando il sugo si sarà ristretto, lo stufato è pronto.

Note 

  • nella versione italiana c’è un errore. Il prosciutto che si mette sul fondo è in realtà pancetta. Un errore da chef creativo, tuttavia. Potete anche provare il prosciutto al posto della pancetta, secondo me ci sta bene;
  • le cipolle nel romanzo sono tre. Questa è una delle chiavi del giallo e quindi se volete sapere perché ne ho messa una sola dovete leggervi il libro;
  • mentre cucinavo ho dimenticato sale e pepe. Il pepe ci sarebbe stato bene, del sale non ho sentito la mancanza perché la pancetta è già abbastanza salata. Decidete voi cosa fare;
  • nel romanzo, la cuoca parla di manzo bello magro. Dal macellaio fatevi dare “il piccione”, un taglio venato che è particolarmente adatto per spezzatini e stufati.

Buon appetito! Fatemi sapere se la ricetta del diavolo vi è piaciuta!

Leggi anche: 

Ellery Queen, La ricetta del diavolo

Me, mum & mystery 2 – Caccia all’uomo scomparso – Lucia Vaccarino

Con Caccia all’uomo scomparso, prosegue la serie Me, mum & mystery, Detective per caso, di Lucia Vaccarino. Ricordate? Avevo inserito il primo volume nei consigli per la calza della Befana. E’ piaciuto molto a chi l’ha ricevuto in regalo e allora proseguiamo con le altre uscite. Nella seconda storia, addirittura c’è un omicidio. O no?

Trama

Emily e sua madre Linda hanno abbandonato la frenetica vita londinese per Blossom Creek, un placido paesino del Kent. Il vecchio cottage ereditato dal bizzarro zio Orville è anche la sede di un’agenzia di investigazioni, che un po’ per caso, un po’ per gioco Emily e Linda hanno rimesso in attività. In un tranquillo mattino estivo, Fred Molloy, ex archivista comunale, arriva in paese trafelato. Ha perso la voce per lo spavento, e racconta a gesti quello che ha visto al campo da golf di Fairfield Cove: un uomo giace riverso sul green della buca 18! Emily e il suo amico Jamie si precipitano al campo per indagare, ma quando arrivano del corpo non c’è traccia. Trovano però un oggetto misterioso: una piccola chiave d’acciaio con incisi il numero 144 e le iniziali B.S.B. A chi appartiene quella chiave? E che ne è stato dell’uomo visto da Fred?

Che fa l’ispettore? 

Confermo quanto detto sul primo volume della serie. La storia si segue con piacere, anche se chiaramente è pensata per un pubblico di bambini. Quindi penso che anche questa piacerà alla destinataria. E’ scritta bene, il linguaggio è adatto ai bambini senza essere eccessivamente semplice e le due protagoniste sono di una dolcezza unica. Ci sono anche delle illustrazioni molto curate, il che impreziosisce il racconto. L’unica pecca, a parer mio,  è che questa seconda storia mi è sembrata leggermente meno avvincente della prima. La situazione è più ingarbugliata, e all’inizio abbastanza confusa, mentre i personaggi rimangono tutti un po’ (troppo) in disparte. L’ispettore, per esempio, quali indagini compie? E nell’ultima scena, dov’è Percy? Anche in questo caso, tuttavia, il colpo di scena finale non manca. Quindi, promosso e avanti con il terzo! 

E se ti viene fame mentre aspetti la terza recensione, puoi prepararti un bel dolcetto con la ricetta dei Muffin di Linda

Me, mum & mystery – La prima storia

Consigli su altri libri per bambini

I misteri di Chalk Hill – Susanne Goga

Ho appena finito I misteri di Chalk Hill, di Susanne Goga. L’autrice tedesca dichiara di essersi liberamente ispirata a Charlotte Brontë e alla sua magnifica Jane Eyre. Diciamo che se fossi Woody Allen le direi scherzosamente “provaci ancora Sam!”. Il mistero, infatti, invece di infittirsi si dirada troppo, troppo presto…

Trama

È il 1890 e Charlotte, giovane istitutrice berlinese, abbandona tutto per raggiungere l’Inghilterra, decisa a rifarsi una vita dopo una terribile delusione d’amore. Giunta nella splendida tenuta di Chalk Hill, sulle verdi colline del Surrey, dovrà occuparsi della piccola Emily, l’incantevole figlia dell’altezzoso sir Andrew. Tra Charlotte e la bambina nasce subito un forte affetto, turbato però da un evento tragico che continua a tormentarla. Da quando la madre è morta in circostanze misteriose, Emily è convinta di vederne lo spettro, soffre di sonnambulismo e prova un inspiegabile terrore alla vista del fiume che scorre accanto alla villa. Charlotte tenta di indagare, ma nessuno dei domestici osa rompere il silenzio imposto dal vedovo sulla morte di lady Ellen. Solo con l’aiuto dell’affascinante giornalista Thomas Ashdown, chiamato a investigare sulle strane apparizioni che avvengono nella casa, Charlotte riuscirà a far luce su un segreto sconvolgente, nascosto tra le antiche mura di Chalk Hill. E forse, a poco a poco, imparerà di nuovo a credere nell’amore…

Jane Eyre?

Nella postfazione Susanne Goga avverte di essersi ispirata a Jane Eyre, romanzo di cui lei è stata traduttrice in tedesco. Più che ispirata, io direi soggiogata. Ha tentato di ricreare le stesse atmosfere, la protagonista è un’istitutrice, c’è una figura materna ingombrante e assente, ci sono fenomeni paranormali, o che appaiono tali. C’è anche l’aggressione di uno dei personaggi, pensa un po’. Il problema è che Susanne Goga sarebbe dovuta andare leggermente più avanti di così, o forse limitare le similitudini con il capolavoro di Charlotte Brontë per non farle apparire quasi come una mera operazione di marketing.

Meno appassionante di quanto avrebbe potuto 

Sicuramente il suo è un interesse sincero, non lo metto in dubbio. Addirittura la protagonista si chiama Charlotte! Solo che il giallo si risolve praticamente a metà libro, dove è già tutto chiaro. A quel punto, pensi e speri che ci sia un colpo di scena finale che ribalterà tutto quello in cui l’autrice ti ha voluto far credere. Invece no, sappiatelo. Tutto è esattamente come appare. Purtroppo, oltre a questi aspetti, ci sono altre manchevolezze che lo rendono meno appassionante di quanto avrebbe potuto essere: un linguaggio troppo moderno per l’epoca, personaggi molto poco complessi, o almeno non quanto il dramma avrebbe richiesto, un finale frettoloso e tirato via. Soprattutto la parte soprannaturale viene esplorata poco, così come la vita precedente dei due protagonisti e dei padroni di casa. Ho trovato il tutto, nel complesso, un po’ piatto. Salvo solo le atmosfere della campagna inglese, quelle sì che rendono. Per un attimo, ho immaginato di essere di nuovo in Gran Bretagna a sorseggiare tè con gli scones. Ah, che meraviglia!

p.s. da grande appassionata di teatro, non posso non segnalare un errore storico. A un certo punto, Tom Ashdown, che di lavoro fa il critico di spettacoli, dichiara che l’ultimo spettacolo visto al Royalty Theatre è Thérèsa Raquin, di Émile Zola. Il che è impossibile, perché l’opera non fu rappresentata a Londra fino al 1891, pur essendo stata adattata dal romanzo nel 1973. Mancavano le licenze quando Tom parla, nel 1890, cioè l’anno precedente alla messa in scena. 

Vuoi provare gli scones? Clicca qui per la ricetta.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi