Le Sette sorelle: terzo libro, Star

Mentre il mondo aspetta trepidante la fine della serie, io sono ancora nel mezzo del cammin, alle prese con il mistero di Star e Flora. Star è la più silenziosa e schiva delle sorelle, sempre all’ombra della più spumeggiante Cece. Le sue origini l’aiuteranno a trovare la sua vera voce? Ora vi racconto.

Trama

Silenziosa ed enigmatica, appassionata di letteratura e cucina, Star è la terza delle sei figlie adottive del magnate Pa’ Salt e vive da sempre nell’ombra dell’esuberante sorella CeCe. Fin da piccole le due sono inseparabili: hanno un linguaggio segreto che comprendono solo loro e hannoviaggiato per il mondo, guidate dallo spirito indomito di CeCe, di cui Star è abituata ad assecondare ogni desiderio. Ma adesso, a solo due settimane dalla morte del padre, CeCe decide che per entrambe è arrivato il momento di fissare un punto fermo nelle loro vite e mostra a Star il magnifico appartamento sulle rive del Tamigi che ha intenzione di comprare per loro. Per la prima volta nella sua vita, Star sente che quel rapporto simbiotico rischia di soffocarla. E’ ora di trovare la propria strada, cominciando dagli indizi che Pa’ Salt le ha lasciato per metterla sulle tracce delle sue vere origini: una statuetta che raffigura un gatto nero, il nome di una donna misteriosa vissuta quasi cent’anni prima e il biglietto da visita di un libraio londinese. Ma cosa troverà tra i volumi polverosi di quella vecchia libreria antiquaria? E dove vuole condurla realmente Pa’ Salt?

Un filo allentato tra le sorelle

Dei tre romanzi letti finora, questo è quello che mi è piaciuto di più. Un po’ per l’ambientazione, tra Londra e la campagna, che chiaramente a Lucinda Riley risulta familiare, e per il tema libri e librerie, che per un lettore accanito ha sempre il suo innegabile fascino, anche se un po’ abusato nella letteratura di genere. Un po’ perché penso che la scrittrice inglese con questo terzo libro della serie abbia finalmente preso le misure di questo grande progetto di fantasia. Intanto, c’è un continuo rimando tra presente e passato che prima non c’era. In secondo luogo, il presente quasi si equivale, Star ha molto più spazio rispetto a Maia e Ally. Quello che continua a mancare, a mio parere, è proprio il rapporto tra sorelle. Come mai nessuna di loro sente il bisogno di stringersi alle altre in un momento così doloroso come la morte dell’adorato padre? E’ come se fossero state tenute insieme solo da lui, e che questo filo si sia allentato. Ma devo andare avanti, per ora non posso sapere cosa ha in serbo Lucinda Riley per noi.

Forse, qualcuna/o di voi che ha già letto tutto può scrivere nei commenti su questo aspetto? Magari senza spoiler, grazie 🙂

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La saga delle sette sorelle: tutti i titoli

  1. Le sette sorelle. La storia di Maia, 2015
  2. Ally nella tempesta, 2016
  3. La ragazza nell’ombra, 2017
  4. La ragazza delle perle, 2018
  5. La ragazza della Luna, 2019
  6. La ragazza del Sole, 2020
  7. La sorella perduta, 2021
  8. Atlas: la storia di Pa’ Salt, 2023?

Leggi anche: 

Le sette sorelle: il primo libro, Maia

Le sette sorelle: il secondo libro, Ally

Le sette sorelle: il quarto libro, CeCe

Il segreto della bambina sulla scogliera – Lucinda Riley

Le Sette sorelle, Lucinda Riley annuncia una novità

Brescia, una Leonessa Capitale tutta da scoprire in 10 tappe

Per fortuna la Leonessa è diventata capitale della cultura 2023, così mi sono ricordata di questa cittadina da visitare. Purtroppo l’Italia è così, talmente ricca di luoghi meritevoli, che si finisce per andare in quelli più raggiungibili. Brescia non è di passaggio, quindi bisogna programmare bene la visita. Perché allora non approfittare per fare il paio Brescia/Bergamo? Cioè le due città che condividono lo scettro di capitale della cultura 2023? Iniziamo da Brescia: vi dirò quello che sono riuscita a vedere in weekend Brescia-Bergamo. E anche quello che potreste scoprire se avete più tempo a disposizione. Pronti? Partiamo!

Pinacoteca Tosio Martinengo con David LaChapelle 

Entrare alla pinacoteca, è come fare un viaggio cronologico accelerato dal tardo-gotico al primo Ottocento, con un’incursione nel contemporaneo. Confesso che non è per Raffaello, Foppa, Savoldo, Moretto, Romanino, Lotto, Ceruti, Hayez o Canova che sono entrata. Ma per David LaChapelle, che fino al 12 novembre sarà presente con la mostra di fotografie David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a Beautiful Land. A Brescia presenta un’opera inedita ispirata alla produzione pauperistica di Giacomo Ceruti. La Pinacoteca Tosio Martinengo, infatti, conserva il più alto numero di opere di Ceruti nel mondo e ha deciso di ospitare questo scatto per narrare gli “ultimi”, come faceva il pittore, attraverso il linguaggio fotografico. Insieme alla serie Jesus is my homeboy del 2003, che avevo già visto a Roma, la nuova fotografia di LaChapelle, Gated Community (2022), mette in scena una lunga tendopoli di senzatetto che occupa il marciapiede a ridosso del LACMA (Los Angeles Country Museum of art).

Gated community

Le tende da campeggio sono state rivestite dal fotografo con i loghi dei più noti marchi di moda. Ecco che vediamo Gucci, Louis Vuitton, Chanel e altri sfilare di fronte al prestigioso museo, che all’epoca dello scatto aveva appena concluso una milionaria raccolta fondi per il suo ampliamento. Dopo essere stato fotografo privilegiato di celebri artisti, David LaChapelle si fa portavoce da anni delle contraddizioni e delle disuguaglianze che permeano la società moderna. Non a caso ha scelto come set la California, dove si registra il più alto numero di senzatetto degli Stati Uniti. Se il contemporaneo non vi interessa e volete rimanere sul tradizionale, la collezione di tele, sculture, oggetti di oreficeria, smalti, medaglie della pinacoteca Tosio Martinengo è di tutto rispetto. Il percorso espositivo è organizzato in 21 sale scenograficamente allestite. Oppure, potete spostarvi al Museo di Santa Giulia per Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecentouna grande retrospettiva che da luglio verrà esposta dove? Al Getty Museum di Los Angeles, per chiudere il cerchio. Di questa mostra vi parlo subito dopo. Intanto, vi dico che l’unica pecca nell’esposizione del fotografo è nei riflessi provenienti dalle grandi finestre della sala. Piena di luce, tanto da non riuscire a schermare a sufficienza il riflesso sul vetro delle foto. Assolutamente da vedere, tuttavia, se amate i colori e gli eccessi cui ci ha abituato David LaChapelle. 

Il Museo di Santa Giulia

Altro posto imprescindibile è il Museo di Santa Giulia, che andrebbe visitato con calma e a lungo. Cosa che purtroppo non ho avuto modo di fare, anche perché c’è una sequela di biglietti a seconda di quello che uno deve fare, che non è proprio il massimo della chiarezza. Non capisco perché non fare un biglietto unico e via. Comunque, nel Complesso di Santa Giulia da vedere assolutamente è la Croce di Desiderio del IX secolo. Ci sono poi gli affreschi del Coro delle Monache, i resti delle antiche Domus romane e gli interni della Basilica di San Salvatore. Insieme all’area archeologica del Capitolium e al complesso monastico di San Salvatore, il museo è stato dichiarato sito UNESCO. È anche sede di importanti mostre temporanee. Io però non ho visto niente di tutto questo, perché mi sono concentrata sulla mostra Miseria&Nobiltà, Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento, di cui vi parlerò in maniera approfondita.

Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento

Avete poco più di un mese per vederla e vi consiglio di fare l’accoppiata David LaChapelle (vedi sopra) – Giacomo Ceruti. La dimostrazione che il passato parla a chi ha voglia di ascoltarlo e riviverlo. Ceruti rappresenta un connubio interessante: pittore degli ultimi e ricercato ritrattista dell’aristocrazia, cioè con ogni probabilità il suo vero interesse da un lato e il bisogno di mettere il pane in tavola dall’altro. In questa mostra, il parallelo con LaChapelle funziona. Pure con riferimento alle luci, che anche qui avrebbero bisogno di essere dislocate diversamente per far apprezzare maggiormente le opere esposte. Come ritrattista, ha successo fin dall’inizio, anche per il suo stile essenziale, senza orpelli. Il suo intento sembra quello di far emergere gli occhi e il carattere del soggetto ritratto, evitando qualsiasi distrazione nello spettatore. Questa caratteristica è ancora più efficace quando ritrae le persone del popolo, i lavoratori. Con il passare degli anni, i ritratti diventano più sorridenti e luminosi. Forse, con l’età si è rasserenato anche lui e l’ha mostrato nei dipinti. 

Parco archeologico Brescia Romana 

Altro sito Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il sito UNESCO comprende l’area archeologica con Piazza del Foro, il Capitolium, il Santuario repubblicano, l’antico teatro, la Basilica romana e il complesso monumentale di San Salvatore – Santa Giulia. Posto spet-ta-co-la-re. Incredibile, magnifico. Ormai sapete che sono peggio degli inglesi in quanto ad adorazione degli antichi romani e qui, ve lo dico subito, abbiamo un assaggio della loro grandezza. Il sito è conservato benissimo, anche perché è rimasto sempre sottoterra fino alla sua scoperta nel 1823. Gli esterni sono liberamente visitabili, mentre l’interno è a pagamento. Il complesso museale comprende il Tempio Capitolino, il teatro ed alcuni resti del foro cittadino, che sono visibili anche dall’esterno dei cancelli. Con il biglietto, si accede a un tour guidato contingentato, con ingresso iniziale in una stanza di acclimatamento, per evitare che i resti all’interno vengano deturpati dallo scambio con i “viventi”. Nella visita guidata vera e propria, invece, è possibile vedere i resti sotterranei del Santuario Repubblicano (I secolo A.C.). La pavimentazione a mosaico e pareti affrescate sono conservate benissimo, con motivi decorativi che ricordano Pompei. Verrebbe voglia di rimanere per ore e ore in mezzo alla bellezza, ma i tempi sono molto stretti e la Vittoria alata ci attende.

La Vittoria alata 

La Vittoria alata è un’enorme statua di bronzo, che riproduce una figura femminile, voltata leggermente verso sinistra e vestita con una tunica fermata sulle spalle e un mantello che avvolge le gambe. La posizione della figura, con una gamba leggermente sollevata e le braccia avanzate, si spiega con la presenza in origine di un elmo di Marte, su cui doveva poggiare il piede, e uno scudo, che doveva essere sorretto dal braccio sinistro, sul quale erano incisi il nome e le gesta del vincitore. L’origine della statua è tuttora incerta.  Per anni si è pensato che la statua fosse stata trasportata a Roma per volontà di Augusto dopo la morte di Cleopatra nel 29 a.C. e da questi donata alla città di Brescia, ma questa ipotesi è stata poi smentita dalle ricerche successive. LA sua maestosità è veramente impressionante, tanto che anche Giosuè Carducci l’ha cantata nell’ode Alla Vittoria, mentre Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III ne vollero una copia. 

Il castello

Grande fortezza costruita sul Colle Cidneo tra il ‘300 e il ‘500 in posizione strategica con vista dominante sulla città, il Castello di Brescia è ancora oggi frequentatissimo da turisti e bresciani a passeggio. Se volete passeggiare nel verde e godervi il panorama bresciano dall’alto, questo è il posto che fa per voi. Tra l’altro, il castello ospita il primo osservatorio astronomico pubblico d’Italia, plastici ferroviari e il Museo delle Armi Luigi Marzoli. Volendo, si possono anche visitare le segrete. Io sono rimasta bloccata nel tunnel d’entrata da una pioggia improvvisa e scrosciante ed è stato divertente fare due chiacchiere coi bresciani che erano andati lì a passeggiare. Tutti insieme, abbiamo applaudito un corridore che, sprezzante dell’acqua, è entrato nel castello mentre tutti attendevamo la fine dell’acquazzone, per fare un giro di corsa e riuscire.

Piazza Paolo VI

Conosciuta anche come Piazza Duomo, Piazza Paolo VI racchiude gli edifici simbolo del potere civile e religioso della città medievale. Tra questi il Broletto, sede della Prefettura e di alcuni uffici comunali e delimitato dalla storica Torre del Pégol, e il Duomo Vecchio, esempio di architettura romanica a pianta circolare con opere artistiche del Romanino, Moretto, Cossali. Al centro della piazza si erge il Duomo Nuovo, costruito a partire dal 1604 e completato nel 1825 dal Vantini. La piazza è anchecircondata di locali e localini per fermarsi a riposare e a scambiare due chiacchiere.

Piazza Loggia

Entrata a Piazza Loggia, mi è sembrato di essere catapultata all’imporvviso in una città orientale. Caratterizzata da una netta impronta veneziana, Piazza Loggia è una delle piazze più trafficate di Brescia. Sul lato ovest è dominata da Palazzo Loggia, costruito fra il 1492 e il 1570 con contributi di Palladio e Sansovino e sede dell’amministrazione comunale. A est la Torre dell’Orologio con l’antico orologio astronomico segna lo snodarsi degli eleganti portici fulcro dello shopping in città. Sul versante sud, verso Piazza Vittoria, il Monte di Pietà, sulle cui facciate spiccano inserti lapidei di epoca romana.

Antico quartiere del Carmine 

Praticamente dietro Piazza Loggia, il Carmine è uno dei quartieri antichi preferito dai ragazzi per passare la serata, anche perché servito dalla metro. Il quartiere è ricco di chiese, edifici storici, ristoranti e locali per il dopocena. Di giorno, è una delle zone preferite dagli universitari.

Piazza Vittoria

Terza grande piazza di Brescia insieme a Piazza Loggia e Piazza Paolo VI, di stampo rettangolare con portici ai lati, su Piazza Vittoria si affacciano il Palazzo delle Poste e a ovest uno dei primi grattacieli d’Italia. Qui fanno un mercato, ma non ho fatto in tempo a vederlo. Quando sono arrivata sulla piazza, però, spirava un vento freddo e ho iniziato a sentirmi molto stanca, con la scarpinata per tornare in albergo davanti. Allora mi sono fermata in questo locale sulla piazza, Ramen & Street Food. Mi ritrovo nel mondo degli anime, con le cameriere vestite come nei bar giapponesi e opening anime come sottofondo musicale. Non avevo previsto di fermarmi a cena in un posto così, e forse nel diario di bordo dovrei parlarvi solo di cucina locale, però le ragazze sono state molto gentili, il ramen di miso mi ha rinfrancato e il conto era adeguato alle porzioni. Sono uscita ristorata e la scarpinata verso l’albergo non mi è più sembrata impossibile. Quindi, ve lo consiglio per una cena senza troppe pretese.

Teatro Grande e Il Caffè del Teatro

Costruito nel 1810 in sostituzione dell’Accademia degli Erranti, è considerato uno dei più importanti teatri d’Italia. Di grande pregio la sala neoclassica con cinque ordini di palchi e loggette affrescate arricchite da stucchi e dorature. Alla sala centrale si aggiunge il Ridotto, riccamente decorato da affreschi, stucchi dorati e specchi e tra i più pregevoli esempio di Rococò bresciano. Purtroppo non sono riuscita a vederlo, ma per fortuna ho trovato aperto il Caffè del teatro. Sul lato settentrionale del Ridotto, dopo aver oltrepassato un corridoio trasversale aperto affrescato nel 1765, ci hanno fatto entrare, dopo aver atteso all’entrata per circa un quarto d’ora, in una saletta nella quale si possono osservare i dipinti ornamentali eseguiti dal maestro Francesco Tellaroli e risalenti al 1787. In pratica, siamo entrati nella Buvette del teatro per un caffè. A prezzi assolutamente normali. La fila si crea per non avere assembramento in attesa che si liberi un posto ai tavoli, così una volta entrati non c’è l’occhio di chi ti guarda con occhio obliquo sperando che ti alzi in fretta. Se avete pazienza di attendere un poco in fila, vi consiglio di non perderlo. A patto che passiate il sabato o domenica, unici due giorni della settimana in cui è aperto. Qui i giorni e gli orari completi.

Chiesa di San Francesco d’Assisi 

Costruita nel ‘200, con facciata tardo-romanica e il grande rosone al centro, è a tre navate, con opere di Moretto e Romanino. Famosa per il chiostrino della Madonnina e il chiostro grande con colonnine in marmo rosso di Verona, a Natale ospita un presepe meccanico gestito da frati francescani.

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Il principe serpente di Elizabet Hoyt cerca vendetta

Lentamente, ma arrivo. Con Il principe Serpente chiudo la trilogia Princes trilogy di Elizabeth Hoyt. Che in italiano diventa Il principe e il tormento. Anche in questo caso, nessun principe, però torniamo ai nobili, un visconte. Che incontra il suo angelo mentre medita vendetta. Saranno di nuovo scintille. Vi racconto tutto, seguitemi. 

Trama

Sul sentiero deserto che conduce dalla cittadina di Maiden Hill a Craddock-Hayes House, nel Kent, la splendida e generosa Lucinda s’imbatte nel corpo riverso per terra di un giovane uomo, gravemente ferito ma bello come un dio. Uno scontro tra malfattori? Tutto il contrario. Simon, sesto visconte di Iddesleigh, è rimasto vittima di un agguato e ha avuto la peggio. Ben presto Lucy scopre in lui un fascino irresistibile, ma il loro idillio è destinato a durare ben poco perché l’acerrimo nemico di Simon intende chiudere in fretta la partita. A qualsiasi costo, e calpestando ogni sentimento.

Stessa ambientazione

Anche in chiusura siamo sempre in Inghilterra, sempre nello stesso anno, il 1760. Abbiamo una donna che rischia di non riuscire a sposarsi, anche perché continua a rifiutare pretendenti. E un uomo assetato di sangue e vendetta. Cieco, in preda ai suoi fantasmi. Ma non così cieco da non accorgersi di aver incontrato una donna eccezionale.

Elizabeth Hoyt

Considerando che questa è la trilogia di debutto di questa scrittrice, confermo che mi piace molto, anche se purtroppo in italiano leggiamo una versione tagliata e questo inevitabilmente va a discapito della qualità generale dei romanzi. Che è comunque intuibile, i personaggi non sono scontati, le battute brillanti e una morale che chiude degnamente la storia raccontata. Stavolta, la favola che intramezza la storia vera è raccontata da Simon, il protagonista. Nome che fa andare il pensiero va ai Bridgerton, che stanno tra l’altro per tornare.

Nel principe leopardo viriamo sul mistery

Nel principe serpente Elizabeth Hoyt mette da parte il mistery che aveva dominato Il principe leopardo per buttarsi nella vendetta pura. Simon fa in modo di incontrare strategicamente i suoi nemici per farli fuori, uno a uno. Quando avrà termine questa spirale di vendetta? Quando la sete di sangue sarà sopita? Potrebbe essere troppo tardi, allora.

Consigliato

In ogni caso, confermo che quest’autrice merita una chance. Come vi ho già detto dopo le precedenti letture, è adatta a chi cerca una lettura d’amore non impegnativa con scene di eros non troppo spinto.

— Tua madre era una donna, non un ideale. — Il capitano sospirò. In quel momento, in piedi con la camicia da notte e il berretto, appariva vecchio, ma anche severo e deciso. — Le persone sbagliano, gli ideali no. Credo che sia la prima lezione da imparare, in ogni matrimonio.

Leggi anche gli altri libri della serie: 

Il principe corvo di Elizabeth Hoyt strega Anna

Il principe leopardo viene stanato

Gaia Servadio e La cucina in valigia

La vita è un viaggio e, per alcuni fortunati come Gaia Servadio, il viaggio è anche un lavoro. Lo sguardo aperto e franco di questa ragazza in copertina, Gaia Servadio da giovane, mi ha convinto a chiedere in prestito questo piccolo libro in biblioteca. Così leggero, nel formato e nella forma, che sono riuscita a finirlo in pochi giorni. Ora vi racconto cosa ne penso.

Trama

Gaia Servadio racconta i suoi viaggi, i luoghi che l’hanno colpita, le inchieste che ha condotto per giornali e televisioni, a cominciare dalla BBC. Londra, l’Italia, in particolare la Sicilia («prima dell’arrivo di Dolce & Gabbana»), la Cina, e naturalmente il Medio Oriente, ma in generale un po’ tutto il mondo. L’autrice non dà ricette sulla vita e sull’esistenza, le ricette di questo libro sono proprio vere e servono a preparare una buona cena, o un pranzo. Attraverso gli alimenti sa spargere una leggerezza che contagia il lettore. Una leggerezza di storie, incontri, eventi, che sembra dirci molto più del mondo di tanti libri e di tanti saggi seri e rigorosi. Alla fine, la lettura di queste storie ci conferma ancora una volta, come la vita sia sempre e solo una questione di stile e di misura.

Non una necessità, ma una passione

«Secondo alcuni la vita è un viaggio. Lo è senz’altro nel mio caso, e in valigia mi porto dietro la cucina. Non una necessità, ma una passione che ha accompagnato la mia storia». Una passione nata durante l’infanzia, come quasi tutte le passioni durature. Racconta Gaia, e il figlio, curatore di questo libro per lei, che il padre amava la cucina “povera”. Personalmente, trovo odioso questo termine. Preferisco semplice, con pochi ingredienti di facile reperibilità. Solo i cinesi, dice Gaia Servadio, si possono permettere di mescolare cinquanta ingredienti in quel pentolone geniale del wok. Tutti gli altri possono accontentarsi di molto, molto meno. 

Chi era Gaia Servadio?

Ed ecco che Gaia Servadio ci porta in viaggio con lei, come ha fatto a suo tempo con i figli Allegra (ex moglie di Boris Johnson, n.d.r.) e Orlando. Scorrazziamo per  la Cina e il Medio Oriente, passando per l’Umbria e le ricette romane del papà. Usiamo erbe aromatiche e pitte. Ma facciamo tutto a occhio, senza pesare niente, alla come viene viene, si direbbe dalle mie parti. E forse questo è proprio il difetto di questo piccolo diario: non essendoci la proprietaria, le ricette sono spesso approssimative, frutto dell’esperienza e non di studio. Ma chi era Gaia Servadio? La sua figura esce poco, non essendo famosa come il dirimpettaio Tiziano Terzani, sarebbe stato utile arricchire questo suo ricordo con più dati biografici, con qualche articolo da lei scritto nel tempo, con la sua storia personale mescolata ai viaggi. Aspetti che forse il figlio non conosce, o vuole tenere per sé. Rimane a chi legge la passione: questa sì, emerge forte e chiara.

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Il Foglio. Una genuina curiosità: addio a Gaia Servadio

Young Man of Manhattan – Katharine Brush

Alba Donati e la sua La libreria sopra la collina

Nel dicembre 2019, Alba Donati realizza di essere stanca di Firenze e decide di cambiare vita. Come? Aprendo una libreria a Lucignana, poche case sull’Appennino lucchese. Una libreria per poche case sparse quando i franchising e le multinazionali stanno chiudendo? Esatto. Come ha fatto? Venite che vi racconto.

Trama

Una libreria microscopica in un paesino sperduto sulle colline toscane, ma portentosa come una scatola del tesoro. Dai bambini che entrano di corsa alle marmellate letterarie, da Emily Dickinson a Pia Pera, le giornate nella Libreria Sopra la Penna sono ricche di calore, di vite e storie, fili di parole che legano per sempre: una stanza piena di libri è l’infinito a portata di mano. Non è mai troppo tardi per realizzare un sogno.

Perché hai aperto una libreria in un paesino sconosciuto?

E’ una domanda che si sente ripetere spesso. E questa è la risposta che dà di solito. “Perché avevo bisogno di respirare, perché ero una bambina infelice, perché ero una bambina curiosa, per amore di mio padre, perché il mondo va a scatafascio, perché il lettore non va tradito, perché bisogna educare i più piccoli, perché a quattordici anni piangevo da sola davanti alla tv la morte di Pier Paolo Pasolini, perché ho avuto maestre e professoresse straordinarie, perché mi sono salvata”. E poi perché crede al lato bello della vita, ai sentimenti di amicizia e amore, alla possibilità di ricreare una vita lenta dal sapore passato in un mondo che va sempre più veloce, ma per andare dove? “Come mi è venuto in mente? Le cose non vengono in mente, le cose covano, lievitano, ingombrano la nostra fantasia mentre dormiamo. Le cose hanno gambe proprie, fanno un cammino parallelo in una zona di noi che noin non sappiamo nemmeno lontanamente dove sia e a un certo punto bussano: eccoci, siamo le tue idee pronte per essere ascoltate”.

Come si realizza un sogno?

E qui passiamo al lato meno romantico di questa iniziativa imprenditoriale. Come si apre una libreria? Alba Donati dice che ci vogliono soldi per partire, un locale adatto (nel suo caso ereditato dalla zia). E tante idee, sopratuttto. La libreria ha successo perché agisce in controtendenza. O forse in tendenza, perché sono tante le persone stanche di entrare in negozi dove nessuno ti guarda in faccia e stanno lì a controllare se uscirai con una refurtiva. Il potenziale cliente, per loro, è piuttosto un potenziale ladro. A chi di noi non è capitato di sentirsi osservato più del dovuto mentre pensa ai fatti suoi e decide se comprare merce di scarsa qualità o meno? Alba Donati, invece, si inventa un cottage letterario immerso nel verde, che la gente organizza gite per poter andare a vedere. Tutto bello? Ma no, quando mai.

Il diario della libreria sulla collina

Un mese dopo l’apertura, un incendio distrugge la libreria. Parte un crowfunding solidale che la rimette in piedi. Poi, parte il lockdown e sono guai, il pellegrinaggio rallenta. In questo diario, Alba Donati raccoglie sei mesi di vita della libreria. Svolazzando come una farfalla, senza affrontare nessun argomento nel profondo, la poetessa racconta di sé, della famiglia, della vita di paese, di quello che i clienti della libreria si aspettano di poter ricevere dal libro che hanno scelto. Un momento di break nella frenesia quotodiana, per la maggior parte. E sentirsi parte di una comunità, di un gruppo, quello dei lettori a ogni costo. Alba Donati ci racconta la sua vita di libraia felice e finalmente risolta, che ha trovato la sua casa dove in fondo era sempre stata. Nasconde, probabilmente, la gran parte della fatica che c’è dietro. E anche che tutto questo è possibile perché altre attività sostengono economicamente questa. Nasconde anche, probabilmente, le difficoltà che la vita in un paesino così minuscono comporta. Accenna a un 30% di persone contrarie alla libreria, ma non dice perché. Probabilmente perché attira attenzione non gradita.

La felicità è dove vogliamo che sia

A volte, leggendo, mi sono persa dietro ai nomi e a fatti piccoli, che assumono rilevanza in un microcosmo. A più riprese ho pensato che così non potrei vivere, che il mondo è troppo vasto per rinchiudersi, che gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi. O forse no? Quello che mi ha lasciato questo breve racconto di vita, a parte qualche titolo interessante da appuntare, è che la felicità è dove vogliamo che sia. E Alba Donati l’ha trovata qui, in questo microcosmo chiamato Lucignana,  fra le Alpi Apuane e l’Appennino toscano. 

E voi? Dove volete che sia la vostra felicità? Cìè un posto dove vorreste ricominciare da capo con un sogno da realizzare? Scrivetemi nei commenti! 

Leggi anche: 

Siete mai stati da Strand? Si trova a New York ed è una delle librerie più famose del mondo. A parte i tre piani di libri all’interno, c’è davvero da perdersi negli scaffali dell’usato all’esterno. Mentre curiosavo persa tra migliaia di titoli e di possibilità, mi capita tra le mani un libricino verde e apparentemente innocuo: Anne of Green Gables, di L. M. Montgomery. Il primo romanzo della serie Anna di Tetti Verdi, o Anna dei verdi abbaini, o più comunemente Anna dai capelli rossi è nelle mie mani, al fantascientifico prezzo di 0,48 centesimi di dollaro, circa 40 centesimi di euro. L’ho appena finito e dovete sapere perché non è innocuo come sembrava…

 

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