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La bruttina stagionata – Carmen Covito

Un romanzo premio Bancarella e un’altra scrittrice. Stavolta ho letto La bruttina stagionata, di Carmen Covito. Quando una donna non è o non si sente bella, come reagisce alle ingiustizie della vita? Soccombe o trova comunque una sua strada?

Trama

Marilina Labruna vive in una Milano livida, popolata di donne solitarie e di furbi che approfittano dei bisogni d’amore. Perciò lei, quarantenne non brutta ma, peggio, bruttina, deve trovare un modo diverso di trionfare. Professoressa mancata, piccola, grassottella, gambe corte e tozze, occhiali da intellettuale, vive sola e scrive tesi di laurea per conto terzi. Senza alcuna ambizione apparente, ha scelto un lavoro che le permette di fuggire il confronto diretto con gli altri. Convinta di non poter mai anelare a conquistare un certo tipo di uomo, si troverà a respingerne ben due.

Marilina vive nell’ombra

Carmen Covito con questo romanzo ha vinto il premio Bancarella nel 1993. Probabilmente perché propone un modello di donna a cui non siamo abituati, decisamente fuori dagli schemi. Non è bella Marilina, non ha un marito, non ha figli, non ha una professione appagante, non ha amici. E’ una donna che vive e trama nell’ombra, nel sottobosco degli emarginati, quelli che non lo sono per condizioni economiche ma semplicemente perché non hanno le caratteristiche sociali giuste. O, forse, perché scelgono di auto escludersi. Marilina, o Marilyn come a volte chiede di essere chiamata con brutale auto ironia, invece di fare l’insegnante scrive tesi per conto di altri. Così è più facile nascondersi nell’ombra della propria casa o della biblioteca. Perché Marilina non sarà bella, ma non è neanche brutta, condizione che le avrebbe comunque conferito dignità. No, è solo bruttina, anonima, dimenticabile.

Rapporti umani grigi

Un giorno Marilina fa qualcosa che mette in moto gli eventi. Risponde a un annuncio e si compra un amante. Già, la bruttina ha una vita sessuale e non lo nasconde. Anche questo è un aspetto a cui non siamo abituati. In questo sottobosco, si muovono una serie di personaggi, tutti accumunati dalla stessa necessità di usare ed essere usati. L’amante, perché Marilina lo paga. Il figlio di papà perché Marilina scrive per lui. Lo straniero, perché si sente più solo di lei. L’amica, perché le servono continuamente favori. Tutti rapporti umani che si muovono nel grigio della Milano nebbiosa e fredda e che Marilina giudica con occhio ironico e sprezzante, che rivolge prima di tutto a se stessa.

Bridget Jones? Ma anche no

Da più parti, Marilina viene definita la prima Bridget Jones. Io trovo il paragone quantomeno azzardato, per ragioni di età delle protagoniste e anche di contesto sociale in cui si muovono. Marilina a me sembra più il prodotto di una furbizia tutta italica, votata più alla sopravvivenza che al miglioramento, di se stessi e dell’ambiente circostante. Marilina dai più è giudicata simpatica. Io la trovo antipatica come poche, sempre pronta a trovare il peggio nelle persone e in se stessa. Marilina è una sconfitta, ma non dalla vita: da se stessa, perché chi dice che le donne vincenti sono solo le donne belle? Nessuno, e sta proprio alle donne dimostrarlo. Il finale salvifico non toglie nulla a un’atmosfera deprimente e provinciale nel suo significato peggiore. I corsivi che sottolineano le parole straniere scritte così come si pronunciano non fanno altro che accentuare quest’impressione. Ed è forse proprio quello che Carmen Covito voleva (di)mostrarci.

Il nuoto per master e amatori – Fabio Bettazzoni

Facendo ordine nella libreria è saltato fuori un libro che non mi ricordavo neanche più di avere, Il nuoto per master e amatori, di Fabio Bettazzoni con la prefazione di Luca Sacchi. E’ il primo testo uscito in Italia, e credo proprio sia rimasto l’unico, che analizza il fenomeno del nuoto praticato da master e amatori nei suoi aspetti evolutivi, tecnici e gestionali. Chi sono i master? I master sono nuotatori che gareggiano in un circuito riservato a persone di età pari o superiore a 25 anni.

Le sezioni del libro 

Dopo una prima parte in cui analizza gli aspetti storico culturali, passiamo alla parte tecnico -didattica, forse la più interessante per chi si avvicina al nuoto master per la prima volta. L’ultima parte è riservata agli aspetti tecnico-gestionali, che riguardano chi intende lanciarsi nell’avventura dall’altra parte del vetro, come allenatore o società.

Pur essendo ormai sorpassato sotto diversi profili, rimane comunque un testo interessante per chi vuole studiare le origini del movimento in Italia. Di solito, infatti, ancora oggi si parla di nuoto per narrare le gesta sportive e private degli atleti di punta. Così si finisce per sottovalutare l’importanza del movimento di base, che dà linfa economica e di entusiasmo, all’intera disciplina.

L’autore e la prefazione 

L’autore, Fabio Bettazzoni, ex primatista europeo master, è tra i fondatori – nonché responsabili dell’area tecnica – della Nuovo Nuoto di Bologna. La prefazione è curata da Luca Sacchi, ex nuotatore e oggi commentatore televisivo, che con la consueta ironia ci racconta nelle prime pagine la situazione tipo di una qualsiasi squadra di nuoto master.

Massimo fa il fotografo, Monica è segretaria, Roberto fisioterapista, Iaia non lo so ma è bellissima. Poi c’è l’avvocato, quello delle pubbliche relazioni, l’imprenditore, il professore universitario, l’impiegato dell’Algida, Gionni che vende telefonini, P.J. Ombra – sguardo cupo, voce appena sussurrata “se ti serve qualcosa, Luca…magliette, orologi…beh…chiedimi pure” – e Fabio che invece fa il giudice (a lui P. J. non offre nulla). Insomma, una normale squadra master. 

La tua squadra master somiglia a questa? Raccontacela nei commenti! 😉 

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L’ultima bracciata, di Francesco Sarzana

Ne uccide più la gola…- Douglas Clark

Con Ne uccide più la gola…, secondo romanzo dell’anno, chiudo la raccolta della serie Il giallo Mondadori “L’alta cucina del delitto” iniziata con “La ricetta del diavolo” di Ellery Queen e completata dal racconto “Morte in ascensore” di Cornell Woolrich, che avevo già letto in precedenza. Stavolta, una triade di ispettori deve stabilire se una donna, morta dopo aver cenato da un’amica, sia stata assassinata o se si sia trattato solo di una tragica fatalità…

Trama 

“Veleno” dice l’impulsivo ispettore Green. “E’ evidente.” Ma l’astuto sovrintendente Masters non è persuaso. E all’autopsia non risulta la benché minima traccia di veleno. Causa della morte di Daphne Bymeres: emorragia cerebrale e paralisi cardiaca. E’ morta in casa di un’amica, dopo un pranzetto delizioso. Perché, poi, tanti sospetti? Il medico curante si rifiuta di firmare il certificato e guarda caso l’amica è l’amante del marito di Daphne, anch’egli medico… Alt! andiamo piano con le conclusioni affrettate! In ogni modo, come è stata ammazzata? Ma sarà davvero un crimine o si tratta solo di una tragica fatalità?

Un giallo tranquillo, ma non troppo

Il romanzo rischia di essere prevedibile, perché tutti gli elementi porterebbero verso la colpevolezza annunciata del marito e dell’amante di lui. Invece, la trama costruita da Douglas Clark regge. Perché più di una persona avrebbe avuto dei motivi per uccidere, perché fin dall’inizio i lettori vengono messi al corrente dei ragionamenti che fa la polizia. Perché non basta aver capito chi è stato, servono anche le prove. Oppure, vuoi vedere che siamo di fronte a un suicidio attuato per far incolpare i traditori? Perché, infine, c’è anche un filone parallelo rosa che non guasta. Chi è stato è abbastanza chiaro fin dall’inizio anche al lettore. Ma come fare a dimostrarlo? Un giallo leggero e godibile per due o tre serate di evasione.

La ricetta del diavolo – Ellery Queen

Il primo romanzo dell’anno è un giallo e fa parte di una raccolta di due libri e un racconto della serie Il giallo Mondadori, che s’intitola “L’alta cucina del delitto”. Il racconto è “Morte in ascensore”, di cui vi ho già parlato qualche tempo fa e scritto dall’autore americano Cornell Woolrich nel 1938. “La ricetta del diavolo”, invece, è del 1966 e fa parte dei gialli apocrifi di Ellery Queen. Una donna scompare mentre sta preparando “lo stufato dello studente“. Cosa le sarà successo? 

Trama 

Terry Miles, bella e disinibita, è scomparsa un venerdì pomeriggio dopo aver detto a due vicini di casa, Ben e Farley, che doveva uscire per un appuntamento. Cosa le è successo? E’ stata rapita? Uccisa? Entrambe le cose? Le piste possibili non si contano, a partire da un marito per nulla preoccupato. Ma per il capitano della polizia Bartholdi, un posto speciale tra gli indizi spetta a uno stufato con troppa cipolla.

L’inventore del genere noir

Ellery Queen è una firma prestigiosa nell’ambito dei gialli. In realtà dietro lo pseudonimo si nascondevano due penne, come nel caso di Sveva Casati Modignani. I Queen sono due cugini che hanno dato vita a quello che oggi sarebbe chiamato un brand. Quindi, nel tempo hanno concesso l’utilizzo del nome a diversi ghostwriter, che hanno continuato a scrivere libri a loro nome anche quando la produzione originale era ormai esaurita. “La ricetta del diavolo è uno di questi” ed è stato in realtà scritto da Fletcher Flora, uno scrittore americano morto due anni dopo averlo finito. E’ bene tenerlo presente durante la lettura, perché in effetti si capisce quasi subito di non essere di fronte a Ellery Queen nelle sue produzioni migliori. Il romanzo comunque, seppur breve, è appassionante. L’autore è bravo a disseminare indizi e a far capire che lo stufato dello studente ha un ruolo centrale. Ma quale? Alla fine gli elementi del giallo ci sono tutti, compresa la suspense, quindi l’ho letto con piacere. L’unica cosa a non convincermi del tutto è una mossa a sorpresa dell’assassino che poteva avere sì una motivazione, ma secondo me non quella che gli viene attribuita a posteriori! Non posso dire di più per non fare spoiler, ma se dopo averlo letto volete parlarne scriviamoci 🙂 

Per la ricetta dello “stufato dello studente” clicca qui.

Il giardino segreto – Frances Hodgson Burnett

Continuiamo con le idee librose per chi oltre ai dolci ama infilare letture nella calza della befana. Dopo Lucia Vaccarino e una serie mistery rosa, Me, mum & mistery, detective per caso, e un racconto per i bambini che amano la danza e, più in generale, i diari, Il sogno di Ellie, stavolta parliamo di classici. E di un giardino segreto, che fa scoprire a una bambina capricciosa e al suo cuginetto malato quant’è bello essere indipendenti…

Trama 

La piccola Mary Lennox è una bambina viziata, scontrosa e decisamente antipatica che, rimasta orfana di entrambi i genitori, lascia l’India per essere affidata a uno zio inglese, il nobile Archibald Craven. A poco a poco Mary scoprirà tutti i misteri che si celano a Misselthwaite Manor, soprattutto quando, con l’aiuto di un vanitoso pettirosso, riuscirà a penetrare in un giardino segreto, abbandonato a se stesso dopo una terribile disgrazia. Grazie all’amicizia del giovane Dickon, ammaliatore di piante e animali, Mary farà rifiorire il giardino e riporterà a nuova vita non solo se stessa, ma anche un altro misterioso abitante del castello. 

La principessa smorfiosetta

Il giardino segreto è un libro meraviglioso, zeppo di temi importanti per la crescita. Innanzitutto, nelle prime pagine l’autrice ci dice che Mary è “un vero campione di bruttezza e antipatia“, al contrario della mamma, “una bella signora dai capelli d’oro“. Peccato che la bella mamma non si curi della figlia, che cresce sola, rancorosa e senza l’aria sana dei bimbi che giocano all’aperto. Quanto ci condizionano le esperienze del passato? Molto, soprattutto quelle della prima infanzia. E’ Mary a essere un campione di bruttezza, o l’ambiente asfissiante in cui vive?

Il giardino segreto, metafora della vita

La brutta Mary a un certo punto scopre il giardino segreto, la metafora dello spazio verde che è in ognuno di noi: anche se incolto, grigio, informe, sotto sotto batte la vita, un germoglio che spunta all’improvviso e cambia la nostra percezione del mondo, di noi stessi, degli altri. La molla può essere un uccellino che ci viene a trovare, una brughiera ventosa e piena di fiori, un amico inaspettato, un cugino da salvare. Aprirsi al mondo e scoprirne la bellezza sotto la cappa grigia. Percepire la Natura e la sua armonia perfetta, nonostante tutti i nostri tentativi di distruggerla. Allora, prendersi cura di un fiore, di una pianta, di un giardino, di una persona bisognosa d’aiuto, dà uno scopo alla nostra esistenza. Sotterra il rancore e la rabbia sotto un manto verde di gioia e speranza in un futuro migliore.

Consigliato perché

Sono di parte, vi avviso. Il giardino segreto è il libro del mio cuore, quello che ancora oggi campeggia in prima fila nella  mia libreria. Credo che tutti i bambini dovrebbero leggerlo e non solo loro. Pur essendo stato scritto oltre cento anni fa, è di una modernità sconcertante, innanzitutto perché tocca temi di grandissima attualità. In secondo luogo, perché è scritto bene, cosa che oggi è sempre più difficile poter dire. Terzo, ultimo ma non per ultimo, la storia è appassionante e commovente allo stesso tempo, colma di mistero e magia. Nel finale qualche lacrimuccia scende e il (piccolo) lettore non può che chiudere con un sospiro di soddisfazione.

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Cose assai sorprendenti possono accadere a chi, avendo nella mente un pensiero sgradevole e scoraggiante, abbia semplicemente il buonsenso di accorgersene e scacciarlo via in tempo sostituendolo con un altro pensiero piacevole e ottimista.
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Illustrazione di Gianni Benvenuti per le edizioni Valentina

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La piccola principessa