Seoul, l’anima coreana in una megalopoli

Cheongo Mabi ( 천고마비, ciòngò mabi in italiano). Un detto coreano per uno di quei giorni autunnali in cui il cielo è azzurro e limpido. Cheongo (天高) significa che i cieli sono alti e blu e Mabi ((마비 馬肥) che i cavalli stanno ingrassando. Quindi si tratta dell’autunno, la stagione in cui il cielo è sereno e si mangia tanto, grazie al raccolto e al duro lavoro estivo nei campi. E’ così che mi accoglie il padrone del residence che ho prenotato a Myeongdong, uno dei quartieri centrali di Seoul. Mi accoglie con questo detto e con una mela, che divide a spicchi e dividiamo, da buoni amici. L’accoglienza è perfetta, non sono abituata. La maggior parte delle volte al massimo mi fanno vedere di corsa l’appartamento. Oppure mi teleguidano al telefono. Qui, invece, il signor Shin sembra avere tutto il tempo del mondo. 

A zonzo per i quartieri

Ho lasciato Seoul per ultima, anche se l’ho vista in due parti all’inizio e alla fine del viaggio, perché chiaramente è la città più grande, quella che vediamo più spesso nei kdrama, e quella in cui tutti i fan del kpop ambiscono ad andare. Con più di dieci milioni di abitanti nella sola area urbana, senza contare quella metropolitana, c’è tantissimo da vedere e da fare, non basterebbero mesi per girarla tutta. Ho concentrato i suggerimenti che voglio darvi in alcuni blocchi divisi per quartiere, così è più facile orientarvi e decidere cosa vedere. Considerate che i quartieri, anche quelli periferici, sono tutti organizzati nello stesso modo: hanno la zona motel, anche a ore, la zona ristoranti, una zona per il dopocena, dove si beve e ci si diverte, il centro sociale e assistenziale, rappresentato da biblioteca, aperta anche la domenica e fino a tardi la notte, una ludoteca per bambini, attività per anziani e welfare per famiglie multiculturali e un centro di assistenza medica. Come avrete visto nei post precedenti, l’intera Corea del Sud merita tantissimo, quindi a meno che non siate giovanissimi, non vi consiglio di organizzare un viaggio prendendo in considerazione solo Seoul. Questo è il giro che ho fatto io, in quindici giorni il Paese si gira benissimo e senza fretta. E adesso vi accompagno a zonzo per i quartieri di Seoul. O meglio, nel giro che ho fatto tra una puntata e l’altra in libreria :). Come vedrete, ho intitolato il post “l’anima coreana” perché questa città contiene in sé tutte le contraddizioni del Paese, la tecnologia più spinta e la tradizione, l’ossessione per la cosmetica e la sincerità dei visi, la bulimia dei tempi e del cibo con la calma “olimpica” dei luoghi di culto e dei panorami mozzafiato. Un’anima tutta da scoprire, seguitemi e capirete. Pronti? Partiamo!

Myeongdong (명동)

E partiamo proprio da Myeongdong (명동, Miondon in italiano), il quartiere turistico di Seoul  in cui ho alloggiato sia nella prima sia nella seconda parte del viaggio, cambiando solo albergo. Ho confermato la scelta perché è una zona super centrale, ottima per gli spostamenti, animata anche di notte, e il paradiso dello shopping frivolo. Quello che piace a me, guardare le vetrine colorate, osservare la gente che passa e qualche volta comprare delle sciocchezze. Qui ho comprato le famosissime maschere per il viso, su cui mostrando il passaporto non ho pagato le tasse. L’unica cosa difficile è scegliere, perché veramente ce ne sono di tutti i tipi e di tutti i colori! Oltre ai negozi monomarca, da metà pomeriggio impera lo street food, sempre comodo quando torni tardi la sera, ma ci sono anche ristoranti, bancarelle, caffè. Quello che volete. Se non avete esigenze particolari, prendetelo in considerazione come punto base.

Jongno (종로)

Questo è un giro che prende una giornata intera e da fare partendo presto la mattina, altrimenti è impossibile gustare tutto con calma senza mettersi a correre. Jongno (pronunciato Cionnò in italiano) rappresenta il nucleo storico della città, dove hanno sede i cinque grandi palazzi di Seoul, il villaggio tradizionale Hanok di Bukchon, la statua di Re Sejong, con museo sotterraneo annesso, e quella del generale Yi Sun Sin.

I palazzi reali

I palazzi reali di Seoul della dinastia Joseon (1392-1897) sono cinque e io sono riuscita a vederne due: Gyeongbokgung (경복궁)Changdeokgung (창덕궁), che si trovano a poca distanza l’uno dall’altro. Uno importante perché residenza ufficiale dei regnanti, l’altro perché residenza nel tempo libero.

Gyeongbokgung

Gyeongbokgung è quello principale. Purtroppo la maggior parte del palazzo è stata distrutta durante l’invasione Giapponese del ‘900 e quindi gran parte del palazzo è una fedele ricostruzione. La struttura più bella è costituita dal padiglione Gyeonghoeru, costruito su pilastri di granito al centro di un lago artificiale. Si può visitare pagando un ingresso di 3000 won (circa 2,30 euro), oppure gratis se vestiti con l’hanbok, l’abito tradizionale coreano, che numerosi negozietti affittano per l’occasione nei pressi del palazzo. Ho aspettato che partisse il tour in inglese, che mi ha dato una bella prospettiva. Innanzitutto sulla condizione della regina, che viveva praticamente in prigione, circondata dalle concubine del re, tra cui di solito c’era anche la donna veramente amata dal sovrano (che fa molto drama). Addirittura c’era una stanza per il cosiddetto “fast delivery”, come auspicio di gravidanza. Anche oggi sul giardinetto che circonda la stanza, rimangono delle canne fumarie decorate con simboli portafortuna. per quanto riguarda l’architettura, il numero di animali sulle sommità dei diversi padiglioni, da 3 a 11, ci dice qual era l’importanza attribuita alla famiglia che lì abitava. Il complesso, inoltre, è stato costruito rispettando i principi feng-shui, cioè avendo a nord la montagna e a sud il fiume. Questo veniva considerato di buon auspicio, tanto che anche la disposizione interna delle camere rimanda a questi principi nell’arredamento. Suggestivo anche il cortile con cui si accede alla sala di ricevimento ufficiale (ricordate la scena del Goblin?). Durante le cerimonie, usavano la “strada dell’imperatore”, contrassegnata da paletti a destra e a sinistra di un lungo corridoio. All’interno del corridoio, potevano passare solo lui e la regina. A destra si posizionavano i civili e a sinistra i militari. Affascinante, vero? Secondo me vale la pena di visitarlo. Se deciderete di farlo, fate attenzione a tre cose: gli orari del cambio della guardia, che avviene due volte al giorno, e all’orario del tè. In uno dei padiglioni, infatti, c’è una sojubang: una volta era la cucina reale, dove si preparavano i pasti dei sovrani, oggi riconvertita a sala da tè tradizionale.  Qual è la terza? Dall’interno del palazzo, potrete vedere la Casa Blu, l’attuale residenza dei presidenti coreani. Il fatto che ci sia contiguità territoriale non è casuale, è anche simbolica dimostrazione di una continuità politica e sociale con il passato. 

Changdeokgung

Changdeokgung, invece, è il palazzo che ospitò l’ultimo imperatore della dinastia Joseon ed è inserito tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO dal 1997. Al suo interno c’è un ampio giardino in cui si trovano specie vegetali rare, alberi antichi di oltre 300 anni e uno stagno con fiori di loto durante il periodo estivo. L’ingresso costa 3000 won, più 5000 per il Giardino Segreto. Io purtroppo non l’ho visto, perché confesso che avevo molta fretta di vedere il villaggio tradizionale che si trova lì attaccato.

Il villaggio Hanok di Bukchon 

E’ una delle parti più antiche di Seoul, vanta oltre 6 secoli di storia, e anche uno dei luoghi più affascinanti, che si trova proprio tra i due palazzi che vi ho descritto prima. Piena di una collezione di case tradizionali coreane, chiamate hanok, l’area è molto popolare tra i fotografi e turisti che posano in abiti tradizionali coreani. A differenza degli altri villaggi in stile tradizionale, Bukchon non è un finto villaggio costruito a scopo turistico. Qui visse davvero la classe dirigente durante la dinastia Joseon e alcuni discendenti dell’aristocrazia vivono ancora oggi in questo luogo. E’ anche una location perfetta per i kdrama. Non a caso ci hanno girato di tutto. Tra gli altri,  Lovers in ParisPersonal Taste/Perfect Match, I Need Romance 2, Queen In-Hyun’s Man, Twelve Nights, She Was Pretty, Temperature of Love, True Beauty, Run On, My First First Love, Do Do Sol Sol La La Sol, Flower of Evil, Hotel Del Luna, Meloholic, Her Private Life, The Fiery Priest. La cosa migliore, secondo me, è girarlo senza meta con calma, magari di mattina, quando è meno affollato.

Re Sejong e l’ammiraglio Yi Sun Sin

E ora veniamo al mio grande amore, Re Sejong. Di solito viene indicato come l’inventore dell’alfabeto coreano, ma in reltà era molto più di questo, tanto è vero che viene spesso indicato come il Leonardo coreano. Oltre alla mega statua in Gwanghwamun Plaza, che sicuramente vedrete uscendo dal palazzo Gyeongbok-gung, vi consiglio di visitare il museo sotterraneo che si trova sotto la statua.

Sejong statua logo

Piccolo e a entrata libera, spiega bene come e perché l’invenzione dell’hangul sia una tappa fondamentale nel processo di indipendenza prima e nel progresso tecnologico ai giorni nostri. In più, vi segnalo il negozietto di souvenir, dove ho trovato dei regalini da portare a casa originali ed economici.

sejong museo 1 logosejong museo 2 logo

Vicino al Re Sejong, c’è un’altra statua, quella dell’ammiraglio Yi Sun Sin, militare coreano celebre per le sue vittorie navali sulla marina giapponese nelle invasioni giapponesi della Corea.

Dongdaemun 

Quest’area è un must see, tanto che è designata zona turistica speciale. Situata intorno alla Porta di Dongdaemun, un importante punto di riferimento per l’intera Corea e uno dei pochi residui antichi che Seoul ha da offrire, ospita il Dongdaemun Design Plaza, che nel tempo è diventato il simbolo dello sviluppo urbano, anche se ha avuto una genesi non proprio facilissima. Realizzato dalla celebre architetta irachena Zaha Hadid, avrebbe dovuto essere il segno della futuristica Corea, tanto da richiamare anche nel disegno un’astronave. In realtà, per diverso tempo è rimasta lì inutilizzata, senza che a Seoul sapessero bene cosa farci. Una sorta di Nuvola di Fuksas asiatica, per intenderci. Oggi è uno spazio culturale finanziato dal Comune di Seoul. La piazza dispone di spazi espositivi su larga scala, parchi sul tetto e negozi ultramoderni. E’ qui che si svolge una scena cruciale, crucialissima, del kdrama Vincenzo, nell’episodio 20. Un’altra attrazione dell’area è il Dongdaemun History & Culture Park. Oltre al lato commerciale, ha anche un lato tradizionale sotto forma di caffè, bar e venditori ambulanti che resistono all’ultra modernizzazione. Senza dimenticare il famoso mercato: è da qui che nel kdrama Fashion King partono i protagonisti per creare un impero nella moda, perché questo è il centro dei tessuti e dei produttori di imitazioni delle grandi marche. Prima di arrivare al mercato, c’è da percorrere una lunga, lunga strada piena di libri e riviste, palline da baseball e chincaglierie varie. Insomma, sicuramente ci passerete e quasi certamente vi piacerà. Anche perché qui si trova la super fotografata scritta I Seoul you, che val bene un selfie. A proposito di selfie, salite sopra la porta e percorrete il tratto di muraglia che resiste. Il contrasto tra antico e moderno qui è incredibile e le foto sono spettacolari. Anche questo tratto lo abbiamo visto in mille drama. Se vi vengono in mente, scrivetemi nei commenti titolo e scena.

Insadong

Appena a sud si trova Insadong, un’affollata zona commerciale dove una volta erano concentrate le botteghe artigiane. Io l’ho trovato deludente, zona turistica come poche e botteghe di ceramica e scrittura quasi sparite. Diciamo che se avete poco tempo, si può tranquillamente saltare, a mio parere. Spostandomi ancora più a sud, però, sono arrivata al ruscello di Cheongyecheon, che è distante non più di quattro minuti a piedi e che di solito è sede di eventi stagionali e mostre all’aperto, anche se non quando sono passata io. E lì ho salvato la giornata, perché anche se non è niente di più di una specie di naviglio milanese, offre un momento di pace nel caos cittadino. E  un’altra location di kdrama:  è qui che Park Jae-Won e Lee Eun-O si danno appuntamento per incontrarsi a Seoul ed è qui che avviene una delle scene più divertenti di Lovestruck in the City, quella della ricerca dell’anello. Ve la ricordate?

Yongsan, l’ex quartiere dell’elettronica

Una delle maggiori stazioni ferroviarie di Seoul è confinante, quindi è probabile che finiate per passarci e un’occhiatina al mercato dell’elettronica potreste darla. In realtà, dei fasti del passato rimane poco. Ho trovato una serie di piccoli negozietti, che tentavano di accaparrarsi la mia attenzione. Rispetto ai nostri prezzi, comunque conveniente, ma se non siete esperti lasciate stare. Tenteranno di mettervi fretta e di farvi decidere per l’acquisto e magari cederete, scordandovi della garanzia e di altre cautele. E’ comunque divertente fare un giro. Nell’adiacente stazione, ci sono delle cassette di sicurezza che si attivano con l’impronta del pollice e sono molto convenienti. Tengono i bagagli fino a mezzanotte e possono tornarvi utili se deciderete di fare una gita fuoriporta con rientro in giornata.

Itaewon

Itaewon è stata la prima zona turistica speciale di Seoul, designata nel 1997. Nata come sede degli alloggiamenti militari stranieri, oggi è un quartiere multiculturale dove vivono oltre 20.000 stranieri, frequentatissimo la sera dagli studenti e durante il giorno da turisti in cerca di foto particolari e negozi di tendenza. Il nome Itaewon ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo negli anni ’80, quando la Corea ha ospitato le olimpiadi di Seoul del 1988.  Oltre a negozi, discoteche e ristoranti alla moda, c’è un punto molto famoso chiamato Antique Furniture Street, che se avete una botta di nostalgia per l’Europa vi consiglio di visitare. A me è piaciuto molto, è una lunga strada dove ci sono più di 100 negozi che vendono mobili e oggetti d’antiquariato in un’amosfera franco/british divertente e in cui potrete fare anche qualche affare, spazio in aereo permettendo. Ovviamente i fan di Itaewon Class troveranno il bar in cui è stato girato il kdrama, mentre tutti gli altri potranno spaziare tra cultura, cibo, moschea, divertimenti o quello che vogliono. Si respira un’atmosfera di libertà piacevole. Ovviamente, c’è pane anche per gli amanti dei libri:  è proprio qui che ho trovato la bottega di libri usati di cui vi ho già parlato. Subito dopo aver superato due “nuotatori” in muta con i capelli bagnati che fumavano fuori da una piscina 😮 Piccolo avvertimento: è l’unico posto in tutta la Corea del Sud in cui potrebbe capitarvi di lasciare la mancia, proprio perché frequentato da moltissimi stranieri. Nel resto del Paese, non viene accettata.  

Itaewon 3 logoItaewon 2 strade logoItaewon 1 strade logo

Hongdae

Uno dei quartieri che mi è piaciuto di più. Qui c’era il mini parco giochi immortalato da diversi drama, tra cui Romance is a bonus book e Coffee Prince, purtroppo dismesso nel 2016 e che quindi non ho potuto vedere e fotografare. Se cercate un hospot per un servizio fotografico, o soltanto delle foto artistiche, questo è il posto giusto in cui scatenarvi. I ragazzi coreani lo sanno e infatti era pieno di persone intente a cercare la foto del giorno, tipo me quando ci sono passata. Lo sanno anche gli stilisti: infatti, nella seconda puntata del kdrama Now, we are breaking up, fanno vedere una sessione di street photography alla caccia dei look più originali da portare in passerella nella stagione successiva (lavoro che mi sarebbe sempre piaciuto fare!).

Gangnam

Quartiere reso celebre da una famosa canzone rap, quando ancora non sapevamo neanche cosa fosse la hallyu e il kpop non esisteva, almeno a livello internazionale. Considerato il quartiere dei nuovi ricchi, perché si affaccia sulla sinistra fiume Nam (da qui il nome), mentre i “vecchi ricchi” dominano dall’alto, sulle montagne, è un concentrato di uffici, divertimenti e case di lusso che ne fanno un punto molto apprezzato e frequentato dai coreani. Qui potrete notare quanto la chirurgia plastica faccia miracoli. Non mi ha fatto impazzire, ci sono andata per un solo motivo il Coex Convention & Exhibition Center e la biblioteca Starfield che si trova lì dentro. Il Coex è un gigantesco centro commerciale e centro congressi con mall sotterraneo, alberghi, grandi magazzini, casinò, librerie, musei, cinema, acquario e addirittura air terminal. Praticamente è quasi una città nella città. Diciamo che se avete molto tempo a disposizione, potreste divertirvi e passarci delle ore. Altrimenti, fate come me, scegliete una cosa che vi interessa fare/vedere e poi scappate via. 

Tempio di Bongeunsa (봉은사)

Se dopo ore di shopping sfrenato volete riposarvi, è qui che dovete venire. Si trova a nord di Coex ed è stato costruito nel 794. Originariamente situato vicino alla tomba reale del re Seongjong, il tempio fu poi trasferito nella posizione attuale. Ospita 3.479 scritture buddiste di 13 tipi. La cerimonia buddista chiamata Jeongdaebulsa si tiene il nono giorno dell’ottavo mese del calendario lunare, dove i monaci marciano portando le scritture sulla testa e recitando i riti buddisti. Ma soprattutto, viene utilizzato per ricavarsi dieci minuti di pace dalla frenesia della città. Qui, infatti, il tempo sembra sospeso. Come vi ho già raccomandato in altre parti del racconto, affacciarsi dentro un tempio buddista verso fine giornata, al tramonto o subito dopo, dona un’immediata sensazione di rilassamento dalle fatiche della giornata. E’ anche scenograficamente una bella visione, perché è perfettamente incastonato in mezzo a grattacieli ultra moderni e gente che corre ovunque, mentre il gong dei tamburi suonati dai monaci batte il tempo. 

Olympic Park

Per un appassionato di sport è imperdibile. Intanto, ci sono sculture per tutto il viale che porta allo Stadio, quindi vi consiglio di fare a piedi la “marcia” di avvicinamento. E poi, il braciere olimpico è ancora acceso! In più, è un bel posto per stare all’aria aperta senza lo stress di traffico e macchine. Qui ho visto due cose molto interessanti: la piscina in cui la nuotatrice ungherese Krisztina Egerszegi ha vinto due ori olimpici a 14 anni, anche se ho dovuto chiedere permesso per entrare e mi hanno impedito di fare foto…e il museo dello sport, che ripercorre i momenti salienti di Seoul ’88 e le biografie di alcuni degli atleti più famosi. Frequentatissimo: vi dico solo che dentro eravamo in due e il custode è andato via lasciandoci lì da soli.

Lotte World Mall

Sulla strada che porta all’Olympic Park c’è questo mega centro commerciale, in cui con un po’ di tempo a disposizione potreste ritrovarvi a girare per ore. Ve lo segnalo per due motivi: il primo, è che lì dentro c’è il Kpop museum cafè, che somiglia a un negozio di dischi d’altri tempi, piccolo ma carino, tappezzato di poster, ovviamente. Il secondo, è che c’è un pezzo d’Italia. Anzi, di vecchia Roma, perché c’è una delle sedi della gelateria Fassi, quartiere Esquilino. Ovviamente il gelato non a niente a che vedere con l’originale, e le povere commesse non riescono a capire e a pronunciare bene i nomi dei gusti, ma una capatina la merita, se non altro perché raramente una gelateria di quartiere riesce a espandersi a livello internazionale. Se poi volete farvi leggere il futuro, troverete diverse postazioni di tarocchi.

Seoul Tower

Se avete visto Korean Odissey avrete già riconosciuto la foto in evidenza del post, quella coi lucchetti. Mentre in tutto il mondo vengono rimossi, Italia compresa, i coreani ne hanno fatto un punto di attrazione. La Namsan Seoul Tower, infatti, è diventata un posto romantico, dove le coppie vengono per dichiararsi amore eterno. Come Pont de l’Archevêché a Parigi, i cancelli della torre sono stracolmi di lucchetti di ogni forma e colore firmati con i nomi degli innamorati. Addirittura c’è un contenitore in cui buttare la chiave, per non avere la tentazione di tornare e aprire il lucchetto! Ovviamente non è necessario giurarsi amore eterno per salire fin quassù. La torre è alta 237 metri, è diventata ormai un simbolo della città e la sera si illumina di diversi colori. Il punto, poi, è panoramico e, soprattutto di sera, molto suggestivo. Si vede bene anche nel kdrama Five enough, alla puntata 12. Per arrivarci, potete prendere la funivia o fare come me. Dato che la funivia è super affollata a qualsiasi ora, sono salita e scesa a piedi. La salita è un po’ faticosa, ma non eccessivamente. Però che soddisfazione in cima! Anche perché salendo ho visto i colori digradare verso il buio della notte e  mi sono molto divertita. Se non avete problemi di deambulazione, provate e mi saprete dire.

Allora, che mi dite? Vi è piaciuto il giretto di Seoul? Avete altri posti non citati da consigliare? Aiutiamoci a rendere il viaggio in Corea del Sud indimenticabile! Scrivetemi nei commenti le vostre esperienze e impressioni! 

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Autumn in Korea: Corea del Sud, il Paese del Calmo Mattino

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La fisica dell’amore: tutti i libri citati dai kdrama!

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Figlie del mare – le “comfort women” di Mary Lynn Bracht

“Comfort women”. Così venivano e vengono chiamate le donne, o meglio, le bambine coreane, cinesi, giapponesi e filippine, prelevate a forza dai soldati giapponesi durante la seconda guerra mondiale per farne le loro prostitute. Donne di conforto. Un eufemismo per indicare una pagina di storia cancellata per decenni e che solo ora piano piano sta tornando alla luce. Oggi, in occasione del Giorno della memoria, voglio parlarvi di loro, le “comfort women”.

Trama

Corea, 1943. La sedicenne Hana è una haenyeo, una donna pescatrice di Jeju. Fa parte di una stirpe di donne fiere e indipendenti, dedite per tutta la vita a un’attività preclusa agli uomini. Nata e cresciuta sotto il dominio giapponese, Hana viene catturata dai soldati giapponesi e deportata in Manciuria. Ma una figlia del mare non si arrende, e anche se tutto sembra volerla ferire a morte, Hana sogna di tornare libera. Corea del Sud, 2011. Arrivata a ottant’anni, Emi non ha ancora trovato pace: il sacrificio della sorella è un peso sul cuore che l’ha accompagnata tutta la vita. I suoi figli vivono un’esistenza serena e, dopo tante sofferenze, il suo Paese è in pace. Ma lei non vuole e non può dimenticare…

Comfort women 

Già il nome fa ribrezzo, non vi sembra? Donne di conforto per gli uomini che, poveretti, fanno la guerra. Lo so, sono sempre esistite, in tutte le guerre e in tutte le latitudini. In questo caso, però, la cosa grave è che per anni hanno sostenuto che fossero volontarie! E certo, chi di noi non si farebbe deportare per confortare chissà chi? A fatica, e solo recentemente sono uscite fuori le storie delle sopravvissute, secondo me molto parzialmente. Un po’ per l’età delle protagoniste, un po’ per la naturale ritrosia a raccontare vicende così dolorose. Ho rintracciato dei link cinesi e dopo averne letta qualcuna ho dovuto chiudere. Anche se mi riprometto di leggerle tutte.

Figlie del mare 

Tornando al romanzo, le protagoniste sono haenyeo, una figura di cui sto per parlarvi in modo approfondito e che ho conosciuto durante il mio viaggio in Corea del Sud. Il pregio di quest’opera prima è la scrittura, che subito ti trascina nella vita di queste due sorelle, e aver contribuito a far conoscere il dramma vissuto da queste donne. Mary Lynn Bracht è una scrittrice americana di origine coreana e per documentarsi ha trascorso diverso tempo proprio a Jeju. Pur non tacendo alcuni particolari macabri, il tono del racconto è ottimistico e di speranza. Tifiamo tutto il tempo per Hana ed Emi e forse, dico forse, un po’ di luce in fondo al mare c’è. 

Se volete sapere di più sulle donne pescatrici, continuate a seguire Penna e Calamaro e vi racconterò tutto 🙂

A voi è piaciuto Figlie del mare? Raccontatemi nei commenti!

Leggi anche:

http://www.pennaecalamaro.com/2019/10/27/autumn-in-korea/

Le malerbe di Keum Suk Gendry-Kim

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Il Giorno della Memoria, Shoah e non solo

Librerie di Seoul in cui perdersi, felici e sommersi

Le librerie di Seoul sono pazzesche, non trovo altro termine per definirle. Curioso, in una città in cui ho girato diversi giorni senza mai vedere una, dico una persona, con un libro in mano. Considerando il gusto coreano per l’estetica, forse non dovrei stupirmi. Quale luogo si presta meglio di una libreria a soddisfare il feticismo di un cultore della bellezza? Vi segnalo le librerie più belle che ho visto durante i miei giorni di Seoul e, se volete organizzare un tour del libro, sono già in ordine rispetto a un potenziale giro da fare in giornata. Ovviamente se riuscirete a uscire da quella precedente!

1. Seoul Book Bogo

Quando l’ho visitata aveva aperto da poco e sono molto contenta di averla scoperta, quasi per caso direi. Vale la pena solo per il progetto che le ha dato vita. Il Comune di Seoul voleva recuperare un magazzino inutilizzato da anni  e, contemporaneamente, aveva l’esigenza di salvare molte piccole librerie schiacciate dalla grande distribuzione. E’ così che nasce questa mega libreria pubblica di libri usati, che dà spazio e visibilità a 25 piccoli negozi di libri usati. La cosa bella è che i negozi rimangono indipendenti e sono liberi di scegliere cosa vendere e a quanto, pagando una commissione, mentre la gestione delle aree comuni e di alcuni servizi è affidata al Comune. Anche qui non manca lo spazio per foto sceniche. Gli scaffali, infatti, sono aperti e in acciaio, tagliati da un corridoio tondeggiante che simboleggia un bookworm, cioè un topo di biblioteca. Mentre c’ero io, che scattavo mille foto, una scolaresca di bimbi delle elementari sedeva per terra e leggeva, tutto felice. Un’atmosfera tranquilla e rilassata, se potete passateci di mattina. Per le dramose, qui hanno girato delle scene nella puntata 2 del kdrama Hotel del Luna

seoul book bogo

Orario d’aperturagiorni feriali 10:30 – 2o:30 – festivi 10:00 – 21:00

Indirizzo: 1, Ogeum-ro, Songp

Come arrivare: prendi la metropolitana Linea 2 e scendi a Jamsillaru station, uscita 1.

2. Starfield Library

E qui passiamo alla concezione opposta, in perfetto Gangnam Style. Se amate lo shopping, passerete sicuramente nel quartiere di Gangnam (강남) e farete un giro all’interno dello Starfield COEX Mall. Al suo interno, hanno aperto nel 2017 una biblioteca. Esatto, una biblioteca dentro a un centro commerciale. Esteticamente è così particolare che è diventata meta di pellegrinaggio anche solo per una foto. Come diversi luoghi d’attrazione in Corea del Sud, anche qui ci saranno delle indicazioni sulla posizione migliore da cui scattare. Sul piano estetico niente da dire, è eccezionale. Sul piano pratico, è molto fornita. Gli scaffali immensi contengono oltre 50mila libri e 600mila riviste internazionali, anche se devo dirvi che alcuni di quelli che vedrete sono finti, considerando l’altezza di 13 metri. L’entrata è libera e, se volete fermarvi a curiosare, troverete 200 postazioni tra sedie, poltrone e panchine, neanche a dirlo wi-fi gratuito e prese per ricaricare i dispositivi elettronici. Non è tra le mie librerie/biblioteche preferite, perché mi è sembrato che ci fosse troppa confusione, molta voglia di far vedere “io c’ero” con le foto, ma in percentuale poca gente a studiare o a comprare/prendere in prestito libri. Ma magari è solo una mia impressione. Per le dramose, qui si incontrano Sa Hye-Jun (Park Bo-Gum) e An Jeong-Ha (Park So-Dam) nell’episodio 3 del kdrama Record of Youth. Lui le dice che va lì quando si sente triste. Bè, lo capisco. La biblioteca si vede per poco ma viene inquadrata bene.

seoul coex starfield

Orario d’apertura 10:30 – 22:00

Indirizzo: 513, Yeongdong-daero, Gangnam-gu

Come arrivare: ci sono più opzioni. Prendi la metropolitana Linea 2 e scendi a Samseong Station, uscita 5 o 6. Oppure la Linea 9  e scendi a Bongeunsa Station, uscite 1, 6 o 7. Oppure ancora Linea 7, scendi a Cheongdam Station, uscita 2.

3. Itaewon Foreign Bookstore 

E dopo la biblioteca di Gangnam, oggi mi trovo a Itaewon, il quartiere multietnico frequentatissimo dagli studenti perché zeppo di localini. E anche di angoletti dove farsi servizi fotografici con le amiche. 
Adesso non vi parlo di librerie. A Itaewon c’è un minuscolo chiosco di libri usati, amato dagli stranieri per la bella scelta di libri in lingua straniera. Narrano le cronache che sia gestito da un vecchietto scorbutico, che chiude quando vuole, senza orario.
Io l’ho trovato aperto e c’era un signore anziano sì, ma gentilissimo. Abbiamo parlato dell’Italia, che lui non ha mai visto e che gli piace tanto e poi gli ho chiesto se esistono libri in doppia lingua inglese e coreano. Lui ha consultato il suo archivio mentale e mi ha guidato verso lo scaffale giusto.
Guardate che chicche ho trovato. Entrambi troppo difficili per il mio livello di coreano, ma conosco Jane Eyre a memoria e Agatha Christie quasi, quindi potrei quasi farcela. 
Troppo felice, mi godo un pranzo a base di cioccolata e waffle e poi riparto. 
La gentilezza chiama gentilezza, non c’è niente da fare. Siete d’accordo? 🙂❤️

chiosco libri Itaewon logo

jane agatha

Orario d’apertura: 10:00 – 21:00

Indirizzo: 208, Noksapyeong-daero, Yongsan-gu

Come arrivare: prendi la metropolitana Linea 3 e scendi a Noksapyeong station, uscita 4.

4. Blue Square Book Park

Adiacente a Itaewon, nel distretto di Yongsan, c’è un complesso culturale polivalente chiamato Blue Square (블루스퀘어), dov’è c’è il Blue Square Book Park, uno spazio culturale con una biblioteca di libri specializzati di scienza e arte, aule, una galleria d’arte e caffetterie. Purtroppo, ho scoperto dopo esserci arrivata che il Book Park era chiuso per lavori, ma dato che ha riaperto vale la pena citarlo. L’idea è fantastica: si chiama Book Park perché è concepito come uno spazio dove poter prendere in prestito liberamente dei libri e leggerli sul posto, attrezzato come se il lettore si trovasse in un parco. Altro punto a favore, una caffetteria su ogni piano e la possibilità di bere o mangiare continuando a leggere. Per le dramose, è stata anche location dei kdrama Chicago typewriter e Psychopath Diary

Orario d’apertura: 10:00 – 23:00

Indirizzo: 294, Itaewon-ro, Yongsan-gu

Come arrivare: prendi la metropolitana Linea 6 e scendi a Hangangjin station, uscita 2 o 3. La stazione è collegata direttamente a Blue Square.

5. Arc N BooK

Arc N Book è forse, tra queste librerie, quella che meglio di tutte unisce l’utile al dilettevole. Si trova nel seminterrato del Booyong Eulji Building, in passato di proprietà Samsung ed è famosa per il tunnel di libri più fotografato del mondo, che si trova proprio all’entrata. Un’entrata scenografica che prelude a uno spazio piacevole e molto ben strutturato. È stata pensata, infatti, come un luogo di promozione della lettura, dove fosse possibile condividere la propria passione con altri lettori. Per questo, è divisa in quattro aree tematiche, daily, weekend, style e ispirazioni, e vende anche oggetti per la vita di tutti i giorni. Ovviamente, è stata location di molti kdrama:  nell’episodio 7 di Run OnShin Se-kyung incontra Kang Tae-oh alla cassa della libreria e si siedono alla caffetteria per parlare dei piani futuri. In Live On, all’episodio 2 Go Eun-taek e and Baek Ho-rang ascoltano una canzone nello stand dei vinili. Nell’episodio 4 di Start-Up, Bae Suzy entra in libreria per comprare il manuale per studiare il funzionamento di Sandbox e incontra Nam Joo-hyuk e il suo collega. Nell’episodio 6 di Mother of Mine, Kim Ha-kyung incontra Nam Tae-boo, che sta firmando autografi nel negozio. In Romance is a Bonus Book Wi Ha-joon va lì ogni volta che esce un libro nuovo della casa editrice. Nell’episodio 11 incontra la protagonista, Lee Na-young.

arcnbook arco logo

6. Kyobo Book Store Gwanghwamun

E’ immensa e si trova in pieno centro. La cosa che mi è piaciuta di più? Potete vederlo in foto, qui le persone possono sedersi e leggere quello che vogliono, come se fossero in biblioteca! Ovviamente, anche lei è stata location di kdrama:  nell’episodio 29 di Five enough, Kim Tae-Min e Lee Yeon-Tae, che sono due insegnanti, discutono dei metodi per spingere gli alunni a leggere di più, passeggiando tra le sue navate. Kim Sang-Min le telefona e, come viene a sapere che è lì con un altro, si precipita in libreria. Non sa che l’altro è il fratello!

libreria centro 3

Orario d’apertura: 10:00 – 22:00

Indirizzo: 21, Jong-ro, Jongno-gu

Come arrivare: prendi la metropolitana Linea 5 e scendi a Gwanghwamun.

7. Dongdaemun Secondhand Book Street 

Qui dovete proprio perdervi, non c’è altro da fare. E’ anche un test serio del vostro amore per i libri e librerie, perché bisogna venirci apposta e non è neanche facilissimo da trovare. Ma vale la pena. Sembra un mercatino di libri usati, ma è in realtà una via lunghissima con tanti negozietti dell’usato, uno di seguito all’altro, che hanno interno ed esterno, fuori, dentro, per terra, in alto, stipato di libri, riviste e oggetti vintage. Io ci ho comprato una palla da baseball, per dire. Si trova nelle vicinanze di Dongdaemun (동대문) e di fronte al fiume Cheonggyecheon (청계천) e vi consiglio caldamente di fare una passeggiata lungo gli argini, quando avrete finito di cercare tesori e chicche libresche. E’ l’ideale per respirare lo spirito locale, qui di stranieri se ne vedono pochi, e anche per fare due chiacchiere con gli abitanti, se ve la sentite. A gesti sono bravissimi, e anche noi non ce la caviamo male, vero? 🙂 

second hand book con logo

Orario d’apertura: variabile

Indirizzo: 20, Jangchungdan-ro 13-gil, Jung-gu

Come arrivare: prendi la metropolitana Linea 1 o 4 e scendi a Dongdaemun Station, uscita 9. Il mercatino è a circa 10 minuti di cammino.

***

Il giro delle librerie di Seoul è finito. Che ne pensate? Vi piacerebbe vederle? Ne avete visitata qualcuna? Ne avete altre da segnalare? Scrivetemi nei commenti!

E se poi volete proseguire il giro delle librerie, entrate con me a Bosudong, il labirinto misterioso dei libri.

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Corea del Sud: continua il giro a Jeju

La prima giornata a Jeju è stata fantastica: il tunnel di lava di Manjanggul Cave, il monte Seongsan Ilchulbong, ma soprattutto loro, le haenyeo, mitologiche donne pescatrici che sono il motivo per cui mi sono spinta fino a qui. Ma Jeju, ovviamente, è un’isola grande e di cose da vedere e fare ce ne sono a bizzeffe. In questa seconda parte del giro di Jeju, vi racconterò quello che ho fatto e visto nell’unica isola autonoma della Corea del Sud.

Il noleggio della macchina

Purtroppo il tempo in questo tipo di viaggi gioca sempre a sfavore e, quindi, ho preferito optare per un noleggio macchina che accorciasse i tempi dei mezzi pubblici e che, sopratuttto, si dirigesse immediatamente verso i punti selezionati. Qui devo aprire una parentesi e lo faccio subito, in modo che lo leggiate quasi sicuramente. Il noleggio macchina a Jeju p un servizio diffuso e molto utile, ma proprio per questo bisogna fare attenzione. Non fate come me: sapete che sono una fautrice dell’organizzazione all’ultimo minuto, ma in questo caso vi consiglio di organizzarvi per tempo e di prenotare con diversi giorni di anticipo. Perché? Perché all’ultimo momento troverete gli autisti improvvisati, come è successo a me. Una persona scortese, che contrariamente alle premesse non parlava una parola di inglese, e con la quale era praticamente impossibile comunicare. Prenotate e andate con le idee chiare, dite esattamente cosa volete fare e dove. Il servizio costa 180-200mila,  won, circa 150 euro, e se scegliete bene li vale tutti. Altrimenti, il taxi driver tenderà a portarvi nei cosiddetti tour dello shopping, facendovi perdere tempo, e a mangiare in posti che conosce e con cui ha degli accordi di suddivisione degli utili. Nonostante tutto, la giornata è andata comunque benissimo e ora vi darò una panoramica delle attività da poter fare.

Dol hareubang (돌 하르방) 

Il “nonno di pietra” è ovunque ed è una presenza rassicurante. Mi sono molto divertita a fare foto ai diversi nonni e nipotini con la faccia da vecchietto e il naso a patata sparsi sull’isola. Dai coreani è considerato una sorta di dio, che offre protezione e fertilità agli abitanti. I bambini lo chiamano anche Buddha di pietra. Come souvenir si trova praticamente in ogni negozietto e anch’io ne ho portato uno a casa. La sua espressione bonaria mi conforta.

Yongduam, o Dragon Head Rock

Forse perché anche molto vicina all’aeroporto, questa roccia di origine vulcanica, alta 10 metri e lunga 30 metri, scolpita dalle onde e dal vento fino a sembrare una testa di drago, da qui il nome, è popolarissima. Tanto che a Jeju è considerata un monumento. La leggenda narra che il drago fosse un emissario inviato da un re per raccogliere un elisir di lunga vita sul monte Halla. Un’altra versione sostiene che il drago fosse fuggito con una sacra pietra di giada, di proprietà del guardiano della montagna (forse il gumiho millenario Lee Yeon di Tale of the Nine Tailed?). Per punizione, il drago il guardiano lo abbattè con una freccia e lo trasformò in pietra proprio dove si trova oggi. I visitatori asiatici la considerano comunque di buon auspicio, perché i draghi neri sono considerati simboli di coraggio, speranza e buona fortuna.

Il tendone del pesce

Ma io so che hanno un altro motivo per visitarla volentieri. Sulla spiaggia, proprio sotto la roccia, le donne di Jeju vendono il pesce appena pescato seminascoste, ma non troppo, da un tendone. In mezzo alle rocce, dove si inerpicano persone vestite anche bene, addirittura donne coi tacchi!, per mangiare il pesce seduti alla buona. Vi assicuro, un’esperienza conviviale come ne ho viste poche in vita mia. La mia idiosincrasia per il pesce crudo stavolta è stata un vero peccato! Non perdetevi quest’esperienza “mistica”, mi raccomando. 

Il museo del tè verde Osulloc (오설록티뮤지엄)

E’ stato aperto a Seogwipo city agli inizi degli anni 2000 per incentivare la tradizione del tè a Jeju. Si trova proprio di fronte ai campi da tè, dove ho fatto una meravigliosa passeggiata solitaria tra i filari. Sospetto, infatti, che i coreani preferiscano di gran lunga l’interno, che architettonicamente somiglia a quei cafè moderni che vediamo nei kdrama. L’esterno simboleggia una pietra da inchiostro e calamaio, l’interno è in legno e acciaio, con il disegno pulito ma caldo che caratterizza questi interni. Dentro, è possibile visitare il museo, assaggiare diversi tipi di tè, fermarsi per un pezzo di torta o un dolce di forme particolari, oppure fare tappa nella sala cosmetici, dove ovviamente c’è di tutto e di più. Io, però, vi suggerisco di passare più tempo fuori che dentro.

Il tè al mandarino e la spiaggia

Ho apprezzato il museo del tè, i campi e il paesaggio,  ma l’esperienza più rilassante da fare sull’isola è, ovviamente, passeggiare sul lungomare. Magari sorseggiando un ottimo tè al mandarino in uno dei piccoli cafè che si trovano sulla strada. Non l’avevo mai assaggiato prima e mi è proprio piaciuto.

I mandaranci

I mandaranci sono una vera e propria specialità locale ed effettivamente meritano, anche se rispetto ai prezzi coreani costano molto di più, ma sempre abbordabili. Oltre ai mandaranci veri e propri, ci sono innumerevoli prodotti e gadget al mandarancio, sicuramente un possibile regalo da riportare a casa.

Il villaggio Folk

Questo è una delle tappe che ci sono state consigliate dall’autista a noleggio. Che dire, ci ha fatto passare da una porta laterale, si è consultato con alcune persone fuori. Tutto un po’ strano e il villaggio finto che più finto non si può. Comunque piuttosto interessante, il signore che ci ha fatto da guida all’interno ci ha raccontato qualche aneddoto sugli abitanti di questi villaggi del passato. In particolare sulle donne, che facevano anche cinque chilometri al giorno con un’anfora sulla schiena per andare a prendere l’acqua. Come già vi ho detto nella prima parte, le donne di Jeju, e della Corea del Sud in generale, erano e sono delle grandi lavoratrici. Immancabili i maiali neri locali e la stanza dove ha tentato di venderci dei cosmetici di latte d’asina che fanno ringiovanire all’istante. Mi ha fatto una bella foto, però. Signore perdonato all’istante.

Il bookcafè più pazzo del mondo

Divertentissimo, trovato sempre durante una passeggiata sul lungomare di Jeju. La scritta “bookcafè” mi ha attirato subito. Sono entrata: dentro, molti libri, nessun caffè. E neanche nessuno dentro, se è per questo. Ancora mi chiedo che tipo di locale fosse e non trovo una risposta.

Tramonto sulla spiaggia

Non ho la lista delle location utilizzate, ma la spiaggia che frequentano Ji Chang-wook/Park Jae-won e Kim Ji-won/Yoon Seon-a quando si incontrano fuori dalla Corea del Sud mi ha ricordato una di quelle in cui ho visto il tramonto a Jeju. Ce ne sono tante, scegliete quella che vi piace di più o che è più vicina al vostro alloggio, ma non fatevi mancare quest’esperienza. Il tramonto in spiaggia è strepitoso. 

Le cascate di Cheonjiyeonpokpo 

Il nome significa letteralmente “il cielo e la terra sono collegati”, perché osservando la cascata, l’acqua sembra cadere dal cielo. Un po’ esagerato, forse, ma l’ambiente è suggestivo. L’area forestale intorno alla cascata ospita diverse varie piante rare, così come il laghetto che circonda la cascata è un habitat naturale per diverse specie di pesci. La cascata è alta 22 metri, larga 12 metri e profonda 20 metri. 

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Corea del Sud: Jeju, il regno delle donne pescatrici

Arrivo a Jeju in un modo a dir poco rocambolesco. All’aeroporto di Busan mi dicono che non c’è posto sull’aereo, eppure ne parte uno al minuto! Allora guardo la mappa: mi segnala un altro aeroporto a circa 80 km di distanza. Perfetto, treno più taxi (avete presente quelli nei kdrama? Ppalli ppalli, lui annuisce e finalmente arrivo all’aeroporto). Ma orrore! I check sono chiusi! Noooo. Allora interviene questa santa di hostess, che avrà avuto vent’anni o poco più. Mi chiede la carta di credito e sparisce dietro. Calma, va tutto bene. Ha solo la mia carta, e non ho contanti, cosa potrà mai succedere? Succede che esce con la carta in mano e la ricevuta del pagamento: ha fatto tutto lei! Vorrei baciarla, ma non posso. Poi mi dice: stia tranquilla, misuro io il bagaglio e la chiamo quando è il momento d’imbarcarsi. Ragazzi, Asiana ha un servizio fantastico. O forse era bravissima lei? Non lo so, sta di fatto che tempo due ore, il viaggio è salvo e atterro a Jeju, nell’isola più grande, e l’unica a statuto autonomo, della Corea del Sud.

Manjanggul Cave

Io sono venuta a Jeju per un motivo solo. Loro, le haenyeo, le donne pescatrici di Jeju. Le conoscete, almeno di nome? La loro storia è fantastica, ma ve la racconto tra un attimo, perché quando arrivo sull’isola…piove a dirotto! Eh, finora mi era andata bene, per essere autunno inoltrato. Ma le isole si sa, hanno un tempo ballerino. E allora rimando l’incontro con le haenyeo ed entro nella Manjanggul Cave. Letteralmente significa “tunnel di lava” e in effetti si scende sottoterra per 113 gradini, per poi ritrovarsi dentro una grotta che sembra un lungo, lunghissimo tunnel. Il tunnel è lungo circa 7.400 metri, con un’altezza massima di 25 metri e una larghezza di 18, misure che lo rendono uno dei tunnel di lava più grandi del mondo.

Manjanggul ha un grandissimo valore scientifico

Perché le formazioni sono ben mantenute nonostante si siano formate oltre centomila anni fa! Proprio per consentire gli studi, e per preservarlo, la maggior parte della grotta è chiusa, abbiamo potuto camminare per un solo chilometro. All’interno di questa sezione aperta, i visitatori possono vedere un gran numero di stalattiti, stalagmiti e pilastri di pietra. Alla fine della camminata dentro il tunnel, c’è un pilastro di pietra alto 7,6 metri, che è registrato come il più grande del mondo. La temperatura all’interno è sui 12° C e c’è molta umidità. Se considerate che quando sono entrata ero zuppa di pioggia, vi lascio immaginare come mi sono immolata sull’altare del sapere scientifico. Il fondo è accidentato, ma facilmente percorribile con scarpe adatte. La visita dura in tutto meno di un’ora, considerando anche le foto suggestive dentro un’ambiente che si presta come pochi. Ricordatevi, però, che sono chiuse il primo mercoledì del mese. 

Le haenyeo

Finalmente, il giorno dopo il sole torna a splendere e io penso che sia il giorno perfetto per andare a conoscere queste fantastiche donne pescatrici. A colazione ne parlo con il padrone del b&b, che però si dice un po’ scettico. Non è la stagione adatta per la pesca, vuole evitarmi una delusione. La temperatura, però, è alta. Mi dico che se non sono solo un fenomeno turistico, ma di pesca ci vivono davvero, allora in una giornata come questa devono uscire. E allora, m’incammino verso il punto in cui ho la concreta speranza di fare la loro conoscenza, il Seongsan Ilchulbong (성산 일출봉, letteralmente Picco dell’alba di Sòngsan). 

Seongsan Ilchulbong

Il monte Seongsan Ilchulbong è davvero spettacolare. Dalla cima di questo antico vulcano ammirerete un panorama mozzafiato, con le acque cristalline dell’oceano a fare da perfetto sfondo. Si chiama così perché dicono che il momento migliore del giorno per visitare la cima del monte sia all’alba, quando il sorgere del sole riempie il cielo di mille colori. Purtroppo posso solo immaginarlo, per arrivarci ci è voluto un po’ di tempo con l’autobus e, soprattutto, non potevo assolutamente perdere la spettacolosa colazione del b&b. La salita, comunque, è consentita a partire da un’ora prima dell’alba, proprio per permettere a chi vuole di arrampicarsi e farsi trovare in cima in tempo per l’arrivo del sole. Con i suoi 182 metri di altezza, non è particolarmente difficile da scalare e la durata media della salita è, appunto, di circa un’ora, al netto di tappe intermedie varie per fotografare, perché ogni angoletto meriterebbe un book fotografico. Ci sono due opzioni: il free trail, a sinistra, o il percorso a pagamento, a destra. Molti fanno i furbi, partono col free trail e poi si spostano sulla destra. Ma voi non fatelo: il biglietto serve a mantenere questa meraviglia.

In cima

Il monte si trova nella parte orientale dell’isola di Jeju e il picco è stato originato dall’attività di un vulcano sottomarino, centinaia di migliaia di anni fa. In salita, c’è un sentiero guidato che si arrampica sulla parete nord-occidentale della montagna. Una volta arrivati in cima, fermatevi ad ammirare lo spettacolare panorama dell’isola vista dall’alto. Da lì, è visibile anche l’interno del cratere, un enorme buco di 600 metri di diametro che rende perfettamente l’idea di quanto debba essere stata violenta l’esplosione che ha dato origine alla montagna.

Scendendo, i cartelli cominceranno a segnalare la presenza delle haenhyeo, che usano le rocce ai piedi del vulcano come base per le loro escursioni subacquee in cerca di abaloni. Questi molluschi, tipici del posto, vengono utilizzati per preparare un’ottima zuppa. Sicuramente li avrete sentiti nominare in qualche kdrama. Ma…perché in ogni drama che si rispetti c’è un ma, io non troverò le haenhyeo dove indicato dai cartelli.

Pesce appena pescato venduto sulla spiaggia

O meglio, lì trovo donne che sgusciano l’abalone e vendono il pesce appena pescato, crudo, con un lavoro a catena fascinosissimo per me che non avevo mai visto una cosa del genere. Purtroppo per me, non mi avvicinerei mai a mangiare il pescato in questo modo, quindi posso solo ammirare le donne che vendono, i coreani che comprano e che se lo gustano su un tavolaccio allestito alla meno peggio. Sanno come divertirsi, non c’è dubbio. La mia mente, invece, corre ai parassiti intestinali e un po’ mi toglie la poesia lo confesso. Meglio continuare a cercare le pescatrici.

Le haenhyeo, trovate! 

Faccio il giro del tornante, torno al via per intenderci, ed eccole lì, esattamente dove avevo previsto. Durante la salita, girandomi a guardare il mare a destra, avevo intravisto dei pallini colorati che subito dopo sparivano. Le boe. Le donne pescatrici pescano indisturbate, mentre il resto della folla le cerca seguendo i cartelli. Infatti, da questa parte della spiaggia non c’è nessuno, giusto una famiglia che pesca granchi con le mani. Per (vostra) fortuna :p ci sono pure io ed eccole qua, in tutta la loro maestosità. Poche, perché siamo fuori stagione, ma stanno lavorando! Per (mia) sfortuna, non ho il coraggio di rivolgere loro la parola e quindi mi limito a osservarle.

Quando ho letto Figlie del mare di Mary Ann Bracht, ho capito cosa devono aver pensato di me:

“…come i turisti che andavano a vedere le haenyeo sull’isola di Jeju…In pochi si sentivano abbastanza sicuri da mettere alla prova le proprie scarse conoscenze di coreano parlando alle tuffatrici, che ridacchiavano e sorridevano a ogni loro tentativo di fare conversazione. “Dovresti essere più riconoscente nei loro confronti – le aveva detto una volta JinHee, quando lei si era lamentata. Almeno si sforzano di parlare con noi. – Ci fissano come se fossimo animali in uno zoo, aveva risposto Emi senza guardare l’amica”. 

Io spero tanto che non abbiano pensato questo di me. Certo, l’espressione non era proprio amichevole, e anche se avessi tentato una conversazione non credo che avrei avuto un gran successo, ma vi assicuro che non vi ho guardato come animali nello zoo, che peraltro odio profondamente e non frequenterei neanche morta. Anzi, vi ho osservato con grande rispetto e ammirazione!

haenyeo copertina logo

Il museo delle haenyeo

Se volete saperne di più su queste donne coraggio, simbolo di forza e resistenza, non fatevi mancare una visita al museo, fortemente voluto dalla comunità dell’isola per rivalutarne la cultura e far conoscere questa figura fondamentale per lo sviluppo dell’isola. Visitando il museo, ho scoperto che si hanno tracce di questa attività di pesca, da sempre in mano alle donne, almeno dal 1600, quando ne fu registrata la presenza su un documento ufficiale. Altre fonti, però, sembrano far risalire la loro nascita addirittura all’epoca precedente la nascita di Cristo. Se fosse così, sarebbe davvero stupefacente. Questa attività, inoltre, ha sempre regalato alle donne di Jeju un’autonomia e una libertà molto più ampie rispetto alle donne coreane, tanto che sono state in grado di contribuire alla resistenza durante la dominazione giapponese.

Sumbi – sori

Quello che mi è rimasto più impresso,visitando le sale del museo, è questo suono “sori”, loro lo chiamano “sumbi”, che emettono quando escono dall’acqua per riprendere fiato dopo l’immersione, e che suona come un fischio. Espirano anidride carbonica per circa uno o due minuti e inspirano ossigeno, emettendo una specie di “ho-ho-ho-o-i”. Questa è una tecnica che hanno sviluppato  per poter continuare a immergersi anche con una breve pausa. Guardate l’espressione del viso: non vi sembra che stia piangendo? 

haenyeo

Ogni immersione potrebbe essere l’ultima

Avrete già capito che quello delle haenyeo è un mestiere molto pericoloso, che mette a dura prova il fisico e la mente delle donne pescatrici. Per questo lavorano sempre in gruppo, per aiutarsi l’un l’altra. E per lo stesso motivo, sanno che ogni immersione potrebbe essere l’ultima. La loro è una storia affascinante a dir poco, se state programmando un viaggio in Corea del Sud, e avete tempo per visitare l’isola, non perdete l’incontro con queste donne stupefacenti.

Il giro di Jeju continua nella seconda parte. Clicca qui per leggere

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La Kents Cavern di Torquay, Gran Bretagna

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