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Corea del Sud: continua il giro a Jeju

La prima giornata a Jeju è stata fantastica: il tunnel di lava di Manjanggul Cave, il monte Seongsan Ilchulbong, ma soprattutto loro, le haenyeo, mitologiche donne pescatrici che sono il motivo per cui mi sono spinta fino a qui. Ma Jeju, ovviamente, è un’isola grande e di cose da vedere e fare ce ne sono a bizzeffe. In questa seconda parte del giro di Jeju, vi racconterò quello che ho fatto e visto nell’unica isola autonoma della Corea del Sud.

Il noleggio della macchina

Purtroppo il tempo in questo tipo di viaggi gioca sempre a sfavore e, quindi, ho preferito optare per un noleggio macchina che accorciasse i tempi dei mezzi pubblici e che, sopratuttto, si dirigesse immediatamente verso i punti selezionati. Qui devo aprire una parentesi e lo faccio subito, in modo che lo leggiate quasi sicuramente. Il noleggio macchina a Jeju p un servizio diffuso e molto utile, ma proprio per questo bisogna fare attenzione. Non fate come me: sapete che sono una fautrice dell’organizzazione all’ultimo minuto, ma in questo caso vi consiglio di organizzarvi per tempo e di prenotare con diversi giorni di anticipo. Perché? Perché all’ultimo momento troverete gli autisti improvvisati, come è successo a me. Una persona scortese, che contrariamente alle premesse non parlava una parola di inglese, e con la quale era praticamente impossibile comunicare. Prenotate e andate con le idee chiare, dite esattamente cosa volete fare e dove. Il servizio costa 180-200mila,  won, circa 150 euro, e se scegliete bene li vale tutti. Altrimenti, il taxi driver tenderà a portarvi nei cosiddetti tour dello shopping, facendovi perdere tempo, e a mangiare in posti che conosce e con cui ha degli accordi di suddivisione degli utili. Nonostante tutto, la giornata è andata comunque benissimo e ora vi darò una panoramica delle attività da poter fare.

Dol hareubang (돌 하르방) 

Il “nonno di pietra” è ovunque ed è una presenza rassicurante. Mi sono molto divertita a fare foto ai diversi nonni e nipotini con la faccia da vecchietto e il naso a patata sparsi sull’isola. Dai coreani è considerato una sorta di dio, che offre protezione e fertilità agli abitanti. I bambini lo chiamano anche Buddha di pietra. Come souvenir si trova praticamente in ogni negozietto e anch’io ne ho portato uno a casa. La sua espressione bonaria mi conforta.

Yongduam, o Dragon Head Rock

Forse perché anche molto vicina all’aeroporto, questa roccia di origine vulcanica, alta 10 metri e lunga 30 metri, scolpita dalle onde e dal vento fino a sembrare una testa di drago, da qui il nome, è popolarissima. Tanto che a Jeju è considerata un monumento. La leggenda narra che il drago fosse un emissario inviato da un re per raccogliere un elisir di lunga vita sul monte Halla. Un’altra versione sostiene che il drago fosse fuggito con una sacra pietra di giada, di proprietà del guardiano della montagna (forse il gumiho millenario Lee Yeon di Tale of the Nine Tailed?). Per punizione, il drago il guardiano lo abbattè con una freccia e lo trasformò in pietra proprio dove si trova oggi. I visitatori asiatici la considerano comunque di buon auspicio, perché i draghi neri sono considerati simboli di coraggio, speranza e buona fortuna.

Il tendone del pesce

Ma io so che hanno un altro motivo per visitarla volentieri. Sulla spiaggia, proprio sotto la roccia, le donne di Jeju vendono il pesce appena pescato seminascoste, ma non troppo, da un tendone. In mezzo alle rocce, dove si inerpicano persone vestite anche bene, addirittura donne coi tacchi!, per mangiare il pesce seduti alla buona. Vi assicuro, un’esperienza conviviale come ne ho viste poche in vita mia. La mia idiosincrasia per il pesce crudo stavolta è stata un vero peccato! Non perdetevi quest’esperienza “mistica”, mi raccomando. 

Il museo del tè verde Osulloc (오설록티뮤지엄)

E’ stato aperto a Seogwipo city agli inizi degli anni 2000 per incentivare la tradizione del tè a Jeju. Si trova proprio di fronte ai campi da tè, dove ho fatto una meravigliosa passeggiata solitaria tra i filari. Sospetto, infatti, che i coreani preferiscano di gran lunga l’interno, che architettonicamente somiglia a quei cafè moderni che vediamo nei kdrama. L’esterno simboleggia una pietra da inchiostro e calamaio, l’interno è in legno e acciaio, con il disegno pulito ma caldo che caratterizza questi interni. Dentro, è possibile visitare il museo, assaggiare diversi tipi di tè, fermarsi per un pezzo di torta o un dolce di forme particolari, oppure fare tappa nella sala cosmetici, dove ovviamente c’è di tutto e di più. Io, però, vi suggerisco di passare più tempo fuori che dentro.

Il tè al mandarino e la spiaggia

Ho apprezzato il museo del tè, i campi e il paesaggio,  ma l’esperienza più rilassante da fare sull’isola è, ovviamente, passeggiare sul lungomare. Magari sorseggiando un ottimo tè al mandarino in uno dei piccoli cafè che si trovano sulla strada. Non l’avevo mai assaggiato prima e mi è proprio piaciuto.

I mandaranci

I mandaranci sono una vera e propria specialità locale ed effettivamente meritano, anche se rispetto ai prezzi coreani costano molto di più, ma sempre abbordabili. Oltre ai mandaranci veri e propri, ci sono innumerevoli prodotti e gadget al mandarancio, sicuramente un possibile regalo da riportare a casa.

Il villaggio Folk

Questo è una delle tappe che ci sono state consigliate dall’autista a noleggio. Che dire, ci ha fatto passare da una porta laterale, si è consultato con alcune persone fuori. Tutto un po’ strano e il villaggio finto che più finto non si può. Comunque piuttosto interessante, il signore che ci ha fatto da guida all’interno ci ha raccontato qualche aneddoto sugli abitanti di questi villaggi del passato. In particolare sulle donne, che facevano anche cinque chilometri al giorno con un’anfora sulla schiena per andare a prendere l’acqua. Come già vi ho detto nella prima parte, le donne di Jeju, e della Corea del Sud in generale, erano e sono delle grandi lavoratrici. Immancabili i maiali neri locali e la stanza dove ha tentato di venderci dei cosmetici di latte d’asina che fanno ringiovanire all’istante. Mi ha fatto una bella foto, però. Signore perdonato all’istante.

Il bookcafè più pazzo del mondo

Divertentissimo, trovato sempre durante una passeggiata sul lungomare di Jeju. La scritta “bookcafè” mi ha attirato subito. Sono entrata: dentro, molti libri, nessun caffè. E neanche nessuno dentro, se è per questo. Ancora mi chiedo che tipo di locale fosse e non trovo una risposta.

Tramonto sulla spiaggia

Non ho la lista delle location utilizzate, ma la spiaggia che frequentano Ji Chang-wook/Park Jae-won e Kim Ji-won/Yoon Seon-a quando si incontrano fuori dalla Corea del Sud mi ha ricordato una di quelle in cui ho visto il tramonto a Jeju. Ce ne sono tante, scegliete quella che vi piace di più o che è più vicina al vostro alloggio, ma non fatevi mancare quest’esperienza. Il tramonto in spiaggia è strepitoso. 

Le cascate di Cheonjiyeonpokpo 

Il nome significa letteralmente “il cielo e la terra sono collegati”, perché osservando la cascata, l’acqua sembra cadere dal cielo. Un po’ esagerato, forse, ma l’ambiente è suggestivo. L’area forestale intorno alla cascata ospita diverse varie piante rare, così come il laghetto che circonda la cascata è un habitat naturale per diverse specie di pesci. La cascata è alta 22 metri, larga 12 metri e profonda 20 metri. 

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